Le perdite Alitalia sono drammatiche
13 Giu 2007 ore 10:42
Alitalia assomiglia sempre più ad una sfida disperata contro il tempo. La prima delusione, mai confermata, ha riguardato l’ammontare delle offerte da parte dei consorzi ritenute molto basse. Poi sono tornati puntualmente gli scioperi “ammazza-azienda” del sindacato che stanno facendo perdere denaro, e tanto, a chi, Alitalia, già non ne ha. Infi ne è arrivata la rinuncia di Tpg, Matlin Patterson e Mediobanca, uno dei concorrenti che ritiene la gara onerosa non per il prezzo ma per il futuro.
Insomma tre mine vaganti che il governo, non per sue proprie colpe, non riesce a neutralizzare. Intanto il tempo come in un inesorabile timer scorre e il rischio che alla semestrale Alitalia si ritrovi con il capitale quasi tutto mangiato dai debiti è realissimo. Tpg e Mediobanca non hanno ritenuto neanche di fi ngere una qualsivoglia arrabbiatura ed hanno laconicamente comunicato che “il consorzio formato da Tpg, Matlin Patterson e Mediobanca, esaminata la procedura che regola
la fase delle offerte vincolanti della vendita di Alitalia, ritiene di non essere nelle condizioni di ottemperare puntualmente a quanto da essa prescritto”.
Pertanto, continua “il consorzio, pur apprezzando l’ammissione alla fase fi nale della gara da parte del ministero dell’Economia, si trova, al momento, nell’impossibilità di procedere oltre”. L’annuncio è giunto dopo qualche piccola lamentela per la procedura di gara decisa dal ministero, ma in pochi pensavano ad un ritiro così improvviso. D’altronde proprio mentre Tpg si ritira da Alitalia è in corsa per Iberia. Le lamentela riguardavano in particolare le clausole inserite dal ministero, soprattutto quella riguardante i requisiti di nazionalità.
Lo scorso 22 maggio il ministero aveva inviato una lettera proprio per chiedere alla cordata di “contenere l’impegno ad adottare una struttura societaria, azionaria o di governance che, alla data di sottoscrizione del contratto defi nitivo, sia adeguata a garantire il mantenimento, in capo ad Alitalia della possibilità di accedere al portafoglio dei diritti di traffi co della Repubblica italiana”. Per ovviare a questo veto di fatto TPG doveva quindi individuare un partner italiano a cui affi dare la maggioranza della newco veicolo dell’acquisto di Alitalia. TPG era pronta ad emettere azioni di categorie diverse in modo da mantenere l’effettivo controllo dell’azienda. Ma, secondo molti, la verità sta nei conti di Alitalia.
Dopo il 2 luglio, termine entro il quale devono essere presentate le offerte vincolanti, nessuno si sarebbe potuto tirare in dietro e i conti 2006 di Alitalia hanno evidenziato un perdita che viaggia oltre i 626 milioni cioè pari ad un terzo del capitale, per cui a via della Magliana sanno di dover ricorrere all’utilizzo del capitale per pareggiare le perdite. A rafforzare la tesi del debito troppo alto ci sono anche le indiscrezioni sui malumori anche in AP Holding-Intesa e Aerofl ot-Unicredit.
Le due cordate hanno ripetutamente chiesto di accedere ai contratti di fornitura ma ancora Alitalia si rifi uta di concedere il visto. Quella di TPG è la seconda “fuga” eccellente dopo quella del fondo di Carlo De Benedetti, M&C. A Via XX settembre non sembrano meravigliati più di tanto di questa defezione anche perché in sede di offerta preliminare di fatto TPG si era chiamata fuori con un’offerta da 0 euro sul 49,9% di Alitalia. Le cordate rimaste non hanno gradito l’annuncio del ministro Tommaso Padoa-Schioppa sull’intenzione di mettere in vendita l’intero pacchetto azionario, anche se non in maniera obbligatoria. Mentre si sta consumando il dramma, il personale di Alitalia continua a scioperare come se nulla fosse, come se Alitalia fosse in salute e facesse concorrenza a British e Air France.
Luca De Palma
Economia & Mercato