A Marie Nordlinguer
(circa il 21 gennaio 1900)
Signorina,
ricevendo la notizia della morte di Ruskin non ho potuto evitare dì pensare tanto vivamente a lei da doverle quindi scrivere. Non che ci sia voluta questa morte perché io mi ricordassi di lei. Malato da tanto tempo, avendo difficoltà a scrivere, e non volendo dettare una lettera che fosse indirizzata a lei, tutti i pensieri di più affettuosa riconoscenza, per lei, per la sua lettura, per il libro inviatomi, e per le preziose annotazioni, abitano definitivamente in me; e non in quel fondo di sé stessi dove non li si visitano che raramente ma in quell'intimità dove ci si ritrova più volte ogni giorno. Ma quando ho appreso la morte di Ruskin io ho voluto esprimere a lei piuttosto che ad altri la mia tristezza, tristezza sana quindi e piena di consolazione perché io sento quanto sia viva con forza questa morte, quanto io lo ammiri, l'ascolti, cerchi di comprenderlo e di obbedirgli più che a molti viventi. Avrei voluto chiedervi dei pareri proprio un mese fa riguardo uno studio su di lui. Ma un timore di annoiarla, il che è molto stupido perché so che lei ama queste cose e quindi non ci si annoia di fronte alle cose che si amano, mi ha fermato e quei consigli li ho chiesti a un amico inglese. Spesso anche per una parola, per un titolo per un'intenzione io avrei voluto rivolgermi a lei. Ma qui non è più il timore è la malattia (mi era tornata una stupida influenza, non grave, ma che s'è aggiunta a tutto il resto) che mi ha impedito di scrivervi e mi ha obbligato a rivolgere le mie domande entro quel cerchio di amici che potevo raggiungere per viva voce. Lei tuttavia non ha simili alibi per non avermi domandato dei chiarimenti su certi autori francesi o dei pensieri preziosi per la vita. Si figuri poi che quando lei mi ha inviato il piccolo libro di Ruskin coperto delle vostre graziose annotazioni, che eran quasi come fiori secchi in ogni pagina (e delle quali una era stata quasi raccolta da noi due insieme, poiché lei l'aveva delicatamente staccata da un mio libro[Les Plaisirs et les Jours, ndr]), io stavo scrivendo delle frasi, a proposito proprio di Ruskin, che però ora ho dimenticato (e che le invierò non appena riappariranno) e che comunque esprimevano qualcosa di simile a questo concetto: « Ci ha fatto ugualmente piacere come quelli che ci inviano qualche cosa di cui si sono a lungo serviti per se stessi, senza pensare di doverla poi donare; e sono proprio quelli i doni più preziosi per le anime sensibili ». E un momento dopo io ricevevo il suo libro che portava il segno del suo personale uso, dono così delicato - cioè un libro di Ruskin. Ah le armonie prestabilite! Reynaldo vi ha detto che questo cattivo Ruskin ha lasciato la proibizione di tradurre le sue opere in francese e così le mie povere traduzioni resteranno impubblicate. Ma approfittando di studi che sto facendo su di lui io ne citerò dei lunghi stralci.
Marcel Proust