terapia.intensiva
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Iniziamo con questo 

Ci sono uomini che entrano nella vita delle donne e le distruggono. Non importa quanto esse siano forti e quanto intenso sia il loro amore, né che impegnino tutte se stesse nella relazione: quando l’altro mette in gioco meccanismi psicologici incentrati sul controllo e sulla svalutazione non ci sono strategie per salvarsi diverse dalla fuga.
Questi uomini trascinano le loro vittime in una guerriglia psicologica che a volte dura anni e che causa la progressiva demolizione dell’autostima e della capacità di comprendere ciò che sta accadendo al di là del codice malato della relazione. Sono donne rudere, donne relitto, donne sfiancate e terrorizzate dalle continue esplosioni egoistiche del partner, dalle sue sparizioni mimetiche e dai suoi assalti che sembrano non seguire uno schema mentre perseguono una precisa strategia bellica.
I terroristi emotivi non sanno quello che fanno perché governati da movimenti interiori per lo più inconsci, tuttavia agiscono attraverso copioni psicologici relativamente invarianti.
Controllo e svalutazione. Controllo e svalutazione sono i circuiti che armano uomini affettivamente immaturi, incapaci di investire sulla coppia ma decisi a vivere comunque qualcosa che somigli all’amore spinti dall’impulso sessuale o dal conformismo sociale. Il controllo consiste nel mantenere al di sotto di una soglia minima il coinvolgimento emotivo nei confronti della partner e, allo stesso tempo, tenerla in scacco, sentimentalmente bloccata nella relazione. L’obiettivo è quello di imprimerle un marchio di proprietà narcisisticamente gratificante, un sigillo che le impedisca di intraprendere altre relazioni. La svalutazione è il guinzaglio comunicativo che questi uomini stringono stretto al collo della partner: subdolamente la criticano, la accusano, la maltrattano, la condannano al loro silenzio più cinico o all’insulto più sfrontato e irrispettoso inducendola così a dipendere dalla loro approvazione e a maturare la convinzione di essere indesiderabile.
La donna diventa in un vero e proprio “ostaggio di guerra” per cui l’unica forma di sollievo è data dalla sospensione, di solito breve, delle torture. Una telefonata un po’ gentile, un sms neutrale o il minimo gesto “umano” da parte del terrorista diventano le “prove” che c’è amore in fondo, e che si può sperare di ricostruire nonostante la desolazione.
Amori low-cost. Il terrorista emotivo si garantisce a costo bassissimo l’adorazione dell’ostaggio. Ottiene dedizione e fedeltà con i pochi centesimi di un messaggino, con una parola o una carezza appena affettuosa e, soprattutto, gode della percezione del potere.
Le donne sotto assedio, vivono sentimenti opposti: la totale insicurezza e l’incubo del tradimento. Immaginano che il partner trami alle loro spalle, cerchi altre storie e sono terrificate dalla possibilità dell’abbandono. Le condotte gelide e anaffettive del terrorista intervallate da ambigui messaggi d’amore e di tregua, fanno sì che la partner si senta un mero oggetto di possesso, come tale intercambiabile con altre. In realtà, scelto il bersaglio da devastare, il guerrigliero gli rimane fedele e di rado intraprende battaglie su più campi. A proprio modo è vittima del suo schema distruttivo ed è in qualche misura consapevole che trovata una donna che si presta al massacro convenga tenersela finché il gioco regge, perché trovarne un’altra altrettanto partecipe risulterebbe costoso e impegnativo.
Congelare la relazione. Una relazione affettiva si evolve fisiologicamente verso un aumento dell’impegno tra i partner e la costruzione congiunta di spazi di coppia progressivamente più ampi e più solidi che prevedono la condivisione di valori, progetti, amici, tempo e via dicendo. Un rapporto all’inizio, in genere, si caratterizza per il basso livello di coinvolgimento personale e l’elevato grado di libertà dei partner. Nelle fasi iniziali i sentimenti reciproci, per quanto intensi, non autorizzano ancora a proiettarsi in un futuro insieme, ma garantiscono indubbi vantaggi sessuali uniti alla sensazione di “poter avere una amore”.
Il terrorista emotivo agisce in modo da congelare la relazione in un perenne stadio iniziale, azzerando ogni eventuale progresso mediante il conflitto. Ci sono coppie che si inseguono per anni, rimanendo cristallizzate al punto zero del rapporto: quello della conoscenza iniziale, delle prime cene a due e di qualche focoso scambio sessuale.
“Sei inadeguata e pazza”. Non appena il terrorista del cuore intercetta dall’altra parte aspettative di relazione più mature, riceve la richiesta di condividere più tempo o ascolta l’ingenua esigenza di frequentare amicizie in comune, intraprende la sua crudele rappresaglia. Demolisce tutto, rade al suolo quanto sembrava accennare alla costruzione di un rapporto più maturo e lo fa mettendo in discussione la validità della partner non solo come compagna, ma come persona. Così facendo, raggiunge due obiettivi: la costringe alla dipendenza dal proprio giudizio e la illude che, se cambiasse, le cose andrebbero per il verso giusto.
Classicamente, dopo una fase di disperazione, la vittima ritorna a dare quanto e più di prima spinta dalla triste utopia che il proprio miglioramento produrrà amore. E invece, genererà soltanto nuovi e più efferati assedi.
Il terrorista emotivo è una figura affascinante perché si ammanta di mistero. Esperto nel dire e non dire, nel fare e nel negarlo, utilizza l’efficace copertura di creatura fragile, esiliata dal Paradiso. Il terrorista emotivo vive nel ruolo di Angelo Perduto, nello status instabile di profugo del sesso e così si presenta. Lascia che la vittima fraintenda per bene i suoi messaggi poveri e ambigui, così da ottenere amori appassionati e pirotecnici per poi dire: “Hai fatto tutto da sola”. Il dramma è che il terrorista si muove in totale buona fede, come un collezionista di farfalle. Una volta appuntato sino in fondo l’ago, chiude la teca e sbalordisce se la preda pretende di volare. Così osserva con precisione entomologica i movimenti dell’amante di turno. Manda un sms: controlla lo stato vitale dell’insetto. Telefona: verifica il possesso. Fa l’amore: perfeziona la cattura.
Narcisismo e immaturità affettiva. Dire “Ti amo” per il terrorista emotivo è come piazzare un ordigno a orologeria. Come narcisista, si dilania nel conflitto dato dall’amare l’altro e sembra dirsi: “Se amo te, tolgo qualcosa a me”. Questo spiega perché per il terrorista emotivo l’amore sia un tozzo di pane in tempi di fame : “Se ne do a te, me ne privo. E non ho alcuna intenzione di farlo.” Come un bambino mai cresciuto, il terrorista è famelico, bulimico di controllo, d’attenzione , d’amore e ne vuole fruire a comando. Ogni richiesta affettiva esterna diventa perciò intollerabile, un inaccettabile affronto al primato assoluto del bambino che amministra in modo dispotico il seno materno. Non a caso, l’immaturità affettiva è il principale fattore in gioco nelle dipendenze amorose, un fattore correlato a rigidità cognitiva, depressione mascherata e conformismo sociale. Il terrorista emotivo vive le sue relazioni come una guerra simulata tra soldatini di plastica, ignorando la natura umana delle sue pedine.
Terrorismo emotivo e modelli familiari. Il sadico entomologo amoroso spesso è il risultato di questioni pregresse, nodi, conflitti e lutti della famiglia d’origine non ancora risolti. L’ampia casistica comprende figli di genitori “separati in casa” che da anni recitano la pantomima della famiglia da manuale; figli di coppie rigidamente normative, famiglie “bene”, che dalla nascita hanno inondato di aspettative il rampollo spingendolo verso il “nobile” obiettivo di una relazione fiabesca e dunque irrealizzabile; orfani di padri o di madri idealizzati come onnipotenti e perfetti, presi a modello della futura partner destinata a misurarsi con standard irreali. E questi esempi non esauriscono certo le molteplici combinazioni familiari che fungono da matrice e da “mandato” al terrorismo del cuore. Quale che sia la dinamica familiare originaria, il “trauma freudiano” che “spiega” il dolore, l’aridità e la vessazione “amore dopo amore”, ovvero preda dopo preda, ogni terrorista emotivo sembra proiettare sulla vittima il suo teatro psicologico e ne vuole essere il regista dopo che ne è stato, nell’infanzia, in una difficile educazione sentimentale, una pallida semplice comparsa. Esige il primato, aspira al controllo assoluto, e lo esercita spesso attraverso l’aperta squalifica della partner o con l’imposizione del silenzio e dell’indifferenza. E si spreca quando si tratta di far finta, di mentire un amore, di farlo consapevolmente come si allaccia giunzaglio. Il terrorista emotivo sembra trasferire insomma tutte le sue frustrazioni sulla preda, che funziona come accumulatore e traduttore amoroso di sentimenti di rabbia, abbandono, tradimento, angoscia e solitudine.
Donne kamikaze. Tuttavia, senza la partecipazione attiva della partner, il terrorista emotivo non potrebbe compiere il suo copione. Infatti si tiene generalmente alla larga da donne che esprimono da subito e con chiarezza i propri bisogni affettivi e sono in grado di affermarli e di difenderli senza ambiguità, mentre seleziona partner inclini al sacrificio e pronte all’occorrenza a rinunciare ai propri desideri e progetti in favore della missione terroristica.
Si crede erroneamente che gli obiettivi sensibili del guerrigliero amoroso siano donne fragili e scarsamente strutturate, in qualche modo predisposte all’auto-svalutazione. Invece la casistica delle vittime include di frequente donne considerate da tutti equilibrate, forti e determinate. Proprio la persistenza e un grado iniziale d’autostima elevato possono spingere queste donne a fare di tutto con ostinazione maniacale, pur di tenersi quello che considerano l’amore della loro vita.
Donne kamikaze, armate sino ai denti, che si arruolano contro se stesse a fianco al terrorista con l’illusione che questo basterà a risanare la relazione. Si tratta di un processo psicologico apparentemente contradditorio e autolesionista, ma dotato di una propria coerenza interna e di una funzione ecologica: le cosiddette donne forti vivono gli attacchi del partner come una minaccia alla propria identità, minaccia che trovano assurda, inammissibile. “Come può non amarmi? E’ impossibile, con tutto quello che sono e che faccio per lui”. La convinzione di essere all’altezza della guerra e di poterla vincere le spinge a comportamenti apparentemente incomprensibili: diventano ossessive, ipercontrollanti, soggette a esplosioni clamorose di tipo estremo sino anche al tentativi simulati di suicidio. In questi casi, diversamente da quanto avviene quando la vittima del terrorista è fragile, si stabilisce una doppia dipendenza. Il terrorista viene messo in scacco psicologico dalla possibile rappresaglia isterica e suicidaria della kamikaze, a cui rimane legato da profondi sensi di colpa e d’angoscia.


Ci sono uomini che entrano nella vita delle donne e le distruggono. Non importa quanto esse siano forti e quanto intenso sia il loro amore, né che impegnino tutte se stesse nella relazione: quando l’altro mette in gioco meccanismi psicologici incentrati sul controllo e sulla svalutazione non ci sono strategie per salvarsi diverse dalla fuga.
Questi uomini trascinano le loro vittime in una guerriglia psicologica che a volte dura anni e che causa la progressiva demolizione dell’autostima e della capacità di comprendere ciò che sta accadendo al di là del codice malato della relazione. Sono donne rudere, donne relitto, donne sfiancate e terrorizzate dalle continue esplosioni egoistiche del partner, dalle sue sparizioni mimetiche e dai suoi assalti che sembrano non seguire uno schema mentre perseguono una precisa strategia bellica.
I terroristi emotivi non sanno quello che fanno perché governati da movimenti interiori per lo più inconsci, tuttavia agiscono attraverso copioni psicologici relativamente invarianti.
Controllo e svalutazione. Controllo e svalutazione sono i circuiti che armano uomini affettivamente immaturi, incapaci di investire sulla coppia ma decisi a vivere comunque qualcosa che somigli all’amore spinti dall’impulso sessuale o dal conformismo sociale. Il controllo consiste nel mantenere al di sotto di una soglia minima il coinvolgimento emotivo nei confronti della partner e, allo stesso tempo, tenerla in scacco, sentimentalmente bloccata nella relazione. L’obiettivo è quello di imprimerle un marchio di proprietà narcisisticamente gratificante, un sigillo che le impedisca di intraprendere altre relazioni. La svalutazione è il guinzaglio comunicativo che questi uomini stringono stretto al collo della partner: subdolamente la criticano, la accusano, la maltrattano, la condannano al loro silenzio più cinico o all’insulto più sfrontato e irrispettoso inducendola così a dipendere dalla loro approvazione e a maturare la convinzione di essere indesiderabile.
La donna diventa in un vero e proprio “ostaggio di guerra” per cui l’unica forma di sollievo è data dalla sospensione, di solito breve, delle torture. Una telefonata un po’ gentile, un sms neutrale o il minimo gesto “umano” da parte del terrorista diventano le “prove” che c’è amore in fondo, e che si può sperare di ricostruire nonostante la desolazione.
Amori low-cost. Il terrorista emotivo si garantisce a costo bassissimo l’adorazione dell’ostaggio. Ottiene dedizione e fedeltà con i pochi centesimi di un messaggino, con una parola o una carezza appena affettuosa e, soprattutto, gode della percezione del potere.
Le donne sotto assedio, vivono sentimenti opposti: la totale insicurezza e l’incubo del tradimento. Immaginano che il partner trami alle loro spalle, cerchi altre storie e sono terrificate dalla possibilità dell’abbandono. Le condotte gelide e anaffettive del terrorista intervallate da ambigui messaggi d’amore e di tregua, fanno sì che la partner si senta un mero oggetto di possesso, come tale intercambiabile con altre. In realtà, scelto il bersaglio da devastare, il guerrigliero gli rimane fedele e di rado intraprende battaglie su più campi. A proprio modo è vittima del suo schema distruttivo ed è in qualche misura consapevole che trovata una donna che si presta al massacro convenga tenersela finché il gioco regge, perché trovarne un’altra altrettanto partecipe risulterebbe costoso e impegnativo.
Congelare la relazione. Una relazione affettiva si evolve fisiologicamente verso un aumento dell’impegno tra i partner e la costruzione congiunta di spazi di coppia progressivamente più ampi e più solidi che prevedono la condivisione di valori, progetti, amici, tempo e via dicendo. Un rapporto all’inizio, in genere, si caratterizza per il basso livello di coinvolgimento personale e l’elevato grado di libertà dei partner. Nelle fasi iniziali i sentimenti reciproci, per quanto intensi, non autorizzano ancora a proiettarsi in un futuro insieme, ma garantiscono indubbi vantaggi sessuali uniti alla sensazione di “poter avere una amore”.
Il terrorista emotivo agisce in modo da congelare la relazione in un perenne stadio iniziale, azzerando ogni eventuale progresso mediante il conflitto. Ci sono coppie che si inseguono per anni, rimanendo cristallizzate al punto zero del rapporto: quello della conoscenza iniziale, delle prime cene a due e di qualche focoso scambio sessuale.
“Sei inadeguata e pazza”. Non appena il terrorista del cuore intercetta dall’altra parte aspettative di relazione più mature, riceve la richiesta di condividere più tempo o ascolta l’ingenua esigenza di frequentare amicizie in comune, intraprende la sua crudele rappresaglia. Demolisce tutto, rade al suolo quanto sembrava accennare alla costruzione di un rapporto più maturo e lo fa mettendo in discussione la validità della partner non solo come compagna, ma come persona. Così facendo, raggiunge due obiettivi: la costringe alla dipendenza dal proprio giudizio e la illude che, se cambiasse, le cose andrebbero per il verso giusto.
Classicamente, dopo una fase di disperazione, la vittima ritorna a dare quanto e più di prima spinta dalla triste utopia che il proprio miglioramento produrrà amore. E invece, genererà soltanto nuovi e più efferati assedi.
Il terrorista emotivo è una figura affascinante perché si ammanta di mistero. Esperto nel dire e non dire, nel fare e nel negarlo, utilizza l’efficace copertura di creatura fragile, esiliata dal Paradiso. Il terrorista emotivo vive nel ruolo di Angelo Perduto, nello status instabile di profugo del sesso e così si presenta. Lascia che la vittima fraintenda per bene i suoi messaggi poveri e ambigui, così da ottenere amori appassionati e pirotecnici per poi dire: “Hai fatto tutto da sola”. Il dramma è che il terrorista si muove in totale buona fede, come un collezionista di farfalle. Una volta appuntato sino in fondo l’ago, chiude la teca e sbalordisce se la preda pretende di volare. Così osserva con precisione entomologica i movimenti dell’amante di turno. Manda un sms: controlla lo stato vitale dell’insetto. Telefona: verifica il possesso. Fa l’amore: perfeziona la cattura.
Narcisismo e immaturità affettiva. Dire “Ti amo” per il terrorista emotivo è come piazzare un ordigno a orologeria. Come narcisista, si dilania nel conflitto dato dall’amare l’altro e sembra dirsi: “Se amo te, tolgo qualcosa a me”. Questo spiega perché per il terrorista emotivo l’amore sia un tozzo di pane in tempi di fame : “Se ne do a te, me ne privo. E non ho alcuna intenzione di farlo.” Come un bambino mai cresciuto, il terrorista è famelico, bulimico di controllo, d’attenzione , d’amore e ne vuole fruire a comando. Ogni richiesta affettiva esterna diventa perciò intollerabile, un inaccettabile affronto al primato assoluto del bambino che amministra in modo dispotico il seno materno. Non a caso, l’immaturità affettiva è il principale fattore in gioco nelle dipendenze amorose, un fattore correlato a rigidità cognitiva, depressione mascherata e conformismo sociale. Il terrorista emotivo vive le sue relazioni come una guerra simulata tra soldatini di plastica, ignorando la natura umana delle sue pedine.
Terrorismo emotivo e modelli familiari. Il sadico entomologo amoroso spesso è il risultato di questioni pregresse, nodi, conflitti e lutti della famiglia d’origine non ancora risolti. L’ampia casistica comprende figli di genitori “separati in casa” che da anni recitano la pantomima della famiglia da manuale; figli di coppie rigidamente normative, famiglie “bene”, che dalla nascita hanno inondato di aspettative il rampollo spingendolo verso il “nobile” obiettivo di una relazione fiabesca e dunque irrealizzabile; orfani di padri o di madri idealizzati come onnipotenti e perfetti, presi a modello della futura partner destinata a misurarsi con standard irreali. E questi esempi non esauriscono certo le molteplici combinazioni familiari che fungono da matrice e da “mandato” al terrorismo del cuore. Quale che sia la dinamica familiare originaria, il “trauma freudiano” che “spiega” il dolore, l’aridità e la vessazione “amore dopo amore”, ovvero preda dopo preda, ogni terrorista emotivo sembra proiettare sulla vittima il suo teatro psicologico e ne vuole essere il regista dopo che ne è stato, nell’infanzia, in una difficile educazione sentimentale, una pallida semplice comparsa. Esige il primato, aspira al controllo assoluto, e lo esercita spesso attraverso l’aperta squalifica della partner o con l’imposizione del silenzio e dell’indifferenza. E si spreca quando si tratta di far finta, di mentire un amore, di farlo consapevolmente come si allaccia giunzaglio. Il terrorista emotivo sembra trasferire insomma tutte le sue frustrazioni sulla preda, che funziona come accumulatore e traduttore amoroso di sentimenti di rabbia, abbandono, tradimento, angoscia e solitudine.
Donne kamikaze. Tuttavia, senza la partecipazione attiva della partner, il terrorista emotivo non potrebbe compiere il suo copione. Infatti si tiene generalmente alla larga da donne che esprimono da subito e con chiarezza i propri bisogni affettivi e sono in grado di affermarli e di difenderli senza ambiguità, mentre seleziona partner inclini al sacrificio e pronte all’occorrenza a rinunciare ai propri desideri e progetti in favore della missione terroristica.
Si crede erroneamente che gli obiettivi sensibili del guerrigliero amoroso siano donne fragili e scarsamente strutturate, in qualche modo predisposte all’auto-svalutazione. Invece la casistica delle vittime include di frequente donne considerate da tutti equilibrate, forti e determinate. Proprio la persistenza e un grado iniziale d’autostima elevato possono spingere queste donne a fare di tutto con ostinazione maniacale, pur di tenersi quello che considerano l’amore della loro vita.
Donne kamikaze, armate sino ai denti, che si arruolano contro se stesse a fianco al terrorista con l’illusione che questo basterà a risanare la relazione. Si tratta di un processo psicologico apparentemente contradditorio e autolesionista, ma dotato di una propria coerenza interna e di una funzione ecologica: le cosiddette donne forti vivono gli attacchi del partner come una minaccia alla propria identità, minaccia che trovano assurda, inammissibile. “Come può non amarmi? E’ impossibile, con tutto quello che sono e che faccio per lui”. La convinzione di essere all’altezza della guerra e di poterla vincere le spinge a comportamenti apparentemente incomprensibili: diventano ossessive, ipercontrollanti, soggette a esplosioni clamorose di tipo estremo sino anche al tentativi simulati di suicidio. In questi casi, diversamente da quanto avviene quando la vittima del terrorista è fragile, si stabilisce una doppia dipendenza. Il terrorista viene messo in scacco psicologico dalla possibile rappresaglia isterica e suicidaria della kamikaze, a cui rimane legato da profondi sensi di colpa e d’angoscia.