Analisi Intermarket ....quelli che.... Investire&tradare - Cap. 1

Stato
Chiusa ad ulteriori risposte.
Rehn: bozza Ue sugli eurobond. Ancora doppio no da Parigi e Berlino, vertice martedì




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(AFP)


Mentre sui mercati non cessano le vendite incontrollate, si torna a parlare di eurobond come possibile soluzione alla crisi dei debiti sovrani dell'Eurozona. Il commissario agli Affari economici e monetari dell'Unione europea, Olli Rehn, ha affermato che l'Ue potrebbe mettere a punto una bozza sull'emissione comune e presentare uno studio sulla loro fattibilità. «La Commissione si è offerta di presentare un report al Parlamento europeo e al Consiglio per mettere a punto un sistema di emissioni comuni per i titoli di Stato europei», ha detto Rehn. Una presa di posizione precisa e una sfida al rafforzato tandem franco-tedesco, che si è autocandidato alla guida politica dell'Unione e che sembra non volere cedere il passo alle proposte di Bruxelles.
Nein da Berlino...
«Noi non li vogliamo». È stato molto netto il commento della cancelliera tedesca Angela Merkel alla notizia che l'Ue sta lavorando su uno studio di fattibilità per l'introduzione degli eurobond. Merkel ha ribadito il no della Germania, sottolineando che, con una «collettivizzazione» del debito in Europa, i Paesi membri starebbero peggio di prima. «Si tratta di un pendio scivoloso, la situazione potrebbe peggiorare e noi non vogliamo arrivare a questo. Se tutti i debiti venissero messi in un solo contenitore non capiremmo da dove vengono. Gli eurobond non darebbero la possibilità o il diritto ai più di intervenire per forzare la disciplina finanziaria degli altri», ha spiegato la Merkel.





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... e Non da Parigi
Stesso atteggiamento da Parigi. Gli Eurobond aumenterebbero il costo del debito francese con conseguenze sul rating a tripla A della Francia. Lo ha detto il primo ministro Francois Fillon ribadendo la contrarietà del governo transalpino a questo strumento senza un ulteriore consolidamento fiscale dei Paesi europei. «Alcuni invocano la creazione degli Eurobond presentandoli come la panacea. Dimenticano però che questi strumenti aumenterebbero il prezzo del debito francese», ha scritto il primo ministro in un editoriale su Le Figaro.
Martedì vertice franco-tedesco tra ministri dell'economia
Insomma, non pare proprio che l'idea di un'Europa integrata fiscalmente e in grado di dare risposte alle aspettative dei mercati faccia progressi. Dando in qualche modo ragione all'atteggiamento aggressivo degli investitori, che stanno punendo duramente da settimane le scelte (e le non scelte) dell'Unione. E a conferma che la musica sembra poter cambiare (almeno per ore) in serata è arrivata la notizia di un altro vertice franco-tedesco. I ministri dell'economia, Francois Baroin Wolfgang Schauble, si incontreranno martedì prossimo a Parigi per dare seguito al bilaterale fra Sarkozy e Merkel sulla governance della zona euro. La riunione è prevista per le 10 di mattina e punta a «mettere in opera le decisioni ambiziose prese» durante il summit fra Francia e Germania, ha piegato un portavoce di Baroin. sarà un altro bagno di sangue in Borsa? Steremo a vedere.
Tornando all'eurobond, l'idea di Tremonti e Juncker era stata più volte rilanciata come un utile espediente per risolvere la crisi dell'Eurozona. Molti si aspettavano che nel recente vertice tra Angela Merkel e Nicolas Sarkozy si discutesse della proposta. Così non è stato. Eppure l'ipotesi non è più un tabù in Germania. Esponenti del partito della cancelliera Merkel si sono espressi a favore. Il fronte dei contrari resta comunque maggioritario. Tra questi c'è anche il "falco" della Bce Juergen Stark. «Gli eurobond - ha sottolineato in un'intervista al quotidiano tedesco Handelsblatt - sono stati dipinti come la soluzione magica per uscire dalla crisi, ma in realtá sarebbe come curare i sintomi non le cause» dei problemi.
Intanto gli economisti di Barclays Capital lanciano la proposta di un'Autorità per i prestiti dell'Area dell'Euro (Eaba) per rafforzare i titoli di stato emessi dai paesi membri. La nuova autorità, si legge in una nota, potrebbe «di fatto replicare gli Eurobond in attesa che la loro emissione ottenga una effettiva approvazione politica». Il suo compito dovrebbe essere quello di «garantire solo l'emissione del nuovo debito, derivante dal costo marginale del debito che ha deteriorato le dinamiche di indebitamento di Italia e Spagna». Il debito esistente, infatti, «non pone nessun tipo di minaccia per la sua sostenibilità», perchè ha una «cedola normalmente bassa».


:down::down::down::titanic:...continuano a non capire...la pagheremo e la pagheranno molto cara...che deficienti.
 
:down::down::down::titanic:...continuano a non capire...la pagheremo e la pagheranno molto cara...che deficienti.

Van Rompuy: no agli eurobond, sì alla Tobin tax

Questo articolo è stato pubblicato il 20 agosto 2011 alle ore 12:40.






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L'Europa non sarà pronta all'emissione di eurobond fin quando non ci sarà una maggiore convergenza tra i bilanci e le economie nazionali. Lo ha detto il presidente dell'Unione europea, Herman Van Rompuy, secondo quanto riporta l'agenzia Bloomberg.
«Noi siamo in uno scenario in cui c'è ancora una larga divergenza tra i 17 stati dell'eurozona per quanto riguarda i bilanci», ha spiegato Van Rompuy, parlando alla radio belga RTBF. Quindi, ha aggiunto, «Non c'èuna sufficiente convergenza».
«Noi abbiamo una posizione favorevole, a livello europeo per esempio, sulla tassazione per le transazioni finanziarie», la cosiddetta Tobin Tax. Lo ha detto il presidente dell'Unione Europea, Herman Van Rompuy, secondo quanto riporta l'agenzia Bloomberg, aggiungendo che sul tema «c'è un intenso dibattito: può funzionare solo nell'eurozona o deve essere fatta a livello globale?».


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Parlando alla radio belga RTBF, Van Rompuy ha, inoltre, spiegato come sia necessario che i leader di Eurolandia trasmettano un fermo messaggio ai mercati. «Io proporrò alcune idee su come rafforzare sia le comunicazioni sia il management delle crisi. Noi dobbiamo provare - ha sottolineato - a dare lo stesso messaggio». Per il presidente dell'Ue, infatti, «è inevitabile che ci siano tante voci, ma ognuno deve trasmettere lo stesso messaggio». A riguardo, Van Rompuy presenterà le sue proposte per ottobre.
 
Merkel-Sarkò leader statici senza visione europea



Il calendario elettorale è forse il peggior nemico di questa crisi sul debito sovrano. Il vertice del 16 agosto tra Angela Merkel e Nicolas Sarkozy ha mostrato due leader statici nel maldestro tentativo di sembrare dinamici. Nessuno, da loro, si aspettava miracoli, ma nemmeno quel vuoto di idee riciclate che li ha portati invece a snobbare - strumentalmente - l'unica medicina in grado di curare almeno i sintomi della malattia contratta dall'Unione monetaria: gli eurobond.

Il Sarkozy dell'altro giorno è molto diverso dal Sarkozy che nell'ottobre 2008, come presidente di turno dell'Unione europea, riuscì a convincere una riluttante (anche allora!) cancelliera tedesca a non tergiversare oltre il lecito sul piano salvabanche in piena crisi Lehman. Fu il suo capolavoro di politica estera, almeno in termini di impulso e coordinamento. Il 12 di quello stesso mese, una domenica, al vertice dell'eurozona di Parigi contribuì davvero ad allontanare dal baratro il sistema finanziario della Uem.


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Oggi si è invece 'merkelizzato', e guarda con rinnovata preoccupazione all'opinione pubblica nazionale perché a otto mesi dalle presidenziali deve somministrare al Paese una massiccia dose di tagli alla spesa pubblica. Non ha più alcun interesse a tirare la Merkel per la giacca, a scuoterla, anche se sa benissimo che la casa (europea) rischia nuovamente, non meno che nel 2008, di bruciare. La scadenza che lo interessa è il 22 aprile 2012, primo turno di un'elezione dove rischia seriamente di perdere, da sinistra e da destra, nonostante il suo peggior nemico, Dominique Strauss-Kahn, sia fuori gioco.

È venuto così a mancare l'elemento dinamico dell'asse franco-tedesco, che come ai tempi di Schröder e Chirac torna ad assomigliare a una cooperativa di mutuo soccorso piuttosto che al tradizionale motore dell'integrazione europea. Non urtare la suscettibilità di Angela Merkel in questo frangente, non fare nulla per piegarla alla causa - in fondo comune - degli eurobond, significa garantirle tacita complicità sulle delicate questioni di politica interna e attenuare il senso d'urgenza e drammaticità della crisi.

La cancelliera, invece, resta fedele a sé stessa. Come nel 2008 non si scompone. È prudente di natura, riflessiva, «more a follower than a leader», più abituata a seguire che a mostrare la strada, secondo la definizione dell'Economist. Deve fare i conti con una impopolarità crescente, una maggioranza di Governo poco coesa, e il mal di pancia cronico di un'opinione pubblica che non vuole sacrificare un grammo del proprio benessere e della propria sovranità nazionale per salvare i Paesi meno virtuosi dell'Unione monetaria. Somatizza le ansie di una Germania riluttante e ripiegata su sé stessa che ancora non se la sente di unire la leadership economica a quella politica.

Il 76% dei tedeschi, secondo un sondaggio dell'istituto Emnid, non vuole gli eurobond. Non li vuole nemmeno, se mai ci fossero dubbi, Jürgen Stark, membro del board della Bce, che in un'intervista ad Handelsblatt ha fuso il pensiero del tecnocrate con quello del popolo: «È un trasferimento della solvibilità dai Paesi più stabili e solidi a quelli che hanno una situazione fiscale più debole. Per questi ultimi diventerà più economico finanziarsi, ma per gli altri, quelli con un rating migliore, sarà più costoso. Gli eurobond non risolvono i problemi, creano solo gli incentivi sbagliati».

E anche se il pensiero unico tedesco in materia comincia a vacillare, la conversione dell'attuale classe dirigente attiene alla sfera dei miracoli. Si torna ad Angela Merkel, donna di moderate passioni, decisionismo incrementale e riformismo tutto sommato tiepido, che a dirla tutta è stata più beneficiaria che non artefice della prodigiosa crescita economica della Germania negli ultimi anni. L'appuntamento elettorale per lei è un po' più in là nel tempo, ma neanche tanto, settembre 2013 per le federali.

C'è il rischio di una rovinosa staffetta di reciproco puntellamento con Sarkozy proprio quando l'Europa, per garantire lunga vita e stabilità all'Unione monetaria, ha bisogno di decisioni forti e rapide, non di vertici inconcludenti e direttori. Peccato che Sarkozy e la Merkel, per ragioni simmetriche e una sfortunata congiunzione astrale del calendario elettorale, non siano in condizioni di esercitare il coraggio dell'impopolarità. Ciò di cui avrebbe bisogno un'Europa che rischia nuovamente di avvicinarsi al baratro di tre anni fa. Nuovi Kohl e Mitterrand cercansi, disperatamente.
 
...a questo punto, spero proprio che il nostro dduke abbia ragione nel dire che stanno facendo favori a gratis a qualcuno...e magari dopo, queste bestie ignoranti si ergeranno a salvatori dell'Europa dal baratro...che squallore infinito
 
E x concludere mettiamo pure la dichiarazione
del RE DELLA " Grattata ai balotes ": Mr. Roubini.


Roubini: «Crisi? L'Italia è già in recessione»
Bremmer: «La politica non può raddrizzare la situazione».


Il business dell'usura è di 24 milioni di euro.

Non c'è speranza, l'Italia è in recessione (leggi l'andamento delle Borse nella giornata di venerdì 19 luglio). Parola dell'economista Nouriel Roubini. «Nella periferia di Eurolandia, cinque Paesi, Grecia, Irlanda, Portogallo, Italia e Spagna, sono già in recessione» ha dichiarato l'economo a la Repubblica riguardo i cosiddetti Pigs. «Tre hanno già perso la possibilità di rivolgersi ai mercati del credito, e a questo punto le probabilità che anche Italia e Spagna facciano la stessa fine sono molto alte. E l'Italia e la Spagna sono 'too big to fail', troppo grandi per fallire e troppo grandi per essere salvate».
Sempre a la Repubblica, l'economista Ian Bremmer, ha concordato con Roubini sul fatto che «non ci siano margini di intervento politico per raddrizzare la situazione».
ASTINENZA DA DEBITO PUBBLICO. Tornando a Roubini, per il professore della New York University, «l'Eurozona senz'altro procederà alla ristrutturazione del debito pubblico e di quello bancario. Prima in Grecia, poi in Portogallo e Spagna. E se l'Italia e la Spagna perdessero l'accesso al mercato del credito (cosa che a mio avviso potrebbe accadere) non vi sarà mai debito pubblico a sufficienza, con un deficit che allora sarà triplicato, per tutelare questi Paesi».
In secondo luogo, «anche potendo agire» ha continuato Roubini «sul debito bancario e sul debito pubblico per contenerli, non potrà esservi crescita economica senza ripristino della competitività». Per l'economista, quindi, «nei prossimi tre-cinque anni vi sono forti probabilità che i membri più deboli dell'Eurozona, a cominciare dalla Grecia e dal Portogallo, decidano che la permanenza nell'Unione comporterà più costi che benefici».




Ora vado a dormire
 
giorno ragazze, toccata e fuga me ne vado fuori a prendere il sole e farmi un bel bagnetto, nella mia piscinetta, vi lascio un graficuzzo o forse due;):D:D

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