non e' questo il report:
Italia vive deja vu del '92, Mediobanca teme credit crunch
Di Francesca Gerosa
Molto è cambiato, nulla è cambiato. L'Italia sta vivendo il deja vu del 1992. "Sembra un revival del 1992, quando la crisi politica e macro economica costrinse l'Italia a svalutare la lira e uscire dallo SME con 140 miliardi di euro tra austerità e cessioni. Il costo per il pagamento del debito era pari al 12% del pil, rispetto all'attuale 6%, ma ora la situazione macro economica è peggiore e la svalutazione non è più un'opzione.
Quindi non si può escludere che l'Italia possa richiedere un salvataggio Ue. Il restringimento di 250 bps dello spread Btp/Bund dal picco di novembre 2011 mostra semplicemente la ricompensa del mercato alle notizie arrivate da Francoforte (Ltro, Omt), da New York e Tokyo (QE), piuttosto che per le notizie politiche arrivate da Roma.
Un rischio di default dell'Argentina, un possibile piano di salvataggio della Slovenia, un peggioramento del quadro macro economico, una riduzione del QE, i problemi della Corte costituzionale tedesca sull'Omt, la possibilità che il premier Letta non riesca a mantener fede a quanto promesso sono tutti elementi che per gli esperti di
Mediobanca potrebbero far allargare di nuovo lo spread.
Dall'atra parte i dati di aprile mostrano che l'Italia è entrata in una fase acuta con 2,3 miliardi di nuovi crediti in sofferenza, in un mese, con i consumi in calo del 4,4% anno su anno (-3,3% lo scorso anno) e con l'ulteriore inasprimento del credito (-1,1% anno su anno rispetto a -0,7% a marzo) tanto che gli analisti prevedono un più elevato onere sui conti pubblici.
I sussidi di disoccupazione sono aumentati 7 volte dal 2007. Il problema è ora lo spread delle grandi imprese. L'esposizione delle banche all'Ilva, ad esempio, è limitata a un rischio pari a solo 12bps di Core Tier 1, ma 40mila lavoratori sono a rischio (12mila direttamente) pari al 10% del totale dei posti di lavoro in Italia nel 2012.
Ma le vere minacce
Mediobanca le vede nell'immobiliare e nel finanziamento. Le offerte residenziali nel settore immobiliare sono in calo del 26% anno su anno a 430mila, il dato più basso dal 1985. Con 0,044 costruzioni per abitante nel 2000-2010, l'Italia non è vicina alla Spagna. Tuttavia, con l'attuale copertura (10 pp al di sotto del 2007), un ulteriore calo del 10% dei prezzi degli immobili eliminerebbe 170bps al Core Tier 1 Basilea II 2012 e il Core Tier 1 di
Mps,
Banco Popolare, Bper e
Bpm scenderebbe sotto l'8%, mentre
Intesa Sanpaolo e
Unicredit rimarrebbero ancorati al 9%.
I depositi sono cresciuti del 6% anno su anno confermando la loro vischiosità. La pesante dipendenza dai 260 miliardi di euro di Ltro per gli analisti potrebbe erodere circa il 14% delle loro stime di eps 2015 quando si dovrà rimborsare la Bce. Draghi di recente ha raffreddato le attese del mercato circa la possibilità che Francoforte acquisti i prestiti alle piccole e medie imprese. I prestiti alle Pmi vincolati alla Bce delle società coperte da
Mediobanca viaggiano tra i 45 miliardi di euro (rating AA) e i 145 miliardi (A), vale a dire tra il 6% e il 15% dei prestiti alle imprese italiane.
Gli analisti di
Mediobanca sono anche convinti che non ci sia spazio per una tassa consistente sui patrimoni. Il dibattito per un’imposta patrimoniale volta a ridurre il rapporto debito/pil al 100% ha tre vincoli: il 65% dei 9,5 trilioni di euro di ricchezza italiana sono già tassati al di sopra della media Ue (imposte dirette immobiliari al 1,6% del reddito disponibile lordo contro l’1%).
In secondo luogo, solo 2 trilioni di euro, vale a dire il 20% della ricchezza, sono attività liquide. In terzo luogo, potrebbe essere difficile cambiare le dinamiche a lungo termine del debito a causa del moltiplicatore fiscale superiore a 1 volta che deprime i consumi. Gli analisti di
Mediobanca hanno comunque trovato spazio per 75 miliardi di euro di risorse aggiuntive dalla convergenza tra l’aliquota fiscale (3 miliardi) degli asset immobiliari e finanziari; dalla imposta di solidarietà sul patrimonio come la francese ISF (5 miliardi di euro); da un’'imposta patrimoniale progressiva sul 10% della popolazione più ricca (43 miliardi di euro), dall’accordo con la Svizzera sui fondi rimpatriati (20 miliardi di euro) e 4 miliardi da un costo del debito più basso.
Il rapporto debito/pil scenderebbe di 4pp e un punto percentuale di pil delle attuali misure per la crescita potrebbe creare un circolo virtuoso, ma solo se l'Italia migliorasse al tempo stesso il suo modesto track record a livello di riforme strutturali e di lotta all'evasione fiscale.
Da un sondaggio di
Mediobanca su più di 50 aziende coperte è emerso che il 50% delle società indica l'accesso al credito come principale problema. Questo perché l'85% è focalizzato sul taglio dei costi e solo il 20% pianifica di incrementare i propri investimenti. Come risultato il 50% non prevede una crescita dei risultati quest'anno per i bassi ricavi e il debole contesto macro.
I bassi ricavi e il difficile contesto sono alla base della richiesta di meno austerità: il 44% delle aziende cerca misure per la crescita, il 26% chiede di abbassare le tasse , il 21% è per la ristrutturazione della pubblica amministrazione contro il 6% che vuole un taglio del debito pubblico e il 3% che vuole il rispetto del Fiscal Compact.