RISIKO.........BANCARIO !!!!!!!!!!!!!!!!

SINIBALDO

Forumer attivo
1139431113020001049226.jpg


APPENA SI E' INSEDIATO NON HA PERSO TEMPO E, COME UN CONSUMATO DIRETTORE D'ORCHESTRA HA INIZIATO A DIRIGERE GLI
AFFARI DEL FUTURO.................."POTERE" !!!!!!!!!!!!!!!!
SU ORDINE DI.........CHI ?????????
SINIBALDO___________________________________________________________


Istituti esteri scatenati, con il Santander che potrebbe tradire il San Paolo per la Capitalia.

Avvoltoi sul cielo di Lodi. Mentre il Montepaschi, dopo aver rifiutato la Intesa, cerca un socio.

Prima ha usato il randello: scaricando a freddo sul mercato azionario, tramite la banca d'affari Merrill Lynch, i titoli Fiat che si era trovato in portafoglio in seguito all'operazione «convertendo».

Mossa che ha fatto scendere il corso delle azioni del gruppo automobilistico del 6 per cento, alla vigilia dell'annuncio del ritrovato utile operativo dopo quattro interminabili anni di sofferenze.

Poi, non contento, Enrico Salza, presidente del San Paolo Imi, ha affondato il coltello per sfottere i «principi rinascimentali» che siedono al vertice del Lingotto.

Un uno-due che ha colpito anzitutto Sergio Marchionne, amministratore delegato del gruppo Fiat.

Molti banchieri hanno interpretato lo sgarbo come la conseguenza dei pessimi rapporti (ed è un eufemismo) che da tempo corrono fra il presidente del San Paolo e quello della Fiat, Luca Cordero di Montezemolo.

Ruggine di vecchia data che recenti vicende hanno inasprito. Salza aveva accarezzato il sogno di mettere sotto tutela, utilizzando la finestra del convertendo, la famiglia Agnelli.

Poi quello di avere voce in capitolo nella nomina del vertice, e magari anche nell'azionariato, del quotidiano La Stampa. In entrambi i casi, è stato respinto.

Ma alla resa dei conti fra il Lingotto e la banca di piazza San Carlo (di cui l'Ifil, finanziaria degli Agnelli, possiede il 5 per cento) è possibile dare anche una lettura politica.

Salza aspira a essere il king maker del potere a Torino.

Liberale storico, legatissimo all'ex segretario del partito Valerio Zanone, il presidente del San Paolo è da qualche tempo approdato a lidi ulivisti.

Montezemolo, che ricopre la carica di presidente della Confindustria, oltre che della Fiat, è considerato il possibile «cavaliere bianco» dell'azienda Italia in caso di sostanziale pareggio fra i due poli alle prossime elezioni.

Il perno, insieme all'economista Mario Monti, di una operazione neocentrista.

Una prospettiva che Romano Prodi vede come fumo negli occhi.

Ed è stato forse per dissipare sgradevoli dietrologie politiche che la Banca Intesa, guidata da due ulivisti doc come Giovanni Bazoli e Corrado Passera, ha immediatamente messo le mani avanti:

facendo sapere che non resterà in eterno azionista della Fiat perché fare automobili non è il suo mestiere.

Ma quando uscirà lo farà con le buone maniere, non certo con la ruvidezza di Salza.

Poi è stata la volta dello stesso Prodi, che si è premurato di elogiare pubblicamente i risultati conseguiti dal gruppo torinese.

E di conseguenza l'operato dei suoi vertici: Montezemolo in testa.

La vicenda torinese, in realtà, non è che una spia delle fibrillazioni che percorrono, spesso sottotraccia, l'intero sistema creditizio italiano.

Alla Banca d'Italia si è insediato Mario Draghi e la sua ascesa a Palazzo Koch viene letta, quasi unanimemente, come una forte apertura all'Europa e al mercato.

Insomma, un radicale cambio di stagione.

Che investirà prima di tutto il mondo delle banche popolari.

Da tempo la Commissione europea chiede che venga abolita la regola del voto capitario che rende questi istituti non contendibili.

Antonio Fazio aveva sepolto il dossier in un cassetto.

Draghi appare intenzionato a riaprirlo con urgenza.

Poi c'è la questione delle macerie lasciate dall'estate dei «furbetti del quartierino».

Da un lato il destino della Bpi, ex Lodi, orfana dei sogni di grandeur di Gianpiero Fiorani, passato ormai dalle cronache finanziarie a quelle giudiziarie.

Dall'altro il futuro della Bnl, sfuggita all'Unipol di Giovanni Consorte, ma ancora oggetto dei desideri degli spagnoli del Bbva.

Il progetto di Fiorani era mettere insieme, con la conquista dell'Antonveneta, un polo bancario «del Lombardo- Veneto» in grado di

competere con i big del sistema creditizio: San Paolo, Unicredito e soprattutto Intesa.

Sarebbe dovuto diventare un contraltare rispetto a queste tre banche, guidate da manager schierati nell'area dell'Ulivo.

Il disegno aveva perciò la benevolenza, oltre che dell'ex governatore Antonio Fazio, della Lega.

Come è andato a finire è noto.

Ma il progetto, a ben guardare, non è morto con la caduta di Fiorani.

L'uscita di scena del banchiere lodigiano, infatti, potrebbe favorire le ambizioni di Roberto Mazzotta, democristiano di lungo corso, presidente della Popolare di Milano, che da tempo accarezza l'idea di dar vita a una «superpopolare del Nord».

E la Bpi, ormai priva di una strategia che non sia quella della stentata sopravvivenza, potrebbe diventare l'obiettivo ideale per una fusione.

Non sarà comunque facile: perché Mazzotta deve fare i conti con una schiera di altri agguerriti pretendenti alla banca della Bassa, come la Cassa di risparmio di Genova, la Popolare di Vicenza e soprattutto quella dell'Emilia.

Quanto alle sorti della Bnl, sono intrecciate, almeno in parte, con quanto accadrà a Rocca Salimbeni, quartier generale del Monte dei Paschi di Siena.

Dove è in atto una rissa furibonda tutta interna ai Ds.

Giuseppe Mussari, presidente della fondazione che controlla la banca, guarda alle possibilità di aggregazione con grandi gruppi bancari.

E per mesi ha studiato un dossier sull'ipotesi di fusione con la Intesa.

Poi archiviato per manifesta incompatibilità con il Crédit agricole, azionista di riferimento della banca milanese.

Maurizio Cenni, sindaco di Siena e quindi socio di maggior peso nella banca controllata dagli enti locali (tutti amministrati dalla sinistra),

pensa invece a un regolamento di conti con l'Unipol, approfittando dello sbandamento della componente «emiliana» delle Coop, quella che aveva maggiormente sostenuto Consorte nella sua operazione.

Sullo sfondo ci sono le elezioni: non tanto le politiche quanto le amministrative in cui scenderà in campo con una sua lista Pierluigi Piccini, ex uomo forte dei Ds e del Montepaschi, azzoppato da una alleanza fra dalemiani e «bolognesi» che mise in agenda la fusione con la Bnl.

A Siena pronosticano un turno amministrativo più rovente del Palio.

Il nuovo risiko bancario rischia di complicarsi ulteriormente a causa di un nodo di non facile soluzione:

quello del patto di sindacato della Capitalia.

Di un assetto azionario ormai giunto a scadenza: quello della Olimpia, la finanziaria che custodisce il controllo della Telecom.

E di una guerra latente, a bassa intensità, però mai finita: quella per il controllo della Mediobanca.

In autunno gli olandesi della Abn Amro, il singolo maggiore azionista della Capitalia, con ogni probabilità si sfileranno dal patto.

Dopo la conquista della Antonveneta l'imperativo è concentrare energie e risorse sulla provincia padovana, annessa a carissimo prezzo.

Chi li sostituirà?

L'ipotesi a cui lavora Geronzi è: nessuno.

Il presidente della Capitalia punta infatti a spalmare il pacchetto azionario oggi in portafoglio all'Abn Amro fra gli altri soci forti.

Un'operazione quanto mai delicata, tutta cesello e diplomazia.

Mentre alla porta avrebbero bussato, con grazia, gli spagnoli del Santander, azionisti di peso (ma si dice non molto contenti) del San Paolo.

Almeno altrettanto delicata è la questione Olimpia.

Dopo l'estate scade l'opzione put delle banche, Unicredito e Intesa, che sostennero Marco Tronchetti Provera nella conquista della Telecom.

Impegnato a mettere fuori dalla porta un socio indesiderato come la Hopa di Chicco Gnutti, il numero uno della Pirelli non ha ancora preso in esame la questione.

Che per lui si annuncia, dal punto di vista finanziario, assai spiacevole.

L'Unicredito guidato da Alessandro Profumo, infatti, ha già deciso di uscire dalla partita.

Intesa potrebbe fare altrettanto.

E per Tronchetti, obbligato per contratto a comprare, il conto sarebbe salatissimo: 1,2 miliardi a fronte di azioni che oggi valgono sì e no 200 milioni.

Comunque la si guardi, nel mondo bancario si profilano dunque momenti tesi.

Conflitti aspri e difficili regolamenti di conti.

A cominciare da quello fra Unicredito e Capitalia per la supremazia in Mediobanca.

Profumo considera strategica la partecipazione nell'istituto di piazzetta Cuccia.

Geronzi pure. «Un accordo non sarà facile. Perché Mediobanca vuol dire anche, forse soprattutto, Generali.

E la Rcs Mediagroup (Corsera), naturalmente.

Perché, in definitiva, piazzetta Cuccia è il luogo dove finanza, politica e potere si intrecciano in modo indissolubile.

E in senso per nulla metaforico.
(di L.Vinci)
_______________________________________________________

SINIBALDO
 
L'ottimista dice che oggi e' il piu' bel giorno della sua vita.

Il pessimista e' d'accordo con lui.



Finalmente un po' di belle notizie! :)
 
SINIBALDO ha scritto:
1139431113020001049226.jpg


APPENA SI E' INSEDIATO NON HA PERSO TEMPO E, COME UN CONSUMATO DIRETTORE D'ORCHESTRA HA INIZIATO A DIRIGERE GLI
AFFARI DEL FUTURO.................."POTERE" !!!!!!!!!!!!!!!!
SU ORDINE DI.........CHI ?????????
SINIBALDO___________________________________________________________

COMPLIMENTI PER LA TUA SFERZANTE,,,,,,,SATIRA !!!!!!!! :V

:) :) :)
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto