Robodoc prende il bisturi

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L'ultima frontiera della tecnica dei trapianti



Una macchina che lavora come l'uomo. Anzi meglio: "Con precisione assoluta e poche perdite di sangue", dice un grande chirurgo. Che per la prima volta lo ha usato in un intervento di espianto

di Daniela Cipollini

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Una piovra ipertecnologica.
Pisa. Il chirurgo Ugo Boggi, 43 anni, artefice del primo espianto italiano di rene con
l'ausilio del robot, all'ospedale Cisanello. Alle sue spalle, il sofisticato macchinario da Vinci.
(Foto Luigi Nocenti/Olycom).


Quando è entrata in sala operatoria all'ospedale Cisanello di Pisa, Ileana sapeva che ad accoglierla non avrebbe trovato il solito chirurgo in in camice verde, cuffietta e mascherina. Al posto, una specie di metallico ragno gigante. Quattro lunghe zampe incellofanate. Con bisturi, pinze e forbici alle estremità. Pronte a sferruzzare nella pancia con precisione millimetrica. Il medico, quello in carne ed ossa, era seduto a tre metri dal tavolo operatorio, gli occhi ficcati dentro un macchinario con lo schermo tridimensionale, e tra le mani due joystick simili a quelli dei videogame. E' da questa postazione ultratecnologica che Ugo Boggi, 43 anni, a capo dell'équipe chirurgica toscana, ha manovrato un intervento di espianto del rene.

"Quando mi hanno detto che a operarmi sarebbe stato un robot, m'é venuta la tremarella! Mi son fatto forza: contava più il bene di mio figlio". Donna coraggiosa, Ileana, 55 anni, da sei in Italia, "rumena, ma di quelle buone che non fanno notizia", si schermisce. La notizia, invece, l'ha fatta eccome. Ha scritto una pagina della storia della medicina italiana. E' stata la prima nel nostro paese (e la seconda in Europa) a sottoporsi al prelievo chirurgico "telecomandato" di rene.
L'organo di Ileana, mamma adottiva, è stato trapiantato al figlio di suo marito, Filippo, 25enne in dialisi cronica, in un intervento che apre scenari finora impensabili.

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Il medico comanda e le braccia hi-tech eseguono.
Pisa. In alto, il professor Boggi osserva alla console, ingrandite e in tre dimensioni,
le immagini del campo da operare, manovrando un paio di joystick. Sopra, le braccia
del robot riproducono fedelmente sul corpo del paziente ogni gesto del chirurgo.


"Tecnicamente, siamo pronti per il prelievo di una porzione di fegato o di pancreas con il robot", pronostica Boggi, entusiasta.

Benvenuti nella chirurgia del futuro. Quella che si avvale del sofisticato macchinario da Vinci Surgical System, il sistema robotico-chirurgico più all'avanguardia. Funziona così: Il medico esegue virtualmente l'operazione alla console, sulle immagini tridimensionali ottenute dalle telecamere e ingrandite fino a 15 volte, mentre il robot-chirurgo, collegato tramite radiofrequenza, riproduce in tempo reale sul corpo del paziente ogni singolo gesto. Perfezionandolo, come mai una mano umana potrebbe fare. Movimenti veloci, accurati, calibratissimi. La macchina è così, non ammette errori. E sopprime quelli umani (il tremolio c'è sempre, anche se impercettibile). "Abbiamo deciso di sperimentare l'espianto mediante robot perché l'organo si trovava in una posizione più bassa del normale e presentava un'anatomia vascolare complessa. In laparoscopia, l'altra tecnica mini-invasiva, l'intervento sarebbe stato rischioso", spiega Boggi. "Il pericolo nei trapianti da donatore vivente è legato alle massicce emorragie. Il robot offre una garanzia, può operare senza perdite di sangue. Spesso è l'unica chance per i testimoni di Geova".

Alla signora Ileana sono stati praticati tre forellini su un fianco per inserire i bracci del robot (del diametro inferiore a una penna), e un taglio di sette centimetri da cui è fuoriuscito il rene. Il tutto in un'ora. Tre giorni dopo, Ileana era a casa, e a una settimana dall'intervento anche Filippo l'ha raggiunta, con un rene nuovo. "Stiamo bene, io ho ripreso a fare la casalinga. I segni dell'operazione sono praticamente spariti e quest'estate indosserò il bikini!".


E' presente in 29 ospedali


L'Italia brilla nelle posizioni di vertice della chirurgia robotica. Dietro solo agli Stati Uniti. Il robot è entrato nelle équipe di 29 ospedali italiani, svettiamo in Europa davanti a Francia (18 centri con un robot in sala operatoria), Germania (13) e Regno Unito (9).

* Nel 2007 i casi trattati sono stati 1.585, riferisce il Congresso nazionale della Società italiana di chirurgia. Ma le cifre sono destinate ad aumentare di anno in anno. Le stime per il 2008 di "ad medica", la società che in Italia commercializza il robot da Vinci, parlano già di 2.350 interventi, dei quelli il 45 per cento riguarda la prostata, il 25 le operazioni di chirurgia generale, il 20 la ginecologia e il 10 per cento altri campi d'azione.

* Il meno di 10 anni di carriera, il "robot col bisturi" ha eseguito interventi su intestino, fegato, stomaco, colecisti, pancreas, utero, reni, polmone e by-pass cardiaci. Si sta affermando per il trattamento dell'obesità e anche dei tumori maligni, consentendo d'iniziare prima prima la chemioterapia e in miglior condizioni. Si utilizza pure nelle patologie benigne, come il reflusso gastroesofageo e l'ernia iatale (il passaggio di un tratto dello stomaco dall'addome al torace).


Vantaggi per tutti
La chirurgia assistita con robot è l'apice della chirurgia mini-invasiva. "La macchina ha un sistema di snodo a 360 gradi, superiore alle performance di un polso umano", spiega Luciano Casciola, 60 anni, direttore della struttura complessa di chirurgia generale all'ospedale San Matteo di Spoleto, pioniere in Italia della robotica in chirurgia. "Con la visione tridimensionale in alta definizione, il chirurgo percepisce ogni dettaglio nella sua profondità e trasmette alla macchina un lavoro certosino. Ma l'abilità è del medico: il robot da solo non sa fare nulla!". Risultati? Minor sanguinamento, meno trasfusioni e analgesici, rischi inferiori di complicanze, tempi di degenza dimezzati, miglior recupero.

Potrà rivoluzionare la terapia dei tumori


Benefici evidenti soprattutto nelle esportazioni della prostata. "Negli Stati Uniti, il 70 per cento delle prostatectomie radicali si esegue con robot e molte assicurazioni sanitarie non rimborsano altri tipi d'intervento". In casi diversi, il rapporto costi-benefici è da valutare. "Il macchinario vale 2 milioni di euro: si tratta di capire quanto è davvero vantaggioso. Non c'è bisogno di una Ferrari per girare in città. Per i calcoli alla colecisti basta la laparoscopia", dice Boggi. A dir poco suggestivi gli scenari di domani. "Il robot rivoluzionerà la chirurgia dei tumori", dice il primario umbro, "e azzererà le distanze. Già oggi si potrebbe operare un paziente a migliaia di chilometri di distanza, con un ritardo di comando, tra la console e il braccio meccanico, di appena 200 millisecondi".
 
Testamento biologico. Collegio chirurghi: Profondo sconcerto



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Roma, 30 mar. - "Mi riprometto di fare una lettura molto attenta ma, soprattutto, molto serena del testo definitivo che sarà approvato anche dalla Camera e che, sicuramente, sarà oggetto di una prossima discussione all'interno del Collegio italiano dei chirurghi (Cic). La prima e personale sensazione è, tuttavia, quella di un profondo sconcerto". Così Pietro Forestieri, presidente del Cic, a proposito del ddl sul testamento biologico approvato dal Senato. "Su temi così delicati - prosegue il chirurgo - vi sarebbe bisogno di discussioni più articolate, arricchite dall'apporto di esperti, e non già di decisioni aprioristiche, ideologiche o, peggio ancora, politiche.

Come chirurgo, poi, sono sconcertato". Forestieri si sofferma, poi, sulla vacatio legis italiana, proprio per in campo medico, sostenendo che "l'Italia è uno dei pochissimi Paesi (insieme, e per di più parzialmente, a Polonia e Messico) in cui l'atto medico è perseguibile penalmente ed in cui manca la gradualità della colpa. Per l'assenza di leggi specifiche sulla colpa medica, in assenza di un opportuno consenso informato l'atto medico, paradossalmente, potrebbe essere, e di fatto lo è, equiparato ad un atto di delinquenza comune". "Credo che questa legge - commenta amaro - non potrà non avere un riflesso negativo sul consenso informato che, trovando radici profonde negli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione, garantisce due diritti fondamentali, autodeterminazione e salute che, in un Stato laico e di diritto, non possono e non debbono in alcun modo essere messi in discussione".

In conclusione il presidente del Cic, si interroga sui possibili scenari che il ddl sul testamento biologico, così articolato, può aprire. "Per richiamare fatti di cronaca giornalieri o recenti, da domani in poi potremo o, peggio, dovremo amputare arti anche contro la volontà coscientemente e palesemente espressa dal paziente. Da domani in poi potremo o, peggio, dovremo trasfondere i pazienti testimoni di Geova anche contro la loro volontà coscientemente e palesemente espressa? Spiace, poi, constatare che opinioni scientifiche unanimemente condivise circa la nutrizione e l'idratazione artificiale siano state completamente disattese e sacrificate per esclusivi principi ideologici e per puri fini politici. Temo che questa legge - chiosa Forestieri - aprirà una serie di interrogativi, di contraddizioni, di lacerazioni e di conseguenze di cui, forse, oggi non ci rendiamo nemmeno conto".
 

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