Mediaset (MS) scopriremo che il decoder del fratello del premier

Telecom/ Il Cavaliere dimezzato
Lunedí 02.04.2007 16:59
Di Giuseppe Morello

Il groviglio della situazione italiana, in cui l’intreccio tra politica e affari è spesso clamorosamente paralizzante, risulta ancora più evidente se si guarda alla vicenda della vendita Telecom. Marco Tronchetti Provera vuole vendere un’azienda che dovrebbe far gola a molti, soprattutto a chi intende realizzare economie di scala, come per esempio altre aziende che operano nella comunicazione. Infatti l’acquirente ideale di Telcom sarebbe Mediaset, che già in un recente passato era sembrata interessata a mettere le mani su un’azienda che arriva con il cavo nella casa di milioni di famiglie italiane e che controlla una fetta interessante della telefonia mobile.

Ma Mediaset, che forse è tra le poche aziende italiane che potrebbero farsi carico di un impegno finanziario comunque pesante, non può essere parte della partita perché se Mediaset prendesse il controllo di Telecom il conflitto di interessi di Berlusconi diventerebbe stratosferico e se solo venisse ventilata questa possibilità si scatenerebbe il putiferio.

Così ci troviamo in una situazione per cui la presenza di Berlusconi in politica azzoppa le ambizioni e le possibilità di sviluppo di Mediaset, ma nello stesso tempo l’azienda di Cologno Monzese tarpa le ali a Berlusconi, permanentemente ricattabile perché portatore in politica di interessi spuri.

Come spesso accade in casi simili, a giovarsi della situazione è “lo straniero”, e infatti questo potrebbe essere l’esito dell’operazione Telecom, ma il garbuglio italiano resta intatto. E per ora è inutile attendere che qualcuno si decida a tagliare questo nodo gordiano che ci portiamo dietro da troppo tempo.

giuseppe.morello@affaritaliani.it

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per risolvere il problema del conflitto ci sarebbe pure un modo onorevole
FONDERE Mediset con telecom

in questo modo la finivest diventerebbe un azionista senza la minoranza di blokko del colosso che nascerebbe

di fatto berlusconi non controllerebbe più l'impero mediatico perchè scenderebbe sotto il 30%


ovvio che poi il Gruppo dovrebbe cedere qualche frequenza di LA7 MTV e RETE4
c'è già il debene pronto con il coltello tra i denti per assaltare ed appropriarsi di LA7
 
PERCHè CERTE FORTUNE CAPITANO SOLO AGLI SPAGNOLI E MAI PROPRIO MAI AGLI ITALIANI?

Zapatero dà lezioni alla tv

Di fronte a una platea di esperti e studenti, Palacio Arranz ha svolto una lezione nell’ambito del Master in Professioni e Formati della Televisione e della Radio contemporanee, presso l’Università Roma Tre, ed è andato a centrare proprio uno di quei tasti che in Italia è da tempo dolente: la tv di servizio pubblico e i suoi rapporti con la politica. Le parole del professore spagnolo hanno un sapore del tutto particolare, perché ci portano l’esempio del suo paese, dove il cambiamento ha preso con decisione la via annunciata nella campagna elettorale.

Allora infatti, Zapatero aveva fatto curiosamente della riforma del sistema radiotelevisivo uno dei punti forti del proprio programma, ciononostante, dice Palacio: “Tutti in Spagna credevano che fossero cose che si dicono in campagna elettorale, ma nessuno pensava che Zapatero vincesse.

E invece ha vinto e cosa che è più importante, si è messo a fare le cose che effettivamente aveva preannunciato”. E così, spiega il professore, il premier si è impegnato a mettere in atto una ristrutturazione della televisione di stato seguendo un filo conduttore che ha segnato la storia moderna e contemporanea della Spagna, quello per cui “il fenomeno televisivo si converte in fatto sociale”. Già negli anni della fine del regime franchista, la tv spagnola aveva svolto un ruolo fondamentale per l’emancipazione della società, grazie alla diffusione di quei principi democratici che hanno permesso il passaggio da uno spazio pubblico dittatoriale a uno spazio pubblico democratico. Così come in passato, nella proposta di riforma televisiva di Zapatero, torna, in maniera originale, il legame tra media e società. Il progetto di riorganizzazione del sistema pubblico è stato infatti affidato a “cinque saggi”, la cui composizione inusuale ha destato qualche polemica e perplessità: tre cattedratici di filosofia, uno di lingua e uno di comunicazione audiovisiva.

Quattro di loro non erano assolutamente esperti di tv e uno addirittura non aveva nemmeno un televisore in casa.
Tuttavia, ha sottolineato Palacio, è importante ciò che queste stesse persone hanno affermato: “Noi non sappiamo di economia, ma sappiamo della vita e della cultura”. Vita e cultura erano proprio le parole che Zapatero voleva riportare nel servizio pubblico spagnolo, per evitare che si riducesse ad un partito politico e per far in modo che si trasformasse nella televisione di tutti i cittadini. L’esito dei lavori dei “saggi” è diventato una proposta di legge, entrata effettivamente in vigore dal gennaio 2007. Tra i primi effetti della riforma si segnalano una cospicua riduzione della tele-spazzatura, anche se la percezione degli spagnoli stenta a mutare e i cittadini credono che ce ne sia ancora troppa, insieme ad una completa ristrutturazione della televisione pubblica.

“Io ti pago il debito e tu ricominci da zero”, con questa formula il professore ha efficacemente riassunto la strategia di profondo rinnovamento dell’organico che il governo ha imposto all’attuale Corporación de Radio Televisión Española in cambio della copertura del pesante deficit che l’emittente pubblica aveva contratto. Un altro aspetto della riforma è stata la soppressione di alcuni centri di trasmissione territoriale della televisione di stato spagnola, che ha creato non poche proteste nelle regioni in cui non esistono strutture televisive autonome da quella pubblica. Così, ha aggiunto Palacio, oltre alla riorganizzazione della tv di stato, “in appena due anni il governo Zapatero ha cambiato il paesaggio audiovisivo spagnolo, lo ha aperto all’entrata di due nuovi operatori e ha messo in funzione il digitale terrestre.

L’effetto è stato che questo paesaggio risulta ora molto più frammentato di prima”, anche grazie all’indipendente proliferare delle emittenti autonome presenti nelle diverse Comunità del paese. I risultati concreti del cambiamento devono ancora arrivare, ma, sul fronte della tv pubblica, un buon punto di partenza è stato rappresentato dall’accordo raggiunto tra il Psoe e il Pp nella nomina del nuovo direttore generale. Quest’ultimo ha affermato in maniera decisa: “In caso di problemi, più giornalismo”, una prospettiva che per Palacio è forse parziale, ma che certamente dimostra che il direttore “sembra avere le idee chiare su come lavorare per potenziare i servizi informativi della tv spagnola perché siano il marchio distintivo per cui la gente riconosce il servizio pubblico”.

Il professore di Madrid ha concluso l’intervento ricordando che il profilo sociale della riforma della televisione pubblica non si esaurisce soltanto nel modo in cui è stata pensata e negli obiettivi sui quali è stata informata, ma si riflette anche nell’azione di una delle persone che più hanno marcato la sua realizzazione. Come ha suggerito Palacio, “a certi livelli, il vero cuore del cambiamento del governo Zapatero non è Zapatero stesso, ma la vice presidente María Teresa Fernández de la Vega”, che è stata “la persona chiave dal punto di vista del cambiamento sociale, delle novità che incorpora il governo Zapatero nel contesto europeo”. La vice presidente è stata infatti incaricata di portare avanti lo sviluppo legislativo che si riferisce alla trasformazione del sistema audiovisivo, dopo essere stata la referente del governo nel confronto con i “cinque saggi” ed aver curato le relazioni con la ex direttrice della tv spagnola.

Così, María Teresa Fernández de la Vega, che rappresenta il prodotto vivente delle leggi di discriminazione positiva nei confronti delle donne, ci mette di fronte agli occhi contemporaneamente il frutto di un cambiamento sociale e il suo riflesso sulla vita politica attuale, facendosi portatrice della necessità di prendere in considerazione le istanze femminili nella ristrutturazione della televisione pubblica.

Arianna Acierno
 
Nasce il Partito democratico... e la legge sul conflitto di interessi???
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Mentre a Firenze il congresso Ds sancisce la fine della Quercia e la nascita del Partito Democratico, con mille incognite e abbandoni eccellenti, nelle vicende della vendita di Telecom, già depredata da Collaninno e Tronchetti Provera, 'scende in campo' Sua Emittenza Silvio Berlusconi che si dice disposto a comprare tutto in nome di una sua 'generosità patriottica'.

Una legge sul conflitto di interessi era un cavallo di battaglia del centrosinistra in campagna elettorale. Tutto dimenticato?
 
siamo di nuovo alle elezioni e l'ITALIA sembra aver dimentica il grande BROGLIO dell'aprile 2006

segnalo da http://www.diario.it/home_diario.php?page=cn06111701




Dal 24 novembre in edicola con Diario!

ARTICOLI PRECEDENTI
8 dicembre 2006
Broglio, ora ti becco!
Altri dati incredibili. Un testimone eccellente. La volontà di chiudere. Una certa domanda di democrazia
di Beppe Cremagnani e Enrico Deaglio


Archivio Venerdì prossimo nelle edicole allegato a Diario ci sarà il nostro film Uccidete la democrazia! Memorandum sulle elezioni di aprile. I novanta minuti del dvd sono stati realizzati in sei mesi di riprese e montaggio dalla stessa squadra di Quando c’era Silvio (la regia di Ruben H. Oliva, la musica di Carlo Boccadoro) e si avvale, con molto piacere per noi, della partecipazione degli attori Elena Russo Arman, Alessandro Genovesi ed Elio De Capitani, autore del monologo finale. Se sarà «strepitoso», deciderete voi. Per noi lo è.

Il dvd esce con la ristampa del libro Il Broglio, un instant book di «fantapolitica» pubblicato all’indomani del voto di aprile e che per la prima volta inquadrò i retroscena delle elezioni più pazzesche della storia della Repubblica.
È un thriller, con finale a sorpresa. Bisogna rivelarlo, dire subito il nome dell’assassino? Vecchio problema. I brasiliani, quando vogliono marcare la loro superiorità culturale sui portoghesi, li ridicolizzano perché il film Psycho a Lisbona lo intitolarono O homen que mató a sua mae.

Non è vero, è solo una storiella, ma introduce agli affari nostri, ovvero ai contenuti di un docu-thriller democratico.

Perché le schede bianche e nulle nelle elezioni di aprile crollarono per la prima volta dopo sessant’anni?

Perché il ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu si allontanò furtivamente dal Viminale per andare a casa di Berlusconi nei momenti cruciali dello spoglio?
Perché i terminali della prefettura di Caserta si bloccarono per tre ore e ripresero a funzionare solo dopo che una nutrita «delegazione» dei Ds occupò l’ufficio del neonominato prefetto?

Quale «mano invisibile» o «disegno intelligente» ha fatto sì che le schede bianche in tutta Italia, dalle grandi città ai più piccoli paesi, si fermassero improvvisamente tutte tra l’uno e il due per cento?
Perché, a distanza di sette mesi, nessuna istituzione è in grado di comunicare il risultato definitivo delle elezioni, così come ogni Paese democratico usa fare? C’è forse un problema a mettere un nome, una firma, sotto un elenco di cifre che non sono onestamente presentabili?

Il film che sta per uscire ha già ricevuto udienza sui giornali e in televisione. «Preventivamente» Forza Italia ha fatto sapere, con una dichiarazione del portavoce di Silvio Berlusconi, che si tratta di un ammasso di calunnie e falsità e che l’intera équipe di avvocati del partito è pronta a chiedere le nostre ossa.

Molto meno battagliero, quasi un canchescappa, è invece l’ex ministro dell’Interno Pisanu (uno dei protagonisti assoluti del film) che ha già fatto sapere che non sporgerà querela preventiva: una simpatica prudenza. Quando, nel marzo scorso, Diario scrisse che in un appalto a trattativa privata per il conteggio elettronico del voto in quattro Regioni – 38 milioni di euro di commessa – era stata scelta una ditta americana (la Accenture, protagonista di scandali nel voto in Florida) di cui il figlio del ministro è uno dei partner, Pisanu annunciò ai giornali, vibrante di sdegno, una querela che non ci è mai arrivata. (Nel frattempo tutta la miliardaria organizzazione per il conteggio elettronico del voto, per cui sono stati assunti per tre giorni 18 mila neofiti, non ha dato più notizia di sé: volatilizzata nel nulla senza produrre un solo dato).

A questo punto vorremmo davvero che l’ex ministro facesse valere le sue ragioni contro di noi in un’aula di tribunale. Noi siamo ovviamente tremanti per il suo potere, ma pronti. E se ci sarà il confronto – quando saremo vecchissimi – ricorderemo la vittoria con la stessa commozione dei reduci della battaglia di San Crispino.

Il quadro delle reazioni «preventive» al film che troverete venerdì prossimo in edicola non può non segnalare infine la simpatica freddezza con cui i politici del centrosinistra, che pure sono testimoni cruciali della notte fatale, oggi lo osservano. In effetti, il precario quadro parlamentare del governo Prodi non si presta a grandi dichiarazioni di rottura. Comprendiamo e non comprendiamo, come si dice parlando in intimità: capisco e non capisco. Anche perché a tutti è chiaro che in questi sette mesi che sono trascorsi dalle elezioni, l’unico ad aver parlato di brogli, ad aver previsto brogli, ad aver evocato brogli, ad aver chiesto riconteggi è stato Silvio Berlusconi, che ha costantemente associato oscure minacce e apocalittiche rivelazioni alla proposta di un governo di unità nazionale. Ovvero, con una mano accusava quelli del centrosinistra di essere dei ladri, con l’altra chiedeva loro di fare un accordo per il bene del Paese. E possibilmente del suo.

Come tutti sanno questa strategia è ancora all’ordine del giorno, la maggioranza in Senato è appesa a un filo e larghe intese, cambi di casacca, volenterosi si affollano nei corridoi dei palazzi e sulle colonne dei giornali.

Il film racconta delle storie, il ritmo e i misteri di una notte, presenta dei numeri. Con la vanità tipica degli autori che credono di aver trovato qualcosa di molto importante, noi chiediamo che un’istituzione ci dica se quei numeri sono veri o falsi. Se sono falsi (e naturalmente non lo sono) ci cospargeremo il capo di cenere; se sono veri qualcuno ci dovrà spiegare perché sono stati occultati per sette mesi. (I dati compaiono nel film e sono contenuti per una visione più ragionata e tranquilla nella sezione «contenuti speciali»).

Le istituzioni che possono rendere pubblici questi dati sono, a nostra notizia, solo due: il ministero dell’Interno, oggi retto da Giuliano Amato, al quale spetta la responsabilità di comunicare i risultati del ministero precedente, quello di Giuseppe Pisanu; e la «giunta delle elezioni», la commissione parlamentare di garanzia che si occupa dei contenziosi che seguono alla proclamazione degli eletti nelle elezioni politiche.

Diversi membri della commissione delle elezioni hanno protestato preventivamente per il nostro film, e per le anticipazioni che ne hanno fatto il Corriere della Sera e l’Unità. Ci hanno accusati di «depistaggio» e di «operazione mediatica». Siamo sicuri che rilasceranno immediatamente i dati di cui noi siamo in possesso da mesi, e che li confermeranno. Se non lo dovessero fare, sarebbe grave e della questione dovrebbero occuparsi i magistrati.

Nella locandina che presenta il film, c’è scritto: «Non importa chi vota, ma chi conta i voti». L’abbiamo scelto perché ci sembra un tema molto pratico. È il problema attuale delle democrazie ed è soprattutto il problema futuro di questa istituzione. Chi controlla nelle elezioni lo spoglio delle schede elettorali? Noi, che siamo tutti di pelle spessa, sappiamo bene la storia delle elezioni in Italia e abbiamo pure messo nel codice il reato di «voto di scambio»; noi sappiamo in che condizioni si vota a Corleone, valutiamo lo sguardo di chi sta appoggiato mollemente al muro di fronte al seggio di Scampia, sappiamo che cosa succede nei seggi quando le schede sono contestate, sappiamo della prova del videtotelefonino e che a Catania un voto vale trenta euro, ma che se ne porti cento scatta un bonus. Ma forse non siamo ancora preparati alle enormi possibilità che l’elettronica offre per truccare le elezioni. Si va dallo scandalo americano delle macchinette che registrano il touch screen, ma non permettono la verifica, alla manipolazione possibile da quando la povera vecchietta deposita il suo voto a quando lo stesso viene conteggiato. Noi ci crediamo. Certo, ci facciamo una risata quando Fidel Castro o Saddam Hussein vincono con il 98 per cento dei voti, ma non facciamo una piega quando ci dicono che Bush ha vinto la decisiva Florida per circa quattrocento voti.

Noi deleghiamo un po’ troppo a chi conta i voti. Pensateci. Siamo nella situazione in cui tutti votiamo – finalmente uguali, poveri e ricchi, neri e bianchi, maschi e femmine – ma non siamo noi a dire chi ha vinto.

Qualcuno lo dice per noi. Lo ha detto in Italia. Lo ha detto in Messico e ha provocato proteste di mesi. Lo ha detto in Ucraina ed era falso. Lo ha detto in Canada e ha smentito tutte le previsioni. Lo ha detto a Baghdad e come era bello vedere il dito nell’inchiostro!

Il film parla un po’ di tutte queste cose. Secondo noi, il risultato delle ultime elezioni politiche è stato falsato, a danno del centrosinistra. La storia delle notte elettorale e i dati finora nascosti che presentiamo lo provano. Falsare, come raccontiamo, è molto facile.

Dopo questo film arriveranno molte notizie . Già ce ne stanno arrivando. Tutto sommato, è bello vivere in un Paese in cui si possono fare domande. Se ne avete: www.uccidetelademocrazia.com
Se volete mettere una scritta su una maglietta bianca, consigliamo: «Abuse of power comes as no surprise», che si traduce in vari modi ma anche con «attenti al lupo».


video:
http://www.youtube.com/watch?v=7_v6ZJ9uLeo&mode=related&search=


e SILVIO CONFESSA
http://www.youtube.com/watch?v=QakBYKQa3RE&mode=related&search=
 
I trucchi sleali di Striscia






Date: 06.05.2007
Time: 19:19:337.05.2007 - Un'intervista si trasforma in un'accesa disputa, per poi essere filmata e rimontata in modo da capovolgere gli eventi: l'aggressore diventa la vittima. È ciò che traspare dal servizio di "Striscia la notizia" che ha ripreso e commentato la vicenda che ha visto protagonisti Piero Ricca e Emilio Fede.
Dinanzi alle domande di Piero Ricca sulla sentenza della Corte Costituzionale che decretava illegittimo l'utilizzo delle frequenze da parte della rete televisiva di Mediaset, il giornalista Emilio Fede ha insultato il suo interlocutore, minacciandolo personalmente. Della discussione accesa viene pubblicato un video che dimostra come in risposta all'aggressione verbale di Emilio Fede, Ricca abbia risposto per difendersi dal tentativo dei presenti di ridicolarizzarlo e di sminuire quanto accaduto precedentemente. Lo stesso filmato è stato rielaborato da "Striscia" che riprende la scena ma la rielabora, manomettendo l'ordine cronologico degli eventi per dare tutt'altra impressione di come siano andate veramente le cose. Emilio Fede appare in questo caso un gentiluomo, che non reagisce alle accuse rivoltegli, come vittima di una gratuita aggressione verbale di Ricca che sembra un esibizionista che cerca di far risaltare la sua dialettica e la sua sfrontatezza.


qui il video: http://www.etleboro.com/read.php?id=495


Confronta con il video di Striscia la Notizia: http://www.youtube.com/watch?v=giv4asBIaSk

Osservando i due filmati a confronto non potrete non rilevare una cerca inconguenza tra i due: Emilio Fede si allontana dalla scena e dopo poco riappare per uno scontro frontale, tanto che il suo atteggiamento sembra incoerente rispetto a quello che afferma pochi secondi prima. Striscia in questo caso ha confuso le carte in tavola, sfornando un filmato che sembra molto vicino alla realtà, e che consente di sdoganare il comportamento di Emilio Fede che ha commesso invece un atto molto grave dinanzi alle provocazioni di Ricca. I reporter di Striscia sanno infatti molto bene chi è Ricca, che non è uno sconosciuto e per tale motivo, sin dalle sue prime parole, viene insultato al fine di bloccarlo e non dargli la possibilità di fare troppe domande. Sapendo che è un personaggio abbastanza noto non posso accusarlo direttamente, altrimenti rischiano di fargli pubblicità e aiutarlo a divenire ancora più popolare, ma possono invece ridicolarizzarlo, trasformarlo in un fenomeno mediatico. È un facile bersaglio perché è l'anello debole del sistema, perchè uomini semplici armati di telecamera possono combattere ma sono vulnerabili: Piero Ricca non è uno stupido ma è chiaro che certe persone vogliono farlo sembrare così, perchè le sue parole sono studiate e dicono ciò che ognuno vorrebbe dire ma non può.

Senza, dunque entrare in merito alla questione oggetto della discussione tra i due "attori", ciò che ci preme far notare è come la manipolazione dei media riesce a far risaltare solo alcuni aspetti della realtà, trascurando deliberatamente altri e colpendo l'opinione pubblica laddove si intende cambiare il pensiero delle persone. Tali tecniche mediatiche sono utilizzate da ogni tipo di media che fa comunicazione di massa, in quanto il suo scopo è quello elaborare dei prodotti televisivi che riescano a raggruppare e manipolare il più grande numero di persone. Ciò che invece fa "Striscia la notizia" è informazione non ufficiale pilotata, con l'obiettivo di modificare poco la versione dei fatti e con ironia, e così mettere in ridicolo i protagonisti delle vicende: le persone vengono così screditate e anche ciò che cercavano di dire risulta distorto a tal punto che non ha più lo stesso significato. Le inchieste che Striscia da anni ormai conduce, con un lento ma progressivo scadere della qualità e dell'utilità delle stesse, hanno la sola funzione di creare degli eclatanti episodi per scatenare un gran polverone e dei casi mediatici sensazionali che non hanno dei validi fondamenti. È ormai divenuto l'ennesimo strumento nelle mani del potere per screditare e colpire dei personaggi scomodi, o solo per distogliere il pubblico dai veri problemi con servizi ripetitivi e fini a se stessi. Mentre così continua la crociata per le truffe della Rai, dei benzinai, e dei dentisti, il pensiero delle persone viene cambiato, in quanto vengono dissuase che queste sono le vere lobbies che quotidianamente dobbiamo combattere, che la televisione sia un mezzo per fare giustizia e che una certa informazione parallela sia indipendente e imparziale. Ciò che si dimentica è che questo tipo di televisione contribuisce a poco a poco alla criminalizzazione del cittadino comune, di coloro che in maniera lecita o illecita creano degli espedienti per "tirare a campare" divenendo così il male dell'economia, o anche l'origine del nostro malessere. Tutto questo mentre si firmano leggi sulle liberalizzazioni che hanno l'obiettivo di combattere queste "lobbies" delle truffe casalinghe, mentre il crimine invisibile mediante la virtualizzazione dell'economia fa le vere vittime. Usura, anatocismo, mobbing: ecco i reati che ogni giorno lontano da telecamere e inchieste vengono perpetuate, ai danni di cittadini ormai impotenti, che possono mettere a "ferro e fuoco" una città o posso con una telecamera, utilizzare le loro stesse armi di persuasione.
Senz'ombra di dubbio la difesa dei magistrati è obbligatoria, ma bisogna tener conto che la maggior parte dei politici hanno rubato e hanno tollerato un clima di connivenza con le mafie, per usarle e per fare affari con loro. La corruzione è il frutto del sistema piramidale, e come vi sono magistrati fedeli e servitori dello stato, vi sono anche quelli che si sono fatti corrompere e continuano a ignorare il crimine invisibile di cui siamo vittime.
 
Fininvest a venduto alla controllata Mediaset la società Medusa

3 luglio 2007
Mediaset acquista Medusa da Fininvest. Carlo Rossella presidente

Mediaset ha raggiunto un accordo con l'azionista Fininvest per rilevare il 100% del gruppo Medusa. Come precisa una nota il closing dell'operazione, il cui prezzo è pari a 152 milioni di euro, è previsto il 16 luglio. Saranno rinnovati i vertici della società: Carlo Rossella diventerà presidente e lascerà così la direzione del Tg5, mentre Giampaolo Letta è stato confermato vicepresidente e a.d. di Medusa.






scusate ma fanno i venditori e gli acquirenti CONTEMPORANEAMENTE?
non esiste più la due diligence?
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I dati oltre le attese di Telecinco non solleticano Mediaset

26/07/2007

I dati oltre le attese di Telecinco non solleticano Mediaset. L'azione del gruppo del Biscione staziona praticamente sulla parità a quota 7,60 euro (+0,06%),
mentre a Madrid Telecinco, dopo un avvio positivo, ha virato al ribasso e ora cede lo 0,58% a 20,73 euro. Eppure i risultati del secondo trimestre 2007 della società sono stati superiori al consenso degli analisti.

I ricavi si sono attestati a 320,8 milioni contro i 317,1 attesi dal mercato. La crescita anno su anno è stata dell'8,6%, con un trend in rallentamento rispetto al primo trimestre 2007 (+10,2% anno su anno) "ma più in linea con le nostre attese per fine anno: +5,6%", sottolinea Stefania Forti, analista di RasBank.

L'Ebitda è stato di 176,2 milioni, contro un consensus di 170,3 milioni. La crescita anno su anno è stata pari al 7,6%, contro un +11,7% realizzato nel primo trimestre 2007. "Anche in termini di utile netto il risultato ha superato il consensus, attestandosi a 125,4 milioni rispetto a previsioni di 119,5 milioni", continua Stefania Forti che giudica positivo l'impatto della release di Telecinco su Mediaset.

Il target price sul titolo a 7,4 euro (dopo lo stacco di una cedola pari a 0,43 euro lo scorso 21 maggio) è però in revisione per l'abbassamento delle stime sul mercato pubblicitario italiano. Il rating rimane underperform (sottoperformerà il mercato). Anche Intermonte si è limitata a ribadire neutral con un target a 8,20 euro.

Anche perché se Telecinco è andata bene, non si può dire altrettanto di Endemol che nel primo semestre ha visto l'utile netto di competenza calare del 29,5%, da 45,6 milioni a 32,1, a fronte di maggiori oneri da interessi e maggiori interessi legati ad accordi e di earn-out a lungo termine.

La casa di produzione televisiva, recentemente ceduta da Telefonica a un consorzio guidato da Mediaset, ha registrato viceversa una crescita dei ricavi del 24,5% a 642,8 milioni. Per l'intero esercizio la società ha mantenuto le proprie previsioni, al netto degli effetti dei piani di stock option a lungo termine e della risoluzione dei piani di incentivazione di Telefonica che, nel primo semestre, hanno comportato un onere straordinario di 26,4 milioni.

Francesca Gerosa
 
UN ANNO FA ...
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... la Corte costituzionale di Madrid accoglieva la richiesta del Giudice Baltasar Garzon di riaprire il provvedimento giudiziario contro il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi. L'inchiesta - relativa alla televisione Telecinco - era stata congelata nel 2001, quando il Cavaliere si era guadagnato l'immunità internazionale con la carica di primo ministro. Garzon accusa Berlusconi di frode fiscale e di aver versato delle tangenti a dei membri ll'amministrazione pubblica e della politica spagnola.
 

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