Se la crisi greca è solo temporaneamente congelata, non è certo che lo sia anche quella di Portogallo e Spagna, i due Paesi che nelle ultime settimane hanno registrato un declassamento della valutazione del loro debito e soprattutto un aumento dei tassi richiesti dal mercato per rifinanziarsi. La prolungata stagnazione dell’economia portoghese e la recessione spagnola, che si combina con un crollo del mercato immobiliare, inducono a presumere che la tregua sia solo momentanea, anche perché questi Paesi soffrono di una pesante perdita di competitività. Del resto, i segnali di pericolo si moltiplicano. Ad esempio, le due grandi banche spagnole (Santander e BBVA) hanno aumentato i tassi sui risparmi per raccogliere capitali che costano sempre di più sul mercato interbancario e monetario. Queste decisioni di solito precedono le tempeste. Vi è un dato supplementare che complica la situazione: appare difficile che la Germania partecipi ad un’operazione di salvataggio di un altro Paese di Eurolandia, anche perché le somme necessarie sarebbero di dimensioni tali (è stato stimato che per salvare Portogallo, Spagna, Irlanda e Italia occorrerebbero più di 1’000 miliardi di euro) da rimettere in discussione la credibilità della stessa Germania. Dunque per Portogallo e Spagna il salvataggio della Grecia dà solo un sospiro di sollievo.
Altrettanto vale per i grandi gruppi bancari europei, nonostante il nuovo aiuto accordato dalla Banca centrale europea la quale ha annunciato che continuerà ad accettare come pegno i titoli statali greci sebbene questi ultimi siano valutati dalle agenzie di rating al rango di obbligazioni spazzatura. Continua pertantoad essere assicurato l’accesso degli istituti europei ai finanziamenti della banca centrale. Questa misura, che contraddice le regole della BCE, è un’altra conferma del precario stato di salute del sistema bancario europeo. Una debolezza emersa chiaramente negli scorsi giorni, quando si sono rivissuti i peggiori momenti della recente crisi finanziaria con una parziale chiusura del mercato interbancario, ossia con una sfiducia diffusa che ha indotto di nuovo le banche a non prestarsi più i soldi.