Situazione Ucraina (22 lettori)

Val

Torniamo alla LIRA
Mentre la stampa allineata acclama Navalny come un martire,
descrivendolo erroneamente come “il leadr dell'opposizione"
e il nemico numero uno di Putin (che non era),
gli stessi media mainstream evitano accuratamente di riportarne le origini e la formazione,
ignorando in maniera selettiva le sue storiche inclinazioni nazionaliste,
i legami con gruppi neonazisti, i ripetuti commenti xenofobi e le estreme opinioni anti-immigrazione
.

Finendo per dipingere la sua biografia come quella di un liberale di centrodestra.


Che Navalny sia stato un razzista e un suprematista è noto e lo scriveva,
del resto, proprio La Stampa in un articolo dal titolo inequivocabile, pubblicato nel 2012:

«Il blogger xenofobo che unisce la piazza contro lo zar Putin».

Dodici anni fa, il quotidiano torinese si poteva permettere di svelare il «lato oscuro dell’Assange russo»,
definendo senza mezzi termini Navalny un «blogger-star», xenofoba e di estrema destra.

Nell’articolo si descrivevano le sue simpatie nazionaliste e le sue «tendenze giustizialiste»,
sottolineando che a novembre 2006 Navalny era in prima fila alla Marcia Russa dei “rivoluzionari bianchi”,
tra neonazisti e slogan anti-Caucaso.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Nato nel 1976 in una cittadina della provincia di Mosca,
fin da giovanissimo Alexei Navalny è attivo nell’opposizione russa,
finché nel 2008 viene cacciato dal partito Narod (Popolo),
che aveva contribuito a fondare, per affermazioni xenofobe,
dopo che in un comizio aveva paragonato i caucasici a degli «scarafaggi scuri di pelle»
suggerendo di adoperare «le pistole» contro di loro, visto che non sarebbe bastata la paletta per schiacciarli.

Non ritrattò mai queste frasi: nel 2017, in un’intervista al The Guardian,
aveva ammesso di non avere rimpianti per le sue dichiarazioni passate
e giustificò il suo paragone tra migranti e scarafaggi come una «licenza artistica».

Nel febbraio 2021 Amnesty International ritirò a Navalny la designazione di “prigioniero di coscienza”,
per via delle sue dichiarazioni nazionaliste, ripristinandola a maggio dello stesso anno.



Riconosciuti il carisma e le innegabili qualità di leader,
Washington decide di puntare su di lui, “formandolo”, in modo da renderlo più presentabile.

È così che Navalny finisce nell’incubatore a stelle e a strisce e diventa un prodotto mediatico.

Parte per gli USA, per un periodo di formazione all’Università di Yale,
come invitato nell’esclusivo Greenberg World Fellows Program,
un programma creato nel 2002 per il quale vengono selezionati ogni anno su scala mondiale
appena 16 persone con caratteristiche tali da farne dei “leader globali”.


Dopo la formazione, Navalny torna in Russia profondamente cambiato:
niente più comizi nazionalistici e xenofobi, inizia la lotta contro la corruzione,
per i diritti umani e contro il potere di Putin.

Fonda il movimento Alternativa Democratica, uno dei beneficiari, come confermato da Wikileaks,
della National Endowment for Democracy (NED),
un’agenzia statunitense fondata nel 1983

con l’obiettivo dichiarato di promuovere la “democrazia” all’estero.

In particolare, la NED è stata fortemente attiva in Ucraina, dove ha sostenuto il colpo di Stato di piazza Maidan.

La tecnica, ormai consolidata, è quella delle “rivoluzioni colorate” per fomentare una ribellione anti-governativa,
in modo da indebolire lo Stato dall’interno, mentre dall’esterno cresce su di esso la pressione militare, politica ed economica.

Il progetto degli aiuti internazionali in questa forma risale, infatti, all’ex presidente americano Ronald Reagan:
grazie alla costituzione di una rete di associazioni non governative,
il governo americano controlla attivamente dal 1981 la politica estera, senza dovere più ricorrere ai fondi neri della CIA.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Non sono nemmeno un mistero i rapporti di Navalny con i servizi segreti occidentali:
in un video del 2012, ripreso dagli agenti russi del controspionaggio,
Vladimir Ashurkov, il braccio destro dell’attivista,
incontra in un ristorante di Mosca William Thomas Ford, agente dell’MI6 inglese,
chiedendo apertamente finanziamenti per la sua campagna politica,
impegnandosi a stabilire contatti con gli oligarchi al fine di rassicurarli sulla preservazione dei loro privilegi.


Da evidenziare, anche, come i media mainstream abbiano accuratamente evitato di ricordare
le condanne di Navalny per frode e appropriazione indebita
,
facendo passare l’idea che sia stato arrestato esclusivamente per motivi “politici”.

L’attivista era stato giudicato colpevole di appropriazione indebita nel 2014
su denuncia della casa di cosmetici francese, la Yves Rocher, di cui era il referente russo.

Già allora La Repubblica evocava l’esistenza di una «trama oscura»,
una «trappola del regime per neutralizzare un oppositore politico».

All’arresto per frode seguì un lungo tira e molla di arresti domiciliari,
un sospetto avvelenamento, violazioni degli arresti e di nuovo la prigione per queste violazioni.

Sebbene non sia da escludere che le accuse siano state amplificate o strumentalizzate,
è curioso notare come i media occidentali abbraccino, in maniera ipocrita,
la pista dei complotti a corrente alternata, proponendo, nel caso di Navalny
una rappresentazione unilaterale e tutt’altro che realistica.



Navalny non è mai stato un pericolo concreto per Mosca,
semmai una pedina di giochi legati alla sua immagine,
succube dell’ingerenza occidentale.


A dimostrarlo il fatto che in patria godesse di una fama residuale
a confronto di quella che gli hanno riservato i media occidentali.

Insomma, più che l’eroe ai limiti della santificazione,
un istrionico genio della comunicazione,
che per anni ha lavorato per gli oligarchi russi,
strizzando un occhio all’Occidente,
senza mai sconfessare le sue posizioni di estrema destra.
 

tontolina

Forumer storico
et voilà

E poi arrivò il giorno dell’ammissione della Casa Bianca:

“Il 90% dei soldi per l’Ucraina viene speso negli Stati Uniti”​

Il portavoce del Dipartimento di Stato americano Matthew Miller parla di come la guerra in Ucraina sia positiva per l’America: quando si tratta della nostra assistenza in materia di sicurezza all’Ucraina, il 90% di quel denaro viene effettivamente speso qui negli Stati Uniti.
Ciò è vantaggioso per la produzione americana, è vantaggioso per lo sviluppo tecnologico americano. Non abbiamo nessun altro piano magico che potremmo ideare per sostenere l’Ucraina. L’Ucraina si difenderà, anche senza finanziamenti aggiuntivi.
 

Smuruni

DICK WAGNER THE MAESTRO
Manco a portare i cani a fare la toelettatura queste due...

La vita di LOL


Yulia Navalnaya ha chiesto la restituzione delle armi nucleari trasferite in Bielorussia Nel primo incontro tra Yulia Navalnaya e Svetlana Tikhanovskaya, i leader hanno raggiunto accordi sulla restituzione delle armi nucleari e sul ritiro completo del contingente russo dal territorio della Repubblica di Bielorussia. - Yulia chiede la restituzione delle armi nucleari alla Federazione Russa e l'eliminazione degli istruttori Wagner PMC che addestrano il nostro esercito. Perché, comunque? Per le elezioni? Siamo d'accordo di camminare fianco a fianco con il buon senso. E nel prossimo futuro si occuperà della smilitarizzazione della Bielorussia”, ha detto Tikhanovskaya.



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captain sparrow

Forumer storico
🔴 AVDEEVKA È PIÚ DI UNA SECONDA BAKHMUT
Lo scorso anno, la caduta della città di Bakhmut ha senza dubbio segnato un importante passaggio nel conflitto ucraino. Zelensky ed i suoi avevano investito molto sulla difesa della città, facendone un non solo un baluardo della strategia sul campo, ma anche e soprattutto un importantissimo simbolo della capacità ucraina di resistere all'avanzata russa. In conseguenza di questa ostinazione, le forze armate ucraine hanno pagato un prezzo assai duro, logorando e perdendo tra l'altro parte delle unità che avrebbero successivamente dovuto sviluppare la famosa controffensiva. Ed è stato proprio a proposito di Bakhmut che la stampa internazionale ha parlato di tritacarne. La battaglia per la conquista di questa città, tra l'altro, è stata anche l'occasione fondamentale per costruire la fama di Evgenij Prigožin e della sua Wagner - quella stessa fama che successivamente finirà col condurlo al tentativo di putsch ed alla morte.
La liberazione di Bakhmut, seppure ha rappresentato un primo duro colpo all'immagine di una Ucraina capace di battere la Russia (immagine peraltro del tutto artificiale ed irreale, una mera costruzione della propaganda occidentale), è stata comunque tutt'altro che una passeggiata, per le forze russe. Che hanno a loro volta subito forti perdite nei combattimenti.
In estrema sintesi, si può affermare che quella battaglia ha presentato tre fondamentali elementi caratteristici. Innanzitutto, come detto, è stata sanguinosa per entrambe gli eserciti, sia pure ovviamente in misura assai diversa. Per quanto la città avesse una sua rilevanza strategica, questa era sicuramente soverchiata da quella simbolica, in quanto aveva comunque alle spalle una potente linea di difesa fortificata su cui gli ucraini potevano ripiegare. Ed infine, appunto, le forze di Kiev ad un certo punto hanno potuto uscire dall'accerchiamento in corso, e ritirarsi più o meno ordinatamente su altre posizioni.
Diversamente, la liberazione di Avdeevka - altrettanto simbolica ed altrettanto strategica - si presenta assai diversa. Anche se la battaglia è durata praticamente due anni (anzi, si potrebbe dire dieci, visto che è cominciata durante la guerra civile), non si è determinato l'effetto tritacarne, sicuramente non nella misura vista a Bakhmut. La rilevanza simbolica e strategica è stavolta ben più rilevante per i russi, perché è da questa città che sono partiti praticamente tutti gli attacchi contro la popolazione civile di Donetsk, dal 2014 ad ora. Ma, più di ogni altra cosa, ad essere assai significativo è il come la città è caduta, ed in quale contesto ciò si colloca.
Le forze russe hanno infatti issato le loro bandiere sui principali edifici della città a pochi giorni dalla improvvida sostituzione del comandante in capo Zaluzhny, facendo in qualche modo ricaderne la responsabilità sul nuovo comandante, Syrsky, già poco amato dall'esercito. E soprattutto la caduta è stata determinata da un collasso delle difese. I soldati avevano già cominciato ad abbandonare spontaneamente le proprie posizioni, a piccoli gruppi, cercando scampo ai pesanti bombardamenti russi (sino a 250 FAB in un giorno!). In questo senso, in un quadro generale caratterizzato da una crisi ai vertici delle forze armate, da un sostanziale stop ad aiuti significativi da parte della NATO, e da una ripresa dell'iniziativa offensiva russa su un ampio fronte, Avdeevka potrebbe presto assumere il valore di uno spartiacque, che segna l'inizio di un più generalizzato collasso delle forze ucraine - del resto sinora evitato solo grazie ad un enorme sforzo di supporto da parte dei paesi NATO. Sforzo che però l'Alleanza non è più in grado di sostenere.

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