Situazione Ucraina

Invece di chiudere il gas ce lo diceva e noi prendevamo Zeleschi o chi per lui per le palle.

Ma evidentemente era tutta una scusa, difatti dopo pochi anni la Russia chiude di nuovo. E tutto PRIMA della guerra.
Te le cerchi e poi lo trovi quello che si incazza
 
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2011


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Usano il gas come fosse un arma.

E' come se io vado in distributore a fare il pieno e quello mi dice: Non ti do la benzina, io ne ho ma mi sei antipatico e non te ne do.

Io vado da un altro distributore anche se mi costa di piu'
 
Con la Mongolia magari funziona, la Mongolia è sfigata, confina con la Cina e con la Russia e non ha sbocchi sul mare. Ma come hanno pensato che potesse funzionare con l'Europa? Con tutte le coste che abbiamo e tutte le alternative possibili, magari piu' costose ma sempre possibili. La Mongolia o compra dalla Russia o si attacca al tram. Noi no
 
6 ottobre 2021

meglio che leggi bene

La Russia taglia i rifornimenti di gas all’Europa, la crisi energetica rischia di esplodere​

L'Unione ragiona a riserve strategiche, e in un giorno, dal 30 settembre al 1 ottobre, Gazprom taglia le forniture attraverso Bielorussia (-70%) e Ucraina (-20%).ed ecco che il rubinetto della risorsa di cui l'UE è dipendente magicamente si chiude.​

Emanuele Bonini</a> <a class=social twitter href=https://twitter.com/emanuelebonini target=_blank>emanuelebonini</a>
di Emanuele Bonini emanuelebonini
6 Ottobre 2021
in Politica

Rubinetti di condutture. Se la Russia taglia i rifornimenti di gas all’Europa, la crisi energetica rischia di esplodere. [foto: International Energy Agency]




Bruxelles – La Russia taglia i rifornimenti di gas all’Europa. Di fronte al rincaro dei prezzi di elettricità e benzina, le divisioni degli Stati membri sulla questione e l’inverno in arrivo con le sue temperature rigide, lo spettro di un ricatto energetico si affaccia sul vecchio continente. Mosca ora potrebbe giocare al ‘gatto col topo’ con l’Europa. L’Unione ragiona a riserve strategiche di gas, ed ecco che il rubinetto della risorsa di cui l’UE è dipendente magicamente si chiude.

La commissaria europea all’Energia, Kadri Simson, ribadendo quanto affermato ieri (5 ottobre) dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, getta acqua sul fuoco, e dice che “la Russia sta rispettando i contratti” e non ha offerto maggiori quantità, nonostante l’aumento dei prezzi. Secondo i dati di Gazprom, però, dal 30 settembre al 1 ottobre le forniture di gas attraverso la Bielorussia sono state ridotte di circa il 70%. E le forniture attraverso l’Ucraina sono diminuite del 20%. Riduzioni nella distribuzione che seguono l’aumento dei flussi garantiti prima di questo periodo. In un giorno spazzato via quanto lo stesso fornitore di aver pompato nei primi otto mesi dell’anno.

Nello specifico Gazprom fa sapere di aver aumentato le forniture di gas a Germania (+35,8 per cento), Italia (+15 per cento), Romania (+347,6 per cento), Serbia (+125,9 per cento), Polonia (+ 11,4 per cento), Bulgaria (+52,3 per cento), Grecia (+12,8 per cento) e Finlandia (+19 per cento). Adesso, nel mezzo della crisi energetica dell’UE, le condutture si fermano. Problemi tecnici o avvertimenti, l’UE si ritrova ostaggio dei signori del gas.

I dati relativi a Bielorussia e Ucraina non sono casuali. Ad oggi tutto il gas russo che arriva in Europa occidentale passa attraverso l’Ucraina (gasdotti Brotherhood e Soyuz), fatta eccezione per Nord Stream 1 e per il gasdotto Yamal-Europe che attraversa Bielorussia e Polonia.

Sullo sfondo potrebbe esserci l’altra partita, quella di Nord Stream 2, la conduttura che via mar Baltico dovrà portare il gas russo in Europa. Nord Stream 2 non può legalmente iniziare a funzionare fino alla fine di tutte le procedure di certificazione e approvazione, che probabilmente non saranno completate fino alla primavera del prossimo anno.



Il condotto Nord Stream 2, ancora non operativo [foto: Gazprom]La conduttura serve a raddoppiare il volume di gas in arrivo su suolo comunitario. La Germania ha insistito molto sull’infrastruttura, al centro di divisioni interne, non solo agli Stati ma pure ai partiti, e oggetto di contenziosi con l’UE che si arricchiscono di nuovi colpi di scena. Il ricorso di Nord Stream 2 contro l’UE va accolto e adesso il Tribunale deve riesaminare il caso. L’avvocato generale Michal Bobak suggerisce alla Corte di giustizia dell’Unione europea di rimettere in discussione le modifiche alla direttiva che disciplina il mercato del gas.


Nel 2019 l’UE ha rimesso mano al settore. Il nuovo regime regolatorio si pone l’obiettivo di assicurare che le norme applicabili ai gasdotti di trasporto che collegano due o più Stati membri siano applicabili, all’interno dell’Unione europea, anche ai gasdotti di trasporto da e verso i paesi terzi. E’ stato imposto un adeguamento alle regole comunitarie a operatori e infrastrutture extracomunitarie. Direttiva che ha avuto intanto un impatto “soltanto sul gasdotto Nord Stream 2”, rileva l’avvocato generale. Si configura dunque una discriminazione. Inoltre, al momento dell’adozione delle nuove norme, il gasdotto “non soltanto aveva avuto inizio, ma aveva raggiunto uno stadio molto avanzato”.

Da un punto di vista giuridico, poi, le direttive si rivolgono agli Stati. In questo caso si è finiti per colpire un’impresa, Nord Stream 2, azienda svizzera controllata da Gazprom. Un qualcosa contrario alle regole. Quindi sussistono motivo per accogliere il ricorso, e Nord Stream 2 può impugnare la decisione di modifica delle regole.

Nord Stream 2 chiede l’annullamento delle modifiche alla direttiva. L’avvocato generale suggerisce alla Corte di rinviare il tutto al Tribunale, poiché in questo momento “lo stato degli atti non consente alla Corte di statuire in via definitiva sulla controversia”. Non ci sarebbero dunque tutte le condizioni per annullare il provvedimento contestato e servirà un riesame del caso.

Il presidente russo Vladimir Putin vorrebbe un’accelerazione nel processi di concessione dei permessi per Nord Stream 2. Lascia che sia il vice primo ministro Alexander Novak a dirlo a chiare lettere. “Penso che un fattore che potrebbe in qualche modo raffreddare la situazione attuale sia sicuramente il completamento della certificazione e l’autorizzazione più rapida per le forniture di gas attraverso il Nord Stream 2″. La Russia dunque ne approfitta per rilanciare la partita del gasdotto sottomarino.

Gli sviluppi giuridici potrebbero venire in soccorso di Mosca, o magari addirittura ingarbugliare ancora di più la partita. Quello che è chiaro è che c’è penuria ed esigenza di gas. Gazprom rileva che il livello delle riserve negli impianti di stoccaggio sotterranei di gas europei “è rimasto il più basso da molti anni al 29 settembre 2021“. La differenza negativa tra le scorte attuali e il livello dello scorso anno è di 20,5 miliardi di metri cubi di gas. Mentre in Ucraina, la differenza negativa rispetto allo scorso anno è del 32,6% (o 9,1 miliardi di metri cubi di gas) al 29 settembre.

C’è carenza di gas, e il gas non viene pompato. O, come dimostrano i dati tra 30 settembre e 1 ottobre, il fornitore può non rifornire a dispetto anche di contratti in essere. Se la Russia taglia i rifornimenti di gas all’Europa, il contraccolpo economico rischia di essere serio. Per questo il rubinetto a singhiozzo delle tubature spaventa le capitali europee. Mentre Mosca torna a fare pressione sull’Unione europea e tenerla in scacco.
 
2011


Vedi l'allegato 752406
anche qua, ti suggerisco di leggere non solo il titolo

La Russia chiude i rubinetti del petrolio alla Mongolia. A quando il turno dell’Europa?​

di ///
martedì 23 agosto 2011
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La Russia, più che un Paese, è un vero e proprio continente, nonché una fonte consistente di materie prime per i Paesi limitrofi. Ma la dipendenza energetica dal colosso eurasiatico può mettere questi ultimi in serie difficoltà. Ne sa qualcosa la Mongolia, che importa da Mosca il 90% del petrolio che consuma.

In maggio una temporanea carenza domestica (almeno questa era la ragione ufficiale) ha indotto a ridurre le proprie forniture ad Ulan Bator, provocando l'aumento dei dazi all'esportazione del 40%. La Mongolia si è così vista costretta a razionare il carburante. Non pochi osservatori, però sospettano che la decisione del Cremlino sia stata studiata a tavolino per esortare il governo mongolo ad una maggiore acquiescenza nei confronti del gigante russo.

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Come è noto, la Mongolia è inserita tra la Russia a nord e la Cina a sud: l'economia, la politica estera e la difesa della terra che fu di Gengis Khan sono direttamente influenzati da loro. Durante la Guerra Fredda il legame più saldo era chiaramente con la prima. Mongolia e Russia, che condividono 3500 km di confine, avevano forgiato una stretta relazione bilaterale. Dopo la dissoluzione dell'Urss i rapporti tra i due Paesi si sono diradati, l'interscambio commerciale è diminuito dell'80% e Ulan Bator si è avvicinata sempre di più alla Cina. Tuttavia, la Russia ha cercato di ripristinare la vecchia alleanza, allo scopo di rafforzare la sua posizione in Asia e contrastare l'influenza della Cina. Nel 2000, l'allora presidente russo Vladimir Putin si è così recato in visita ufficiale in Mongolia (la prima di un capo di Stato russo dai tempi di Breznev), firmando un importante trattato bilaterale. Da allora la Russia ha abbassato i prezzi delle esportazioni di petrolio in Mongolia e ha rilanciato il commercio transfrontaliero. Inoltre, il governo russo ha quasi azzerato il debito vantato verso Ulan Bator, e più di recente ha sottoscritto un accordo per la costruzione di un oleodotto diretto in Cina attraverso la Mongolia. Ciononostante, è facile comprendere come il rapporto tra i due Paesi sia tutt'altro che equilibrato.

Anche il legame con la Cina è fortemente impari. La Cina importa dalla Mongolia ingenti quantità di carbone. In generale, l'economia mongola è trainata dal settore minerario e dall'allevamento, con la differenza che il primo lascia pesanti segni sull'ambiente in cui incide, a scapito del secondo. Se pensiamo che la Mongolia ospita paesaggi rimasti pressoché inalterati per milioni di anni, si può intuire quanto sia profondo l'impatto ambientale dell'industria estrattiva. Sempre più spesso, gli ex pastori nomadi sono spossessati dei pascoli dalle grandi compagnie minerarie straniere e integrati a fatica nel tessuto urbano di una capitale dove ormai risiede oltre la metà degli abitanti di tutto il Paese: circa un milione e mezzo. Per i mongoli l'ambiente è la vita stessa, pertanto in Mongolia ogni problema sociale è strettamente connesso a quelli ambientali.
La situazione è destinata ad aggravarsi. La Mongolia è il Paese con la minore densità demografica al mondo (1,7 abitanti/km2), e il suo spazio fa gola a molti. Il governo ha già avviato una serie di trattative per consentire ai governi stranieri lo stoccaggio delle proprie scorie naturali sul territorio mongolo, con il potenziale risultato di trasformare il Paese nella più grande discarica radioattiva della Terra.

Tornando al principio, si ipotizza che la pressione russa nei confronti di Ulan Bator possa essere correlata all'assegnazione delle concessioni minerarie di Tavan Tolgoi, il più grande deposito di carbone coke del mondo. Entro l'estate il governo dovrà annunciare il vincitore tra le aziende (russe, cinesi e americani) che ambiscono ai diritti di sfruttamento. In tal senso, secondo un sito mongolo "Non ci poteva essere momento migliore per la Russia per fermare le esportazioni di petrolio” - dunque per rammentare al Paese la sua dipendenza dal suo vicino settentrionale.

Il caso Mongolia non è che un esempio di come il Cremlino risolve in proprio favore le divergenze di vedute con i vicini. Le ripetute crisi tra Russia e Ucraina, con l'una che ha chiuso i rubinetti all'altra per ben tre volte negli ultimi sei anni, provocando sensibili ripercussioni sul resto dell'Europa, ci avevano già offerto un assaggio della strategia energetica di Mosca con i Paesi limitrofi.
In via informale, Mosca ha già impugnato l'arma del gas nei confronti del Vecchio continente, lanciando velati avvertimenti in merito ad un taglio delle forniture. Vari analisti hanno più volte evidenziato come il colosso energetico Gazprom non disponga ancora di una rete di distribuzione alternativa a quella verso Ovest (quella diretta alla Cina è in fase di progettazione), e le esportazioni di gas pesano per il 50% nelle entrate statali della Russia. Ma l'Europa è troppo divisa per esercitare una qualche forza contrattuale nei confronti della grande Russia.

Q
 
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La Russia taglia i rifornimenti di gas all’Europa, la crisi energetica rischia di esplodere​

L'Unione ragiona a riserve strategiche, e in un giorno, dal 30 settembre al 1 ottobre, Gazprom taglia le forniture attraverso Bielorussia (-70%) e Ucraina (-20%).ed ecco che il rubinetto della risorsa di cui l'UE è dipendente magicamente si chiude.​

Ho letto

La Russia chiude il gas prima della guerra. E non è la prima volta che lo fa. Un fornitore cosi' è meglio perderlo che trovarlo.

Ma hai bevuto? :d:
 
anche qua, ti suggerisco di leggere non solo il titolo

La Russia chiude i rubinetti del petrolio alla Mongolia. A quando il turno dell’Europa?​

di ///
martedì 23 agosto 2011
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La Russia, più che un Paese, è un vero e proprio continente, nonché una fonte consistente di materie prime per i Paesi limitrofi. Ma la dipendenza energetica dal colosso eurasiatico può mettere questi ultimi in serie difficoltà. Ne sa qualcosa la Mongolia, che importa da Mosca il 90% del petrolio che consuma.

In maggio una temporanea carenza domestica (almeno questa era la ragione ufficiale) ha indotto a ridurre le proprie forniture ad Ulan Bator, provocando l'aumento dei dazi all'esportazione del 40%. La Mongolia si è così vista costretta a razionare il carburante. Non pochi osservatori, però sospettano che la decisione del Cremlino sia stata studiata a tavolino per esortare il governo mongolo ad una maggiore acquiescenza nei confronti del gigante russo.

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Come è noto, la Mongolia è inserita tra la Russia a nord e la Cina a sud: l'economia, la politica estera e la difesa della terra che fu di Gengis Khan sono direttamente influenzati da loro. Durante la Guerra Fredda il legame più saldo era chiaramente con la prima. Mongolia e Russia, che condividono 3500 km di confine, avevano forgiato una stretta relazione bilaterale. Dopo la dissoluzione dell'Urss i rapporti tra i due Paesi si sono diradati, l'interscambio commerciale è diminuito dell'80% e Ulan Bator si è avvicinata sempre di più alla Cina. Tuttavia, la Russia ha cercato di ripristinare la vecchia alleanza, allo scopo di rafforzare la sua posizione in Asia e contrastare l'influenza della Cina. Nel 2000, l'allora presidente russo Vladimir Putin si è così recato in visita ufficiale in Mongolia (la prima di un capo di Stato russo dai tempi di Breznev), firmando un importante trattato bilaterale. Da allora la Russia ha abbassato i prezzi delle esportazioni di petrolio in Mongolia e ha rilanciato il commercio transfrontaliero. Inoltre, il governo russo ha quasi azzerato il debito vantato verso Ulan Bator, e più di recente ha sottoscritto un accordo per la costruzione di un oleodotto diretto in Cina attraverso la Mongolia. Ciononostante, è facile comprendere come il rapporto tra i due Paesi sia tutt'altro che equilibrato.

Anche il legame con la Cina è fortemente impari. La Cina importa dalla Mongolia ingenti quantità di carbone. In generale, l'economia mongola è trainata dal settore minerario e dall'allevamento, con la differenza che il primo lascia pesanti segni sull'ambiente in cui incide, a scapito del secondo. Se pensiamo che la Mongolia ospita paesaggi rimasti pressoché inalterati per milioni di anni, si può intuire quanto sia profondo l'impatto ambientale dell'industria estrattiva. Sempre più spesso, gli ex pastori nomadi sono spossessati dei pascoli dalle grandi compagnie minerarie straniere e integrati a fatica nel tessuto urbano di una capitale dove ormai risiede oltre la metà degli abitanti di tutto il Paese: circa un milione e mezzo. Per i mongoli l'ambiente è la vita stessa, pertanto in Mongolia ogni problema sociale è strettamente connesso a quelli ambientali.
La situazione è destinata ad aggravarsi. La Mongolia è il Paese con la minore densità demografica al mondo (1,7 abitanti/km2), e il suo spazio fa gola a molti. Il governo ha già avviato una serie di trattative per consentire ai governi stranieri lo stoccaggio delle proprie scorie naturali sul territorio mongolo, con il potenziale risultato di trasformare il Paese nella più grande discarica radioattiva della Terra.

Tornando al principio, si ipotizza che la pressione russa nei confronti di Ulan Bator possa essere correlata all'assegnazione delle concessioni minerarie di Tavan Tolgoi, il più grande deposito di carbone coke del mondo. Entro l'estate il governo dovrà annunciare il vincitore tra le aziende (russe, cinesi e americani) che ambiscono ai diritti di sfruttamento. In tal senso, secondo un sito mongolo "Non ci poteva essere momento migliore per la Russia per fermare le esportazioni di petrolio” - dunque per rammentare al Paese la sua dipendenza dal suo vicino settentrionale.

Il caso Mongolia non è che un esempio di come il Cremlino risolve in proprio favore le divergenze di vedute con i vicini. Le ripetute crisi tra Russia e Ucraina, con l'una che ha chiuso i rubinetti all'altra per ben tre volte negli ultimi sei anni, provocando sensibili ripercussioni sul resto dell'Europa, ci avevano già offerto un assaggio della strategia energetica di Mosca con i Paesi limitrofi.
In via informale, Mosca ha già impugnato l'arma del gas nei confronti del Vecchio continente, lanciando velati avvertimenti in merito ad un taglio delle forniture. Vari analisti hanno più volte evidenziato come il colosso energetico Gazprom non disponga ancora di una rete di distribuzione alternativa a quella verso Ovest (quella diretta alla Cina è in fase di progettazione), e le esportazioni di gas pesano per il 50% nelle entrate statali della Russia. Ma l'Europa è troppo divisa per esercitare una qualche forza contrattuale nei confronti della grande Russia.

Q
Il caso Mongolia non è che un esempio di come il Cremlino risolve in proprio favore le divergenze di vedute con i vicini. Le ripetute crisi tra Russia e Ucraina, con l'una che ha chiuso i rubinetti all'altra per ben tre volte negli ultimi sei anni, provocando sensibili ripercussioni sul resto dell'Europa, ci avevano già offerto un assaggio della strategia energetica di Mosca con i Paesi limitrofi.

Leggi tu, è sempre la stessa storia. Usano il gas come arma
 
E dopo il danno anche la beffa!

Costruiamo un gasdotto attraverso la Siria, adesso che diventa possibile e ci ciucciamo tutto il gas che hanno la sotto
:d:
 

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