Situazione Ucraina

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analisi

La guerra per procura che gli Stati Uniti combattono in Ucraina contro la Russia non si fermerà con un accordo per il cessate il fuoco tra Mosca e la proxy di Washington, ma dovrà essere conclusa con uno storico trattato di pace tra le due grandi potenze, per porre fine una volta per tutte alle rivalità sorte in conseguenza alla creazione dell’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico.

È questa la posizione che emerge dalle dichiarazioni del Cremlino e dei suoi più alti funzionari, ultimo in ordine cronologico il ministro degli Esteri Sergey Lavrov, in merito alla possibilità di imminenti colloqui, dopo l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca il prossimo 20 gennaio.


Prove generali per il tavolo dei negoziati


“La Russia è impegnata a porre fine al conflitto”. Nei giorni scorsi questa affermazione di Putin al summit del CSI ha fatto scalpore sui nostri media, come se si trattasse di un elemento di novità nello scenario ucraino. In realtà il Cremlino non ha mai respinto ufficialmente la possibilità di una soluzione politica alla guerra in Ucraina.

Vale la pena ricordare che Mosca si sedette al tavolo dei negoziati immediatamente dopo l’avvio dell’operazione speciale militare. La pace venne sabotata prima con l’assassinio per mano dell’SBU del negoziatore Denis Kireev, uomo di fiducia del capo del GUR. Infine da Boris Johnson e altri leader occidentali, che a fine marzo 2022 impedirono a Kiev di firmare un vantaggioso accordo raggiunto a Istanbul. Gli oltranzisti imponevano la guerra fino all’ultimo ucraino per infliggere una sconfitta strategica alla Russia (con la speranza di provocare un regime change o addirittura il collasso con conseguente frammentazione in piccoli “stan” legati all’Occidente).

Adesso la possibilità di negoziati si ripresenta. Immediatamente dopo la sua vittoria elettorale, Donald Trump ha fatto sapere che il cessate il fuoco in Ucraina è nell’agenda del “first day”, ovvero nelle questioni prioritarie da risolvere appena insediato. La settimana scorsa ha espresso l’intenzione di un incontro immediato con Putin.

In vista di possibili colloqui, l’amministrazione uscente ha aumentato l’assistenza militare e finanziaria a Kiev, fornito mine antiuomo e revocato i limiti sulle armi a lunga gittata, consentendone l’utilizzo sul territorio russo. Queste mosse devono intendersi come leve da fornire a Kiev per aumentare il proprio peso negoziale. Non è sufficiente.

Oltre al vantaggio militare sul campo di battaglia, alla superiorità numerica, ai territori conquistati e al sostegno dei suoi alleati, Mosca può contare su una leva in più: la fretta di Trump nel chiudere la partita in Ucraina.

Ciò potrebbe portare ad un accordo svantaggioso per Kiev, ad esempio un cessate il fuoco senza la riacquisizione dei territori controllati da Mosca e senza sufficienti garanzie di sicurezza, cioè con il rifiuto definitivo all’ingresso nella NATO. Inoltre Trump potrebbe accordarsi sulla rimozione degli attuali vertici politici ucraini, ovvero l’obiettivo strategico russo della “denazificazione”.

L’opinione pubblica potrebbe essere favorevole a queste soluzioni, secondo recenti sondaggi che rivelano un consenso verso la pace in cambio di territori e un calo della popolarità di Zelensky. Nei mesi scorsi la stampa occidentale ha parlato della possibilità di elezioni anticipate, che potrebbero portare ad un cambio di potere a Kiev già a fine maggio 2025.

Il Cremlino ha reagito positivamente all’iniziativa del leader statunitense, mostrando la propria disponibilità a negoziare con l'Ucraina sulla base degli accordi di Istanbul e tenendo conto della situazione “sul campo”. Tuttavia Putin e Lavrov mettono in chiaro che la Russia non mira ad un accordo per il cessate il fuoco che porti ad un congelamento della guerra. Si tratterebbe di una pausa temporanea che consentirebbe all’Ucraina di recuperare lo svantaggio militare e riorganizzarsi per riprendere il conflitto.

Mosca vuole un accordo che “elimini le cause profonde della crisi ucraina”, ovvero il contenimento della Federazione Russa con l’espansione ad Est della NATO e la conseguente pressione militare sui confini russi. Non solo questo: vuole anche un meccanismo per impedire future violazioni, memore delle promesse non mantenute che l’Occidente fece a Gorbacev prima della dissoluzione dell’URSS.

Mosca, insomma, non vuole interloquire con Kiev, ma con Washington.

“Per quanto riguarda le prospettive delle relazioni russo-americane, se gli Stati Uniti saranno pronti, saremo aperti a ripristinare il dialogo politico interrotto da Washington dopo l’avvio dell’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico. Poiché sono stati gli americani a interromperlo, e non noi, allora dovrebbero fare il primo passo”, ha detto Lavrov a Tass.

Il ministro russo ha detto anche di non farsi troppe illusioni. Anche se Trump intendesse davvero ristabilire i legami bilaterali dovrebbe “nuotare controcorrente”, contro un consenso bipartisan che vede la Russia come un nemico degli Stati Uniti.

Tuttavia lo strategia statunitense potrebbe cambiare radicalmente verso una nuova dottrina Monroe capovolta che mira a riaffermare l’egemonia sul continente nordamericano, come lasciano intuire le rivendicazioni di Trump su Canada e Groenlandia e sul controllo del canale di Panama. A questo proposito il Financial Times ritiene possibile un patto tra potenze con ripartizione di sfere di influenza con Russia e Cina, per poter affermare il dominio degli Stati Uniti nella propria regione (e assicurarsi il dominio dell’artico). Ciò porterebbe rapidamente ad un accordo che soddisferebbe tutte le richieste del Cremlino: uno status per l’Ucraina di Paese neutrale, non allineato e libero dal nucleare.

Non è possibile prevedere quello che accadrà dopo l’insediamento di Trump, tuttavia la volontà di parlarsi o incontrarsi immediatamente è stata espressa anche da Putin, nella conferenza stampa di fine anno il 19 dicembre, ricordando che la politica è l’arte del compromesso. Forse Mosca non otterrà la pace storica che vuole con gli Stati Uniti, ma i preliminari per i colloqui sono stati avviati.

Zelensky, naturalmente, intende sabotarli. Per ottenere una reazione spropositata o non convenzionale di Mosca, che farebbe saltare la strada diplomatica, ha bombardato con armi occidentali obiettivi militari e civili sul territorio russo. Mosca ha dato una risposta di deterrenza all’Occidente con il lancio dell’Oreshnik prima, poi ha alzato il tiro sugli obiettivi ucraini, con attacchi contro obiettivi strategici e infrastrutture chiave. A Kiev non è rimasta che la guerra non convenzionale, le esecuzioni extragiudiziali (come quella con cui è stato ucciso il generale Kirillov), attentati terroristici o sabotaggi compiuti da agenti reclutati sui social. L’obiettivo è quello di erodere il consenso di Putin, diffondere il terrore, portare la guerra sul territorio russo, provocare un’escalation bellica. Non ci sta riuscendo.

La Russia non si scompone quando "i proiettili fischiano e il tempo vola", ha detto Putin in conferenza stampa, lasciando intendere che il 20 gennaio arriverà in fretta e il Cremlino saprà attendere.
 
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La guerra per procura che gli Stati Uniti combattono in Ucraina contro la Russia non si fermerà con un accordo per il cessate il fuoco tra Mosca e la proxy di Washington, ma dovrà essere conclusa con uno storico trattato di pace tra le due grandi potenze, per porre fine una volta per tutte alle rivalità sorte in conseguenza alla creazione dell’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico.

È questa la posizione che emerge dalle dichiarazioni del Cremlino e dei suoi più alti funzionari, ultimo in ordine cronologico il ministro degli Esteri Sergey Lavrov, in merito alla possibilità di imminenti colloqui, dopo l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca il prossimo 20 gennaio.


Prove generali per il tavolo dei negoziati

“La Russia è impegnata a porre fine al conflitto”. Nei giorni scorsi questa affermazione di Putin al summit del CSI ha fatto scalpore sui nostri media, come se si trattasse di un elemento di novità nello scenario ucraino. In realtà il Cremlino non ha mai respinto ufficialmente la possibilità di una soluzione politica alla guerra in Ucraina.

Vale la pena ricordare che Mosca si sedette al tavolo dei negoziati immediatamente dopo l’avvio dell’operazione speciale militare. La pace venne sabotata prima con l’assassinio per mano dell’SBU del negoziatore Denis Kireev, uomo di fiducia del capo del GUR. Infine da Boris Johnson e altri leader occidentali, che a fine marzo 2022 impedirono a Kiev di firmare un vantaggioso accordo raggiunto a Istanbul. Gli oltranzisti imponevano la guerra fino all’ultimo ucraino per infliggere una sconfitta strategica alla Russia (con la speranza di provocare un regime change o addirittura il collasso con conseguente frammentazione in piccoli “stan” legati all’Occidente).

Adesso la possibilità di negoziati si ripresenta. Immediatamente dopo la sua vittoria elettorale, Donald Trump ha fatto sapere che il cessate il fuoco in Ucraina è nell’agenda del “first day”, ovvero nelle questioni prioritarie da risolvere appena insediato. La settimana scorsa ha espresso l’intenzione di un incontro immediato con Putin.

In vista di possibili colloqui, l’amministrazione uscente ha aumentato l’assistenza militare e finanziaria a Kiev, fornito mine antiuomo e revocato i limiti sulle armi a lunga gittata, consentendone l’utilizzo sul territorio russo. Queste mosse devono intendersi come leve da fornire a Kiev per aumentare il proprio peso negoziale. Non è sufficiente.

Oltre al vantaggio militare sul campo di battaglia, alla superiorità numerica, ai territori conquistati e al sostegno dei suoi alleati, Mosca può contare su una leva in più: la fretta di Trump nel chiudere la partita in Ucraina.

Ciò potrebbe portare ad un accordo svantaggioso per Kiev, ad esempio un cessate il fuoco senza la riacquisizione dei territori controllati da Mosca e senza sufficienti garanzie di sicurezza, cioè con il rifiuto definitivo all’ingresso nella NATO. Inoltre Trump potrebbe accordarsi sulla rimozione degli attuali vertici politici ucraini, ovvero l’obiettivo strategico russo della “denazificazione”.

L’opinione pubblica potrebbe essere favorevole a queste soluzioni, secondo recenti sondaggi che rivelano un consenso verso la pace in cambio di territori e un calo della popolarità di Zelensky. Nei mesi scorsi la stampa occidentale ha parlato della possibilità di elezioni anticipate, che potrebbero portare ad un cambio di potere a Kiev già a fine maggio 2025.

Il Cremlino ha reagito positivamente all’iniziativa del leader statunitense, mostrando la propria disponibilità a negoziare con l'Ucraina sulla base degli accordi di Istanbul e tenendo conto della situazione “sul campo”. Tuttavia Putin e Lavrov mettono in chiaro che la Russia non mira ad un accordo per il cessate il fuoco che porti ad un congelamento della guerra. Si tratterebbe di una pausa temporanea che consentirebbe all’Ucraina di recuperare lo svantaggio militare e riorganizzarsi per riprendere il conflitto.

Mosca vuole un accordo che “elimini le cause profonde della crisi ucraina”, ovvero il contenimento della Federazione Russa con l’espansione ad Est della NATO e la conseguente pressione militare sui confini russi. Non solo questo: vuole anche un meccanismo per impedire future violazioni, memore delle promesse non mantenute che l’Occidente fece a Gorbacev prima della dissoluzione dell’URSS.

Mosca, insomma, non vuole interloquire con Kiev, ma con Washington.

“Per quanto riguarda le prospettive delle relazioni russo-americane, se gli Stati Uniti saranno pronti, saremo aperti a ripristinare il dialogo politico interrotto da Washington dopo l’avvio dell’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico. Poiché sono stati gli americani a interromperlo, e non noi, allora dovrebbero fare il primo passo”, ha detto Lavrov a Tass.

Il ministro russo ha detto anche di non farsi troppe illusioni. Anche se Trump intendesse davvero ristabilire i legami bilaterali dovrebbe “nuotare controcorrente”, contro un consenso bipartisan che vede la Russia come un nemico degli Stati Uniti.

Tuttavia lo strategia statunitense potrebbe cambiare radicalmente verso una nuova dottrina Monroe capovolta che mira a riaffermare l’egemonia sul continente nordamericano, come lasciano intuire le rivendicazioni di Trump su Canada e Groenlandia e sul controllo del canale di Panama. A questo proposito il Financial Times ritiene possibile un patto tra potenze con ripartizione di sfere di influenza con Russia e Cina, per poter affermare il dominio degli Stati Uniti nella propria regione (e assicurarsi il dominio dell’artico). Ciò porterebbe rapidamente ad un accordo che soddisferebbe tutte le richieste del Cremlino: uno status per l’Ucraina di Paese neutrale, non allineato e libero dal nucleare.

Non è possibile prevedere quello che accadrà dopo l’insediamento di Trump, tuttavia la volontà di parlarsi o incontrarsi immediatamente è stata espressa anche da Putin, nella conferenza stampa di fine anno il 19 dicembre, ricordando che la politica è l’arte del compromesso. Forse Mosca non otterrà la pace storica che vuole con gli Stati Uniti, ma i preliminari per i colloqui sono stati avviati.

Zelensky, naturalmente, intende sabotarli. Per ottenere una reazione spropositata o non convenzionale di Mosca, che farebbe saltare la strada diplomatica, ha bombardato con armi occidentali obiettivi militari e civili sul territorio russo. Mosca ha dato una risposta di deterrenza all’Occidente con il lancio dell’Oreshnik prima, poi ha alzato il tiro sugli obiettivi ucraini, con attacchi contro obiettivi strategici e infrastrutture chiave. A Kiev non è rimasta che la guerra non convenzionale, le esecuzioni extragiudiziali (come quella con cui è stato ucciso il generale Kirillov), attentati terroristici o sabotaggi compiuti da agenti reclutati sui social. L’obiettivo è quello di erodere il consenso di Putin, diffondere il terrore, portare la guerra sul territorio russo, provocare un’escalation bellica. Non ci sta riuscendo.

La Russia non si scompone quando "i proiettili fischiano e il tempo vola", ha detto Putin in conferenza stampa, lasciando intendere che il 20 gennaio arriverà in fretta e il Cremlino saprà attendere.
qua viene menzionato l'antidiplomatico e altri siti da cui prendi informazioni..

ti auguro buon anno...

 
Ma un momento!

MA TRUMP CI E' O CI FA?

Secondo lui la pace la fanno USA e Russia tra loro, ok?
E chi ci mandano come forze per fare il peacekeeping?

Gli europei :d: A spese degli europei, ma questo è scemo proprio.
E pensa che gli diciamo di si???
 
Corruzione in Ucraina.

QUEST'ANNO:
13 (tredici!) Rolls Royce Spectre furono acquistate in Ucraina.

Prezzo: $ 650.000 ciascuno.

Il primo è stato consegnato a un membro del Parlamento, Vatsak. Molti altri furono acquistati anche da deputati e funzionari.

Solo 3 dei 13 acquirenti di Rolls Royce hanno redditi ufficiali.

ABBIAMO BISOGNO DI UNA VERIFICA !


Per caso ne avanza una per Bassetti ?
LOL


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