FINANZA E MERCATI
Il Sole-24 Ore - 2013-02-13 - Pag. 30
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Credito. C'era la proposta del fondo «private», che avrebbe evitato la nazionalizzazione
Azioni
L'olandese Sns non accettò l'offerta Cvc che evitava il crack
Già partite le cause dall'Italia contro l'espropio dei bond
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Morya Longo
«Caro Mr. Raab, mille grazie per il tempo speso per discutere con noi. Apprezziamo molto lo sforzo profuso dal suo team per trovare investitori privati in grado di ricapitalizzare Sns Bank, in modo da evitare la nazionalizzazione». Era il 31 gennaio scorso quando a Mr. Raab, direttore del Financig directorate del ministero delle Finanze olandese, riceve questa lettera da un gruppo di investitori capitanati dal fondo di private equity Cvc. Da novembre discutevano con il Governo per rilevare la Sns Bank, istituto in gravi difficoltà, e per evitare la sua nazionalizzazione.
A giudicare dalla lettera, sembrava quasi fatta. Invece proprio il giorno dopo il ministro delle finanze olandese, il neo-presidente dell'Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, annuncia la nazionalizzazione di Sns Bank. La domanda che ora tanti si pongono (anche in Olanda) è ovvia: era proprio necessario arrivare a una misura così estrema? La domanda non è irrilevante: nazionalizzando Sns Bank, infatti, lo Stato olandese ha anche deciso di espropriare tutte le obbligazioni subordinate della banca, lasciando con un pugno di mosche in mano tanti investitori. Anche almeno 500 risparmiatori italiani.
L'alternativa respinta
La domanda nasce innanzitutto perché sui conti di Sns Bank esistono due diverse perizie: una mostra che la banca era effettivamente in condizioni disastrose, tali da giustificare la nazionalizzazione, un'altra è invece molto più benevola. La perizia redatta da Cushman & Wakefield indica severe perdite nel portafoglio immobiliare, che rendono necessaria una ricapitalizzazione da 2,4 miliardi. La perizia di Ernst & Young, commissionata in precedenza dai vertici della stessa banca, indicava invece perdite molto inferiori. Lo Stato ha però dato peso alla perizia di Cushman & Wakefield, (indipendente), e ha dunque deciso di nazionalizzare Sns.
Ma la domanda «era necessaria la nazionalizzazione?» nasce anche guardando l'offerta di Cvc: a guardare i documenti ufficiali, infatti, la proposta del fondo di private equity non appare così irricevibile. A dimostrarlo è un documento redatto da Morgan Stanley, consulente del Governo, il 28 gennaio. Nel documento, denominato «Progetto Mercurius», la banca Usa confronta le conseguenze (e i costi) delle due opzioni in quel momento sul tappeto: da un lato la nazionalizzazione e dall'altro la vendita di Sns al consorzio guidato da Cvc.
L'offerta di Cvc, che prevedeva un coinvolgimento dello Stato che avrebbe comunque mantenuto il 50% delle azioni della banca Sns, avrebbe comportato un costo per i conti pubblici olandesi di 2,17 miliardi di euro. Invece la nazionalizzazione dura e pura – calcola Morgan Stanley – sarebbe costata alle casse pubbliche 3,64 miliardi di euro. Con la nazionalizzazione, però, lo Stato ha imposto un costo alle altre maggiori banche (incassando un miliardo in totale) e ha risparmiato 950 milioni espropriando i bond subordinati. Solo in questo modo, grazie a queste due misure, la nazionalizzazione è diventata conveniente per lo Stato olandese.
Ma la scelta di Cvc avrebbe evitato l'aggravio per le altre banche olandesi e per gli investitori di tutto il mondo. Mentre la nazionalizzazione prevedeva l'esproprio e l'annullamento delle obbligazioni subordinate, l'offerta di Cvc trattava infatti questi titoli in maniera un po' più amichevole: agli investitori sarebbe stato proposto un rimborso al 25% del valore nominale.
I ricorsi dei risparmiatori
Lo Stato ha evidentemente deciso di intervenire direttamente, probabilmente perché si sentiva più sicuro di preservare la stabilità del sistema bancario olandese. In effetti era la stessa Morgan Stanley a mettere in dubbio la governance della banca dopo l'offerta di Cvc e a sottolineare che la presenza di un investitore avrebbe potuto ridurre l'influenza dello Stato nella banca. Sta di fatto che, a pagarne le spese, sono stati gli investitori. Anche quelli italiani.
Ma questi ultimi non si danno per vinti. È infatti partito due giorni fa il ricorso al Consiglio di Stato olandese, avviato dallo Studio legale Grimaldi. Lo studio rappresenta 300 risparmiatori che detengono obbligazioni subordinate di Sns (espropriate) per un valore di circa 35 milioni di euro. Ma dietro le quinte si muove – per conto di investitori istituzionali – anche lo studio Hogan Lovells, che non ha agito al Consiglio di Stato ma sta preparando ricorsi al tribunale societario olandese e alla Commissione europea (per la discriminazione degli investitori).
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