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Assolutamente valide le considerazione trattate in questo articolo. Come ho già scritto, la politica degli usa è sempre stata diretta a dividire e tagliare i legami economici eu/Russia. E ci sono riusciti grazie a una classe politica succube e prostrata. Troppo forte l'europa unità alla Russia. Gli USA non possono perdere il predominio economico raggiunto dopo la guerra, grazie soprattutto al dollaro. Per lo stesso motivo hanno messo nel mirino la Cina, che insidia tale predominio. Il mondo è cambiato, ma gli usa non accettano il cambiamento e la perdita di potere economico /politico. Come l'impero romano nominava re amici di Roma nelle terre conquistate, gli usa portano al governo personaggi amici. E caso mai organizzano un piccolo golpe o fanno annullare le elezioni. Alla fine non c'è niente di nuovo sotto il sole e la storia si ripete
 
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C'è ancora qualcuno che ha il coraggio di dire la verità.


"Conosco bene e porto quotidianamente nel cuore la situazione di sofferenza e di persecuzione dei Cattolici nigeriani,
essendo vissuto in Nigeria per sei anni, dal 1992 al 1998, come Nunzio Apostolico.

Le parole vergognose del Cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin sul presunto “conflitto sociale” in Nigeria
mistificano la realtà di una persecuzione feroce e genocida contro i Cattolici,
martirizzati mentre Roma vaneggia di sinodalità e inclusività.

Mentre la Gerarchia si schiera apertamente in favore dell’islamizzazione dell’Europa cristiana
e osa definire “diritto umano” la libertà religiosa del Vaticano II,
migliaia di fedeli continuano a testimoniare eroicamente il Vangelo di Cristo,
e il loro sangue grida vendetta al Cielo.

No, Eminenza: i Cattolici nigeriani sono uccisi in odio alla Fede che essi professano,
da parte di mussulmani e in obbedienza al Corano.


Quegli stessi mussulmani che stanno trasformando le vostre chiese in moschee,
con la vostra vile e cortigiana complicità,
e che presto rovesceranno i governi per imporre la sharia agli “infedeli”
.

Arcivescovo Carlo Maria Viganò


La responsabilità della chiesa bergogliana e post-bergogliana in questo crimine contro Dio e contro l’uomo
rimarrà a perenne esecrazione del tradimento dei Pastori.
 
En la presentación del Informe sobre la Libertad Religiosa de Ayuda a la Iglesia Necesitada,
el cardenal Pietro Parolin, Secretario de Estado vaticano, afirmó que la violencia en Nigeria

“no es un conflicto religioso [de musulmanes contra cristianos],
sino más bien social, por ejemplo, disputas entre pastores y agricultores”
.

Y añadió: “debemos reconocer que muchos musulmanes en Nigeria
son también víctimas de esta misma intolerancia.
Son grupos extremistas que no hacen distinciones en la persecución de sus objetivos”
.

Estas palabras, revestidas de prudencia diplomática, son en realidad
una herida abierta para los cristianos de Nigeria,
que ven cómo se diluye y relativiza el martirio de miles de fieles asesinados por su fe.

Boko Haram no es un “problema social”​

Reducir a Boko Haram y a sus satélites (Estado Islámico en África Occidental)
a un mero fenómeno “social” de agricultores contra pastores es falsear la realidad.

Boko Haram nació explícitamente como un movimiento yihadista,
primero vinculado a Al Qaeda y después al ISIS, con un objetivo declarado:

imponer la sharía y erradicar el cristianismo del norte de Nigeria.

No hablamos de conflictos de ganado o de pozos de agua,
sino de atentados suicidas en iglesias durante la Misa, aldeas cristianas arrasadas,
seminaristas y religiosas secuestrados, niñas obligadas a convertirse al islam bajo amenaza de muerte
.

¿Cómo llamar a eso un problema “social”?

La verdad que gritan los obispos nigerianos​

Frente a las palabras edulcoradas de Parolin,
los propios obispos de Nigeria han denunciado una persecución religiosa sistemática contra los cristianos.

Ellos, que entierran a sus fieles, no hablan de conflictos tribales, sino de martirio.

El Vaticano, en cambio, prefiere la ambigüedad diplomática,
como si nombrar al verdugo —el islamismo radical— fuera un obstáculo para el diálogo interreligioso.

Cuando la diplomacia olvida a los mártires​

No se trata de culpar al islam en general, pues millones de musulmanes son víctimas también del extremismo.

Pero negar la motivación religiosa de Boko Haram es tapar con un velo la sangre de los mártires.

Cristo no murió por un conflicto “social”, y tampoco mueren hoy los cristianos nigerianos por disputas de tierras:

mueren porque confiesan el Nombre de Jesús.


La diplomacia vaticana podrá ganar sonrisas en las cancillerías,
pero corre el riesgo de perder la voz profética que debe recordar al mundo que, en Nigeria,
hay una auténtica Iglesia de mártires.
 
La grande Germania. Era grande grazie al gas russo. Adesso senza il gas sta diventando come tutti, anzi peggio
 
La politica estera tedesca,
spesso così assertiva e moralizzatrice quando si tratta di bacchettare i partner europei (come l’Italia),
mostra tutta la sua fragilità quando si confronta con le vere potenze globali.

L’ultimo episodio arriva da Pechino e ha il sapore di un’umiliazione diplomatica in piena regola.


Il Ministro degli Esteri tedesco, Johann Wadephul,
esponente del nuovo governo di Grosse Koalition guidato da Friedrich Merz,
è stato costretto a “posticipare” (leggi: annullare) una visita programmata in Cina.

Il motivo? Semplicemente, Pechino non aveva tempo per lui.

Nonostante il viaggio fosse pianificato da tempo, con incontri previsti per lunedì e martedì,
la Cina ha confermato un solo appuntamento: quello con l’omologo cinese, il Ministro degli Esteri Wang Yi.

Per il resto, agenda vuota.

Un chiaro segnale di irritazione e, francamente, di irrilevanza.

Il gigante economico trattato da comprimario​

Questo “schiaffo” diplomatico è particolarmente rumoroso se si considera il peso della relazione economica tra i due Paesi.
 
Nel duro scontro alla Camera tra Elly Schlein e Giorgia Meloni, ritengo che la premier, nella sostanza,
abbia avuto ragione a rimandare al mittente le reiterate e deliranti accuse di una svolta autoritaria
mosse alla destra di Governo dalla leader dell’opposizione di sinistra.

Tuttavia avrei evitato, come è accaduto, di usare i toni aggressivi di un comizio,
limitandomi a usare l’arma sempre molto efficace dell’ironia,
sebbene sia più che comprensibile una certa esasperazione da parte della presidente del Consiglio.

Ma a parte ciò, in estrema sintesi, ancora una volta si evidenzia la linea della disperazione, se così vogliamo definirla,
di una Schlein che, battuta sul piano dell’immagine e, soprattutto, su quello dei contenuti programmatici,
sembra voler ricreare, ai danni dalla sua ben più attrezzata rivale, quella sorta di Conventio ad excludendum
più volte realizzata in Francia per emarginare elettoralmente Marine Le Pen.

In altri termini, l’idea sarebbe quella di creare una coalizione molto allargata
– da qui proprio la definizione di campo largo – tenuta insieme dalla strumentale esigenza
di tenere fuori dalla stanza dei bottoni la solita destra “brutta, sporca e cattiva”.
 
Quindi – al netto della solita fuffa sulla sanità, il salario minimo, il riconoscimento dello Stato della Palestina e l’ambiente
non si tratterebbe di un grande accordo basato su alcuni aspetti programmatici di massima,
bensì di un’unione di salvezza nazionale contro il pericolo di una deriva rappresentato dall’attuale maggioranza
guidata da un partito in odore di neofascismo.

A tale proposito, vorrei ricordare che un analogo tentativo
fu messo stupefacentemente in atto con esisti disastrosi da Enrico Letta, politico notoriamente moderato,
durante la campagna elettorale del 2022, laddove il Partito democratico raccolse quasi il minimo storico dei consensi,
mentre il centrosinistra ottenne complessivamente circa gli stessi voti di Fratelli d’Italia.

Evidentemente, così come all’epoca, lanciare l’allarme fascista si rivelò un colossale boomerang,
attualmente, alla luce di una premier – caso unico nella Seconda Repubblica
che dopo oltre tre anni di Governo mantiene inalterato il suo gradimento –
ritentare la carta di un novello fronte popolare di liberazione dai fantasmi della storia, perché di questo si tratta,
non può che tradursi in una cocente Caporetto alle prossime elezioni politiche.

I molto latitanti esponenti dem dell’aria riformista sono avvertiti.
 
Poveretti. Di male in peggio.

Montréal, la seconda città del Canada, è diventata il simbolo di un nuovo corso restrittivo.

Dal 10 giugno al 10 settembre, e solo in quel breve intervallo,
i cittadini possono affittare la propria residenza principale attraverso piattaforme come Airbnb.

Per i restanti nove mesi dell’anno, nelle aree residenziali questa possibilità è vietata,
salvo eccezioni in alcune zone turistiche o commerciali.

Il provvedimento, entrato in vigore nel settembre 2025,
nasce con la giustificazione di “proteggere l’abitazione” e calmierare i canoni.

Di fatto limita il diritto di proprietà trasformandolo in una concessione a tempo determinato.


La misura arriva dopo anni di pressioni politiche e mediatiche.

L’incendio del 2023 in Old Montréal, che coinvolse appartamenti affittati illegalmente,
ha spinto il Comune a varare controlli più severi.

Ma dalla sicurezza si è passati a un blocco generalizzato per le residenze principali,
ignorando la differenza tra chi gestisce strutture abusive e chi, rispettando le regole, condivide il proprio alloggio.

Così un evento drammatico è stato strumentalizzato per imporre vincoli
che nulla hanno a che vedere con la prevenzione reale dei rischi.
 
Già Berlino, con la Mietpreisbremse del 2015, aveva tentato di frenare gli affitti,
salvo ritrovarsi con un mercato più rigido e meno appetibile agli investitori.

Atene, a sua volta, nel giugno 2025, ha annunciato lo stop a nuove licenze per gli affitti brevi nei distretti centrali fino al 2026.

New York, poi, con la Local Law 18, ha ridotto drasticamente l’offerta su Airbnb,
senza produrre l’auspicata riduzione dei canoni a lungo termine.

In tutti questi casi, la politica ha scelto la scorciatoia del divieto,
dimenticando che il mercato immobiliare, come ogni altro di beni o servizi,
risponde alle leggi della domanda e dell’offerta, non agli slogan.
 

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