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Cose assurde, impensabili. Questo è stato in galera per anni. Orribile.

Il caso dell'omicidio di Chiara Poggi, uccisa a Garlasco il 13 agosto 2007,
potrebbe conoscere una svolta epocale con la possibile innocenza di Alberto Stasi,
unico condannato definitivo per il delitto.

Da marzo, con l'apertura di un'indagine su Andrea Sempio per concorso in omicidio,
Stasi ha iniziato a intravedere una via d'uscita dal tunnel giudiziario.

Una nuova perizia starebbe per scagionarlo definitivamente,
escludendo la sua responsabilità come autore materiale del crimine.

La chiave di volta riguarda la ricostruzione temporale e modale dell'aggressione.

Contrariamente a quanto stabilito nelle sentenze precedenti, che fissavano la morte entro le 9.35 del mattino,
le analisi condotte dall'anatomopatologa Cristina Cattaneo e dai RIS di Cagliari – basate su esami antropometrici,
studio delle tracce ematiche e dinamica delle lesioni – indicano un orario posticipato, probabilmente intorno alle 11.

L'omicidio non sarebbe stato rapido, ma articolato in più fasi,
con Chiara che avrebbe tentato di difendersi strenuamente dall'aggressore.

Questo spostamento orario rende inattendibile la tesi accusatoria e rafforza l'alibi di Stasi,
che in quella fascia era documentatamente lontano da Garlasco.
 
La procura di Pavia affida a Cristina Cattaneo una super-consulenza medico-legale su ferite e tracce ematiche.

Il Ris di Cagliari, con laser scanner 3D e intelligenza artificiale, deposita 300 pagine di Bpa (Bloodstain Pattern Analysis),
contro le 19 di Luciano Garofano.

Sempio è sottoposto a misurazioni antropometriche total body per creare un avatar da inserire nella ricostruzione 3D,
verificando compatibilità millimetrica.

Focus sull’impronta 33 in cantina: compatibile con la mano destra di Sempio per 15 minuzie.

La consulenza Cattaneo, secretata, integrerà la Bpa del Ris, ridefinendo dinamica e responsabilità.
 
Altro che integrazione!

Ancora un pestaggio perché la malcapitata non indossava il velo.

Voleva vivere all’occidentale.

Una 44enne marocchina residente a Milano è stata aggredita a Sesto San Giovanni
nel sottopassaggio ferroviario della metropolitana della fermata Sesto Rondò.

La donna era con la sua bambina.

Due persone, conoscenti della signora, le si sono scagliate addosso.

La poveretta, in stato di choc, è stata portata dall’ambulanza al pronto soccorso,
dove le sono state medicate le ferite. Poi ha sporto denuncia contro gli aggressori.


«Siamo di fronte a un episodio di una gravità inaudita.
Picchiare una donna perché non indossa il velo è un atto vile e inaccettabile,
contrario ai valori su cui si fonda la nostra comunità.
A Sesto San Giovanni non ci sarà mai spazio per chi pensa di imporre con la violenza
regole che calpestano la dignità delle donne e la libertà personale».
 
In relazione al mio post delle 13,42 e seguenti, relativo allo sfratto di Bologna, sono arrivate alcune precisazioni :

- Una delle famiglie sfrattate a Bologna dalla polizia occupava illegalmente l’appartamento da quasi due anni
(e non da uno, già troppo), novembre 2023.

- L’altra da settembre 2024 (non da 6 mesi, idem).

- I proprietari dell’immobile smentiscono di aver progettato la realizzazione di bed and breakfast al posto dei locali liberati.

- In entrambi i casi gli avvisi di sfratto erano stati inviati a dicembre 2022.

- «L’ufficiale giudiziario», scrive la proprietà, «prima di procedere con l’ausilio delle forze dell’ordine
ha disposto numerosi rinvii, tre in un caso, sette nell’altro».

- Non sarebbe vero nemmeno che gli inquilini hanno continuato a pagare dopo gli avvisi:
«I successivi pagamenti non risultano regolari».

- Alle famiglie, per fronteggiare la situazione, erano state proposte più volte delle camere d’albergo
e però, lo conferma perfino lo stesso centro sociale intervenuto che ha scatenato il caos,
le soluzioni sono state rifiutate perché le stanze erano :
«piccole e distanti trenta chilometri da Bologna, difficile accettare visto che i genitori lavorano in città
e i bimbi frequentano le scuole del quartiere. Inoltre, una bambina con problemi logopedici
ha due visite alla settimana e non può vivere così lontano».


Ora: la prima famiglia è composta da cinque persone, il padre, Abdur, lavora, fa il fruttivendolo.
Nell’altra sono in quattro e anche in questa il marito lavora: ai 550 euro di affitto mese
contribuisce Hichiam, marocchino impiegato in una ditta di ceramica.
 
Al cambio della scuola, così come all’affidamento a un altro logopedista,
avrebbero potuto provvedere da tempo i Servizi sociali di Bologna, Comune amministrato dal Pd,
ma ci fanno sapere che i casi non sono mai stati affrontati in Consiglio comunale.

«Perché non è stata trovata una soluzione?
Se ci sono stati attivisti che hanno bloccato o provato a impedire alle forze dell’ordine di fare il loro lavoro,
allora devono rispondere delle loro azioni. L’arresto di questi soggetti sarebbe la soluzione più giusta».

Veniamo all’intervento della polizia.

Gli agenti per entrare sono stati costretti a sfondare un muro di cartongesso
– con loro c’era il proprietario dello stabile – perché li aspettava una guerriglia.

Il comunicato della questura risponde indirettamente alla canea sollevata dalla sinistra e fornisce ulteriori dettagli:

«Al momento dell’accesso da parte dell’ufficiale giudiziario incaricato dalla Corte d’Appello dentro alle abitazioni
c’erano già alcune decine di esponenti del gruppo organizzato,
che avevano posizionato tavole di ponte e martelletti pneumatici per puntellare la porta per impedire l’ingresso».

Poi la questura smonta un’altra bufala, e questo trova riscontro nei filmati:

«Le forze dell’ordine non sono mai venute a contatto con le famiglie occupanti né coi bambini
che si trovavano all’interno di altre stanze al momento dell’accesso,
ma solo con gli attivisti che sia dentro che fuori opponevano una decisa resistenza».

Torniamo ai proprietari dell’immobile.
L’avvocato spiega che «l’ufficiale giudiziario ha condotto lunghe trattative con le famiglie sfrattate,
le ha messe in contatto telefonico con gli assistenti sociali».

Altro particolare: «Sono state invitate più volte, vista la presenza di minori, di aprire spontaneamente la porta».

E attenzione: «Non è stato un blitz, la data dello sfratto e le modalità erano ben note alle famiglie,
che avrebbero dovuto tutelare i minori in modo diverso evitando la loro presenza».

Sssh: in Comune della violenza dei centri sociali non si parla e anzi c’è chi ha l’ardine,
come Detjon Begaj (Coalizione Civica per Bologna), di invocare gli espropri «per motivi d’interesse generale».

Negli stessi minuti il collettivo “Plat”, che già occupa abusivamente uno stabile (in via Carracci)
di fronte alla nuova stazione e di fianco a dove il Comune regala pipe di crack,
ha occupato con 142 persone un altro edificio.

Tra gli occupanti le famiglie sgomberate dalla polizia.
 
Chissà se il sindaco dem, Matteo Lepore, regolarizzerà anche questa illegalità,
dopo quella dello stabile di fronte alla stazione, gestito da Acer,
l’azienda che si occupa delle emergenze abitative per le quali chi non occupa deve rassegnarsi.

«Il Comune è complice. L’episodio mette in luce la mancanza d’interventi sull’edilizia residenziale pubblica.
Lepore continua a non risolvere il problema, come dimostrano i 6mila nuclei familiari in graduatoria Acer
e le centinaia di immobili ancora sfitti».

«Siamo stanchi di una città allo sbando. Lo stabile va sgomberato subito. Il Collettivo Plat è un gruppo di violenti di sinistra».

L’immobile era destinato a diventare uno studentato.
 
Nel frattempo l’immarcescibile Nicola Fratoianni, chiede al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi
di riferire sull’intervento della polizia, che avrebbe agito «con modalità evidentemente oltre ogni logica di ragionevolezza».

Il sodale di Bonelli vuole anche sapere «con quali motivazioni
si è data la priorità dell’esecuzione di una sfratto per finita locazione di due famiglie con 5 minori».

Forse perché il contratto era scaduto da un pezzo.

Ilaria Salis festeggia:
«Evviva! Dopo lo sgombero violento
le famiglie del Comitato anti sfratto insieme al Plat hanno occupato uno spazio abbandonato».

Il collettivo Plat pochi giorni fa è stato ospite della Salis a Bruxelles per parlare di case.


Evidentemente quelle degli altri.
 
Per finire.

Picchiava donne per strada a Milano senza motivo:
in manette un 23enne senegalese con molti precedenti, in Italia come rifugiato, fotosegnalato 43 volte e con 11 'alias'.

Il giovane aggrediva diverse donne, scelte a caso, le picchiava e in alcuni casi avrebbe provocato anche delle fratture.

Finora i casi accertati e denunciati sono sette, ma la polizia, che ha individuato e arrestato l'uomo, non esclude che possano essercene altri.

Pare che il 23enne fosse senzatetto: dormiva dove capitava.

E spesso lo si era visto per strada a palleggiare con lattine o altri oggetti.

Per questo era chiamato "il calciatore".

Le aggressioni denunciate alle forze dell'ordine sarebbero avvenute tra il 13 agosto e il 5 ottobre, soprattutto nella zona di Porta Venezia.

Quattro donne sarebbero state addirittura picchiate nelle stesse vie nello stesso giorno.
 

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