Solo politica

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È stata la concorrenza, non la burocrazia, a rendere più efficienti le macchine,
più puliti i processi industriali, più sicuri i trasporti.

Nessun decreto ha inventato il motore elettrico o i pannelli solari:
sono nati da imprenditori che hanno rischiato il proprio capitale,
non da funzionari che amministrano quello altrui.

Eppure, si continua a credere che la soluzione consista nell’aumentare regole e sanzioni,
dimenticando che più norme significano meno libertà e meno innovazione.


Dietro la retorica della sostenibilità si cela quindi una realtà di potere.

Ogni nuovo vincolo ambientale diventa una nuova leva fiscale,
un nuovo mercato di permessi, un nuovo strumento di controllo.


Anche la proprietà privata ne esce indebolita:
il valore dei beni immobili e produttivi dipende ormai da parametri “ecologici” decisi altrove.

La casa, la fabbrica, il terreno non sono più garanzie di autonomia,

bensì beni condizionati dalla volontà politica.
 
L’Europa, che un tempo incarnava il principio della libertà economica, sembra ora preferire

la virtù alla responsabilità,

il comando alla fiducia,

la pianificazione alla concorrenza.

Ma non si può salvare il pianeta
negando ciò che ha reso possibile ogni progresso umano:

la libertà di scegliere.


Una politica ambientale compatibile con la civiltà non nasce da un regolamento,
ha origine dal rispetto della proprietà, della conoscenza diffusa e dell’iniziativa individuale.


Finché lo Stato pretenderà di governare l’aria e il clima,
finirà inevitabilmente per governare anche la vita delle persone.

E quando accade questo, come nel mondo delle scimmie,
non c’è più sostenibilità:
c’è solo potere.
 

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