FTSE Mib Futures solointraday - Cap. 2 (1 Viewer)

Stato
Chiusa ad ulteriori risposte.

solointraday

Forumer storico
a occhio non era lo spread dei nostri btp il problema delle borse mondiali.
e per quanto riguarda noi è nato prima l'uovo o la gallina tra le quotazioni in borsa delle banche e i rendimenti dei btp?

buonanotte a tutti



http://www.repubblica.it/supplementi/af/2011/11/14/copertina/001rigoletto.html

Spread, tassi, prestiti le banche sull’orlo di una crisi di liquidità
GIOVANNI PONS

La caccia grossa al risparmio degli italiani è partita e si intensificherà nel 2012. È una partita che vede le banche nella veste dei cacciatori e i clienti che hanno le loro attività depositate in banca nel ruolo di target da conquistare a tutti i costi. I primi segnali di questa battaglia per il funding si percepiscono già. Una serie di clienti sempre maggiore si lamenta con i propri consulenti ma anche con i giornali per le pressioni ricevute dal proprio funzionario di banca volte a fargli sottoscrivere nuovi prodotti finanziari quasi sempre con il marchio della banca di casa. Il sintomo, ovviamente, riflette un problema più grande e più difficile da spiegare. Ma ci proviamo.
Dopo il grande stress del 20082009 dovuto al fallimento di Lehman Brothers e un temporaneo ritorno a una quasi normalità nella seconda parte del 2009 e inizio 2010, dal 2011 si è ritornati a una fase di crescente rarefazione della liquidità sui mercati finanziari. Le crisi dei debiti sovrani europei e il conseguente allargamento degli spread sui titoli di Stato sta comportando una vistosa difficoltà per le banche a finanziarsi sul mercato dei capitali, e un evidente aumento del costo della raccolta.
Prendiamo il caso dell’Italia per capire meglio. L’allargamento dello spread tra Btp e Bund non è un problema soltanto per il bilancio pubblico che deve sopportare una maggiore spesa per interessi ma anche per il sistema bancario. Ogni banca ha un proprio rischio che è parametrato a quello del paese in cui opera.Per cui se l’Italia viene declassata anche i rating delle banche subiscono lo stesso trattamento. Banche più rischiose (il rischio è misurato dal Credit Default Swap, o Cds) significa automaticamente costi più alti per raccogliere denaro sul mercato. E’ così successo che da agosto in poi, con lo spread italiano passato da 170 a oltre 300 punti (oggi siamo intorno a 500), è diventato praticamente impossibile, se non a costi elevatissimi, collocare presso gli investitori istituzionali proprie obbligazioni a medio lungo termine. Questo canale di finanziamento, finché lo spread non calerà sotto i 350 punti, rimarrà al momento chiuso. Così come si è rarefatto al massimo l’altro canale di raccolta a brevissimo termine di cui le banche erano abituate a disporre: quello interbancario. Solo istituti con elevato standing e con un attivo poco pericoloso sono in grado di fare i cosiddetti repos, o pronti contro termine, con altre banche. I Fondi monetari americani da qualche mese non investono più in titoli di banche europee, e così si spiegano le difficoltà incontrate da un colosso come Bnp Paribas per le attività in dollari.
Dunque, riepiloghiamo. La raccolta delle banche si regge normalmente su tre pilastri: interbancario, bond ai grandi investitori, bond e depositi sui piccoli risparmiatori. Ecco, in questo momento si può dire che i primi due canali sono praticamente chiusi, se si fa eccezione per lo sportello aperto presso la Bce. Non è un caso che da qualche mese la banca centrale abbia registrato un’impennata dei depositi a breve, le banche portano titoli "eligible", cioè carta buona, a Francoforte e in cambio ricevono liquidità a breve a un tasso non superiore all’1,5%. Con la conseguenza che il sistema bancario si sta finanziando a breve termine per prestare a lungo termine, cioè esattamente quella pratica che i manuali di banca consigliano di evitare per non esporre le banche a una crisi di liquidità.
Ed eccoci al punto. Oltre alla Bce rimane in vita soltanto il canale "retail", quello dei milioni di clienti degli sportelli sparsi sul territorio, comuni cittadini, piccoli risparmiatori e piccoli imprenditori. La spina dorsale dell’economia non solo italiana che ancora una volta si ritrova a dover sostenere i guai causati da altri. I riflettori sono puntati su di loro per catturare i normali depositi, per la sottoscrizione di bond bancari, e per la vendita di Bot, Btp e Cct. Un fardello sulle spalle non indifferente in un momento in cui le statistiche e l’andamento stagnante dell’economia dicono che il tasso di risparmio degli italiani è in forte declino.
Ecco alcune cifre messe in fila in uno studio di Barclays: nel 2012 Intesa Sanpaolo dovrà far fronte a scadenze per 22 miliardi, Unicredit per 19 solo in Italia, Mps per 13 e Ubi per 10. Ipotizzando un collocamento di bond nel 2012 identico a quello del 2011, sia tramite sportelli, sia con i cosiddetti covered bond (obbligazioni aventi come sottostante attivi della banca) solo Intesa avrebbe un gap positivo di 2 miliardi mentre Unicredit deve trovare 3 miliardi in più, Mps altri 3 e Ubi 2. In pratica le reti al dettaglio saranno messe sotto stress per drenare la liquidità necessaria a prestare gli stessi soldi alle imprese e alle famiglie. Con una difficoltà in più: l’aumento degli spread sta provocando una sorta di "crowding out" (vantaggio competitivo) a favore dei titoli di Stato. Vale a dire che, dal punto di vista del risparmiatore, i rendimenti molto allettanti dei titoli di Stato tendono a mettere fuori gioco i bond bancari che devono adeguare al rialzo i rendimenti dei propri prodotti con un conseguente aumento del costo della raccolta. Se a ciò si aggiunge che il Tesoro italiano ha annunciato la volontà di vendere i titoli di Stato direttamente attraverso il canale Internet ecco un’altra notizia negativa per le banche che rischiano di perdere clienti e commissioni.
«Attenzione a non esagerare nel mettere le banche sul banco degli imputati avverte però Alessandro Profumo, il banchiere che ha fatto grande Unicredit i regolatori e i governanti dovrebbero rendersi conto che l’economia europea gira intorno alle banche e se queste si inceppano, perché non riescono a raccogliere liquidità sufficiente, a soffrire è tutta l’economia poiché le imprese non ricevono sufficienti prestiti». Insomma per Profumo negli ultimi tempi si è puntato troppo il dito sui guai causati dai banchieri mentre l’origine dei problemi è una perdita di credibilità della politica. E si è pensato poco a come ricostruire un sistema virtuoso in grado di fornire liquidità al sistema. «Perché non pensare ad un allargamento dello strumento dei covered bond, per esempio, oggi consentiti solo con asset sicuri come i mutui e i crediti alle amministrazioni pubbliche aggiunge Profumo o a qualche sistema per riaprire il mercato delle cartolarizzazioni, vitale per le banche?». Vedremo se il nuovo governo sarà più sensibile al tema rispetto a quanto fatto in passato da Tremonti.
Esiste però un altro rischio da non sottovalutare in questo contesto così complicato. Visto che il focus dei banchieri si concentra sempre più sui clienti, e in presenza di una concorrenza sempre più agguerrita, il rischio che le banche comincino a confezionare prodotti strani e troppo sofisticati di cui la clientela dello sportello non riesce a capire i contorni è piuttosto alto. Un esempio può far capire meglio il fenomeno. Nelle scorse settimane sono arrivate diverse segnalazioni da correntisti del Monte dei Paschi di Siena per proposte di prestito di titoli di Stato giacenti nei conti amministrati dei clienti a fronte di una commissione minimale. Il sospetto degli investitori era che una volta ottenuti i titoli in prestito la banca li portasse allo sconto presso lo sportello Bce, trasformando di fatto una raccolta indiretta in diretta, garantita non con il portafoglio proprio ma con quello dei correntisti. La banca in questione ha confermato l’esistenza di contratti di prestito titoli per Bot e Btp ma solo per fronteggiare una domanda crescente di titoli in prestito da parte di operatori intenzionati a vendere allo scoperto i bond italiani. Intermediazione assolutamente lecita, come ha confermato la Banca d’Italia, a patto che il risparmiatore venga adeguatamente informato delle caratteristiche dell’operazione.
Ma non si può non osservare come già in passato prodotti assolutamente leciti si siano trasformate in vere e proprie trappole per i risparmiatori. Dunque, allerta.



Unicredit, perdite per 10 miliardi Varato l'aumento da 7,5 miliardi - Corriere della Sera

LA RICAPITALIZZAZIONE
Unicredit, perdite per 10 miliardi
Varato l'aumento da 7,5 miliardi
Ghizzoni: «Piano realistico, diventeremo pura banca commerciale» Svalutazioni-choc per 9,6 miliardi


Federico Ghizzoni, amministratore delegato Unicredit (Ansa)
MILANO - Con svalutazioni-choc per 9,6 miliardi e un «rosso» di 10,6 miliardi Unicredit chiude il peggior trimestre della sua storia e si avvia a voltare pagina, diventando «pura banca commerciale» come promette l'amministratore delegato Federico Ghizzoni, il manager piacentino che un anno fa raccoglieva il testimone di Alessandro Profumo . Il consiglio di amministrazione di Piazza Cordusio ha varato intanto il maxi aumento di capitale da 7,5 miliardi interamente garantito da un consorzio che porterà il Core Tier 1 (indice di solidità del capitale) al 10,35%. Sì de l board anche al piano industriale firmato dallo stesso Ghizzoni che pone tra gli obiettivi il ritorno degli utili a 6,5 miliardi di euro nel 2015. Pesante l'impatto con la Borsa dove il titolo ha perso il 6%.

PERDITE ED ESUBERI - Nel terzo trimestre dell'anno il gruppo ha segnato perdite per 10,6 miliardi dopo svalutazioni per 9,6. Nel 2011 non ci sarà distribuzione del dividendo. La principale partecipazione del gruppo, la quota dell'8, 66% di primo azionista di Mediobanca, è stata svalutata di 440 milioni ha detto Ghizzoni in una conference call. Le svalutazioni rappresentano «una cifra importante ma che non ha nessun impatto sul capitale e sulla liquidità ed è puramente contabile», ha sottolineato l'amministratore delegato. In particolare, le svalutazione riguardano per 8, 66 miliardi al netto delle tasse, l'avviamento di acquisizioni effettuate negli ultimi anni e l'effetto è che il goodwill iscritto in bilancio cala da 20, 2 miliardi a fine giugno scorso a 11,52 al 30 settembre. L'avviamento legato all'acquisto delle banche di Ucraina e Kazakhstan è stato totalmente svalutato.


GHIZZONI, «PIANO REALISTICO»- «È un piano realistico, un piano pragmatico, che lavora molto anche sui costi e sulla semplificazione del gruppo. È un messaggio positivo: siamo contenti di quello che è stato approvato oggi. È un punto molto importante per il nostro gruppo, segna veramente una svolta in positivo, su cui il management è totalmente impegnato» sono state le prime parole di Ghizzoni con la comunità finanziaria. Il piano strategico prevede una riduzione del personale in Italia di 5.200 unità nel periodo compreso tra settembre 2011 e il 2015.

BANCA COMMERCIALE - Con il nuovo piano industriale Unicredit «intende diventare una pura banca commerciale piuttosto che una vecchia banca universale», ha detto ancora l'amministratore delegato. «L'ambizione è essere tra i migliori in Europa tra le banche commerciali. Credo fermamente che raggiungeremo questo obiettivo».

Paola Pica




http://www.ilsole24ore.com/art/fina...-capitale-miliardi-144954.shtml?uuid=AaPzrTLE

UniCredit: aumento di capitale da 7,5 mld. Entro il 2015 oltre 5mila tagli. Ghizzoni: credo che i libici resteranno

(Ansa)
Sì all'aumento di capitale da 7,5 miliardi. No alla ditribuzione del dividendo relativo all'esercizio 2011. Queste le indicazioni fondamentali del cda di oggi di Unicredit, riunitosi per l'approvazione del nuovo piano industriale. Da cui si apprende inoltre che la banca prevede di raggiungere un utile netto di 6,5 miliardi nel 2015. Quanto alle azioni quotata, proposto il raggruppamento tra azioni ordinarie e di risparmio nel rapporto di una ogni 10.

In Italia 5.200 esuberi entro il 2015
Il piano strategico di Unicredit prevede una riduzione del personale in Italia di 5.200 unità nel periodo compreso tra settembre 2011 e il 2015. Lo si legge nella nota sul piano industriale.

ANDAMENTO TITOLI
Unicredit-6.18%
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I conti
Ma è anche la giornata dei conti. In profondo rosso. A causa di svalutazioni l'istituto di Piazza Cordusio ha annunciato una perdita netta di 9,3 miliardi nei primi 9 mesi dell'anno. Il terzo trimestre del 2011 si è chiuso con un rosso di 10,6 miliardi. La perdita normalizzata, al netto di svalutazioni straordinarie e non ripetibili, è stata di 474 milioni. Il risultato di gestione del trimestre è stato di 1,8 miliardi, con una flessione del 27% sullo stesso trimestre del 2010 anche per perdite nette da negoziazione per 285 milioni per l'allargamento degli spread sui titoli governativi. Il margine di intermediazione è stato di 5,7 miliardi (-11,3%). Gli accantonamenti su crediti nel trimestre sono aumentati a 1,8 miliardi, con un costo del rischio salito a 131 punti base dagli 84 punti del secondo trimestre.

Il commento dell'ad Ghizzoni
I conti del terzo trimestre di Unicredit comprendono svalutazioni degli avviamenti di marchi e partecipazioni per 9,6 miliardi. Lo ha detto l'amministratore delegato, Federico Ghizzoni. «È una cifra importante, che non impatta sul capitale né sulla liquidità ma è una decisione puramente contabile». «Ci fa piacere perchè rafforza la banca sia dal punto di vista patrimoniale che di bilancio», ha spiegato.

Le proiezioni su Core-Tier
Con il rafforzamento patrimoniale il core tier 1 di Unicredit sale al 10,35% con Basilea 2 e al 9% con Basilea 3. È quanto indicato dall'ad, Federico Ghizzoni. Il common equity tier 1 ratio è superiore al 9% già nel 2012 e superiore al 10% nel 2015.

Il nodo dei soci libici
L'amministratore delegato di UniCredit, Federico Ghizzoni, ritiene che la Libia abbia interesse a mantenere i propri investimenti nellazionariato di UniCredit (7,5% complessivamente). Le quote tuttavia sono ancora congelate (dall'inizio delle tensioni in Libia che hanno portato alla caduta di Gheddafi ndr.). Dunque i soci libici non sono nella possibilità di sottoscrivere l'aumento di capitale da 7,5 miliardi deliberato oggi dal cda. «La situazione oggi è che azioni e depositi sono ancora congeati Sono in corso discussioni con il governo italiano su questo argomento. Oggi - ha detto Ghizzoni riferendosi ai soci libici - loro non sono nella posizione di sottoscrivere perchè le quote sono congelate. Penso che il loro interesse finale sia di stare nel gruppo. Noi comunque dobbiamo aspettare per una decisione che non è nel nostro controllo».


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da Nikkaiastrategie

La stangata: cronache della grande beffa
Cosa sta succedendo sul mercato creditizio italiano?
Siamo sull’orlo del default perché è l’Italia ad essere in pessime condizioni con
la sua politica corrotta e un’economia stagnante, o c’è di più, di peggio magari?
Qualcosa di oscuro, di ignorato, perché difficile da comprendere o
semplicemente perché difficilmente portato alla luce dai diretti interessati?
Quanto segue si è manifestato come un puzzle che a poco a poco si trasforma
da mucchietto di pezzi deformi in uno splendido ritratto.
Che il debito italiano sia elevato è, oramai, cosa nota: è una caratteristica
endemica del nostro stesso paese, resa ancora più evidente dal fatto che il suo
tasso di crescita rispetto all’anno scorso è stato positivo ma pari ad un
(relativamente) irrisorio 4% contro, per esempio, il 20% di quello tedesco.
Ma allora perché tanto caos proprio quest’anno e, anzi, proprio negli ultimi
mesi?
E’ un dato di fatto che quattro banche (inutile elencarle, voi sparatene quattro
a caso e saranno proprio loro… la banca di Dio e le sue sorelle...!) abbiano
emesso Credit Default Swap (CDS) sul debito italiano per un ammontare non
pari al debito stesso, bensì pari a sei (6) volte il cumulo di debiti che tanto ci
preoccupa.
Le implicazioni (e la motivazione) è presto spiegata: fatto 100 il totale del
debito italiano, se io vendo copertura per sei volte quella cifra incasserò sei
volte i premi che avrei “dovuto” incassare coprendo il solo ammontare del
debito.
Che in caso di default tali istituti si ritrovino a pagare sei volte la cifra che
avrebbero normalmente dovuto pagare è cosa ovvia, ma non è questo il punto
focale del discorso, seguitemi.
Avere un ammontare assicurato contro default pari a sei volte il valore del
default stesso porta un’inevitabile conseguenza: la pressione finanziaria verso
l’evento default si fa enorme, dato che tale evento viene visto non solo come
l’eventuale perdita di un investimento (motivo principale per la sottoscrizione
di cds) ma anche come una “semplice” occasione per speculare (chi compra il
cds senza avere un investimento da coprire lo tratta come una semplicissima
OPZIONE!).
Ma come fare, nonostante “l’interesse” a vedere l’Italia sull’orlo del default, per
provocarlo o, per lo meno, far si che il proprio investimento oramai in
scadenza, diventi improvvisamente fruttifero?
Si semina il panico.
Possibile che solo quest’anno si guardi con tale preoccupazione allo stato dei
nostri conti?
Che lo spread esploda ad ogni dichiarazione di testata giornalistica o ministro
estero mentre l’anno scorso si parlava di bunga bunga?
Succede quest’anno perché c’è il giusto movente finanziario!
E quale migliore vittima di un paese che se criticato sa dare solo la colpa
all’opposta fazione politica invece che chiudersi a quadrato, ragionare, e
rispondere agli attacchi sferrati?
La verità è che l’Italia è la preda perfetta: popolazione che segue la politica
come se fosse il calcio, da tifosi, incline a credere a qualsiasi cosa sia scritta da una testata straniera vista la scarsa fiducia verso l’obbiettività dei propri
media, che presenta una situazione debitoria importante e in un contesto
economico difficile. Cosa si può volere di più?
Ma come funziona, alla fine, il meccanismo?
E’ presto detto: si acquistano i cds, si diffondono analisi preoccupanti sullo
stato dell’economia finendo per dividere la popolazione che si scaglia verso la
propria, già colpevole, classe politica, additandosi a vicenda, la paura si
diffonde (se anche le massaie parlano di spread impaurite significa che la
paura c’è, eccome!) e lo spread si dilata diminuendo il valore dei titoli di stato.
Di fronte a queste condizioni il valore dei cds inevitabilmente aumenta (il
valore di un titolo che ti protegge dal rischio di fallimento aumenterà il proprio
valore all’aumentare della probabilità di fallimento) dando la possibilità a chi li
detiene di: rivenderli a prezzi nettamente più elevati aiutati da una domanda
che si farà via via più insistente, oppure lasciarli scadere coprendo i costi
dell’acquisto di tali cds utilizzando i futuri capital gain ottenibili dall’acquisto a
prezzi stracciati dei titoli di stato che, passato il terremoto, inevitabilmente
saliranno man mano che lo spread rientrerà a livelli nella “norma”.
La parte più interessante è un’altra, però: i meriti e le colpe.
Le colpe della crisi creditizia italiana vengono, già ora, indicate nella gestione
del presente e del passato governo, spingendo per l’approvazione di norme di
austerità che aiutino l’economia tagliando costi e aumentando gli introiti.
Allo stesso modo i meriti della ripartenza, inevitabile una volta che
“l’operazione stangata” sarà conclusa, verranno subitamente attribuiti alle
nuove elezioni e al cambio di governo (peccato che la classe politica rimarrà la
stessa).
E’ l’operazione perfetta: nessuno si sta accorgendo di niente, tutti incolpano
tutti per le cause e una volta conclusa si saprà già a quale evento politicoeconomico attribuirne i meriti, senza che nessuno si ponga il sacrosanto
quesito: “Ma se fosse speculazione?”.
Siamo di fronte ad un nuovo livello di speculazione finanziaria: non più
operazioni su titoli azionari per vedere le proprie opzioni diventare in-themoney (nel campo valutario è all’ordine del giorno) ma operazioni su interi
paesi.
Sarà l’inizio di una serie? Non penso ma data la coincidenza finanziaria
(spropositati quantitativi di cds), politica (malcontento per l’andamento dello
stato, tensione e malcontento diffuso) e temporale (default greco,
preoccupazioni per il Portogallo e la Spagna) io avrei fatto proprio così.
Vaneggio?
Sono solo dotato di una fervida immaginazione?
Qualcuno, per caso, si ricorda come ha fatto a diventare famoso Soros? No?
Ha affondato la Sterlina Inglese mettendo in ginocchio la Banca d’Inghilterra
per pura speculazione, con una sola operazione short da 10 miliardi di Dollari.
Vi sembra ancora fantasia adesso?
Davide Romano
 
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solointraday

Forumer storico
buongiorno a tutti
chissà se l'esempio di ucg che ha avuto il coraggio di svalutare assets che evidentemente allo scorso trimestre erano stati portati a bilancio leggermente sopravvalutati verrà seguito da qualcun'altro così da capire un po di più come stanno effettivamente le cose in base a bilanci più realistici. certo che una cosa del genere la facciano le banche usa francesi o tedesche è pura utopia, ma forse prima o poi qualcuno a ridosso di elezioni politiche potrebbe chiedergliene conto
 

solointraday

Forumer storico
i livelli di spoore e ftsemib sono quelli di ieri, sul dax invece la mancata tenuta di 5860 - 5850 aprirebbe ampi spazi

buon proseguimento a tutti
 

solointraday

Forumer storico
settimana con mercati che sono saliti e scesi su voci e notizie come accade da qualche settimana ma che in quella corrente hanno dato veramente dimostrazione di quanto inconsistente sia la leadership mondiale a qualsiasi livello, impegnata a tappare falle e non a costruire, a immettere liquidità nella finanza togliendola all'economia reale, a occupare poltrone invece che a progettare il rilancio e l'equilibrio socioeconomico
sembra proprio che KAOS regni sovrano
guardavo i valori del settlement del 16 settembre: lo spoore è sopra del 4%, noi del 6%, il dax dell'8% , compresa la giornata di ieri altrimenti era la metà. non mi sembra un gran risultato considerando che nel frattempo la fed ha lanciato una specie di qe3 ( twist) la bce ha tagliato i tassi, hanno previsto impegni per 1000 miliardi di euro, messo in sicurezza ( ?) i parametri del sistema bancario europeo ecc.
a me sembra che stiano solo creando pressioni mediatiche con forti salite e discese dei mercati al fine di consentire agli stati manovre economiche senza disordini sociali che tolgano altre risorse all'economia per spostarle verso la finanza e in particolare verso le banche, sotto il ricatto che se non si fa così crolla l'economia, mentre forse è l'esatto opposto. a me sembra che i politici guardino più i prezzi di borsa che non i dati economici, e rimangono impegnati nel dare soldi alle banche senza costruire nulla per l'economia, continuando in quell'errore che da due anni porta ad aumentare inflazione e disoccupazione con contrazione di consumi e pil. ma magari mi sbaglio
da mesi mi aspetto la oramai famigerata gamba al ribasso con volumi e panico che possa fare pulizia di parte del marcio per creare poi lentamente le condizioni di una ripresa magari cauta ma su basi concrete. invece, visto il continuare di queste politiche dissennate che crea confusione ad ogni livello, finirà per portare alla deriva il sistema ancora più a lungo e ho l'impressione/sensazione che ci aspetta un periodo molto peggiore di quello di questi mesi, e di cui la borsa non credo non potrà prendere atto con movimenti ben più consistenti di quelli del mese di agosto. perchè che i soldi promessi per salvare il sistema in realtà non ci siano, credo non sia un segreto per nessuno, e tantomeno per chi i bilanci degli stati e delle banche li legge da dentro o partecipa alle stesure
sempre più convinto

si era in open del 4 novembre quando il ftsemib segnava 16000, il dax apriva a 6175 e lo spoore aveva chiuso a 1261 il giorno precedente
 

mr. takeprofit

Forumer storico
Buongiorno,

stamattina la vedo molto nera ... la mia convizione di non vedere nuovi minimi nell'ultimo bimestre dell'anno inizia a vacillare.

Rientrato short sul DAX, in attesa di sviluppi
 
Stato
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