la calma apparente
La calma dei mercati non deve ingannare. Presto i nodi verranno al pettine
Di Alberto Susic
I mercati continuano a muoversi lungo la via del recupero imboccata nell'ultima settimana di marzo e sembra che nulla sia in grado di fermare per ora quest'ascesa. La rapidità della salita però induce a porsi alcuni interrogativi sulla possibilità che la stessa perduri nel breve. Quale il rischio di nuove correzioni nel breve? Quali i temi e i settori su cui investire in questo momento? Per rispondere a queste e ad altre domande abbiamo sentito per Voi
I mercati azionari sembrano intenzionati a lasciarsi alle spalle la negatività che li ha contraddistinti nei primi tre mesi dell'anno, dando vita ad un deciso rimbalzo nelle ultime settimane. Come valuta l'attuale situazione e quali prospettive ci sono per il breve?
Dopo tutto quello che è accaduto negli ultimi mesi, oggi ci troviamo a mio avviso alla resa dei conti e credo che non ci si debba far ingannare da questa calma che è tipica di una situazione che è nell'epicentro del ciclone. Sembra tutto tranquillo ma per me stiamo per vivere il periodo peggiore per il mercato dell'area euro e soprattutto dei Paesi periferici della stessa. Quando questa negatività ci salterà addosso con la violenza e la cattiveria proprie di un riaggiustamento che doveva avvenire da anni ma che di fatto non si è mai verificato, quello che accadrà sarà talmente violento che quanto abbiamo visto fino ad oggi sarà solo rimpianto.
Parlando dell'Italia, volendo prospettare uno scenario molto duro, se ci va bene in un paio d'anni usciremo dall'Euro e sopporteremo il costo di questa avventura che fino ad oggi è stata piuttosto fallimentare. Il conto da pagare sarà un'inflazione piuttosto elevata, un calo della produzione e un riassetto del nostro sistema produttivo. Se ci va male, cioè se cercheremo di resistere rimanendo in una valuta che con il nostro Paese non ha nulla a che fare, credo che avremo una tale stasi dei consumi e un tale problema sociale che potrebbe sfociare in qualcosa di peggiore.
Questo perché dopo dieci anni è tempo forse di bilanci e quello dell'Euro è fallimentare: innanzitutto bisogna sgombrare il campo dall'idea che la moneta unica sia un problema per chi non ce l'ha. Ci sono Paesi che senza vivono benissimo, come ad esempio quelli dell'est Europa, la Svezia, la Norvegia o la Turchia. Esistono tantissime valute rappresentati di economie molto piccole e il mondo non è solo euro o dollaro.
Il problema è chiedersi che senso ha ora essere nell'Euro e tale questione sta venendo al pettine oggi perché vediamo che l'Europa va a due velocità. C'è una parte che produce e che non si preoccupa dell'attuale cambio Euro/Dollaro, come nel caso della Germania, visto che i due terzi delle sue esportazioni vengono realizzate verso Paesi dell'area Euro, oppure verso realtà che sono storicamente dipendenti dall'economia tedesca, come Polonia e Repubblica Ceca.
Dall'altra abbiamo Paesi che possono reggere la forza d'urto tedesca grazie ad un flusso decente di consumi interni che si basa sulla produzione del reddito e senza particolari squilibri, basti pensare alla Francia. Ci sono poi Paesi periferici come la Spagna e la Grecia, oltre all'Italia che si trovano in situazione di debolezza: la prima sta iniziando a pagare oggi tassi di crescita che l'hanno portata ad avere un notevole disavanzo commerciale nei confronti della Germania e del resto del mondo. L'Italia in passato è stata un competitor della Germania nelle esportazioni, ma è stata messa fuori gioco perché la nostra valuta è la stessa dei tedeschi.
Tutto questo per dire che la calma che stiamo vivendo è solo apparente perché siamo in un periodo di bassa crescita, in cui verranno fuori problemi strutturali che non sono negli Stati Uniti. Il problema non è rappresentato infatti dall'eccesso di debito americano, né sarà la Cina che rallenterà la sua corsa una volta che magari sarà superato l'effetto Olimpiadi.
I nodi vengono al pettine laddove c'è una costruzione su fondamenta non solide e laddove non c'è crescita come appunto in Europa. In questa direzione credo che il recupero che stiamo vivendo in Borsa è in realtà la preparazione dell'attacco finale al mercato alla struttura più debole.
A mio avviso i mercati sono i predatori dei disequilibri e vanno in cerca di questi ultimi per fare profitto su di essi. Il mercato 9 volte su 10 è quell'animale che ha permesso di correggere i disequilibri, basti pensare allo Sme nel 1992, quando l'Italia aveva un tasso di cambio con la Germania che era fuori dal mondo.
Il mercato in questo momento ha visto un disequilibrio: a tal proposito non trascurerei il fatto che un mese fa lo spread BTP-Bund è arrivato a 60 centesimi sulla scadenza a 10 anni. Non possiamo dire che questo sia un problema di liquidità perché su un mercato del debito come l'Italia, assolutamente liquido e dove nulla accade per caso, tale spread non si può imputare alla crisi di liquidità che c'era. Secondo me si è trattato piuttosto di un primo assaggio delle possibili difese dell'Euro rispetto ad un riequilibrio e si è visto che si può arrivare ad uno spread di 60 centesimi senza che accada nulla.
L'Italia inizia a dover fare i conti con una realtà scomoda: abbiamo abbracciato l'Euro per darci un'autodisciplina, ma il problema è che il risvolto della medaglia è che ci siamo legati ai tedeschi e abbiamo dimenticato che mentre loro esportano per due terzi in Europa, noi lo facciamo in gran parte fuori. Di conseguenza una valuta molto forte non preoccupa la Germania ma è dannosa per noi: se proprio avessimo voluto fare un'unione monetaria, avremmo dovuto adottare il dollaro come valuta.
Il mercato proverà da ora in poi a verificare la solidità della struttura Euro, non a caso la stampa anglosassone e statunitense richiama l'attenzione sul fatto che la moneta unica sia a rischio break-up.
Non mi meraviglierei che in questo contesto il mercato possa provare a buttare giù l'Euro, per il quale il rischio di implosione non deve essere trascurato. L'economia e i mercati stanno viaggiando ad una velocità tale che la creazione dei disequilibri e il riaggiustamento degli stessi, molte volte è violenta. Basti pensare ad esempio che Seat Pagine Gialle (Milano: PG.MI - notizie) è passata da 0,35 a 0,11 euro, Telecom Italia (Milano: TIT.MI - notizie) solo un anno fa veniva acquistata a 2,8 euro e ora è arrivata a 1,2 euro.
I mercati montano e smontano storie con grande velocità e questo potrebbe interessare anche l'Euro perché è un'entità che politicamente non esiste ed economicamente è fittizia. Sotto il suo abito infatti troviamo Paesi come la Germania cui la forza di questa moneta fa anche comodo, ma ci sono anche altre realtà come l'Italia che soffrono.
Alla luce di quanto esposto, per i mercati azionari cosa c'è da aspettarsi a questo punto? Come valuta il recupero in atto? C'è il rischio di nuove flessioni nel breve?
Approfitterei del recupero in atto per liquidare le posizioni soprattutto di quello che è a leva o ha un debito eccessivo, partendo in primis dai finanziari. La crisi di questi ultimi non è finita, anzi è appena iniziata, e anche volendo assumere uno scenario più neutro, anche il più ottimista non può non pensare che perdite superiori ai 200 miliardi, quali dichiarate dalle banche, significhino potenzialmente un numero 20 volte superiore di riduzione degli attivi bancari. Queste perdite vanno valutate non solo per l'effetto diretto, ma anche perché porteranno inevitabilmente ad una restrizione creditizia che in parte abbiamo già vissuto.
Per ora è solo interbancaria, ma è ragionevole pensare che si trasmetta anche all'economia, così come non è da escludere che l'Euribor al 4,7% possa portare ad un aumento delle insolvenze sui mutui anche in Europa. In sostanza voglio dire che la crisi è appena iniziata e siccome riguarda il settore finanziario che è il più delicato che un economia abbia, non si devono sottovalutare i rischi della stessa.
Suggerirei di mantenere le distanze anche da quello che è a leva, suggerendo di iniziare a tenere la liquidità in valute che possono essere considerate rifugio, tipo il franco svizzero. Guarderei anche ad investimenti sulle commodities, perché non mi farei spaventare dagli attuali prezzi del petrolio, visto che quanto abbiamo vissuto a gennaio o a febbraio, è solo un assaggio di quello che potrebbe succedere.
Escluderei titoli molto indebitati, come utilities e telefonici, ma starei lontano anche dagli assicurativi, mantenendo una grossa fetta del patrimonio nell'area dollaro o in Asia.
A suo avviso quindi il rimbalzo in atto è destinato quindi a durare poco, per lasciare spazio a nuove flessioni come quelle dei mesi scorsi?
Negli Stati Uniti potremmo avere delle flessioni che saranno comunque fisiologiche perché saranno piuttosto contenute, nell'ordine del 5%-7%. Parlando di Piazza Affari il mio timore è che l'S&P/Mib possa arrivare anche fino all'area dei 24.000 punti, perché se la correzione ci sarà non sarà limitata a qualche migliaio di punti. Se inizia a scricchiolare il sistema, che globalmente parlando non è competitivo con quello tedesco, da qui ad un anno e mezzo o due, il punto d'approdo per il mercato potrebbe essere proprio a 24.000. Nel momento in cui si allontana da quest'area, su tutti i rialzi bisognerà chiudere le posizioni al rialzo, mentre man mano che ci si avvicinerà si andranno a chiudere gli short per riattivare gli acquisti.
Mi meraviglio come il nostro indice possa aver avuto la forza di tornare quasi a quota 34.000 punti, e non è escluso che possa anche mantenersi per un po' su questi livelli. Se per il punto d'arrivo è a 24.000 punti, tanto più non scende ora, tanto più il listino sarà destinato a calare in seguito. A mio avviso comunque non c'è spazio al rialzo perché il resto del mondo offre tanta sottovalutazione: l'S&P/Mib potrebbe arrivare a 40.000 punti solo se ci fossero opportunità di investimento scarse altrove.
Ci sono troppe alternative al mercato italiano e la mia paura è che l'indice difficilmente andrà oltre i 34.000/34.500 nei prossimi mesi. Quest'area purtroppo conterrà ulteriori spinte rialziste, senza trascurare che i volumi di questo rimbalzo sono stati la metà del ribasso precedente.