Per vincere servono i soldi. Il fatto è che i soldi ce li ha chi ha tanti tifosi. In serie A rapporto del monte ingaggi tra la prima e l'ultima arriva anche a 10. Quando hanno sdoganato le compravendite di giocatori il calcio non è più stato uno sport, vincono sempre quelle 2-3 squadre che possono spendere di più salvo qualche rara sorpresa ogni tanto.
Per tornare allo spirito dello sport bisognerebbe applicare le regole della nazionale alle squadre di club: puoi giocare a Milano se sei nato a Milano o se hai genitori di Milano.
Lo stesso a Torino ecc... Tutti sullo stesso piano, e lavorare sulle giovanili per allevare in casa i talenti.
Non è detto che, necessariamente, servano soldi per vincere. Ci sono realtà che non hanno budget da multinazionali come le big della champions, eppure ottengono risultati importanti (vedi Atalanta, Sassuolo, Chievo a suo tempo). A livello internazionale, il PSG o il M.City hanno dei miliardari come soci, ma la coppa orecchiona non l'hanno ancora vinta da quando gli emiri hanno aperto il portafoglio.
Certo serve averli, per le abitudini che ci sono oggi nel calcio, ma la conditio sine qua non è saperli gestire e non sputtanarli, cosa che, invece, nel calcio dei teorici Big, pare essere una regola che non ammette eccezioni. Oltretutto, svaccano milioni che nemmeno solo stati messi dai proprietari ma presi a prestito, come dimostrano i bilanci di tutte le top del settore: il caso Barcellona è solo il primo esempio, ma ce ne sono molti.
Visto poi che il fair play finanziario si è rivelato la farsa che ci si poteva immaginare, evidentemente vanno posti dei vincoli diversi che, tuttavia, non saprei identificare ora come ora.
Dovrebbero distribuire i diritti televisivi in modo uniforme, come mi pare già esista da tempo in UK, stessa cifra a tutte le partecipanti. E da lì, partire con un riesame ed una limitazione dell'entropia che la finanza si è ritirata in quel settore.
Non penso che una soluzione possa essere rappresentata dal vincolo del territorio di nascita dei giocatori: sarebbero avvantaggiate le città più grandi, nelle quali la probabilità di avere più giovani di talento è, inevitabilmente, superiore a città piccole o paesi.