giuseppe.d'orta
Forumer storico
L'ipotesi di aumentare la tassazione delle rendite finanziarie per incamerare quei soldi che non entreranno più dall'Irap, sta sviluppando un confronto che mette a nudo tutte le anime dei nostri legislatori. Un provvedimento tipico di chi mette al primo posto sempre e comunque lo Stato e non il risparmiatore/contribuente (caratteristica di un assetto liberista del mercato). E questa caratteristica non si sposa con il centrodestra o il centrosinistra, ma va trasversalmente da una parte all'altra, contribuendo non poco alla assoluta mancanza di chiarezza su quale politica economica appartenga ad una parte rispetto all'altra.
Uno dei motivi principali dei sostenitori degli aumenti in questo ambito è che le attuali aliquote sono troppo basse: il 12,5% lo si vorrebbe portare al 19%. Una logica che non fa una grinza? Forse in una filosofia da egualitarismo spicciolo, di quelli che si sentono al bar, ma quando si parla di economia politica e di fisco bisognerebbe cercare di guardare un po' più in là del proprio naso, ammesso che si sia capaci.
Qual'è un settore che i risparmiatori stanno sempre più scoprendo? I prodotti finanziari. E non è un caso che negli ultimi anni i più grandi maneggioni è in questo ambito che si sono buttati, con le vicende Cirio, Parmalat, MyWay-4You e simili che gridano ancora vendetta.
Poteva lo Stato non fare altrettanto? No, ovviamente, ed eccolo lì, con la sua forza impositiva fiscale.
Questa vicenda dell'Irap poteva essere un'ottima occasione perché lo Stato mettesse mano a sprechi e privilegi, e invece no. Si è preferito andare a ciurlare dove c'è piu' possibilità.
Ma il pensiero che la non appetibilità del settore possa poi spostare i risparmi e penalizzare tutto un sistema finanziario che oggi si regge su questa forma di investimento (non ultime le aziende, con le loro azioni in borsa e i loro bond), non è passata assolutamente per la testa dei nostri legislatori.
La filosofia del "domani è un altro giorno, si vedrà" è quella imperante.
Uno dei motivi principali dei sostenitori degli aumenti in questo ambito è che le attuali aliquote sono troppo basse: il 12,5% lo si vorrebbe portare al 19%. Una logica che non fa una grinza? Forse in una filosofia da egualitarismo spicciolo, di quelli che si sentono al bar, ma quando si parla di economia politica e di fisco bisognerebbe cercare di guardare un po' più in là del proprio naso, ammesso che si sia capaci.
Qual'è un settore che i risparmiatori stanno sempre più scoprendo? I prodotti finanziari. E non è un caso che negli ultimi anni i più grandi maneggioni è in questo ambito che si sono buttati, con le vicende Cirio, Parmalat, MyWay-4You e simili che gridano ancora vendetta.
Poteva lo Stato non fare altrettanto? No, ovviamente, ed eccolo lì, con la sua forza impositiva fiscale.
Questa vicenda dell'Irap poteva essere un'ottima occasione perché lo Stato mettesse mano a sprechi e privilegi, e invece no. Si è preferito andare a ciurlare dove c'è piu' possibilità.
Ma il pensiero che la non appetibilità del settore possa poi spostare i risparmi e penalizzare tutto un sistema finanziario che oggi si regge su questa forma di investimento (non ultime le aziende, con le loro azioni in borsa e i loro bond), non è passata assolutamente per la testa dei nostri legislatori.
La filosofia del "domani è un altro giorno, si vedrà" è quella imperante.