tassi europei e banche centrali (3 lettori)

tontolina

Forumer storico
Bce: lascia i tassi invariati al 4%
FRANCOFORTE (MF-DJ)--Nella riunione odierna il Consiglio direttivo della Bce ha deciso che

-il tasso minimo di offerta applicato alle operazioni di rifinanziamento principali e
- i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento marginale e
- sui depositi presso la banca centrale rimarranno invariati
rispettivamente
al 4,00%
al 5,00%
al 3,00%.
Il presidente della Bce, Jean Claude Trichet, illustrera' i motivi di tali decisioni nella conferenza stampa che avra' luogo questo pomeriggio alle 14h30. com/mf (END) Dow Jones Newswires Copyright (c) 2007 MF-Dow Jones News Srl. September 06, 2007 07:52 ET (11:52 GMT)
 

tontolina

Forumer storico
mentre la CINA

Cina: B.centrale alza tasso riserva bancario di 50 p.b.

PECHINO (MF-DJ)--La Banca centrale cinese ha deciso di alzare il tasso di riserva bancario di 50 punti base, portandolo al 12,5%, con effetto dal 25 settembre. La decisione, si legge in una nota della Banca, e' stata adottata per far diminuire l'eccessiva liquidita' presente sul mercato ed e' il settimo intervento quest'anno e la decima da luglio 2006. red/est/zav (END) Dow Jones Newswires Copyright (c) 2007 MF-Dow Jones News Srl. September 06, 2007 07:02 ET (11:02 GMT)
 

tontolina

Forumer storico
Riesce sempre ad insegnarmi qualcosa...
non lo trovo mai scontato e mi fa usare la zucca :ops:

Speciale il Grande Assente
http://michelespallino.investireoggi.it/speciale-il-grande-assente/
05 Sep 07 Posted by Michele Spallino as Speciali
L’ analisi integrata è oggigiorno uno dei più utili strumenti disponibili nell’armamentario dell’economista. C’è quella economica che comprende il funzionamento dell’economia reale (produzione, servizi, distribuzione, import-export, occupazione, consumi, redditi, investimenti, risparmi, etc.) e che riceve l’attenzione principale da parte degli economisti convenzionali. E poi c’è quella finanziaria, che concerne il sistema creditizio, i mercati dei cespiti patrimoniali, etc. le cui dinamiche sono oggi di importanza cruciale, che tende ad essere ignorata, anzi è il grande assente dell’analisi non solo economica, ma soprattutto politica, perchè i suoi effetti sociali tramite l’inflazione effettiva che ne deriva sono micidiali.
L’inflazione creditizia
L’inflazione creditizia è un prodotto dell’espansione della sfera finanziaria; d’altro canto le manifestazioni inflazionistiche rientrano sia nella sfera finanziaria che in quella economica a
seconda dell’interazione tra la natura del sistema finanziario in essere e la struttura dell’economia reale. Le tipologie di effetti inflazionistici predominanti variano molto dipendendo dai processi
monetari e dalla struttura dell’economia sottostante, insieme alle aspettative esistenti per prezzi, profitti e rendite.
Come ho già scritto fino alla nausea, io credo che la Fed fece un enorme errore (o una diabolica manovra politica) quando tagliò i tassi d’interesse durante la seconda metà del 2002 portandoli all’1% e tenendoli a quel livello fino a metà del 2004. Per giustificarsi, esagerò deliberatamente il rischio di deflazione, mentre invece la bolla del dollaro era già sulla strada di scoppiare quando iniziò la sua stimolazione monetaria ultra aggressiva.
Sono convinto che i processi monetari derivanti dal dollaro (poichè moneta internazionale) hanno avuto un ruolo chiave nel mascherare le manifestazioni inflazionistiche durante il periodo 1999-2002, negli USA e nel mondo. Invece una inflazione creditizia di portata
epocale stava radicandosi profondamente nella sfera finanziaria, anche se il potere d’acquisto creato dalla liquidità in eccesso ha avuto i suoi effetti più vistosi sul mercato degli assets USA, prima le azioni tecnologiche e i debiti delle telecomunicazioni, poi le obbligazioni e le case. Un endemica inflazione dei cespiti patrimoniali ha nutrito un enorme e aggressiva comunità di
speculatori, con la finanza moderna in grado di fornire loro strabilianti e sofisticati mezzi.
Le 3 distorsioni
Nella sfera economica si sono così create tre grandi distorsioni alla spesa:
un massiccio eccesso di investimenti tecnologici;
il boom edilizio;
e il boom dei consumi indotti dall’effetto crescita dei prezzi dei cespiti patrimoniali (meglio noto come effetto ricchezza).
Il settore tecnologico ha fornito un opportunità senza precedenti affinchè l’inflazione reale non si manifestasse nei modi tradizionali.
Il settore edilizio ha fornito una vasca di raccolta dell’enorme nuovo potere d’acquisto, manifestatosi in prezzi delle case crescenti ed in un boom delle costruzioni ampiamente al di
fuori del tradizionale radar inflazionistico(indice dei prezzi al consumo).L’esuberante proprietario di case ha potuto aumentare le spese in servizi, comunicazioni, tecnologia, media digitali e beni
importati, mentre l’indice dei prezzi al consumo è rimasto muto (addirittura calante). Negli USA, era già in corso la trasformazione in un’economia di servizi; poi il boom tecnologico ha consentito - tramite quello che erroneamente è stato considerato il “miracolo della produttività crescente”- l’assorbimento dell’eccesso di spese perchè si è creata una grande capacità produttiva inutilizzata. I produttori esteri , specialmente gli asiatici, hanno avuto sia l’eccesso di capacità sia il dollaro sopravvalutato, che ha offerto molto più che un favorevole mezzo di scambio per i beni importati ,
in primis l’energia. I dollari sono stati riciclati direttamente nel mercato USA dei titoli obbligazionari, provocando processi monetari: inondazione di liquidità a spese dei mercati e delle economie reali in tutto il mondo.Quello che la Fed interpretò(o finse di interpretare) come pressione deflazionistica, era in realtà già una manifestazione dell’inflazione innescata dalle dinamiche del credito in bolla, e conseguenti processi monetari altamente disfunzionali. Ma le cose prima o poi non potevano non cambiare e cambiare in modo drammatico.
il ruolo del dollaro
L’inevitabile scoppio della bolla sul dollaro (quella che a suo tempo definii “Bollaro”) non
poteva non impattare sui processi monetari. La liquidità si è diffusa in tutto il mondo, e gli eccessi di prestiti ipotecari americani hanno assicurato che i flussi globali non si scaricassero
sulle condizioni monetarie interne. La liquidità globale ha stimolato le economie, i mercati e i prezzi in genere, soprattutto quelli delle commodities, dell’energia, e delle obbligazioni dei
paesi emergenti, arrivati a rendimenti altrimenti inconcepibili se si considera il rischio paese. Inoltre, la svalutazione del dollaro ha stimolato le esportazioni USA e fomentato un altro boom di
investimenti attraverso l’industria di base americana(simile a quello sperimentato dutrante il boom di tech-telecom-internet). E perversamente, data la struttura malata dell’economia americana, il
dollaro debole ha aumentato, anzichè diminuire, il deficit estero degli USA, assicurando che essendo aperto il rubinetto della liquidità, l’eccesso non rifluisse troppo tra le mura domestiche.
Ancora più importante, il dollaro debole e la nuova liquidità globale hanno sempre più fornito una grande leva ai sistemi creditizi interni (specialmente cinese e dei paesi emergenti) affinchè si inflazionassero, l’opposto di quello che normalmente si sarebbe ottenuto da un regime di valute e sistemi creditizi deboli.
Inflazioni creditizie sincronizzate hanno anche sostenuto il biglietto verde, posponendo una crisi che avrebbe certamente sovvertito i processi monetari e inceppato i meccanismi di creazione
del credito. La finanza basata sui cespiti patrimoniali è restata forte in tutto il mondo.Negli USA, l’1% di tasso ufficiale ha versato benzina sul fuoco della finanza ipotecaria, una bolla già ben avanzata e che dimostrava da sola un robusto orientamento inflazionistico. Analogamente, la politica monetaria ultra espansiva ha spinto la bolla della speculazione globale a leva fino ai suoi eccessi finali.
La liquidità ha inondato la comunità degli hedge fund, venendone fuori ancora più grande; i bilanci di Wall Street sono stati gonfiati dai finanziamenti ai clienti e alle proprie società a leva.
Il mercato dei credit default swap è divenuto la regina degli eccessi, supportando d il boom globale nell’emissione di debiti.
L’inflazione della sfera finanziaria ha creato più liquidità di quanto sufficiente per inflazionare i mercati dei cespiti patrimoniali in tutto il mondo.
Stupefacente
E’ stato per me fonte di stupore in questi anni osservare il consensus fissarsi sulla tesi della deflazione ed ignorare l’inflazione creditizia più grande della storia. La Fed e gli analisti convenzionali hanno guardato “solo” all’inflazione tradizionale della sfera economica. Certo, l’hanno fatto a suon di argomenti apparentementi convincenti, come quello secondo cui
la produttività in crescita (per la rivoluzione tecnologica) e la globalizzazione (per la concorrenza asiatica) alteravano per sempre le dinamiche dell’inflazione;
tuttavia ha dell’incredibile come questa analisi abbia ignorato però la natura della sfera
finanziaria, nel frattempo evolutasi rapidamente . E’ divenuto popolare definire l’inflazione dei cespiti patrimoniali (case, azioni, obbligazioni) come “creazione di ricchezza”.
Tutto bello e buono, peccato che nel frattempo cresceva il mostro reale di una inflazione massiccia e senza freni della sfera finanziaria, con cui vi sono una miriade di problemi associati, a cominciare proprio dal fatto che l’analisi convenzionale continua tuttoggi ad ignorarla
completamente.
Quando le manifestazioni inflazionistiche si esprimono in termini di prezzi crescenti dei cespiti patrimoniali, nessuna voce si leva affinchè vengano frenati gli eccessi creditizi; potenti interessi, invece, si coalizzano affinchè si prosegua.
Come abbiamo potuto vedere più volte, le autorità monetarie non vogliono in questi casi
neanche prendere in considerazione che si tratti di bolle, quando lo fanno è sempre molto in ritardo e solo se si arriva a livelli inverosimili che anche i bambini percepiscono.
Greenspan ha negato per tanto tempo che vi fosse una bolla immobiliare, e nel 2000 negava quella tecnologica.
Combinazione diabolica
Nel frattempo la combinazione di liquidità abbondante e inflazione degli assets assicura che si
espanda esponenzialmente l’ammontare di finanza impegnata a scopi speculativi.
Prima che qualcuno si preoccupi degli eccessi nella sfera finanziaria occorre una crisi.
Infatti le protratte espansioni della sfera finanziaria trasformano anche le percezioni e le aspettative. L’inflazione dei cespiti patrimoniali viene estrapolata e l’eccesso di liquidità viene
accettato come un dato di fatto.
Ipotesi ottimistiche sul futuro vengono incorporate nella struttura economica. Le dinamiche
inflazionistiche alterate trovano completamente impreparati allora gli investitori, gli speculatori, le imprese, le autorità monetarie.
Le condizioni di liquidità- date per scontate durante il boom-mutano improvvisamente quando gli operatori ad elevata leva finanziaria cambiano le posizioni. Quando l’avidità inevitabilmente si trasforma in paura, non si trova nessuno che voglia mettersi
dall’altra parte dei trades speculativi, come abbiamo visto di recente.
Le strutture debitorie, costruite con tanta fiducia durante la fase inflazionistica, diventano immediatamente sospette e, attraverso la sfera economica, i comportamenti post-bolla possono divergere radicalmente dalle aspettative.
Stadio iniziale
E’ mia opinione che ci troviamo allo stadio iniziale di un profondo cambiamento nelle manifestazioni inflazionistiche. Oggi non solo c’è un eccesso globale di liquidità, bensì anche i titoli USA stanno sottoperformando di molto il resto del mondo. Per cui ci si può
porre la domanda: il dollaro e i titoli americani risuciranno a beneficiare come nel passato dello status tradizionale di beni rifugio, non appena arriverà il prossimo episodio di tumulto
finanziario globale?
Oggi la liquidità globale e la disponibilità di credito sono abbondanti come mai prima. Le aspettative di inflazione sono evolute al punto in cui imprese e governi nel mondo hanno serie
preoccupazioni circa la propria capacità di procurarsi le risorse energetiche necessarie(e quelle di altre materie prime indispensabili allo sviluppo).
L’espansione della sfera finanziaria e i radicati processi monetari che ne sono derivati hanno diretto per troppo tempo la baracca, fornendo denaro senza costo alla costruzione di troppe case, troppi veicoli inefficienti, e troppi consumi indotti dall’inflazione degli asset.
Peggio, l’espansione illimitata della sfera finanziaria sta fornendo un orda di potere d’acquisto all’economie in lotta tra loro per le limitate disponibilità energetiche.I processi monetari hanno pompato un’economia che consuma troppa energia e produce troppo
poco, insieme ad un eccesso di liquidità che porta a rialzi dei prezzi e a carenze di risorse. Difficile immaginare che queste dinamiche possano durare ancora a lungo.
I cespiti patrimoniali
E’ importante capire la connessione tra sfera finanziaria e prezzi inflazionistici dell’energia: sono i cespiti patrimoniali. Finora i prezzi dei beni e servizi sono restati solo lievemente al rialzo, ma tra poco avremo il travaso del maggior costo energetico su tutti i prezzi, e più a lungo continua il credito facile, più intensi saranno i cosiddetti “effetti secondari”.
L’inflazione tradizionale in crescita finirà per mettere sotto pressione salari e stipendi che
a loro volta alimenteranno l’inflazione.
Su questo nel mondo ancora si dorme, nonostante il rincaro dell’energia sia un fenomeno che riguardi tutti. La liquidità globale andrebbe ridotta, ma ciò implica non solo tassi più alti bensì anche una riduzione del deficit commerciale americano, il che vuol dire una svalutazione del dollaro.
Negli USA, la Fed - con grande gioia di Wally_ è stata per troppo tempo focalizzata solo sulla sfera economica e le fragilità di sistema, invece che applicarsi al crescente orientamento inflazionistico della sfera finanziaria, e quando il genio dell’inflazione esce fuori dalla bottiglia….non è facile rimettercelo dentro, come mostra la Storia.
Le dinamiche di bolla poi hanno fatto sì che i cosiddetti “misurati” e telefonati piccoli
incrementi di 25 cts. alla volta fossero del tutto inefficaci. La crescita della sfera finanziaria (cioè del credito bancario, degli swap, dei bilanci gonfiati, dei pronti termine, degli hedge funds e delle riserve valutarie estere) è arrivata agli estremi, ed è divenuta molto più difficile controllarla.
Nonostante le ultime dichiarazioni, la misura in cui la Fed si rende conto del dlemma non
è chiara. E mentre il focus di tutti è su quanto abbasserà la Fed, si perde di vista il problema centrale: bloccare la bolla creditizia, frenare l’espansione finanziaria.
Occorrerebbe intervenire sui meccanismi che moltiplicano la liquidità, sui processi monetari disfunzionali, sugli impulsi speculativi, ma, certo, ciò non può avvenire senza un trauma
finanziario ed economico, come insegna la storia.L’inflazione finanziaria non si fa rallentare, ma solo soprrimere con forza attraverso la contrazione della liquidità, il de-leveraging, etc.
Giro di boa?
Immobili e borse stanno segnalando che siamo al giro di boa. Per alcuni, questi sviluppi puntano a una salutare moderazione della crescita che conterrà le pressioni inflazionistiche e supporterà le
obbligazioni. Per pochi, l’economia è sull’orlo del burrone.
Escludendo crisi finanziarie, ci vorrà qualche tempo prima che importanti risorse vengano recuperate dal boom dei consumi e da quello immobiliare. Nel frattempo i fabbisogni energetici e quelli addizionali andranno crescendo. Chi si aspetta che lo scoppio della bolla immobiliare sia del tipo Nasdaq, e che quindi sosterrà i bonds, può trovarsi invece di fronte a qualcosa di molto
meno ospitale.
Concludendo:
Vi è troppo credito creato e male allocato; vi è eccessiva e destabilizzante speculazione. Questi aspetti della bolla creditizia - apparentemente innocui per qualche tempo- stanno finalmente
iniziando a manifestare i dannosi effetti sulla malandata sfera economica.
Non si può più ignorare il grande assente: gli sviluppi della sfera finanziaria. I banchieri centrali di tutto il mondo sono vicini a smetterla di sperare che gli eccessi finanziari rientrino spontaneamente? E’ possibile riconoscano che la stimolazione monetaria ultra aggressiva è
durata troppo a lungo, ed ha favorito eccessi dannosi?.
Ci avvviamo ad un quarto trimestre molto interessante, forse tumultuoso:
le banche centrali sono nervose, e i grandi giocatori a leva sono ansiosi. Agosto ha già dato la sensazione che la barca della comunità speculativa abbia iniziato un pericoloso
beccheggio tra energetici, valute, borse, oro…e quando la barca inizia a ondeggiare, e si sa che vi sono troppi passeggeri sulla barca e tutti in cerca dei pochi giubbotti salvagente, possono succedere cose impreviste.
 

woolloomooloo

Forumer storico
tontolina ha scritto:
Riesce sempre ad insegnarmi qualcosa...

io invece non ci ho capito un akka :-? :-?

"mentre invece la bolla del dollaro era già sulla strada di scoppiare quando iniziò la sua stimolazione monetaria ultra aggressiva."

ad esempio questa frase qui sopra che significa?
 

luigi723

Forumer attivo
sempre ok tontolina, anche per il tuo postato sulla bolla del 1907...peccato che le tue colleghe nel mondo reale riecono sempre a immanicarmi. Per esempio questamattina da una nuovalavanderia mi ha fatto pagare in anticipo e per 4 capi 26eu. Comè da voi?
Ad ogni modo ti chiedo un favore anche se non ci conosciamo: mi interessano i grafici storici dei tassi, quando e se ti capita. grazie.
 

tontolina

Forumer storico
woolloomooloo ha scritto:
io invece non ci ho capito un akka :-? :-?

"mentre invece la bolla del dollaro era già sulla strada di scoppiare quando iniziò la sua stimolazione monetaria ultra aggressiva."

ad esempio questa frase qui sopra che significa?
a me pare di capire che il dott.Spallino voglia evidenziare che la bolla del credito stimolta dlla Fed
fu uno sbaglio perchè già nel 2002 non vi era deflazione ma inflazione

ed ora gli usa hanno difficoltà a mantenere il dollaro alto


leggi anche questo
http://icebergfinanza.splinder.com/
AMPLIFICANDO L' AZZARDO MORALE IN NOME DEL RISCHIO "SISTEMICO"!

La banca centrale BRITANNICA ha detto che offrirà fino a 4.4 miliardo libbre ($8.9 miliardo) il 13 settembre al tasso di interesse del segno di riferimento, attualmente al 5.75 per cento, anziché il relativo più alto tasso usuale di pena.

(AGI) - Roma, 5 set. - La Bce sta monitorando da vicino la volatilita' dei mercati monetari della zona euro ed e' pronta ad agire se necessario. Lo comunica l'istituto in una nota. "La volatilita' nel mercato dell'euro e' aumentata - si legge nella nota - e la Bce sta monitorando da vicino la situazione. Se la situazione dovesse persistere domani, la Bce e' pronta a intervenire per rimettere ordine sul mercato monetario".

BOE_ECB_Act_to_protect_Economies_from_higher_rates

In via continuativa ormai giorno dopo giorno gli interventi delle banche centrali non riescono ad arginare le richieste di liquidità che provengono dai mercati.

Ognuno pensi e dica quello che vuole ma non vi è alcun dubbio che la mancanza di fiducia stà contaminando i mercati finanziari e il tasso LIBOR a tre mesi in dollari è aumentato per il decimo giorno consecutivo, di 36 punti base in un solo mese determinando l'intervento tramite comunicato da parte della BOE e della BCE.

Ricordo soltanto che la BOE Banca Centrale d'Inghilterra è l'unica banca che sino ad ora ha concesso prestiti ad un tasso reale di "pena" L'aumento dei tassi testimonia una nuova possibile ondata del "credit crunch" nelle prossime settimane.

THREE_MONTH_DOLLAR_LIBOR_RISES_TO_A_SEVEN_YEAR_HIGH

LIBOR Rate from WSJ

Ormai credo che gli effetti combinati dell'implosione dei tre fenomeni principali di questa nuova era di alchimia finanziaria, stanno minando le fondamenta del sistema e producendo un sisma che non può che produrre un'infinità di spaccature e lacerazioni alla crescita economica.

"SUBPRIME" "CONDUITS & SIV " "HEDGE & PRIVATE EQUITY"

MOODY'S_TAGLIA_IL_RATING_A 14_miliardi di dollari di bonds venduti dai SIV mentre la SEC americana accende un faro sul sistema finanziario americano.

CONDUIT'S_RISK



NEW YORK, 5 settembre (Reuters9 - Citigroup (C.N: Quotazione, Profilo) e altre banche potrebbero trovarsi appesantite dalle difficoltà di alcuni SIV affiliati cui fanno capo decine di miliardi di dollari in debito a breve termine .

Lo riporta il Wall Street Journal nella sua edizione Internet di oggi. Citigroup controllerebbe circa il 25% del mercato dei conduit, per un totale di circa 100 miliardi di attivi sotto gestione, dice il giornale, ricordando che veicoli di investimento del tipo dei "conduit" o SIV (structured investment vehicles) sono scelti per operare separatamente dalle banche e restare extrabilancio.

Citi ha comunicato agli investitori che i suoi SIV sono solidi e non ci sarebbe nulla che suggerisca problemi con i propri conduit in generale, secondo il quotidiano, che però sottolinea come le recenti difficoltà dei commercial paper hanno accresciuto i timori delle ripercussioni di SIV e conduit sulle banche controllanti.

......
......
......
ecc... vai sul sito che ho linckato
 

tontolina

Forumer storico
dal BLOG di Investire oggi
http://michelespallino.investireoggi.it/supernota-sui-mercati-89/


SuperNota sui mercati (8.9)

08 Sep

Posted by Michele Spallino as La nota sui mercati, Economia

ECONOMIA: faccia tosta
La settimana si è conclusa con un importante cambiamento nelle convinzioni della massa: il dato sul mercato del lavoro USA, risultato ad agosto per la prima volta negativo dal 2003 insieme ad una corposa revisione negativa dei due mesi precedenti, ha messo in crisi l’atto di fede nelle banche centrali che fino a giovedì sera era stato confermato.
Durante tutta la settimana infatti era prevalsa l’idea – propagandata da ben 4 esponenti della FED, e dai governatori delle altre banche centrali – che la crisi di fiducia scoppiata sul mercato interbancario, pur non essendo semplice, tutto sommato non avrebbe avuto grosse ricadute sull’economia reale, e alcuni dati(ISM,etc.) sembravano confermarlo.
Snobbato l’ennesimo dato disastroso riveniente dal mercato immobiliare americano, l’idea prevalente restava quella che un ritocco all’in giù dei tassi USA, ed una momentanea sospensione del ciclo di rialzo negli altri paesi, avrebbero compensato per tempo il rallentamento, dunque assorbito dalla “forte” economia globale.
Pertanto borse e cambi in sostanziale tenuta, solo il dollaro deboluccio ma non troppo, differenziale favorevole ai rendimenti a lungo termine rispetto a quelli a breve, in lieve contrazione, attese per un taglio di 25 cts. dei fed funds il 18 settembre, ma dubbi su un altro taglio della medesima portata entro l’anno.
In questo quadro ci si attendeva per agosto una creazione di poco inferiore ai centomila posti di lavoro, un po’ sotto la media ritenuta neutrale(150 mila), ma ancora in linea con i due mesi precedenti.
Invece è risultato il dimezzamento di giugno e luglio, e il -4 mila di agosto.
A questo punto il panico, ed è scattata la corsa al colpevole.
Si è iniziato a parlare di “Fed dietro la curva” espressione gergale per addetti ai lavori, che in buona sostanza significa “la Fed è in ritardo” , ha sbagliato le sue valutazioni:
l’economia reale, nel comparto più importante anche per gli effetti politici e sociali, oltre che per quelli economici sui consumi, è già stata colpita dalla crisi immobiliare e finanziaria, che quindi non è più da considerare un evento circoscrivibile.
Da qui la convinzione che ci vorrà ben più di un ritocco all’ingiù dei tassi per impedire la recessione. Le attese si sono modificate istantaneamente: ora ci si aspetta un taglio di mezzo punto il 18 settembre, (e non è mancato chi ha invocato un intervento anticipato), e per la fine dell’anno si inizia a parlare di fed fund al 4% il che equivarrebbe ad altri 75 cts. di riduzioni tra ottobre e dicembre. Contemporaneamente si inizia a dubitare anche dell’immunità al contagio sul piano globale, e si affaccia concretamente la possibilità che anche altri(BCE,etc.) possano iniziare un ciclo di ribasso dei tassi, prima o poi.
Pertanto, la settimana si conclude con borse, dollaro e rendimenti in caduta, anche se Wally è stata come al solito sostenuta nel finale dal PPT, con Paulson costretto a dichiarare “ho fiducia nella Fed”.
Se poi la Fed realmente soddisferà le attese sopraillustrate, è un altro discorso, e terrà banco nei prossimi giorni.
Se poi il taglio anche di mezzo punto dei tassi sia realmente in grado di risolvere tutti i problemi, è ancora un altro discorso e terrà banco nelle prossime settimane.

Desidero ora commentare la “faccia tosta” di quel gentiluomo che risponde al nome di Trichet. Ho seguito in diretta la conferenza stampa, e pur prevenuto per quanto io possa essere verso questa sottospecie di razza padrona che occupa a nostre spese le poltrone “centrali”, non ho potuto fare a meno di restare sorpreso.
Infatti, invece di presentarsi con il cappello in mano (lui come i suoi colleghi nel resto del mondo) e scusarsi per aver “dormito” mentre i propri vigilati negli scorsi anni intrallazzavano alla grande fino al punto da arrivare – oggi – a non aver più fiducia l’uno con l’altro (perché sanno che i reciproci bilanci sono inaffidabili, e che loro principale capacità è il raccontare balle), questo elegante signore si è visibilmente compiaciuto ed auto lodato per come è stato capace di gestire la crisi, a suon di centinaia di miliardi di linee di credito.
Altrimenti il sistema si sarebbe bloccato, ha detto.
Ma bravo, Trichet: anche ai benpensanti e agli ingenui (tipo quelli che non credono esista il PPT) viene invece il dubbio che se si è arrivati ad un passo dal blocco del sistema, vuol dire che chi era lì a vigilare e a regolare il traffico, tanto bravo non deve essere stato; e poi chi assicura che sia stata realmente cosa buona e giusta impedire al sistema di bloccarsi, al caro prezzo dell’ennesimo condono e dell’ennesimo indulto?
E già perché in pratica è come se scoprendo gli evasori fiscali gli si condonassero le tasse inevase, o scoprendo dei ladri li si rimandasse a case indultati, perchè altrimenti si bloccherebbe il lavoro o si ingolferebbero le prigioni.
Non pensano lorsignori che così facendo si incentivano nuove future evasioni e furti? Se lo pensano, come dovrebbero, possono giudicare che quanto fatto dalle banche centrali non solo è molto discutibile, e certamente non da auto-incensarsi, bensì probabilmente è un errore: impedendo al sistema di bloccarsi oggi, si assicurano futuri e ben più gravi guai futuri.
Ma il bello è che non è affatto vero che Trichet e compagni abbiano avuto successo: il mercato interbancario resta infartuato, e molti segmenti di mercato restano congelati.

Finora mi sono espresso in termini buonisti, ho parlato di “dormire” e di “errore”, come se le banche centrali fossero in buona fede. E chi lo crede può pure saltare quanto sto per scrivere adesso, ad uso della categoria “complottisti”.
Personalmente infatti , come scritto tante volte in passato, non credo proprio ad errori in buonafede. In sintesi, secondo me c’è una cupola che gestisce il potere mondiale ai vari livelli, non esente da errori per il solo fatto di essere cupola e di essere potente: tutti sbagliano. Ma in malafede, in questo caso. Cioè l’orgia degli intrallazzi finanziari che in questi tempi ha mostrato la corda, è stata non solo consentita ma anzi incentivata dalle banche centrali, perché i loro padroni così hanno voluto (essendone i beneficiari), l’avidità però è stata talmente grande che hanno perso il controllo della loro mostruosa creatura. Per cui è logico che si preoccupino di favorire la ripresa dell’andazzo precedente, costi quel che costi (tanto paga il popolo bue). Ma non è affatto detto che ci riescano, per ora i segnali sono negativi nonostante la propaganda ufficiale.
In questa logica ancor più interessante è capire come si muoveranno se – nonostante i loro interventi a suon di calo dei tassi e di miliardi pompati – il sistema resta ingrippato.
Al momento mi limito a rilevare che potrebbe non essere una coincidenza che stiano tornando a circolare video di Bin Laden, che vi siano strani sconfinamenti aerei in medioriente, che il petrolio e l’oro siano ai massimi, e soprattutto che Greenspan (certamente non andato in “pensione”, è stato l’uomo di fiducia principale della cupola per 20 anni, il tecnico che ha annodato tutti i nodi che oggi vengono al pettine) parli di nuovo crash tipo 1987. Certo è che se succedesse un altro 11 settembre o qualcosa di simile, in questa fase verrebbe molto utile: permetterebbe di spostare l’attenzione e sarebbe anche facile addossargli la colpa di ulteriori cadute finanziarie, del resto inevitabili dato lo sfacelo cui hanno condotto il sistema.
Vedremo, a pensar male si fa peccato…

MATERIE PRIME: Oro uber alles
Ottima, nel contesto generale, la performance dell’oro che ha raggiunto i massimi da 12 mesi a quota 710, seguito solo dai preziosi, mentre i metalli industriali hanno risentito delle aumentate probabilità di recessione (venerdì la Cina, che ha sempre più problemi sociali derivanti dall’inflazione, ha aumentato di altro mezzo punto il premio per le riserve bancarie non prestate, portandolo al 12,5%; ancora insufficiente, ci vorrà almeno il 15-20%, ma comunque un altro segno che vuole frenare e se non ci riesce all’interno, potrebbe vedere di buon occhio una recessione USA). L’Oro ha indubbiamente beneficiato anche di motivi suoi specifici(calo della produzione indiana, aumento della domanda per gioielleria), ma se si osserva con attenzione il suo comportamento da quando è scoppiata la crisi interbancaria, si capisce che le mani forti stanno comprando.
Del resto è logico che sia il bene rifugio per eccellenza in un mondo a prospettive stagflattive (cioè insieme recessive e inflazionistiche), sempre maggiori a causa delle errate politiche monetarie perseguite, e in un mondo in cui la carta di ogni tipo (da quella valutaria a quella obbligazionaria ed azionaria) è sempre meno affidabile.
Anche il petrolio continua salire ed ha raggiunto quota 77 poco sotto i massimi assoluti, salvo poi stornare lievemente in chiusura. Anche qui molti i fattori a sostegno: calo delle scorte, uragano Felix e medioriente in ebollizione.
Più in generale è ovvio che se qualcuno che conta sa che sta per succedere qualche “evento”, oro e petrolio sono senz’altro i cavalli su cui punta.
Si conclude con: petrolio(ottobre) a 76,7 gas naturale(ottobre) a 5,5 oro a 710(dicembre) argento a 12,8 (dicembre) rame a 326(dicembre) platino a 1293(ottobre) palladio a 341(dicembre).
L’indice CRB a 312 (settembre).
Posizione a oltre 6 mesi: al rialzo
Posizione a 3-6 mesi: lateral-rialzista
Posizione asset: oro fisico

CAMBI: euroyen è il codice
Quale moneta vendere, quando si pensa che i tassi aumentano, se non quella con i tassi più bassi e più statici? E quale moneta comprare quando si pensa che i tassi scenderanno se non quella con i tassi che non possono più scendere essendo già praticamente a zero (soprattutto se ha alle sue spalle un solido avanzo commerciale con il resto del mondo)? Lo Yen. Ecco quindi che l’andamento dello yen, non tanto nei confronti del povero dollarino, quanto rispetto ad altre monete più appetibili (euro, sterlina, australiano, canadese,neozelandese) diviene il sistema di decrittaggio delle
attese prevalenti sui mercati. Questa settimana, ad esempio, nella prima parte in cui prevalevano le sopramenzionate attese di sostanziale stabilizzazione, sono tornate a prevalere anche le vendite di yen: con euro è arrivato ben oltre 158. Venerdì però non appena le attese sono divenute ribassiste sui tassi soprattutto USA, lo yen è stato immediatamente la star dei cambi, tornando in area 156 con euro. L’euro dal canto suo , come tutti, ha inizialmente guadagnato sul dollaro riavvicinandosi a quota 1,38 ma poi si è fermato perché aumentano anche i dubbi sulle prospettive dei suoi tassi .
In generale, il movimento sull’euroyen può avvenire in vari modi che hanno implicazioni di contesto diverse. Ad esempio in caso di discesa(lo stesso, al contrario, vale in caso di salita):
- con caduta del dollaroyen, in presenza di un eurodollaro stabile(segnala che il focus è sul calo dei tassi generale);
- oppure con caduta del dollaroyen più accentuata rispetto al rialzo dell’eurodollaro(segnala che il focus è il calo dei tassi USA);
- oppure ancora con caduta coeva di dollaroyen ed eurodollaro, come è avvenuto nella fase iniziale della crisi agostana(segnala che il focus è sull’avversione per il rischio).
Se il ribaltone di venerdì è finito o continua, e quali motivazioni prevalgono sul mercato lo si vedrà appunto dall’andamento dell’euroyen e delle sue componenti.
L’indice generale del dollaro a 79,9(settembre)
Posizione a oltre 6 mesi: dollaro al ribasso generale
Posizione a 3-6 mesi: dollaro lateral-ribassista
Posizione asset: nulla
OBBLIGAZIONI: il movimento della curva
Visto che sono in vena, due parole anche sul codice insito nel movimento della curva dei rendimenti.
All’interno di un movimento al rialzo o al ribasso, può avvenire che sia omogeneo tra le varie scadenze, oppure che sia più accentuato sulle scadenze brevi rispetto a quello lunghe e viceversa. In caso di discesa(al contrario, in caso di rialzo):

-fase iniziale dell’attuale crisi- quando i tassi brevi scendono come quelli a lungo vuol dire che prevale l’effetto rifugio, con fuga da altri comparti e attese recessive generali ;
-fase attuale - quando i brevi scendono più velocemente di quelli a lungo, vuol dire che si anticipa un calo dei tassi ufficiali ma già si inizia a pensare ai rischi che in seguito ciò comporterà;
-fase futura- quando si pensa che il rischio inflazione sia prossimo, i tassi a lungo iniziano a salire anche in presenza di brevi ancora in calo o fermi.

Negli ultimi anni fiumi di inchiostro sono stati versati per spiegare il famoso “conundrum” (così battezzato da Greenspan), cioè l’enigma di rendimenti a lungo in calo mentre i rendimenti a breve erano al rialzo. Storicamente questo fenomeno ha sempre anticipato una recessione prossima ventura, come logico . Poiché però l’interesse prevalente era negare l’ipotesi di recessione, si sono trovate varie spiegazioni per poter affermare che “questa volta è diverso”. Oggi di fatto siamo in procinto di verificare che anche questa volta non è diverso.

Come saldo settimanale, negli USA, i BOT a 3 mesi scendono al 3,89%(-24 cts.) , il biennale di 25 cts. al 3,89% il quinquennale di 22 cts. al 4,03%, il decennale di 15 al 4,38% ed il trentennale di 14 cts. al 4,69%. L’irripidimento della curva sale a 49 cts. tra il 2 e il 10 anni. In Europa il bund decennale scende di 12 cts. al 4,12% per cui il differenziale con il bond USA di analoga durata si riduce a 26 cts. In Giappone il decennale scende a 1,58%, misti gli emergenti.
Posizione oltre i 6 mesi: al rialzo dei rendimenti
Posizione a 3-6 mesi: laterale
Posizione asset: nulla

PREVISIONI: si continua?
Adesso la domanda è: si continua, pur se a zig-zag, in scia al nuovo quadro emerso venerdì, oppure è già tutto prezzato e si resta in attesa della Fed il 18 settembre?
La prossima settimana non ci sono dati importanti fino al venerdì (vendite al dettaglio), ma si farà nuovamente sentire la voce del padrone. Prescindendo da elementi imprevedibili, siano essi geopolitici o societari, sempre possibili e che in ogni caso dovrebbero giocare prevalentemente in senso negativo, penso che il movimento iniziato venerdì potrebbe proseguire, proprio per forzare la mano alla Fed; soprattutto mi pare molto difficile che possa esservi un capovolgimento, al massimo si resterà in trading-range. Certo, PPT e compagnia bella non mancheranno di dare sostegni, ma il punto cruciale è che il mercato inizia a giudicare “erronea” la Fed nelle sue valutazioni e dunque le manine dovrebbero avere sempre minor effetto. Nel frattempo i tassi interbancari restano in tensione: negli USA il 3 mesi è al 5,75% in Europa al 4,71%, direi che non promettono sostegno all’azionario, perchè più ampia è la forbice tra tassi di rifinanziamento ufficiali (rispettivamente al 5,25 e al 4%) più facile è per le banche restare avverse al rischio. Inoltre la prossima settimana arrivano in scadenza alcuni trilioni di cartaccia strutturata che prima venivano rollati senza difficoltà, adesso invece ….e nessuno , a cominciare dalle banche centrali, è in grado di valutare la grandezza delle perdite in cui molti incorreranno se saranno costretti a vendere (e per ora il mercato di questi strumenti è praticamente sparito, nessuno è in denaro) e quali saranno le reazioni a catena: insomma di questi tempi “corto è bello”.
Dal punto di vista crittologico, per decifrare in tempo reale eventuali novità comportamentali, attenzione come sempre massima su euroyen e curva dei tassi.
 

tontolina

Forumer storico
Niente ritorno alla normalità
di Charlie Minter - 07/09/2007

http://www.smarttrading.it/default.asp?idlingua=1&idContenuto=3631

“Non ci può essere un ritorno alla normalità se la precedente normalità era una capricciosa bolla, a meno che se ne crei una nuova”. C’è molta saggezza in questa frase riportata sul Financial Times da John Plenders. Ammesso che il mercato del credito si stabilizzi nel tempo, dove siamo diretti? Non è possibile tornare al mondo economico e finanziario esistito negli ultimi anni. Anzitutto, c’è da dubitare che funzioni qualunque intervento la Fed ponga in essere in questo momento; in secondo luogo, l’effetto negativo sull’economia reale permarrà anche quando la crisi sarà passata. A proposito dei tentativi della Fed di separare i problemi ordinari dei mercati dall’economia reale, l’economista Martin Feldstein di recente ha rilevato: “non è chiaro se questo sforzo avrà successo, dal momento che la maggior parte dei problemi risiedono in una mancanza di fiducia, un’incapacità di assegnare un valore ai titoli e ad una preoccupazione circa il rischio di controparte”.
Sebbene la Fed possa rendere disponibili fondi mediante l’apertura della finestra del tasso di sconto, la mancanza di trasparenza scoraggia i finanziatori ad agire. Fino a quando la rivelazione inattesa di nuove problematiche continua ad emergere, le turbolenze finanziarie permarranno.

C’è da dire che la Fed non può neutralizzare i problemi sul fronte dei mutui subprime con gli strumenti a disposizione.
Le condizioni restrittive sul credito sono state poste in essere e permarranno. Difatti, se saranno introdotte nuove norme per allentare questi standard, come propongono alcuni parlamentari, il mercato dei mutui diventerà sempre più difficile.

I fondi della Bear Stearns non torneranno in vita ne’ lo faranno tutte le istituzioni collegate a questo settore che sono fallite o ridimensionate.

I mercati del credito mondiali stanno riducendo la leva su basi massicce nonostante tutto quello che le banche centrali mondiali stanno facendo.

Nel frattempo la situazione sul fronte continua a peggiorare, senza che si intravveda la fine. La vendita di case pronte a luglio è calata del 12.2% su livelli che non si vedevano dal 2001.
Alcuni contratti non sono chiusi perché l’impegno delle finanziarie viene meno all’ultimo momento. Le insolvenze sono sui massimi e peggioreranno ancora, dal momento che il reset delle rate dei mutui a tasso variabile culminerà fra il quarto trimestre di quest’anno e il primo trimestre del 2008. Di solito ciò anticipa un ulteriore aumento del tasso di insolvenze.

La confusione nel settore immobiliare si diffonderà quasi certamente al resto dell’economia. Come ho mostrato in passato, anche in condizioni normali di ciclo le inversioni nel settore immobiliare anticipano le recessioni economiche, e questa volta certo non sarà diverso. Un rallentamento è già percettibile:
secondo la Real Capital Analytics a luglio gli investitori hanno comprato proprietà ad uso commerciale per il livello più basso in un anno. Fonti del settore parlano di prospettive di calo del 15% in un anno.
Nonostante il dato positivo sulle vendite al dettaglio, la crescita della spesa per consumi su base annuale è ai livelli più bassi dal 2003.
La ADP stima che gli occupati ad agosto sono cresciuti di 38.000 unità: è il dato più basso da giugno 2003.
E la Chancellor Grey Christmas anticipa un consistente incremento nei licenziamenti. Anche il Beige book non è ottimista.
In definitiva, penso che le attuali tensioni finanziarie dureranno ancora molto.
Il problema reale è di natura fondamentale e l’espansione economica iniziata dopo lo scoppio della bolla tecnologica è stato basato in buona misura sul boom immobiliare indotto dal credito facile, un boom che ha trascurato il rischio e che non può essere resuscitato a proprio piacimento. La borsa è ancora lontana dallo scontare pienamente questo scenario, e questo è confermato dal titolo di un recente numero di Barron’s: “non ci sono orsi da queste parti”. Un titolo che promette di passare alla storia come quello tanto lugubre quanto simile di gennaio 1973: “non ci sono orsi fra noi”.
 

tontolina

Forumer storico
Un mistero racchiuso in un enigma
06 Sep 2007
di Rocki Gialanella


Le agenzie di rating sono nell’occhio del ciclone. Ma sono realmente responsabili o si tratta di un capro espiatorio?

Intorno alla metà di luglio, Moody’s, Standard and Poor’s e Fitch hanno improvvisamente tagliato l’affidabilità creditizia di centinaia di emissioni di debito collateralized e rivisto la maggior parte dei rating. In quel momento la crisi aveva già iniziato a far sentire i suoi effetti, sulla scia del collasso di due Hedge Fund di Bear Stearns. Tuttavia, la decisione di queste società ha rappresentato solo la punta dell’iceberg. Le agenzie svolgono un ruolo cruciale in un mercato tanto complesso. Gli investitori non conoscono le modalità seguite per strutturare le emissioni che sottoscrivono, e per tale ragione si fidano dei rating.

Venerdì scorso sono arrivatete le dimissioni di Kathleen Corbet dalla presidenza di Standard and Poor’s. La Corbert ha dichiarato di essere in piena polemica con il ruolo svolto dall’agenzia di rating nella fase che ha preceduto l’arrivo della crisi dei mutui sub- prime. L’ex presidente sarà sostituita nel suo incarico da Deven Sharma, uno dei suoi fedelissimi collaboratori.

Tanto la Commissione Europea che i politici che governano i paesi più ricchi del pianeta hanno annunciato l’intenzione di promuovere un’indagine sul lavoro svolto dalle agenzie. Tuttavia, non si tratta della prima volta in cui le agenzie sono sotto soggette a questo tipo di controlli. Già nel 2002, con la crisi di Enron, Worldcom e Parmalat, sono state destinatarie di forti critiche.

‘Il nostro lavoro consiste nella determinazione del rischio di credito, non quello della volatilità o della liquidabilità’, ha recentemente sostenuto un portavoce di Moody’s, sottolineando che ‘se le qualifiche adottate oggi le avessimo formulate nel 2006, ci avrebbero definito allarmisti’.
‘Dal punto di vista del credito la situazione non è preoccupante, il problema deriva dal fatto che gli investitori non sono più disposti a finanziare questi strumenti, e per tale motivo la crisi della liquidità potrebbe trasmettersi in tempi brevi a quella del credito’, si legge in una nota rilasciata dai responsabili dell’agenzia. L’agenzia Fitch si è comportata in modo diverso: ha rivisto la propria metodologia di analisi sui derivati strutturati del credito, provocando un incremento del 25% delle probabilità di default per questo tipo di emissioni.

Il CESR ha iniziato in luglio un’indagine sul ruolo delle agenzie di rating nel mercato dei derivati del credito. I primi risultati dell’inchiesta sono davvero confusi. Anche se la maggior parte delle valutazioni espresse dagli operatori del settore sono benevole, non manca chi (la società di gestione di fondi britannica M&G) sostiene che le agenzie di rating non hanno ben calibrato i rischi a causa delle pressioni esercitate da numerose banche.

Le emissioni di obbligazioni legate ai mutui hanno dato vita ad un filone particolare da cui hanno tratto enormi benefici sia le banche sia le società di rating (circa la metà degli introiti derivano da operazioni di questo tipo) Tuttavia, questo processo presuppone un potenziale conflitto di interesse tra le agenzie e le emissioni strutturate.

Il rating è la ragion d’essere delle emissioni strutturate, che a loro volta costituiscono la modalità utilizzata per collocare nel mercato obbligazioni che solo poche banche acquisterebbero senza passare per il torchio della finanza strutturata. Le agenzie di rating non hanno previsto la crisi. Non hanno saputo o voluto notare che la scarsa liquidità e la complessità insita in questi assets li rende molto sensibili ad ogni tipo di nuovo scenario.

Attualmente, la maggior parte delle emissioni strutturate non fanno prezzo. La situazione del mercato è talmente complicata che, semplicemente, non ci sono acquirenti, indipendentemente dall’affidabilità creditizia. E se non ci sono acquirenti, non c’è mercato.
Le entità che hanno in portafoglio questi strumenti hanno un serio problema e il mercato ne ha un altro (non sa dove siano). L’impossibilità di conoscere i volumi reali e la distribuzione dei rischi assunti da banche, assicurazioni e fondi, rappresenta il problema più immediato, ma c’è un’altra incognita ancora più interna.
Il fatto che il mercato non voglia più asset ipotecari non implica, necessariamente, che non valgano nulla.
Non è dato sapere quanto valgano perché non ci sono prezzi di mercato e non vengono considerati validi i modelli utilizzati o i rating. Tuttavia, questo non vuol dire che la totalità delle emissioni strutturate debba essere ammortizzata.
Anche se alcuni hedge fund hanno dichiarato di trovarsi in difficoltà, non tutto l’impatto ipotecario sarà tanto duro.

http://www.fondionline.it/sito/main.php?ch1=C08&p1=1&ch2=C03&ch4=C11&ch3=c14&p2=7478
 

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