IL CASO DEUTSCHE BANK
La più grande banca tedesca è il paradigma della fragilità finanziaria di Berlino, come già notato nel post “Una
poltrona per uno. Joseph Ackermann e il pericolo del capitale pubblico”. La Deutsche Bank, si è liberata
l’anno scorso di molti titoli di debito sovrano, soprattutto dei Paesi in difficoltà. Il suo bilancio da
2.241.174milioni di euro è di gran lunga il più importante del Paese (ma anche d’Europa), ma presenta un
ammontare allarmante di titoli derivati. Nella tabella sopra esposta risalta e preoccupa il peso spropositato
degli “altri attivi”: ben il 49,4% sul totale al 30 giugno scorso. Tali attivi sono rappresentati quasi
esclusivamente da derivati, che costituiscono una vera bomba il cui innesco dipende da eventuali nuove
tensioni sui mercati finanziari. Le attuali regole di ponderazione del rischio degli attivi (quelle, molto
opinabili, dettate dall’Eba) sono molto benevole con Deutsche Bank: a fronte di un attivo totale di oltre
2mila miliardi, l’Rwa (attivo considerato dopo la ponderazione del rischio attribuito) vale “soltanto” 372,635
milardi: poco più dell’Rwa di una banca come IntesaSanPaolo (316,457 miliardi), che però ha asset
complessivi per meno di un terzo (666,402 miliardi) rispetto alla banca teutonica. A nostro giudizio è
indifferibile un intervento di ricapitalizzazione oltre che di dimagrimento del bilancio, soprattutto alla
luce del fatto che, oltre alla detta rischiosità degli attivi, anche la leva finanziaria pari a 55,5 fa di Deutsche
Bank una potenziale mina in seno al cuore finanziario dell’Eurozona.
Anche i timonieri di Deutsche si rendono conto della fragilità del colosso tedesco con i piedi d’argilla e hanno
adottato (o meglio hanno indicato) un sostanziale cambio di rotta. Di recente Db ha rinnovato i vertici aziendali
e il piano industriale 2012/2015 ha introdotto una importante svolta strategica: “rafforzamento
patrimoniale da realizzare interamente attraverso la cessione di attività non-core (135 miliardi di attività
ponderate nell’arco del triennio 2013-15, per un terzo entro marzo 2013); riduzione permanente di 4,5 miliardi
dei costi totali, progetto che richiederà investimenti nel triennio per 4,5 miliardi; ridimensionamento del
contributo dell’attività di investment banking alla formazione del risultato annuale”. Nel 2011 l’attività della
divisione Corporate&Investment di DB “ha contribuito per quasi tre quarti al risultato lordo totale (4 miliardi su
un totale di 5,4 miliardi). L’obiettivo è quello di mutare la fisionomia complessiva del gruppo, riducendo il
contributo di queste attività al di sotto del 50%, in parte in modo virtuoso (rafforzamento delle altre fonti di
ricavo), ma in parte anche attraverso un loro ridimensionamento (quest’area dovrebbe contribuire per oltre il
40% alla riduzione dei costi del gruppo)” (report Bnl del 24/12/2012).