«L’ingresso dell’Italia nell’euro, problemi e prospettive», il messaggio di saluto del ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni: «La crisi sarebbe stata ben peggiore senza l’euro, la Bce e l’Unione europea. L’Italia ha tratto beneficio dall’euro in termini di stabilità dei prezzi e di tassi contenuti». Ora «bisogna correggere l’eccesso o grado di austerità». Ciampi grande italiano e grande europeo, che ha tracciato il percorso per l’intera costruzione europea, ribadisce Moavero. Dopo la grande crisi, ora l’eurozona è più coesa e il 2014 sarà l’anno dell’avvio della ripresa. Prima di tutto l’invito a una lettura analitica soprattutto del «Fiscal compact», che introduce norme più severe su deficit e debito, ma anche «elementi di garanzia e di flessibilità interpretativa». Ora la sfida è quella delle riforme. «L’idea cui stiamo lavorando, e che troverà riscontro a ottobre sotto presidenza italiana dell’Unione europea è di dar vita alle cosiddette intese contrattuali», vale a dire incentivi in cambio dell’impegno volontario dei paesi a varare riforme strutturali.
Da Giuliano Amato l’invito a chi oggi parla impropriamente di un ritorno a un’imprecisata sovranità e alla lira a ripercorrere quel che accadde in quel primo venerdì di settembre del 1992. Nel suo studio di presidente del Consiglio, un preoccupato Ciampi allora governatore della Banca d’Italia informò il Governo della decisione assunta dalla Bundesbank «di non servire più marchi contro lire». Da qui la svalutazione, imposta dalla Bubdesbank «e non certo frutto di una decisione del governo italiano». Quando Ciampi - ricorda Amato - decise che sarebbe stato preferibile essere «tra quelli che concorrono a un governo comune piuttosto che porsi in asimmetria con gli altri», quel trauma era ben presente. Il quadro resta complesso, e non è peregrino chiedersi se sia «così strampalata l’idea della Corte Costituzionale tedesca che vi sia nel Trattato di Maastricht una zona di confine tra ciò che è vietato e ciò che non lo è». Tornare alla lira? «Altro che i nostri soldi. Solo Soldini nell’Atlantico saprebbe come cavarsela».
Anche da Lorenzo Bini Smaghi, ex membro del board della Bce e attuale presidente di Snam, un riferimento a quel che disse Ciampi da ministro del Tesoro del governo Prodi nel 1998, in replica indiretta all’allora governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio: «L’euro non è l’inferno, non è nemmeno il paradiso, forse è un purgatorio». E ancora quando ha invitato in diverse occasioni a guardare prima di tutto in casa nostra: «Sta in noi» trovare la strada. «Non possiamo cercare alibi - osserva Bini Smaghi - sta in noi non solo uscire da questa crisi ma portare l’Europa fuori dalla crisi». Operazione che richiede fiducia e rispetto delle regole: «Occorre assumersi le proprie responsabilità e non scaricarle sugli altri».
Infine l’economista Alberto Quadrio Curzio: l’Europa è riuscita a controllare la crisi ma la crisi non è finita. «Se non si trova il modo di fare una politica espansiva, il conto rischia di diventare troppo salato». In questo contesto, gli eurobond sono tutt’altro che una mutualizzazione del debito.