Tuor - Finanza: solo riforme di facciata

Sharnin 2

Forumer storico
Finanza: solo riforme di facciata
L'appuntamento con un'altra crisi è questione di tempo
29 lug 2010
di ALFONSO TUOR

Prima una riforma del sistema finanziario americano all’acqua di rose, poi uno stress test di 91 banche europee congegnato in modo che la stragrande maggioranza delle banche potesse superare l’esame, infine, lunedì scorso, la proposta di annacquamento dei requisiti di capitale e di liquidità degli accordi di Basilea e di rinvio al 2018 della loro entrata in vigore. Insomma nel giro di poche settimane una sequela di successi del sistema bancario che aiuta anche a spiegare il rally borsistico dei titoli del settore.
Appare comunque difficile considerare queste vittorie delle banche anche dei successi dell’economia reale. Partiamo innanzitutto dalle proposte di nuove regole del cosiddetto Basilea 3, che sono di importanza capitale per l’allocazione delle risorse. Ebbene, le regole proposte continuano a favorire gli istituti più attivi nel trading rispetto a quelli più attivi nell’elargizione del credito tradizionale. Secondo la società di consulenza Boston Consulting Group, «i nuovi requisiti di capitale per i rischi di credito sono sovrastimati del 30/50% rispetto a quelli per i rischi connessi con le attività speculative, sebbene durante l’ultima crisi finanziaria il 90% delle banche ha perso un massimo del 24% di capitale a causa dei rischi di credito e invece ben il 79% per i rischi di mercato». Ciò vuol dire che le regole proposte, da un canto, favoriscono chi fa finanza più di chi fa credito, ossia il modello di banca anglosassone rispetto a quello europeo. Non sorprende quindi che la Germania non abbia ancora dato il proprio assenso e che le autorità tedesche abbiano sottolineato che esso dipenderà proprio dai criteri di ponderazione del rischio delle diverse attività bancarie. Non sorprende neppure che le banche italiane stiano facendo presente alle autorità competenti che, agendo in questo modo, sull’altare della maggiore stabilità bancaria si rischia di sacrificare l’erogazione del credito. Questa battaglia, che è veramente molto importante, è dunque ancora aperta. Ad ogni modo, lunedì scorso a Basilea si è già operato un annacquamento delle regole: è stato deciso che le partecipazioni di una banca in altre società possono essere conteggiate come capitale (ciò ha fatto impennare le azioni del gruppo bancario francese Crédit Agricole e di quello inglese Barclays, che detengono importanti partecipazioni minoritarie); c’è stato inoltre l’accordo per ridurre al 3% il leverage ratio (il rapporto tra mezzi propri e mezzi di terzi) solo a partire dal 2018. Dunque nell’ambito degli accordi di Basilea, che definiscono i requisiti di capitale e di liquidità delle banche, non ci si sta muovendo solo molto lentamente, ma anche nella direzione sbagliata.
Una considerazione analoga vale per la tanto osannata riforma statunitense del sistema finanziario. Essa è stata accolta da Wall Street con un grande sospiro di sollievo. Molte proposte, come quella di trasferire in mercati regolamentati il mercato dei derivati, dovranno essere precisate dalle autorità di sorveglianza. Altre proposte, come quella di Paul Volcker, ex presidente della Fed e attuale consigliere di Obama, di separare in modo netto le attività tradizionali bancarie da quelle di trading, sono state ridimensionate alla regola che le banche possono speculare solo con il 3% dei mezzi propri e sono state di fatto completamente annullate dalla decisione di non sottoporre a controlli il «settore bancario ombra» costituito da Hedge Fund, fondi Private Equity, istituti finanziari di società industriali ecc. Il risultato era facilmente prevedibile: dalle grandi banche americane è cominciato l’esodo consensuale di molti trader per formare nuovi Hedge Fund, formalmente indipendenti. In realtà, la leva, ossia il ricorso al credito, rende simbiotico il legame tra Hedge Fund e banche. E infatti nel mondo anglosassone si è avanzata l’ipotesi che il complesso della riforma americana consista nell’apparente esternalizzazione dei rischi e in un lieve spostamento del baricentro della finanza mondiale dalle banche di investimento agli Hedge Fund. Dunque, un puro esercizio di cosmesi, poiché, come ha dimostrato l’ultima crisi, nella finanza del giorno d’oggi il rischio esternalizzato oppure apparentemente disperso, nei momenti di grande panico tende a riconcentrarsi sul sistema bancario.
Insomma sotto il fuoco incrociato dei vari gruppi di interesse dei diversi comparti del sistema finanziario, sono stati persi di vista quelli che dovevano essere gli obiettivi principali di ogni riforma: da un canto, la riduzione del rischio di crollo del sistema con il conseguente trasferimento delle perdite agli Stati, ossia la socializzazione delle perdite; e, dall’altro, la definizione di regole che spingessero il sistema a riprendere la sua funzione di intermediazione tra risparmio ed investimenti, ossia il ruolo di servizio a favore dell’economia reale.
Nulla di tutto ciò è stato fatto. Eppure, ancora oggi le economie occidentali sono esposte a rischi finanziari di incredibile portata. Il censimento di questi rischi, che non si è pensato nemmeno di fare, renderebbe evidente la rilevanza di queste tematiche, che sfuggono all’uomo della strada, poiché attraverso una terminologia tecnica si rendono questi problemi astrusi. Dunque si sarebbe dovuto fare un vero censimento dei rischi nascosti nel sistema e si sarebbe dovuta valutare l’utilità di veicoli e strumenti creati dalla nuova ingegneria finanziaria. Per quale motivo? Il sistema finanziario ha la funzione di allocare le risorse per finanziare i migliori progetti di investimento, in questo modo favorendo una crescita sana e duratura dell’economia. Il valore aggiunto viene creato dalla bontà di questi investimenti, che dipendono a loro volta dallo sviluppo dell’economia e non dall’attività del settore finanziario in sé e per sé. Quest’ultimo tipo di attività crea solo bolle speculative e crisi finanziarie e così facendo diventa una mano morta per l’economia. Il mondo politico si è fatto condizionare troppo dal mondo della finanza e ha sprecato una grande occasione. Senza correggere le attuali storture, l’appuntamento con un’altra crisi è solo una questione di tempo.
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto