Sharnin 2
Forumer storico
Alfonso Tuor
Le cifre parlano da sole: i risultati di UBS sono i peggiori mai presentati da una società svizzera. La maggiore banca elvetica ha infatti annunciato una perdita di 8,1 miliardi nel quarto trimestre dell’anno scorso e una di 19,7 miliardi per l’intero anno. Le perdite sarebbero state di 3 miliardi di dollari maggiori, se la banca non avesse riclassificato attivi per 15,8 miliardi di dollari da attività detenute a scopo di negoziazione, che devono essere contabilizzate al prezzo di mercato, a prestiti e crediti, che possono essere iscritti a bilancio con un semplice aggiustamento del loro valore e se non avesse fatto valere un credito d’imposta di 1,7 miliardi sugli utili che realizzerà in futuro.
Questo bilancio conferma che il 2008 è stato un «anno orribile» per UBS e che la banca è ancora in mezzo al guado. Il deflusso dei clienti è infatti continuato anche negli ultimi tre mesi dell’anno scorso per raggiungere nell’arco dei 12 mesi la ragguardevole somma di 226 miliardi di franchi. Questo deflusso di clientela equivale a una riduzione della «materia prima» generatrice di utili sia per il settore della gestione patrimoniale sia per quello che si occupa della clientela istituzionale. Non sorprende che la banca abbia quindi annunciato un nuovo taglio dei posti di lavoro, che questa volta toccherà pesantemente anche la Svizzera. Si parla di 600/800 impieghi in meno nel nostro paese.
L’istituto è dunque ancora nel «reparto cure intense» e non è destinato ad uscirne presto, nonostante le assicurazioni di Marcel Rohner, presidente della Direzione generale, il quale ha preannunciato che la banca tornerà quest’anno in zona utili. Queste affermazioni devono essere prese con molta cautela, poiché, come tutti ricorderanno, è oramai diventata una consuetudine dei top manager presentare conti disastrosi chiosando che il peggio è oramai alle spalle e che l’istituto è pronto per riprendere a generare utili.
La realtà è ben diversa: UBS rimane in una situazione critica e la sua convalescenza potrà cominciare solo quando vi sarà un miglioramento significativo della situazione dei mercati finanziari e dell’economia mondiale. Ciò permetterebbe un’effettiva riduzione delle posizioni a rischio e la fine del processo di continuo deterioramento del loro valore. Infatti gli sforzi dell’istituto vengono in parte vanificati dal persistente peggioramento delle valutazioni di molti titoli e dall’aumento delle sofferenze dei prestiti accordati a fondi Private Equity e agli Hedge Funds. È significativo in proposito citare lo stesso comunicato di UBS: la banca nel quarto trimestre ha ridotto il proprio bilancio per un ammontare pari a 269 miliardi di franchi, ma «questa operazione è stata offuscata da un aumento dei valori di rimpiazzo che sono saliti nel solo quarto trimestre di 290 miliardi». Anche l’annuncio positivo per i contribuenti elvetici che i titoli tossici che UBS trasferirà al fondo detenuto e finanziato dalla Banca Nazionale raggiungeranno al massimo i 39,1 miliardi di dollari (e non i 60 miliardi come inizialmente previsto) vuol dire in realtà che in pancia alla banca rimarranno diversi miliardi di titoli a rischio: sono ad esempio quelli con cui sono stati finanziati i prestiti agli studenti americani e altri titoli tossici. Il loro valore è teoricamente garantito dalle assicurazioni americane specializzate (chiamate «monoline»), ma le condizioni di salute di queste ultime sono come minimo precarie.
Un sospiro di sollievo sia per l’UBS sia per il Credit Suisse, che presenterà i conti oggi, era atteso ieri dagli Stati Uniti. Il Senato ha dato un primo sì al piano di rilancio dell’economia e la nuova amministrazione americana ha presentato il pacchetto di misure per salvare le banche. Quest’ultimo piano, su cui ritorneremo nei prossimi giorni, avrebbe dovuto riportare un po’ di calma sui mercati finanziari e addirittura favorire un rimbalzo delle borse, trainato dai titoli bancari. Ma la prima reazione di Wall Street è stata completamente negativa. Mentre il nuovo segretario al Tesoro, Timothy Geithner, presentava quello che è stato chiamato il «Piano per la stabilità finaziaria», i principali indici americani hanno cominciato a scendere pesantemente. Il giudizio è chiaro: i 500 miliardi di dollari che l’amministrazione americana prevede di stanziare per ripulire i bilanci delle banche e l’ampliamento a 1.000 miliardi di dollari delle linee di credito della Federal Reserve non bastano nemmeno lontanamente a chiudere le voragini presenti nei conti delle banche americane. Il piano della nuova amministrazione statunitense rischia di diventare semplicemente un nuovo spreco di risorse pubbliche. La sudditanza del mondo politico di fronte al sistema bancario è impressionante. Già miliardi e miliardi di aiuti sono stati dati alle banche per risanare i loro bilanci, ma queste ultime non hanno ripreso a svolgere la loro funzione fondamentale per uscire dalla crisi: concedere crediti. Il risultato è che con i soldi dei contribuenti si stanno salvando, e quindi premiando, i principali responsabili del marasma attuale senza alcun giovamento per l’economia reale. Il fatto che il piano salvabanche di Obama stia nascendo zoppo è un altro forte campanello di allarme per le due grandi banche svizzere.
11.02.09 07:15:48
Le cifre parlano da sole: i risultati di UBS sono i peggiori mai presentati da una società svizzera. La maggiore banca elvetica ha infatti annunciato una perdita di 8,1 miliardi nel quarto trimestre dell’anno scorso e una di 19,7 miliardi per l’intero anno. Le perdite sarebbero state di 3 miliardi di dollari maggiori, se la banca non avesse riclassificato attivi per 15,8 miliardi di dollari da attività detenute a scopo di negoziazione, che devono essere contabilizzate al prezzo di mercato, a prestiti e crediti, che possono essere iscritti a bilancio con un semplice aggiustamento del loro valore e se non avesse fatto valere un credito d’imposta di 1,7 miliardi sugli utili che realizzerà in futuro.
Questo bilancio conferma che il 2008 è stato un «anno orribile» per UBS e che la banca è ancora in mezzo al guado. Il deflusso dei clienti è infatti continuato anche negli ultimi tre mesi dell’anno scorso per raggiungere nell’arco dei 12 mesi la ragguardevole somma di 226 miliardi di franchi. Questo deflusso di clientela equivale a una riduzione della «materia prima» generatrice di utili sia per il settore della gestione patrimoniale sia per quello che si occupa della clientela istituzionale. Non sorprende che la banca abbia quindi annunciato un nuovo taglio dei posti di lavoro, che questa volta toccherà pesantemente anche la Svizzera. Si parla di 600/800 impieghi in meno nel nostro paese.
L’istituto è dunque ancora nel «reparto cure intense» e non è destinato ad uscirne presto, nonostante le assicurazioni di Marcel Rohner, presidente della Direzione generale, il quale ha preannunciato che la banca tornerà quest’anno in zona utili. Queste affermazioni devono essere prese con molta cautela, poiché, come tutti ricorderanno, è oramai diventata una consuetudine dei top manager presentare conti disastrosi chiosando che il peggio è oramai alle spalle e che l’istituto è pronto per riprendere a generare utili.
La realtà è ben diversa: UBS rimane in una situazione critica e la sua convalescenza potrà cominciare solo quando vi sarà un miglioramento significativo della situazione dei mercati finanziari e dell’economia mondiale. Ciò permetterebbe un’effettiva riduzione delle posizioni a rischio e la fine del processo di continuo deterioramento del loro valore. Infatti gli sforzi dell’istituto vengono in parte vanificati dal persistente peggioramento delle valutazioni di molti titoli e dall’aumento delle sofferenze dei prestiti accordati a fondi Private Equity e agli Hedge Funds. È significativo in proposito citare lo stesso comunicato di UBS: la banca nel quarto trimestre ha ridotto il proprio bilancio per un ammontare pari a 269 miliardi di franchi, ma «questa operazione è stata offuscata da un aumento dei valori di rimpiazzo che sono saliti nel solo quarto trimestre di 290 miliardi». Anche l’annuncio positivo per i contribuenti elvetici che i titoli tossici che UBS trasferirà al fondo detenuto e finanziato dalla Banca Nazionale raggiungeranno al massimo i 39,1 miliardi di dollari (e non i 60 miliardi come inizialmente previsto) vuol dire in realtà che in pancia alla banca rimarranno diversi miliardi di titoli a rischio: sono ad esempio quelli con cui sono stati finanziati i prestiti agli studenti americani e altri titoli tossici. Il loro valore è teoricamente garantito dalle assicurazioni americane specializzate (chiamate «monoline»), ma le condizioni di salute di queste ultime sono come minimo precarie.
Un sospiro di sollievo sia per l’UBS sia per il Credit Suisse, che presenterà i conti oggi, era atteso ieri dagli Stati Uniti. Il Senato ha dato un primo sì al piano di rilancio dell’economia e la nuova amministrazione americana ha presentato il pacchetto di misure per salvare le banche. Quest’ultimo piano, su cui ritorneremo nei prossimi giorni, avrebbe dovuto riportare un po’ di calma sui mercati finanziari e addirittura favorire un rimbalzo delle borse, trainato dai titoli bancari. Ma la prima reazione di Wall Street è stata completamente negativa. Mentre il nuovo segretario al Tesoro, Timothy Geithner, presentava quello che è stato chiamato il «Piano per la stabilità finaziaria», i principali indici americani hanno cominciato a scendere pesantemente. Il giudizio è chiaro: i 500 miliardi di dollari che l’amministrazione americana prevede di stanziare per ripulire i bilanci delle banche e l’ampliamento a 1.000 miliardi di dollari delle linee di credito della Federal Reserve non bastano nemmeno lontanamente a chiudere le voragini presenti nei conti delle banche americane. Il piano della nuova amministrazione statunitense rischia di diventare semplicemente un nuovo spreco di risorse pubbliche. La sudditanza del mondo politico di fronte al sistema bancario è impressionante. Già miliardi e miliardi di aiuti sono stati dati alle banche per risanare i loro bilanci, ma queste ultime non hanno ripreso a svolgere la loro funzione fondamentale per uscire dalla crisi: concedere crediti. Il risultato è che con i soldi dei contribuenti si stanno salvando, e quindi premiando, i principali responsabili del marasma attuale senza alcun giovamento per l’economia reale. Il fatto che il piano salvabanche di Obama stia nascendo zoppo è un altro forte campanello di allarme per le due grandi banche svizzere.
11.02.09 07:15:48