Sharnin 2
Forumer storico
Una data spartiacque per le banche
21 gennaio 2010: le proposte di Obama toccano anche noi
26 gen 2010
di ALFONSO TUOR
Il 21 gennaio 2010 non è solo una data spartiacque per la presidenza Obama e per il sistema bancario americano, ma anche per le due grandi banche svizzere. Giovedì scorso il presidente americano ha infatti gettato alle ortiche tutte le esitazioni che avevano finora contraddistinto la sua politica nei confronti del sistema finanziario, ha apertamente contraddetto la sua squadra economica costituita dal segretario al Tesoro Tim Geithner, dal capo dei consiglieri economici Larry Summers e dal presidente della Federal Reserve Ben Bernanke e ha abbracciato le proposte dell’ex presidente della banca centrale statunitense Paul Volcker, che mirano a risolvere la questione dell’azzardo morale, costituito da banche troppo grandi per fallire e che quindi beneficiano di una garanzia statale. La via perseguita dalla Casa Bianca è quella di rifarsi allo spirito della legge varata negli anni Trenta nel pieno della Grande Depressione, che separava nettamente le banche commerciali, che raccoglievano il risparmio e concedevano prestiti a famiglie ed imprese, dalle banche di investimento, che potevano condurre operazioni a maggiore rischio e non potevano raccogliere il risparmio. Per raggiungere questi obiettivi, Barack Obama propone di far dimagrire le megabanche, stabilendo un limite massimo ai loro attivi e vietando che possano speculare sui mercati finanziari con i mezzi propri e detenere Hedge Fund o fondi Private Equity.
Le proposte del presidente Obama, che devono essere ancora trasformate in chiare disposizioni di legge, non risolvono tutti i problemi che la crisi finanziaria ha posto sul tappeto, ma hanno definito il quadro all’interno del quale si devono muovere le autorità di sorveglianza; queste ultime stanno elaborando nuove regole che dovrebbero essere adottate a livello internazionale. In pratica, Obama ha indicato la direzione di marcia e il suo indirizzo è stato per lo più accolto favorevolmente. Il Governo tedesco ha proposto un vertice internazionale per discutere le proposte di Obama, mentre il Governo francese si è felicitato con il presidente americano. L’unica eccezione è la Gran Bretagna, il cui Governo non condivide le idee americane, mentre l’opposizione conservatrice le sostiene.
Tra i primi ad applaudire vi è stato il presidente del Direttorio della Banca Nazionale Svizzera, Philipp Hildebrand, che da tempo avverte che le dimensioni delle nostre due grandi banche pongono un rischio sistemico per la Svizzera. E infatti le proposte di Obama vano esattamente nella direzione auspicata dalla BNS e rispondono all’esigenza di non ricadere in una situazione di emergenza simile a quella che si è verificata nell’autunno del 2008, quando la crisi di UBS rischiò di abbattersi come uno tsunami sulla Svizzera, facendole vivere una esperienza analoga a quella dell’Islanda. I dati parlano chiaro: la somma di bilancio di UBS corrispondeva a quattro volte il PIL elvetico e insieme a quella del Credit Suisse arrivava a sei/sette volte. Il rischio era ulteriormente accresciuto dal fatto che le nostre due grandi banche operavano con un rapporto tra mezzi propri e mezzi di terzi tra i più bassi al mondo. Un fallimento di UBS avrebbe dunque comportato, come è accaduto in Islanda, il trasferimento dei suoi impegni e delle sue perdite sulle spalle della Confederazione e quindi dei contribuenti svizzeri. L’insistenza della BNS è proprio dovuta a a quanto vissuto in quelle settimane di paura dai dirigenti del nostro istituto di emissione, costretti a sostenere UBS con grandi dosi di liquidità ancor prima che questa chiedesse di essere salvata dalla Confederazione.
In attesa di vedere come intende muoversi il Consiglio federale su questo delicatissimo nodo, il 21 gennaio 2010 è comunque una data spartiacque anche per UBS e Credit Suisse. I motivi sono semplici: le proposte in discussione colpiscono soprattutto gli istituti più attivi nella speculazione, come Goldman Sachs e Morgan Stanley, ossia incidono su quel tipo di attività su cui si sono maggiormente cimentate anche le nostre due grandi banche con l’obiettivo di ritagliarsi una posizione di rilievo a Wall Street. Ora, se le proposte di Obama diventeranno legge, questo modello di attività sarà perdente. Quindi, gli sforzi (e le perdite accumulate negli ultimi anni) compiuti per raggiungere questi obiettivi risulteranno vani. Inoltre a UBS e Credit Suisse viene pure negata la possibilità di sottrarsi alle norme statunitensi. Infatti Barack Obama ha espressamente chiarito che le banche estere attive negli Stati Uniti saranno sottoposte alla legislazione americana, così come dovranno pagare la tassa speciale lanciata una decina di giorni or sono dalla stessa Casa Bianca. La conseguenza è che UBS e Credit Suisse saranno meno redditizie. Nel contempo, si ridurrà il rischio per la Svizzera costituito dall’avere due grandi banche sovradimensionate rispetto all’economia elvetica. Ma c’è di più. La Svizzera si è sempre proposta come una piazza finanziaria specializzata nel Private Banking. Ebbene, le attività ad alto rischio sono relativamente incompatibili con la gestione patrimoniale, poiché i clienti chiedono innanzitutto sicurezza.
In conclusione, se ci sarà un prima e un dopo 21 gennaio 2010 per la presidenza Obama, vi sarà anche un prima e un dopo questa data per le due grandi banche svizzere.
21 gennaio 2010: le proposte di Obama toccano anche noi
26 gen 2010
di ALFONSO TUOR
Il 21 gennaio 2010 non è solo una data spartiacque per la presidenza Obama e per il sistema bancario americano, ma anche per le due grandi banche svizzere. Giovedì scorso il presidente americano ha infatti gettato alle ortiche tutte le esitazioni che avevano finora contraddistinto la sua politica nei confronti del sistema finanziario, ha apertamente contraddetto la sua squadra economica costituita dal segretario al Tesoro Tim Geithner, dal capo dei consiglieri economici Larry Summers e dal presidente della Federal Reserve Ben Bernanke e ha abbracciato le proposte dell’ex presidente della banca centrale statunitense Paul Volcker, che mirano a risolvere la questione dell’azzardo morale, costituito da banche troppo grandi per fallire e che quindi beneficiano di una garanzia statale. La via perseguita dalla Casa Bianca è quella di rifarsi allo spirito della legge varata negli anni Trenta nel pieno della Grande Depressione, che separava nettamente le banche commerciali, che raccoglievano il risparmio e concedevano prestiti a famiglie ed imprese, dalle banche di investimento, che potevano condurre operazioni a maggiore rischio e non potevano raccogliere il risparmio. Per raggiungere questi obiettivi, Barack Obama propone di far dimagrire le megabanche, stabilendo un limite massimo ai loro attivi e vietando che possano speculare sui mercati finanziari con i mezzi propri e detenere Hedge Fund o fondi Private Equity.
Le proposte del presidente Obama, che devono essere ancora trasformate in chiare disposizioni di legge, non risolvono tutti i problemi che la crisi finanziaria ha posto sul tappeto, ma hanno definito il quadro all’interno del quale si devono muovere le autorità di sorveglianza; queste ultime stanno elaborando nuove regole che dovrebbero essere adottate a livello internazionale. In pratica, Obama ha indicato la direzione di marcia e il suo indirizzo è stato per lo più accolto favorevolmente. Il Governo tedesco ha proposto un vertice internazionale per discutere le proposte di Obama, mentre il Governo francese si è felicitato con il presidente americano. L’unica eccezione è la Gran Bretagna, il cui Governo non condivide le idee americane, mentre l’opposizione conservatrice le sostiene.
Tra i primi ad applaudire vi è stato il presidente del Direttorio della Banca Nazionale Svizzera, Philipp Hildebrand, che da tempo avverte che le dimensioni delle nostre due grandi banche pongono un rischio sistemico per la Svizzera. E infatti le proposte di Obama vano esattamente nella direzione auspicata dalla BNS e rispondono all’esigenza di non ricadere in una situazione di emergenza simile a quella che si è verificata nell’autunno del 2008, quando la crisi di UBS rischiò di abbattersi come uno tsunami sulla Svizzera, facendole vivere una esperienza analoga a quella dell’Islanda. I dati parlano chiaro: la somma di bilancio di UBS corrispondeva a quattro volte il PIL elvetico e insieme a quella del Credit Suisse arrivava a sei/sette volte. Il rischio era ulteriormente accresciuto dal fatto che le nostre due grandi banche operavano con un rapporto tra mezzi propri e mezzi di terzi tra i più bassi al mondo. Un fallimento di UBS avrebbe dunque comportato, come è accaduto in Islanda, il trasferimento dei suoi impegni e delle sue perdite sulle spalle della Confederazione e quindi dei contribuenti svizzeri. L’insistenza della BNS è proprio dovuta a a quanto vissuto in quelle settimane di paura dai dirigenti del nostro istituto di emissione, costretti a sostenere UBS con grandi dosi di liquidità ancor prima che questa chiedesse di essere salvata dalla Confederazione.
In attesa di vedere come intende muoversi il Consiglio federale su questo delicatissimo nodo, il 21 gennaio 2010 è comunque una data spartiacque anche per UBS e Credit Suisse. I motivi sono semplici: le proposte in discussione colpiscono soprattutto gli istituti più attivi nella speculazione, come Goldman Sachs e Morgan Stanley, ossia incidono su quel tipo di attività su cui si sono maggiormente cimentate anche le nostre due grandi banche con l’obiettivo di ritagliarsi una posizione di rilievo a Wall Street. Ora, se le proposte di Obama diventeranno legge, questo modello di attività sarà perdente. Quindi, gli sforzi (e le perdite accumulate negli ultimi anni) compiuti per raggiungere questi obiettivi risulteranno vani. Inoltre a UBS e Credit Suisse viene pure negata la possibilità di sottrarsi alle norme statunitensi. Infatti Barack Obama ha espressamente chiarito che le banche estere attive negli Stati Uniti saranno sottoposte alla legislazione americana, così come dovranno pagare la tassa speciale lanciata una decina di giorni or sono dalla stessa Casa Bianca. La conseguenza è che UBS e Credit Suisse saranno meno redditizie. Nel contempo, si ridurrà il rischio per la Svizzera costituito dall’avere due grandi banche sovradimensionate rispetto all’economia elvetica. Ma c’è di più. La Svizzera si è sempre proposta come una piazza finanziaria specializzata nel Private Banking. Ebbene, le attività ad alto rischio sono relativamente incompatibili con la gestione patrimoniale, poiché i clienti chiedono innanzitutto sicurezza.
In conclusione, se ci sarà un prima e un dopo 21 gennaio 2010 per la presidenza Obama, vi sarà anche un prima e un dopo questa data per le due grandi banche svizzere.