Tuor - Una finanza drogata di liquidità

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Una finanza drogata di liquidità
La bolla più macroscopica è nel mercato obbligazionario
3 nov 2009
di ALFONSO TUOR

Il fossato tra l’andamento dei mercati finanziari e quello dell’economia continua pericolosamente ad allargarsi. Molti sono sollevati, poiché pensano di aver evitato una seconda Grande Depressione, e sono convinti che l’economia stia riprendendo a funzionare come prima dello scoppio della crisi. Questa fuorviante percezione della realtà, diffusa soprattutto tra gli operatori finanziari, è il frutto temporaneo degli imponenti interventi di Governi e di banche centrali. In particolare le autorità monetarie hanno creato questa situazione surreale abbattendo il costo del denaro (i tassi di interesse sono oggi di poco superiori allo zero) e inondando il sistema di liquidità. Questa cura da cavallo sta ora cominciando a mostrare i suoi limiti. L’enorme quantità di moneta in circolazione, che ha apparentemente sanato i guai del sistema finanziario, si è riversata sui mercati finanziari di tutto il mondo spingendo al rialzo ogni strumento di investimento e creando nuove e ancor più pericolose bolle finanziarie. Il meccanismo della diffusione a livello planetario di questa bolla ha origine negli Stati Uniti. Come ha ben evidenziato Nouriel Roubini nel «Financial Times» di ieri, i ripetuti annunci della Federal Reserve di non voler cambiare politica hanno creato un meccanismo virtuoso per i grandi investitori finanziari: si finanziano in dollari a costo pressoché zero, convertono questi dollari nelle valute dove spuntano rendimenti interessanti e ottengono, come risultato finale, un guadagno sull’investimento vero e proprio che, calcolato in dollari, viene aumentato dal deprezzamento del tasso di cambio del biglietto verde intervenuto nel frattempo. E’ il famoso «carry trade», che nelle circostanze attuali diventa un meccanismo sicuro per far soldi ampiamente usato dai grandi investitori (banche d’investimento, Hedge Fund, ecc.). Ma come è già accaduto in passato, l’afflusso di enormi quantità di capitali soprattutto nei Paesi emergenti può provocare guai enormi: rivalutare la moneta facendo perdere competitività all’industria di esportazione, favorire vorticosi rialzi degli indici azionari e dei prezzi immobiliari e infine, quando questi capitali devono essere precipitosamente rimpatriati, crolli dei prezzi e crisi valutarie. Questo meccanismo è stato ad esempio all’origine della crisi asiatica del 1997. Di fronte a questo fenomeno il Brasile ha deciso di reagire introducendo una tassa del 2% sui capitali che entrano nel Paese per motivi speculativi. Altri Paesi emergenti non hanno ancora reagito, anche se stanno assistendo a fenomeni simili a quelli registratisi in Brasile.
Questa enorme quantità di capitali non si dirige solo verso i Paesi emergenti, ma anche verso l’Europa, aggiungendosi all’ingente quantità di liquidità già immessa nel sistema dalla Banca centrale europea, dalla Banca di Inghilterra e dalla nostra Banca Nazionale. Nel Vecchio Continente, come anche negli Stati Uniti, la bolla più macroscopica è quella nel mercato obbligazionario. Le continue iniezioni di liquidità hanno permesso alle grandi società di rifinanziarsi sul mercato dei capitali. I rendimenti richiesti, che nei primi mesi di quest’anno erano elevati, con il passare dei mesi si sono via via ridotti. L’entità di questa diminuzione è dovuta ad una forte riduzione della percezione del rischio da parte degli investitori, difficilmente spiegabile con un miglioramento della situazione economica. Lo stesso fenomeno è avvenuto per le obbligazioni statali dei Paesi gravati da forti debiti pubblici, come l’Italia. Anche i prezzi di altre attività finanziarie (dalle azioni alle materie prime) stanno volando grazie al denaro facile e a costo zero.
Questa situazione di benessere dei mercati finanziari, che permette ai grandi gruppi bancari di macinare utili facendo trading, non trova riscontro nell’economia reale, che continua ad arrancare e a perdere posti di lavoro. Dunque il fossato tra economia finanziaria e reale continua ad allargarsi e si sta affievolendo la speranza di riuscire a rilanciare la crescita. Negli Stati Uniti si discute di un secondo pacchetto fiscale teso soprattutto a favorire la creazione di nuovi posti di lavoro, mentre in Europa il nuovo governo tedesco ha deciso di abbandonare ogni titubanza sulla tenuta dei conti pubblici e di sostenere l’economia con un nuovo pacchetto di stimolo nel 2010 e con la riduzione della pressione fiscale nel 2011. La Francia ha già messo da tempo in soffitta il Patto di Maastricht e prevede un ulteriore ampliamento del proprio disavanzo. Ciò vale anche per gli altri Paesi europei e per gli Stati Uniti. I mercati non dubitano ancora della credibilità degli strumenti con cui gli Stati finanziano l’esplosione dei debiti pubblici, ma questa fiducia rischia di essere solo un’apparenza dovuta ai massicci acquisti di titoli pubblici attuati dalle banche centrali. Quindi ci si può domandare quando i risparmiatori cominceranno a chiedere rendimenti maggiori per sottoscrivere i titoli pubblici e le obbligazioni societarie.
Si può dire che il mondo sta vivendo una situazione irreale creata dall’enorme quantità di denaro a basso costo in circolazione. Il rinnovato benessere dei mercati finanziari e l’apparente sollievo di queste settimane sono solo il frutto di fenomeni perversi destinati a farci assistere ad una fase ancora più acuta della crisi scoppiata nell’estate del 2007 con lo scoppio della bolla dei mutui ipotecari subprime.
 

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