Joachim von Lamòttingen ha scritto:
..... mò verrai a dirmi che l' ho detto io invece del papa che l' ingresso della turkia in ue è un fatto ANTISTORIKO, quando era ankora cardinale e la posizione in generale "neutrale" del Vaticano come la spieghi

pensa che c he alcuni eminenti esponenti del vaticano hanno apostrofato la visita come un " gesto di grande cortesia ", Erdogan che non incontra il papa e ad ogni intervista ritorna sul discorso allucinante che ha fatto papa in germania l' estate scorsa, aggiungiamo pure le proteste e le manifestazioni ........ mediatiko
non sono nodi, sono differenze culturali storike profonde
non si sta parlando nè di danimarka nè di olanda non andare fuori tema infilando fave e piccioni
non mi puoi confrontare la turkia con la romania o la bulgaria

la romania e la bulgaria in questi ultimi anni hanno fatto riforme in molti settori soddisfacendo i parametri rikiesti dal tratta di adesione, in turkia invece esistono ankora problemi sul riconosciemento dei diritti e delle libertà fondamentali in determinate zone.....capisci che un confronto non si pone troppe differenze anke su questo versante
x quanto riguarda l' economia benchè rimanga ankora un paese rurale si vedono signifikativi passi avanti nell' industrializzazione, iniziano ad attirare investimenti esteri
il tasso di crescita è in aumento e nello stesso tempo inizia ad essere contenuta l' inflazione, il reddito pro capite è in aumento e le stime sono molto ottimistike x il prossimo decennio e questo influisce pure sulla popolazione debole, c'è ankora un alto deficit forse anke unì asimmetrika distribuzione della rikkezza ma non si può ora pretendere + di tanto
In tutta sincerità della posizione del vaticano non me ne frega nulla.
La Turchia punta sul controllo della spesa (fondionline.it) - 1
- 27.11.06/16:20
Il paese candidato all’ingresso nell’Unione Europea mantiene attiva la lotta per la riduzione del deficit.
L’economia turca continua ad applicare gli aggiustamenti necessari per centrare l’ingresso nell’Unione Europea. Nel bel mezzo delle dispute politiche che lo vedono impegnato con Cipro, l’esecutivo di Ankara ha ricevuto le indicazioni del Fondo Monetario Internazionale per mantenere il deficit pubblico al di sotto del 5%. Tuttavia, il paese non ha ancora realizzato le riforme necessarie per migliorare l’environment favorevole agli investimenti.
Gli investimenti diretti esteri hanno raggiunto i 9.000 milioni di dollari nel 2005, ammontare che –nonostante sia quintuplicato in un biennio- è pari a solo al 2,5% del Pil. La crescita turca si è attestata al 7,5% nel secondo trimestre ( un andamento più che doppio rispetto a quello della media UE). . L’inflazione si è ridotta fino al 10% e il debito pubblico è stato tagliato fino al 70% del Pil.
La Turchia continua il suo processo di adattamento economico per fare ingresso nell’Unione Europea, nonostante gli avvertimenti della Commissione affinché il paese apra i suoi aeroporti a Cipro (uno stato che non è riconosciuto formalmente da Ankara). Le stesse autorità europee hanno avvertito che, se non ci saranno progressi in tal senso- la futura adesione turca all’UE potrebbe essere rimessa in discussione.
Con i suoi ottanta milioni di abitanti, l’ingresso della Turchia nell’UE continua a rappresentare un’incognita. Il difficile rapporto con Cipro, gli scarsi progressi in tema di diritti umani e le turbolenze politiche interne, generano molte incertezze tra gli investitori. I diversi Organismi internazionali (tra cui FMI e OECD), riconoscono che il paese deve realizzare importanti progressi per consolidare la sua crescita. Secondo gli esperti che operano per questi organismi, l’economia turca dovrebbe variare l’assetto tributario, modificare le norme che regolano il mercato del lavoro, adottare provvedimenti a favore dello sviluppo imprenditoriale e della crescita, semplificare la regolamentazione necessaria per il consolidamento delle attività produttive.
Queste modifiche devono essere accompagnate dall’adozione di piani di privatizzazione del settore energetico e portuario, e dalla graduale riduzione del peso del settore agricolo. Il Fondo Monetario Internazionale avverte che questi cambiamenti devono essere integrati da un’austera e razionale politica fiscale. Storicamente, uno dei maggiori problemi turchi sono i suoi conti pubblici. Dopo il default del sistema finanziario degli anni novanta, il paese ha concluso accordi con il Fondo Monetario Internazionale per riformare l’economia. Gli accordi hanno permesso di ridurre il deficit dal 19% del 2001 al 4,5% del Pil nel 2004. Nello stesso periodo, si è messa in moto una riduzione del debito pubblico, passato dal 99% del Pil del 2001 a meno del 70% di oggi.
Tuttavia, proprio nel corso di questo mese, il governo di Ankara ha annunciato un piano per accrescere del 17% la spesa pubblica nel 2007, una misura accolta male dagli Organismi finanziari internazionali, in quano giunta nel mezzo di un anno pre-elettorale. L’allarme lanciato dal FMI ha obbligato l’esecutivo a congelare fondi per 997 milioni di dollari che dovevano essere investiti nel quarto trimestre dell’anno in corso. Il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Centrale di Ankara hanno espresso forti preoccupazione per il probabile aumento della spesa nel 2007. Il FMI Ha inoltre accordato un prestito di 10.000 milioni di dollari per poter procedere sulla strada delle riforme.
A favore della Turchia gioca la buona dinamica dei prezzi al consumo. L’inflazione è passata dal 70% di cinque anni fa, al 10% del 2005. Le previsioni governative e quelle formulate dalla Banca Centrale indicano che la crescita dei prezzi potrebbe cadere fino al 5,2% nel 2006 e all’1,7% nel 2008.