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Forumer storico
Finanza&mercati del 25 Febbraio 2006
Roncadin
Ancora una chiusura negativa ieri la flessione è stata dell’ 1,32% - per il titolo Roncadin.
E si può capire: quella che una volta era un’azienda di surgelati è diventata,
dopo la fusione con Arena, un’impresa specializzata nell’allevamento di pollame e affini. Le cronache dell’influenza aviaria sembrano una partita del tipo fuoco- fuochino: trovati uccelli contagiati in India, in Turchia, in Grecia, in Germania, in Calabria, in Puglia e via via sempre più vicini a Piazza Affari.Con tutto questo, bisogna riconoscere che gli investitori stanno tenendo i nervi abbastanza saldi. Dall’inizio dell’anno il bilancio del titolo è negativo, ma non disastroso: disastroso: la perdita è del 12% e, considerato che nello stesso periodo la Borsa milanese è salita di quasi il 7%, il danno complessivo per l’azionista di Roncadin sfiora il 20 per cento. Ma è una discesa progressiva, senza scene di panico. D’altra parte c’è da dire che questa volta il governo si è mosso in modo abbastanza tempestivo, andando a picchiare i pugni sul tavolo di Bruxelles per rendere possibile lo stanziamento di maggiori risorse rispetto a quanto, originariamente, si sarebbe reso disponibile. Anche questo, forse, ha tenuto viva la fiammella dell’ottimismo tra tutti i soci. Tutti, tranne uno: il presidente e amministratore delegato di Roncadin, Dante Di Dario. Il quale, dall’inizio di febbraio, ha venduto oltre 2 milioni 120mila titoli, pari all’1,63% del capitale della società, per un controvalore superiore a 800mila euro. Un po’ poco per ritenersi indenne dall’influenza aviaria (o per lo meno dai suoi effetti borsistici), perché Di Dario è di gran lunga il socio di controllo di Roncadin, con una quota del 73,2% del capitale. Ma abbastanza per dare un pessimo esempio agli altri soci. Si potrebbe dire che il capitano abbandona la nave prima degli altri passeggeri, ma sarebbe inesatto perché ha una partecipazione troppo ingombrante per farlo. Diciamo che si infila il giubbotto salvagente prima degli altri: e non è
uno spettacolo molto edificante.
Roncadin
Ancora una chiusura negativa ieri la flessione è stata dell’ 1,32% - per il titolo Roncadin.
E si può capire: quella che una volta era un’azienda di surgelati è diventata,
dopo la fusione con Arena, un’impresa specializzata nell’allevamento di pollame e affini. Le cronache dell’influenza aviaria sembrano una partita del tipo fuoco- fuochino: trovati uccelli contagiati in India, in Turchia, in Grecia, in Germania, in Calabria, in Puglia e via via sempre più vicini a Piazza Affari.Con tutto questo, bisogna riconoscere che gli investitori stanno tenendo i nervi abbastanza saldi. Dall’inizio dell’anno il bilancio del titolo è negativo, ma non disastroso: disastroso: la perdita è del 12% e, considerato che nello stesso periodo la Borsa milanese è salita di quasi il 7%, il danno complessivo per l’azionista di Roncadin sfiora il 20 per cento. Ma è una discesa progressiva, senza scene di panico. D’altra parte c’è da dire che questa volta il governo si è mosso in modo abbastanza tempestivo, andando a picchiare i pugni sul tavolo di Bruxelles per rendere possibile lo stanziamento di maggiori risorse rispetto a quanto, originariamente, si sarebbe reso disponibile. Anche questo, forse, ha tenuto viva la fiammella dell’ottimismo tra tutti i soci. Tutti, tranne uno: il presidente e amministratore delegato di Roncadin, Dante Di Dario. Il quale, dall’inizio di febbraio, ha venduto oltre 2 milioni 120mila titoli, pari all’1,63% del capitale della società, per un controvalore superiore a 800mila euro. Un po’ poco per ritenersi indenne dall’influenza aviaria (o per lo meno dai suoi effetti borsistici), perché Di Dario è di gran lunga il socio di controllo di Roncadin, con una quota del 73,2% del capitale. Ma abbastanza per dare un pessimo esempio agli altri soci. Si potrebbe dire che il capitano abbandona la nave prima degli altri passeggeri, ma sarebbe inesatto perché ha una partecipazione troppo ingombrante per farlo. Diciamo che si infila il giubbotto salvagente prima degli altri: e non è
uno spettacolo molto edificante.