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Foglio di giovedì 26 maggio 2011, pagina 1

Ecco il manifesto di Draghi, governatore in pectore della Bce


Ecco il manifesto di Draghi, governatore in pectore della Bce L'EUROPA DEVE ESSERE RIGORISTA, SVILUPPISTA E RISCOPRIRE LA POSSIBILITÀ DEL FALLIMENTO DELLE BANCHE. LA LELIONE DI BERLI:\O Roma.
Il primo discorso da candidato u1 ficiale alla presidenza della Banca centrale europea Mario Draghi l'ha tenuto in lingua inglese ma con accenti decisamente tedeschi. Ovvero: non c'è politica monetaria che non sia stabile, non c'è politica fiscale che non sia rigorista, non c'è strategia di politica economica nazionale che non sia pro crescita. Il governatore della Banca d'Italia si è rivolto ieri a una platea della Cdu, il partito di governo tedesco, riunita a Berlino per discutere sul tema: "Germania: motore d'Europa, modello per il futuro?". Ma ancor più dell'oggetto del dibattito, come al solito, conta il panel degli oratori: e a fianco di Draghi ieri c'erano da una parte la cancelliera Angela Merkel, dall'altra il capoeconomista della Bce, il tedesco (anche lui) Jurgen Starle Si è trattato quindi del debutto ufficioso del governatore di fronte ai "grandi elettori" tedeschi, in attesa che Jean-Claude Trichet a ottobre lasci la guida dell'Istituto di Francoforte. Fino a quel momento ci si continuerà a interrogare sulla forma che prenderà il nuovo corso della Bce in un momento tanto delicato per il Vecchio continente. Ieri il quotidiano americano Wall Street Journal, affrontando in prima pagina il nodo della Grecia e del potenziale contagio della crisi in altri stati dell'Ue, analizzava ancora una volta "lo scontro che ha messo uno contro l'altro la Bce, la Germania e diversi paesi europei" sul salvataggio di Atene, e poi poneva "una domanda sul futuro della regione: fino a dove saranno disposti ad arrivare i paesi più ricchi di Eurolandia per tentare di mantenere intatto il blocco?".
Draghi, a Berlino, ha esordito offrendo una prospettiva in qualche modo rassicurante: "La risposta coordinata di politica economica alla crisi è stata inizialmente, a livello globale, tempestiva ed efficace".
Anche l'Europa si è comportata finora in maniera piuttosto diligente: "Il successo dell'Unione monetaria ha superato anche le aspettative più ottimistiche - ha detto Draghi - l'euro si è affermato come una valuta internazionale credibile e forte". Merito innanzitutto dell'attuale gestione della Bce, ha spiegato il candidato numero uno alla successione di Trichet.
Il bilancio per i singoli stati nazionali è meno trionfalistico, e per questo Draghi ha proposto in più occasioni di seguire il modello Germania. Quello tedesco è stato infatti lo stato membro più citato dal governatore. "Per lungo tempo la moneta unica ha tenuto nascoste le diversità delle condizioni di partenza e delle politiche economiche dei vari stati membri europei". Ma è oramai chiaro che "per assicurare la stabilità finanziaria all'interno di un'unione monetaria, ci sono tre condizioni che devono essere rispettate in ogni paese: stabilità dei prezzi, disciplina fiscale, politiche nazionali che portino alla crescita economica". Esattamente il trittico di regole che va predicando da mesi Berlino.
E se la stabilità dei prezzi è garantita dalla Bce, la Banca centrale che guardacaso ha sede proprio in Germania, le altre due condizioni non sono ancora assicurate ovunque. Ergo: se è vero che crescita e stabilità dei conti "non possono essere raggiunte senza fare ricorso a riforme strutturali", "la responsabilità di queste riforme strutturali - ha sottolineato più volte Draghi - è prima di tutto e soprattutto appannaggio dei governi nazionali e delle parti sociali". Proprio su questo punto, dirimente per il futuro dell'Ue, "la Germania ha fatto da battistrada". Al punto che
Il candidato in pectore alla Bce non si è espresso esplicitamente sul dossier-Grecia, ma ha detto chiaramente che il sostegno a situazioni rischiose, che magari vedono coinvolte grandi banche private, non può essere illimitato nel tempo. Altrimenti si alimenta l'azzardo morale": "Per eliminarlo, dobbiamo far sì che anche per le più grandi istituzioni finanziarie sia possibile fallire in maniera ordinata, secondo modalità che non richiedano salvataggi finanziati dal contribuente ma che invece coinvolgano gli azionisti e i creditori, con la possibilità per questi ultimi di sostenere delle perdite". Musica per le orecchie della Merkel e del suo governo, alle prese con un elettorato sempre più stanco di doversi sobbarcare sia il lassismo di altri concittadini europei che i rischi dei propri banchieri.
 

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