Borsa Il mercato aspetta lo scatto di Ghizzoni
Borsa Il mercato aspetta lo scatto di Ghizzoni
Nell’agenda del top manager un gruppo più vicino ai clienti La sfida: rendere Unicredit migliore delle concorrenti europee
S e l’aspettava probabilmente diverso. Uno si prepara una vita, studia, lavora, batte tutte le strade da Vienna a Mosca, soprattutto quelle lontane dalle capitali, passando per Timisoara e Lodz, Bratislava e Cluj. Poi, quando arriva il momento, se l’immaginava diverso: non più facile, ma diverso sì. Forse meno complicato, meno esposto. Mentre qui il fronte è unico, a 360 gradi, tondo come piazza Cordusio. E gli attacchi arrivano da tutte le parti, eppure c’è da sostituire dopo 15 anni Alessandro Profumo, come si fa a dire di no, malgrado gli azionisti in ebollizione, i mercati a rotoli, i tassi di interesse vicini allo zero, il dividendo che non c’è, le fondazioni, gli arabi. Eppure, Federico Ghizzoni confida a chi gli è vicino che lui «dorme tranquillo» tutte le notti, forte di un carattere che non si deprime. Certo, se uno pensa che i livelli di redditività del 2006-2007 potranno tornare rapidamente, siamo fuori strada, ma la sua sfida a Unicredit è un’altra: non contro il passato, ma contro i competitor .
Il fattore «G»
Entro la fine di dicembre Ghizzoni incontrerà i primi 400 manager del gruppo e affiderà loro la nuova sfida: fare meglio di tutti i grandi gruppi europei, da Bnp Paribas a Barclays, da Deutsche al Credit Agricole. Partendo da un assunto: essere più vicini alla clientela e da una prima declinazione operativa: avere meno persone nella matrice decisionale. È nei fatti che Ghizzoni vuole misurare la «sua» Unicredit: se nella delibera di un’operazione la sua è la decima firma della banca, probabilmente c’è qualcosa che non va ed è legittimo il sospetto che almeno due terzi di quelle dieci firme siano inutili...
La sfida industriale appare complicata ma definita. Più complessa è invece la gestione della macchina organizzativa. Eppure Ghizzoni sta diventando un fattore. Non è Profumo e per fortuna non lo scimmiotta. Ma ha già messo in chiaro alcuni aspetti. Il primo e più importante è coinciso con la sua ferma presa di posizione sul direttore generale. Un direttore unico, Roberto Nicastro. Una decisione forte, contrastata, che ha contribuito a disegnare un primo tratto identificativo di Ghizzoni e a ricondurre nell’alveo istituzionale il presidente Dieter Rampl, oltre a convincere Sergio Ermotti ad andarsene verso Ubs, dove sarà operativo ad aprile. A quel tempo la posizione di Ermotti sarà ricoperta. Non sarà una scelta facile perché il Corporate and Investment banking rimarrà centrale in Unicredit, con l’investment che opererà a supporto del corporate . I cacciatori di teste sono arrivati a selezionare quattro possibili candidati in tutta Europa. Si deciderà tra loro, probabilmente nelle prime settimane del 2011.
Ermotti non è l’unico a lasciare Unicredit in questi tempi. Il capo economista Marco Annunziata (vedi articolo a pagina 13) si trasferisce negli Stati Uniti e andrà a lavorare per General Electric. Una scelta dettata da motivi famigliari, con la moglie che insegna in California. Diverso è il caso di Salvatore Piazzolla, il capo del personale. Qui ha influito la diversa visione strategica sull’area: Ghizzoni vuole semplificare la struttura e agire sui costi, che stanno diventando pesanti soprattutto se confrontati con quelli degli altri gruppi, così domani si conoscerà il nuovo responsabile.
Snello rapido e veloce
Nel groviglio di interessi su cui Ghizzoni è chiamato a incidere, il ceo di Unicredit sembra aver individuato due urgenze: la prima è la semplificazione del modello operativo, che resta quello divisionale. Le strategie di gruppo, con orizzonte cinque anni — quindi linee guida e non numeri obiettivo — sono state presentate venerdì 3 dicembre al comitato strategico e domani saranno presentate al consiglio di amministrazione. Proiettano Unicredit oltre la crisi, mixando esigenze locali e orizzonti europei. Nel 2011 l’Italia metterà a fuoco la nuova organizzazione, il cosiddetto Bancone, con una sfida vera nel tentativo di stare più vicini alla clientela, quella di affidare maggiori deleghe e responsabilità alla rete agenziale, ben sapendo che se in Italia si localizzano il 40 per cento degli impieghi della banca, da qui non arriva il 40 per cento degli utili. Ed è per questo che il 2 dicembre, parlando agli analisti a Londra, Ghizzoni ha annunciato 900 nuovi sportelli nell’Est Europa nei prossimi 5 anni: «Siamo — ha detto in quella occasione — l’unico gruppo europeo ad avere una presenza molto forte in un’area ad alta crescita. Dobbiamo investire per il futuro».
Ultimo dell’anno
Domani è in calendario l’ultima riunione dell’anno del consiglio di amministrazione della banca. Sul tavolo molti dossier aperti. Verrà nominato il capo del personale al posto di Salvatore Piazzolla. Verrà valutata la proposta delle Poste per l’acquisizione del Mediocredito centrale (vedi Corriere Economia della scorsa settimana) e in questo caso il sentiment della vigilia sembra vedere congrua l’offerta ricevuta ed è probabile quindi l’inizio della due diligence per la definizione dei particolari dell’operazione. Ma soprattutto ai consiglieri — che dovranno decidere anche sulla vicenda Premafin di Ligresti —verrà illustrato da Ghizzoni il piano quinquennale di sviluppo. Nulla a che vedere con l’Urss pre-89, piuttosto una visione di sviluppo possibile, una via d’uscita dalla crisi. La massiccia presenza a Est sembra aver dato qualche sussulto al titolo, sceso anche recentemente sotto quota 1,5 euro, tanto che qualche analista pone il target price di Unicredit tra 2,3 e 2,4 euro. Ma l’obiettivo, dirà Ghizzoni ai manager, è di fare meglio dei concorrenti: essere leader malgrado la crisi, diventare primi in Europa in tutte le attività crossboard . Un obiettivo ambizioso. Ma Ghizzoni è ottimista. E dorme tranquillo.