Non rieco a togliermi i rospi che ho mangiato stamane ......
Dice tutto il confronto con le buste paga distribuite, ad esempio, al Senato. Dove le professionalità di eccellenza dei dipendenti, che da sempre raccolgono elogi trasversali da tutti i senatori di destra e sinistra, neoborbonici o padani, sono state pagate fino a toccare eccessi unici al mondo. Tanto da spingere certi parlamentari (disposti ad attaccare Monti, Berlusconi, Bersani o addirittura il Papa ma mai i commessi da cui sono quotidianamente coccolati) ad ammiccare: «Siamo semmai gli unici, qui, a non essere strapagati».
Il questore leghista Paolo Franco lo dice senza tanti giri di parole: «Il contratto dei dipendenti di palazzo Madama è fenomenale. Consente progressioni di carriera inimmaginabili. Ed è evidente che contratti del genere non se ne dovranno più fare. Bisogna cambiare tutto». Come può reggere un sistema in cui uno stenografo arriva a guadagnare quanto il re di Spagna? Sembra impossibile, ma è così. Senza il taglio del 10% imposto per tre anni da Giulio Tremonti per i redditi oltre i 150 mila euro, uno stenografo al massimo livello retributivo arriverebbe a sfiorare uno stipendio lordo di 290 mila euro. Solo 2mila meno di quanto lo Stato spagnolo dà a Juan Carlos di Borbone, 50 mila più di quanto, sempre al lordo, guadagna Giorgio Napolitano come presidente della Repubblica: 239.181 euro.
Per carità, non «ruba» niente. Esattamente come Ermanna Cossio che conquistò il record mondiale delle baby-pensioni lasciando il posto da bidella a 29 anni col 94% dell'ultimo stipendio, anche quello stenografo ha diritto di dire: le regole non le ho fatte io.