Riassumo ciò che scrivemmo in un thread sull'argomento, tempo fa.
Svolgere trading non è un'attività lavorativa autonoma intesa in senso stretto, poiché non sussitono obblighi di iscrizione all'ufficio IVA, presentare bilanci, oneri fiscali, previdenziali, ecc.
Ovviamente, non si gode nemmeno dei benefici previsti per le attività professionali (pensione, ecc.)
Giuridicamente, gli atti di investimento, di speculazione e di finanziamento quando sono coordinati in modo da configurare un'attività unitaria possono dare luogo ad impresa commerciale se ricorrono gli ulteriori requisiti dell'organizzazione e della professionalità (altrimenti siamo nel campo del godimento o amministrazione del proprio patrimonio).
Esiste, pertanto, differenza tra a) attività produttiva; b) attività di godimento; nonchè tra lavoratore autonomo e imprenditore.
Quanto alla professionalità, è nozione tecnica prevista dall'art. 2082 c.c. ("professionalmente").
Su un altro piano si pomgono gli aspetti fiscali (apertura della partita iva): ma gli aspetti civilistici (statuto dell'imprenditore) e quelli fiscali spesso non coincidono.
La qualificazione di una figura è indipendente dall'avvenuta iscrizione o meno presso un registro (si tratta di questione a valle della qualificazione, non a monte).
Art 2082 cc: riguarda la definizione di imprenditore, non di professionalità
" Imprenditore - E' imprenditore chi esercita professionalmente un'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi".
Mancano nel trader, i requisiti di professionalità ed economicità.
Per la definizione di "professionalità" non esiste una definizione rintracciabile nel cc ma si fà invece riferimento, nella prassi giuridica, ad una competenza erogata sistematicamente A TERZI.
Quindi nel caso del trader: anche se esercita un'attività organizzata con continuità, questa manca della professionalità giuridica, che è diversa da quella tecnica intesa nel senso di competenza e bagaglio di conoscenze.
Difatti, il consulente è un professionista, (pur non essendo iscritto all'albo) xchè vende le sue consulenze a qualcun'altro, non a se stesso.
Per quanto riguarda il requisito di economicità, mancherebbe anche quello, nel trader, poichè manca lo scambio effettuato con un terzo d'un prodotto/servizio al quale io trader ho aggiunto valore.
Difatti, il valore aggiunto della speculazione non è di certo il gain,
(difatti è tassato al 12,5% non al 20% come l'IVA) se proprio si vuole cercare un valore aggiunto nella speculazione si deve fare riferimento ad un concetto che è molto più sottile di quello classico, e riguarda alcune teorie economiche.... tipo l'efficienza dei mercati finanziari.. Io infatti sono convinto, per lo meno in teoria, che il prodotto di noi trader, possa essere proprio questo: contribuiamo alla quotazione delle aziende, dando un voto al relativo management... fondiamo le decisioni di partecipare o no ad un collocamento sulla base delle nostre visioni (non quelle delle banche che invece influenzano i piccoli risparmiatori).
La nostra retribuzione è direttamente proporzionale alla correttezza delle valutazioni, correttezza desunta dalla pluralità dei soggetti che formano il mercato, noi inclusi. Questo potrebbe essere il nostro vero valore aggiunto, qualora la nostra attività abbia un peso tale da poter determinare una direzione anzichè un'altra... ma non mi pare sia così.
Le plusvalenze non sarebbero tassate al 12.5% ma, rientrando nell'attività di impresa, andrebbero a bilancio e tassate con l'aliquota progressiva IRPEF (o con l'IRPEG, se società) e con le varie imposte, tasse, ecc. poi ci sarebbero i contributi previdenziali (ricordo che i contributi INPS hanno un minimo di circa 1000 euro annui, al momento) .