FTSE Mib Futures Y SOPRAVVISSUTI di Idee e grafici. parte seconda (5 lettori)

dondiego49

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ora il Mib deve superare 21,840 punti ,e dal inizio quarto trimestre del 2015 che non si vede quel livello ..credo sara tosto

Nuovo record per il debito pubblico: è di 2.260 miliardi - Corriere.it
tra 80€ e tutto il resto...

Business
SOLO IL GOVERNO VEDE LA RIPRESA: UNA RIPRESA IN GIRO – LA CRESCITA E’ FERMA. NEL PRIMO TRIMESTRE, IL PIL E’ AUMENTATO DELLO 0,2% - PEGGIO DI NOI SOLO LA GRECIA, LA MEDIA EUROPEA E’ DELLO 0,5% - NEL 2017 UNA CRESCITA DELLO 0,6%, QUASI LA META’ DI QUELLA ANNUNCIATA DA PADOAN
peggio solo la grecia...e se il pil in manovra è inventato, la manovra sarà ben peggiore e quindi l'artefice della voragine tenterà di votare prima, con le ben note reazioni di spread e borsa....
 

dondiego49

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scavatrice al lavoro fanno la Foza ..spero non oltre 21,500


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dondiego49

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FtseMib future: spunti operativi per mercoledì 17 maggio

di Gianluca Defendi

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    E’ stata una giornata positiva sul mercato azionario italiano che, nonostante il forte ipercomprato registrato da diversi indicatori, ha compiuto un nuovo allungo ed è salito sui massimi degli ultimi mesi. Il Ftse Mib future (scadenza giugno 2017), dopo un’apertura a 21.360, è sceso fino ad un minimo intraday di 21.315 punti prima di effettuare un veloce balzo in avanti che ha spinto i prezzi a ridosso di 21.500. La situazione tecnica di breve periodo rimane pertanto costruttiva: un nuovo allungo avrà un primo target a quota 21.570 e un secondo obiettivo in area 21.640-21.650 punti. Soltanto una discesa sotto 20.980 potrebbe fornire un segnale di debolezza e innescare una correzione di una certa consistenza (con target teorici a 20.900 prima, in area 20.800-20.780 poi e attorno a 20.600-20.570 in un secondo momento). Strategia operativa intraday.Short a 21.430-21.440 con target a 21.340-21.330 prima, in area 21.270-21.260 poi e attorno a 21.180 successivamente. Stop a 21.510. (riproduzione riservata)
    Gianluca Defendi

 

dondiego49

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Piazza Affari sotto pressione, male i titoli oil
L'euro è ai massimi da sei mesi nei confronti del biglietto verde sui timori che l'agenda economica del presidente Trump possa fallire. I prezzi del petrolio sono zavorrati dai dati Usa che fotografano un incremento delle scorte. Giù Eni e Saipem, mentre Fca paga indiscrezioni Handelsblatt di Francesca Gerosa
  • Borse europee in netto calo in scia a Tokyo, mentre l'euro è ai massimi da sei mesi nei confronti del biglietto verde sui timori che l'agenda economica del presidente Usa, Donald Trump, possa fallire dopo le nuove crisi politiche che hanno investito la Casa Bianca. Trump ha difeso la sua decisione di fornire informazioni sensibili alla Russia durante un meeting alla Casa Bianca la scorsa settimana, rivendicando di avere un "diritto assoluto" di condividere "fatti che riguardano il terrorismo e la sicurezza in volo".

    La faccenda delle informazioni passate alla Russia "sta probabilmente giocando a favore della debolezza del dollaro, sulle prospettive che Trump non durerà abbastanza per portare a termine la sua riforma fiscale, almeno parzialmente prezzata nel dollaro", ha detto lo strategist di Rbc Capital Markets, Adam Cole. La moneta unica europea è salita fino a quota 1,1122 dollari, livello che non si vedeva dall'elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti lo scorso novembre. Il dollaro perde terreno anche nei confronti della valuta giapponese attestandosi a 112,305 yen.

    Lo spread Btp/Bund sul tratto decennale, che ieri si è stretto fino a quota 178 punti base, riparte stamani da quota 178,8 punti base con il rendimento del decennale italiano al 2,22% nella terza e ultima giornata di offerta dedicata agli investitori retail del Btp Italia maggio 2023, che nelle prime due sedute ha raccolto ordini per complessivi 2,7 miliardi di euro, superando già la domanda totale dei piccoli risparmiatori dell'edizione di ottobre, fermatasi a 2,2 miliardi dopo tre giorni. Inoltre oggi la Germania metterà a disposizione fino a un miliardo del Bund trentennale agosto 2046, cedola 2,5%, che in chiusura di seduta sul secondario offriva un rendimento in area 1,26% contro lo 0,87% dell'asta di aprile.

    Nonostante l'impegno di Arabia Saudita e Russia per prolungare il taglio della produzione alla primavera 2018, i prezzi del petrolio sono in calo, zavorrati dai dati Usa che fotografano un incremento delle scorte. Al momento il Brent cede lo 0,46% a 51,41 dollari il barile e il Wti lo 0,64% a 48,35 dollari al barile. Di riflesso a Piazza Affari, dove l'indice Ftse Mib arretra dello 0,89% a 21.595 punti, perdono terreno Eni (-1,13% a 14,88 euro), Saipem (-0,89% a 0,399 euro) e Tenaris (-0,97% a 14,24 euro).

    Sotto tono anche Fiat Chrysler Automobiles (-2,17% a 9,90 euro) perché la Commissione Ue ritiene che l'Italia abbia ignorato volontariamente i dispositivi illegali di manipolazione delle emissioni nelle auto diesel del gruppo e lancerà oggi una procedura contro il Paese, secondo quanto scrive il giornale tedesco Handelsblatt che riporta che non è stato possibile ottenere un commento né da Fca né dal governo italiano. Su queste indiscrezioni già ieri, a Wall Street, il titolo Fca ha chiuso in calo dell'1,9%.

    Invece Leonardo scambia a quota 15,46 euro (-0,39%) all'indomani dell'assemblea degli azionisti che ha nominato il nuovo consiglio di amministrazione e del cda che ha designato ad, Alessandro Profumo, al posto di Mauro Moretti. Il nuovo cda, in carica per i prossimi tre anni, passa da 11 a 12 membri. I componenti della lista del Tesoro, che detiene il 30,2% della società, sono il presidente Giovanni De Gennaro, Alessandro Profumo, Guido Alpa, Marina Elvira Calderone, Marta Dassù, Fabrizio Landi, Luca Bader, Antonio Turicchi.

    I membri delle liste di minoranza, presentate da società di gestione del risparmio e investitori istituzionali, sono Paolo Cantarella, Dario Frigerio, Marina Rubini, Silvia Merlo. L'assemblea odierna ha anche approvato il bilancio 2016, con lo stacco di un dividendo di 0,14 euro ad azione pari per il Tesoro a 24,5 milioni di euro circa.

    Mentre, dopo l'annuncio di Atlantia (-0,63% a 25,07 euro) di un'offerta su Abertis, Moody's ha confermato i rating del gruppo italiano con outlook negativo. In particolare, sono confermati i rating Baa2 per il programma Emtn, Baa1 per i senior unsecured e Baa1 per il programma Emtn garantito dalla controllata Autostrade per l'Italia. L'offerta, se completata, aumenterebbe la leva di Atlantia , ha sottolineato l'agenzia di rating. L'outlook negativo riflette il potenziale indebolimento del profilo finanziario della società che potrebbe derivare da un più elevato carico debitorio.

    Quanto a Snam (-0,60% a 4,28 euro) la Cdp perfezionerà la cessione dell'1,12% della società e dello 0,97% di Italgas (-0,60% a 4,60 euro) a Cdp Reti il 19 maggio per un corrispettivo totale di 187,6 milioni di euro. Per la cessione della quota in Snam il corrispettivo è di 155,9 milioni, per quella Italgas di 31,7 milioni. Intanto è andata a buon fine la cessione del 2% del capitale di Iren (-2,23% a 2,018 euro).

    Unicredit, in qualità di sole bookrunner (in collaborazione con Kepler Cheuvreux), ha collocato e 25.700.000 azioni ordinarie al prezzo unitario di 1,98 euro per un importo complessivo di circa 50,9 milioni di euro. Il collocamento era rivolto a investitori qualificati italiani ed esteri e l'operazione verrà regolata in data 19 maggio. Le azioni sono state vendute dal Comune di Reggio Emilia, che detiene il 7,8% del capitale di Iren , e da STT Holding Spa che controlla il 2,6% del capitale della multiutility. I proventi dell'operazione verranno destinati al finanziamento degli investimenti e al rimborso dell'indebitamento finanziario.
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dondiego49

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ITALIA PROSSIMA ALLA BANCAROTTA: PIL AFFONDA (+0,6% NEL 2017) DEBITO PUBBLICO ESPLODE AL +137,6% (+44,4 MLD IN 12 MESI)
16/05/2017
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Il Pil italiano ristagna allo 0,2% nel primo timetre 2017 con una proiezione annua da incubo, allo 0,6%. L’eurozona nel medesimo trimestre ha segnato +0,5%. Nella classifica degli Stati membri dell’euro, peggio dell’Italia fa solo la Grecia con un -0,1%.

Nel IV trimestre del 2016 il Pil italiano era cresciuto dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e dell’1% su base annua. La variazione acquisita per il 2017 e’ pari solo allo 0,6%, ripetiamo.

La variazione congiunturale del primo trimestre dell’anno, ha spiegato oggi l’Istat mostrando questi dati, e’ la sintesi di una diminuzione degli utili nel comparto dell’industria e di un aumento sia in quello dell’agricoltura, sia in quello dei servizi. che però non bilanciano affatto la caduta.

Dal lato della domanda, vi e’ un contributo positivo della componente nazionale e un apporto negativo della componente estera netta, come a dire che le esportaziooni precipitano. Confcommercio parla di crescita debole che “conferma quanto gia’ emerso dagli altri indicatori congiunturali e perfettamente coerente con la modesta dinamica che contraddistingue l’economia italiana del dopo crisi”.

Anche secondo Confesercenti il dato di oggi “dimostra che la strada per consolidare la ripresa e’ ancora lunga e tortuosa”. Andrea Goldstein, Managing Director di Nomisma, sottolinea che l’economia italiana “e’ ancora in difficolta’ e la luce della ripresa su basi solide e ampie e’ sempre distante”. Infine secondo Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor, i numeri “non sono positivi” e “procedendo con i tassi di crescita attuali il ritorno del Pil italiano ai livelli ante-crisi non avverra’ invece prima del 2025”.

Ma il dato molto più allarmante di tutti quelli fin qua scritti è un altro e non è stato – pensiamo volutamente – rilanciato dai media italiani, per non mettere in estrema difficoltà il governo Pd con l’opinione pubblica, che potrebbe davvero essere preda del panico: il rapporto debito/pil dell’Italia alla luce dei dati di oggi schizza a un mostruoso 137,6%. Un dato da bancarotta.

E non basta: il vero allarme arriva dal fatto che il debito pubblico da aprile 2016 ad aprile 2017 è aumentato di 44,4 miliardi di euro arrivando a 2.260,4 miliardi di euro. In pratica, durante l’ultimo governo Renzi crollato dopo la pesantissima sconfitta referendaria del dicembre 2016 e a seguire nei primi quattro mesi del governo Gentiloni, il debito pubblico è cresciuto del 2,7% ed è una vera follia.

Follia alla quale va aggiunta la notizia che simmetricamente è anche aumentato il gettito fiscale! Come a dire che il governo Pd nonostante sprema gli italiani come limoni con tasse su tasse non solo non riesce a far abbassare il debito pubblico, ma al contrario lo fa aumentare con percentuali pazzesche.

A tutto ciò, va ancora aggiunto quanto segue:

1) Il governo Pd spende 4,6 milirdi di euro l’anno per mantenere in Italia orde immani di africani che non hanno alcun diritto d’asilo e infatti la Ue non li accetta per il “ricollocamento” in Europa e tutti gli stati Ue hanno sbarrato le frontiere ai “migranti” presenti sul suolo italiano. 4,6 miliardi di euro l’anno compongono più del 10% dell’aumento del debito pubblico prima descritto (44,4 miliardi di euro negli ultimi 12 mesi)

2) La Ue non intende riconoscere la spesa-africani come spesa eccezionale e quindi fuori dal patto di stabilità

3) La Ue non intendere elargire fondi per la ricostruzione delle zone terremotate italiane, e non solo: non riconosce tale spesa come straordinaria. Si tratta di non meno di 12 miliardi di euro.

4) La Ue impone all’Italia il rispetto del malefico “pareggio di bilancio” per il quale il disavanzo debito/pil deve calare all’1,8% quando invece con questa crescita ridicola allo 0,6% resa nota oggi non c’è dubbio schizzerà di nuovo vicino al 3%.

Questi numeri non ammettono “interpretazioni” e conducono a una sola conclusione: l’Italia e la Ue sono in rotta di collisione. Se il governo Pd la vuole impedire, deve preparare una “rapina” vera e propria ai danni degli italiani con una catastrofica patrimoniale per contanti sui conti correnti e depositi d’ogni genere dell’importo di non meno di 60 miliardi di euro. E dovrà farla entro l’autunno di quest’anno.

Se non sarà patriomoniale, sarà bancarotta, preceduta dalla “procedura d’infrazione” che causerà difficoltà sempre maggiori per raccogliere capitali tramite Btp e ogni altro genere di titolo di stato italiano, innalzamento dello spread, e colpo di grazia finale dato dalla Bce che nei primi mesi del 2018 terminerà la droga del Quantitative Easing, ovvero l’acquisto a mani basse – come sta facendo ora – per 60 miliardi di euro al mese di titoli di stato dell’eurozona sul mercato secondario, quello che determina gli spread.

Siamo davvero a un passo dalla catastrofe.
 

dondiego49

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E POI SCOPRI IL PROGRAMMA ECONOMICO DI MACRON: UNA “GAG” TUTTA DA RIDERE
16/05/2017
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In Francia sembra essersi affermato un nuovo tipo di elettore: il menopeggista. Guardando i flussi elettorali, infatti, possiamo notare come il neo presidente Macron abbia vinto portando alle urne un ridotto numero di francesi rispetto alle aspettative, molti dei quali, hanno sbarrato il suo nome non per convinzione, ma per non far vincere l’avversaria del Front National, all’insegna appunto del “meno peggio”.

Questo, almeno, nelle loro convinzioni, perché se andiamo a grattare la patina mediatica del “giovane candidato che piace”, del “volto nuovo della politica” (dimenticandosi di dire che è stato ministro del più detestato presidente della repubblica che la storia di Francia ricordi), si scopre che la realtà che attende i francesi è decisamente cupa.

Il programma economico del narcisista dell’eliseo risulta infatti essere un’accozzaglia incoerente di slogan fatti per risultare rassicurante e di misure di macelleria sociale degne dei più ortodossi ordoliberisti alla Schauble: una brodaglia irrealizzabile, confusa, totalmente disancorata dalla realtà. Non ci credete? Bene, andiamo a vederlo nel dettaglio

Il giovanotto figlio di moglie ha promesso di riportare il deficit francese entro il 3% per accontentare gli oligarchi di Bruxelles ed i loro azionisti di maggioranza tedeschi. Fin qui nulla di cui meravigliarsi: Macron è stato creato dall’establishment filo ue capitanato da Jacques Attali, quello dell’eutanasia per tutti coloro che non possono permettersi la sanità.

Per far questo ha annunciato il dimezzamento dell’aumento della spesa sanitaria (ovvero i cittadini se vorranno curarsi e vivere dovranno pagare e chi non potrà permetterselo, che si arrangi.

In fondo per gli ordoliberisti l’uomo è considerato alla stregua di un macchinario e di una merce: se è guasta e costa troppo ripararla deve essere rottamata), il licenziamento di 50.000 dipendenti pubblici ed il taglio dei trasferimenti all’equivalente delle nostre regioni, il tutto per una cifra prossima a circa 60 miliardi di euro, congiuntamente all’eliminazione di quasi tutte le tutele per i lavoratori privati.

Una manovra lacrime e sangue che, nella visione di Macron, non dovrebbe impattare sulla disoccupazione la quale dovrebbe addirittura scendere, consentendo al governo di risparmiare sugli ammortizzatori sociali (la famosa austerità espansiva che l’Italia ha già sperimentato ai tempi di Monti, il quale difatti considera il giovane narcisista suo discepolo. Tra sociopatici ci si intende).

Tuttavia il nuovo principino ha inteso anche rassicurare il popolo che non lo massacrerà in nome dell’europa, poiché intende esonerare l’80% dei francesi dal pagamento della tassa sulla prima casa (Renzì au caviar), tagliare le tasse alle imprese non di 1, non di 2, ma di ben 8,3 punti percentuali (e qui il “bomba” toscano deve evidentemente rosicare, dato che non ha mai avuto un simile ardore nelle sue dichiarazioni), portandole dal 33,3 al 25% ed avviare una prodigiosa campagna di lavori pubblici per stimolare l’economia.

Si può quindi ben dire che nel suo programma ci sia tutto ed il contrario di tutto, se non fosse che i suoi mentori Juncker e Schauble hanno prontamente richiamato all’ordine il cocco della professoressa, ricordandogli che la Francia spende troppo e male e che lui deve rispettare i sacri vincoli di Maastricht, punto.

Come andrà a finire per i francesi? I narcisisti patologici come Macron, vivono esclusivamente per il proprio riconoscimento sociale, ragion per la quale, egli ubbidirà ai propri mentori per ottenerne il plauso, infischiandosene del popolo francese, il quale è solo ed esclusivamente uno strumento con il quale ottenere il riconoscimento della sua persona.

Traduzione: attuerà solo la parte che piace alla germania ed alla ue, massacrando quel poco di stato sociale che rimane in Francia.

C’è da augurarsi che alle elezioni politiche di giugno il partito fantasma del “bomba” in salsa francese non raggiunga la maggioranza assoluta, costringendo Macron alla cosiddetta “coabitazione” con una maggioranza parlamentare diversa dalla sua in grado di contenere la sua personalità ed i suoi progetti campati in aria.

Fonte: qui
 

dondiego49

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PIL ROMANIA 1° TRIMESTRE 2017 +5,7% SU BASE ANNUA ALMENO +4% (GERMANIA +1,7%)
16/05/2017
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Il prodotto interno lordo (Pil) della Romania e’ cresciuto del 5,7% come serie lorda e del 5,6% in termini destagionalizzati nel primo trimestre di quest’anno rispetto allo stesso periodo del 2016. E’ quanto riferito dall’Istituto nazionale di Statistica nel suo ultimo rapporto. Secondo la fonte, il prodotto interno lordo nel primo trimestre del 2017 e’ stato, in termini reali, superiore dell’1,7% rispetto al quarto trimestre del 2016. La Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers) stimava il 10 maggio che nell’economia romena si dovrebbe registrare quest’anno una crescita del 3,7% prevista nel mese di novembre. A sua volta, il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha rivisto al rialzo, dal 3,8 al 4,2% la sua stima di crescita dell’economia romena di quest’anno 2017. Ad aprile scorso il ministro delle Finanze romeno, Viorel Stefan, ha detto che la Romania potrebbe registrare nel 2017 una crescita superiore al 5,2%. La Germania invece crescerà solo dell’1,7% tre volte meno.
 

dondiego49

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L’INCUBO OPERAIO all’interno delle FABBRICHE FIAT
16/05/2017
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Pubblichiamo una lettera scritta per La voce delle lotte da un operaio di Fiat/Chrysler di Pomigliano d’Arco a Napoli, che descrive i livelli di ricatto nelle fabbriche degli Elkaan e gli aspetti psicologici dei lavoratori costretti a seguire la catena di montaggio. Per evitare una rappresaglia padronale terremo segreta la sua identità.

“Mi alzo alle cinque. Tra un’ora parte la linea.

Tempo di fare colazione, una rinfrescata e sono in fabbrica.

Un buongiorno veloce ai colleghi e la catena parte:

120 e passa vetture. Devo stare attento a non sbagliare nulla se no creo problemi ai colleghi e il direttore è lì pronto al richiamarci in caso contrario.

Girano voci di esuberi strutturali e se sbaglio potrei essere tra quelli o se non sono fra quelli potrei essere obbligato ad andare a Cassino. La cosa sarebbe peggio. 120 e passa vetture e la linea si fermerà.

In quei dieci minuti di sosta spero di non aver bisogno di andare in bagno, se no non potrò gustarmi con piacere una sigaretta.
Nei seicento secondi di sosta che mi spettano ci sono molti colleghi che continuano a lavorare. Forse sbaglierò a fermarmi, sarò visto come un lavativo dai pezzi grossi che bazzicano fra i reparti, ma proprio non ce la faccio.

Alle otto e dieci devo stare sulla mia postazione di lavoro.
Noi siamo quello che facciamo.. Altre vetture, 120 e passa.

Guasto tecnico. Meno male! Posso prendere fiato.
Giusto il tempo di sgranchirmi le ossa. Proseguo. Devo mettere a posto la postazione. Il WCM prevede che la mia postazione di lavoro sia più in ordine della mia casa. Speriamo che sia abbastanza breve la sosta forzata se no sarò costretto a rinunciare alla pausa mensa a fine turno.

Un quarto d’ora: la linea è ripartita!

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Abbiamo fatto 16 vetture in meno, molto probabilmente non pranzerò

Quando producevamo le Alfa Romeo eravamo più operai e 100 vetture a turno in meno, il sabato restavo a casa. Me ne strafotto del riposo compensativo della prossima settimana. Sei giorni continui in catena di montaggio ti sfiancano. Tra cinque anni sarò un quarantenne. Non è come dieci anni fa, ma vivo di questo.

Arriva il team leader per avvisarci che nei prossimi dieci minuti di sosta tireranno cinque vetture, tasta il terreno per vedere chi è disponibile a restare, molti miei colleghi anche di altre linee solitamente lavorano anche nei dieci minuti di sosta, io dico di non voler restare, perché ho le mie esigenze fisiologiche, lui mi fa un’alzata di spalle molto seccata. Intanto si arriva alla seconda sosta. Usciamo fuori io e quattro miei colleghi, gli altri che restano a lavorare ci guardano con aria sbalordita. Stiamo solo fermandoci per riprendere un po’ il fiato, neanche fosse uno sciopero.

Una fila per il bagno; una fila per un caffè; mezza sigaretta buttata, perché non riesco a finirla prima del rientro.

Riprendo a lavorare e gira la voce che la mezz’ora di mensa servirà a recuperare le vetture perse in precedenza.

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Penso che questa situazione è diventata insostenibile.
Lo pensano i miei colleghi, tutti si lamentano, ma nessuno agisce.
I sindacati firmatari sono i complici compiacenti delle decisioni aziendali, tutti li accusano, pochi strappano le tessere, qualcuno ha fatto la tessera con la Fiom, che è l’unico sindacato in rotta con l’azienda, lo farei anch’io, ma ho paura.

Ho il mutuo da pagare, mia moglie non lavora sempre e i bimbi crescono assieme alle spese. Spesso penso che con questi ritmi e questo clima di oppressione psicologica ci lascerò le penne.
E’ già capitato a qualche collega. Lavorare con l’ansia addosso non fa bene alla salute.

Altre 120, o forse qualcuna in più di vetture, la linea si ferma e siamo in otto a riposarci, fumo due sigarette una dietro l’altra. La linea riparte: l’ultima ora e mezza, anzi due ore.

Sono digiuno da stamattina, cominciano i capogiri dovuti alla fame, prima della cassa integrazione la mensa era alle undici, quella mezz’ora serviva oltre a rifocillarci anche a fermarci un po’ di più e ad affrontare le ultime fatiche con più forza, ma qualcuno ha deciso che non doveva essere così. “A Melfi si fa la pausa mensa a fine turno da una vita, ci riescono i colleghi lucani, ci possiamo riuscire anche noi” ci dicono. Una volta ci chiamavamo Alfa Romeo, Alfasud, ora siamo FCA. Il mondo e i mercati sono cambiati.

Una volta questa fabbrica dava lavoro a oltre 15 mila persone, ora siamo circa il 30 per cento di quella forza lavoro, e molti colleghi lavorano pochi giorni al mese, perché la Panda da sola non riesce a saturare l’intero impianto. Senza contare che sono più i capannoni vuoti e abbandonati che quelli attivi.

Finita. Finalmente sono nel parcheggio.
Ho comprato uno snack vicino al distributore per alleviare il senso di fame. Mentre avvio la macchina una sensazione strana mi assale: sono appena arrivato a mercoledì, mancano tre giorni alla fine della settimana lavorativa, la prossima sarà corta ma di pomeriggio, salvo sorprese.

Salvo che non venga chiamato dalla direzione aziendale per andare a Cassino. Noi siamo quello che facciamo.

Da: QUI
 

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