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Germania, monta l'ira nel giorno di Draghi. La contro-mossa delle banche: ridurre i rimborsi nel caso di default

I tedeschi osteggiano fortemente i tassi negativi, soprattutto la rete delle Casse di risparmio locali: continuano gli attacchi alla politica ultra-accomodante di Draghi. Intanto le banche studiano le contro-mosse alla stagione di bassa redditività e pensano di tagliare i rimborsi ai correntisti in caso di fallimenti
dal nostro inviato TONIA MASTROBUONI






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La sede della Bundesbank FRANCOFORTE - Ridurre i risarcimenti: ecco come le banche tedesche cominciano a prepararsi ai casi di insolvenza nell'era del bail-in, il principio fortissimamente voluto dal ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, per cui devono imparare a salvarsi da sole, senza soldi dei contribuenti. Una mossa con cui le banche private tedesche puntano a prendere due piccioni con una fava: difendersi da rimborsi troppo elevati se falliscono, e prepararsi all'atteso taglio ulteriore dei depositi che potrebbe arrivare dalla riunione della Bce di oggi. Il consiglio direttivo di stamane, oltretutto, è destinato ad alimentare le enormi polemiche scoppiate nelle ultime settimane in Germania sulla stagione dei tassi azzerati.

Stamane il falco ex Bce Jürgen Stark (che lasciò nel 2011 perché la Bce aveva cominciato a comprare titoli di Stato dei Paesi a rischio default) ha fatto sapere sull'Handelsblatt di ritenere le decisioni di Draghi già al di fuori del mandato delle Bce e ha messo in guardia da imprecisate "conseguenze inaspettate" della politica monetaria iper-accomodante. Un tono in sintonia con il clima generale che si respira nel Paese sull'eventualità che Draghi accentui oggi la politica dei tassi bassi. Nei giorni scorsi Georg Fahrenschon, presidente della federazione delle Sparkassen, delle potenti casse di rispamio, aveva detto "siamo sopravvissuti alle guerre e alle recessioni, sopravviveremo anche ai tassi bassi".

Le casse di risparmio sono quelle maggiormente sul piede di guerra, con la Bce: hanno già minacciato una sorta di "sciopero dei depositi", cioè di tenersi la liquidità in cassa invece di parcheggiarla a breve presso la Bce (il tasso è attualmente a -0,3% ma potrebbe essere ridotto ulteriormente di uno o due decimali). E molte banche tedesche hanno già cominciato a scaricare quella "sanzione" sui grandi clienti come i fondi o le assicurazioni, che hanno l'abitudine di incassare i rendimenti, anche se mini, depositando milioni di euro a breve termine presso di loro. Un "giochino" che il sistema creditizio contribuirà a rovinare ulteriormente con un'altra mossa, emersa stamane.

Se, come scrive oggi la Frankfurter Allgemeine Zeitung, le banche taglieranno i rimborsi in caso di default, scoraggeranno anche i depositanti a breve. Finora le somme sopra i 100mila euro sono garantite dal fondo per i depositi della federazione delle banche tedesche (Einlagerungssicherungsfond des Bundesverbands der deutschen Banken). Dal 1998 è intervenuta in 9 casi sborsando ben 6,7 miliardi di euro, dopo la catastrofe da Lehman Brothers. Ma ha dovuto chiedere aiuto allo Stato, che è intervenuto attraverso delle garanzie. Nella stagione del bail in appena inaugurata, non sarà più possibile. Dunque, le banche private corrono ai ripari. Anche se questo significa rendere i clienti più diffidenti. Il male minore, evidentemente.

La riunione presieduta oggi da Draghi potrebbe anche riaprire il contenzioso tra "falchi" e "colombe" ed accentuare nuovamente il divario tra il presidente della Bce e il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, che ha pubblicamente espresso la sua contrarietà ad ulteriori allentamenti delle politiche monetarie. Entro il 2020, ha avvertito di recente, la stagione dei tassi bassi potrebbe mangiarsi metà o tre quarti degli utili delle banche tedesche.

Per il sistema di rotazione inaugurato da poco, Weidmann non potrà votare, oggi. Ma nel Comitato direttivo siede un'altra tedesca non entusiasta dell'attuale traiettoria della Bce, Sabine Lautenschläger. E nel consesso allargato del Consiglio direttivo, i tedeschi non hanno solo alleati storici come il governatore olandese o austriaco. Anche i presidenti delle banche centrali dei Paesi baltici hanno dimostrato recentemente di appartenere ad una scuola più ortodossa di pensiero, insomma di rientrare nel novero dei cosiddetti "falchi", più scettici dinanzi alle enormi iniezioni di liquidità degli ultimi tempi.

Un altro argomento anti politiche espansive che circola molto, tra gli analisti - e non solo quelli tedeschi - è quello che la Bce abbia sostanzialmente svuotato la cassetta degli attrezzi. Che non le resti più molto da fare per scongiurare la deflazione ancora in agguato. Ma Draghi stesso ha già risposto milioni di volte a quest'obiezione: spetta ai governi trovare il modo di scongiurare la "lunga stagnazione" temuta da qualcuno, anche. La Bce ha già salvato l'euro almeno due volte dal 2010 e scongiurato l'anno scorso la deflazione. La sua parte l'ha abbondantemente fatta.
 

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