I due percorsi che portano alla cessione delle sofferenze
La data del traguardo è già segnata: al 31 dicembre, come stabilito dal Meccanismo di vigilanza unico (Bce e le autorità di vigilanza prudenziale nazionali), il Monte dei Paschi di Siena dovrà portare a casa un aumento di capitale da 5 miliardi contestuale alla cessione di un portafoglio di crediti in sofferenza con valore lordo di 27,7 miliardi. Ma come il Monte arriverà a quel traguardo, e se il nastro verrà tagliato dal mercato o dal Tesoro, è presto a dirsi: non si saprà prima della prossima settimana. A partire da oggi fino alla fine del mese, quella di Mps sarà una corsa contro il tempo, che prevede due tracciati separati, quello del mercato e quello Stato, due strade che non si sovrappongono e non si intrecciano. Dove finisce una, quella del mercato, forse inizia l’altra, quella dell’intervento pubblico. Si aprono così ora due scenari molto diversi tra loro, che tuttavia hanno lo stesso obiettivo e portano allo stesso risultato: la sopravvivenza del Monte attraverso la creazione di una nuova Banca Mps.
La prima a partire è l’operazione di mercato. Mercoledì pomeriggio o al più tardi giovedì mattina partiranno contemporaneamente le offerte di acquisto dei prestiti subordinati sottoscritti da investitori istituzionali e retail, con obbligo di reinvestimento del corrispettivo in nuove azioni Mps (azioni della nuova banca ripulita dalle sofferenze), e partirà anche l’aumento di capitale con bookbuilding classico, forte - forse - dell’adesione di un anchor investor ma senza garanzia delle banche del sindacato di collocamento guidato da JP Morgan e Mediobanca (l’assenza della garanzia dovrebbe spingere gli istituzionali possessori dei subordinati a entrare nel debt-to-equity swap e al tempo stesso a sottoscrivere l’aumento di capitale).
Questa nuova offerta sui subordinati del Monte (la precedente su 4,7 miliardi + 300 milioni di Antonveneta) è diversa da quella che l’ha preceduta a fine novembre. Per quanto riguarda gli istituzionali, sarà inclusa questa volta l’emissione Fresh (floating rate exchangeable 2008-2099) da 1 miliardo. Inoltre, le condizioni per gli istituzionali (tiepidi la prima volta di fronte al prezzo di 23) potrebbero risultare più vantaggiose ora, stando a fonti vicine all’operazione, il prezzo delle azioni in Borsa è salito (il prezzo dei subordinati orbita attorno a 50).
Anche per il retail, la modalità con la quale si svolgerà la nuova offerta cambia, il prezzo è sempre 100 ma è diverso il riferimento alla Mifid. Stando a fonti bene informate, questa volta la “riprofilatura” potrà essere fatta e anche se la conversione da bond ad equity è inadeguata rispetto al profilo di rischio iniziale, lo swap potrà essere sottoscritto da chi lo vorrà fare. La Consob non deve dare un’autorizzazione formale al Monte ma dare un parere di conforto che le regole sono rispettate nella nuova offerta. Lo swap sarà considerato un successo se raccoglierà adesioni per 2 miliardi di capitale o oltre. Per gli investitori, istituzionali e retail, è un’opportunità che offre condizioni più vantaggiose rispetto a quelle dell’intervento di Stato, che prevede la conversione forzosa peggiorativa rispetto alla volontaria. (JPMorgan avrebbe pronto nel cassetto il prestito ponte al 31 dicembre per anticipare al veicolo la liquidità necessaria per acquistare i Npls mentre i senior bond della cartolarizzazione saranno emessi nel 2017). Pr quanto riguarda l’aumento di capitale, il bookbuilding sulle azioni, le incognite restano sebbene il contesto politico sia meno instabile: il mercato si è chiuso a riccio prima del referendum, ora inizia a valutare l’Italia post-referendum del governo Gentiloni ma l’instabilità politica rimane alta nella prospettiva di elezioni anticipate.
Se l’operazione di mercato - che dovrebbe chiudersi la prossima settimana - dovesse fallire, se non dovesse arrivare al target dei 5 miliardi richiesti dalla Bce che congelano lo Srep il Monte sarà costretto a tornare al punto di partenza. Sul nulla di fatto, Mps busserà alla porta dello Stato. Il Tesoro impugnerà l’articolo 32 della Brrd per portare avanti una ricapitalizzazione precauzionale; nell’ambito della normativa sugli aiuti di Stato, non scatterà il bail-in ma sarà neanche un bail-out puro: nessuna perdita spalmata sui possessori di obbligazioni senior e depositi sopra i 100mila euro ma ci sarà il burden sharing, perdite sui subordinati. Lo Stato potrà farsi carico dei 5 miliardi di aumento di capitale del Monte solo dopo aver inferto parte delle perdite (il buco che si crea con la cessione delle sofferenze) sui possessori dei subordinati, rimborsando i retail “truffati”: la conversione a quel punto sarà forzosa a condizioni peggiori rispetto all’offerta di mercato, offerta che a quel punto sarà stata cancellata (il debt-to-equity swap di mercato resta in piedi solo se un aumento di capitale da 5 miliardi sul mercato ha successo). Il prestito ponte finanziato dalle banche non sarà più necessario, in quanto sarà lo Stato a occuparsi di tutto, aumento di capitale e cessione delle sofferenze.