11 settembre: per la storia non è solo WTC.

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Sono un tipo serio
Ricordiamolo.

11 settembre 1973: 33 anni dal golpe in Cile

L'11 settembre è una data che si associa all'attacco alle Torri Gemelle di New York, avvenuto nel 2001. Ma un'altra triste pagina della storia è legata a questa data: il golpe in Cile.
Alessia Mendozzi

7 settembre 2006

Martedì 11 settembre 1973 a Santiago del Cile, i corpi speciali dell'esercito cileno, comandati dal generale Augusto Pinochet, destituirono con la forza il governo democraticamente eletto di Unidad popular, uccidendo migliaia di militanti del movimento operaio, tra cui il presidente Salvador Allende. E' l'inizio di 17 anni di dittatura militare. 17 anni di terrore in cui uccisioni di massa, torture e deportazioni saranno all'ordine del giorno.

Ma facciamo un passo indietro di qualche anno.
Allende vince le elezioni presidenziali il 5 settembre del 1970. E' alla guida di una coalizione di sinistra, la Unidad Popolar, che batte per pochi voti il candidato della destra Jorge Alessandri. E' il primo governo di sinistra democraticamente eletto in Sudamerica.
Il programma di Allende si basa sulla nazionalizzazione dell'economia, ma gli Stati Uniti, che in Cile hanno interessi legati principalmente alla produzione di rame, non restano a guardare.


Nell'ottobre del 1971 gli investimenti sono in caduta libera, così come il prezzo del rame, a causa della negativa congiuntura internazionale e delle pressioni americane. Il sistema bancario internazionale chiude le linee di credito e il governo si trova ad essere proprietario di molte aziende che non riesce a far funzionare. Il quadro economico peggiora e molti esponenti della borghesia lasciano il paese.


Nel Natale del 1971, le donne dei ceti medi danno vita a quella che viene chiamata la "protesta delle casseruole" e nell'agosto del '72 i camionisti entrano in sciopero, paralizzando il paese. E' l'inizio di una serie di agitazioni che mette in ginocchio il Cile. Allende prova a correre ai ripari cercando alleati. Tra questi individua il generale dell'esercito Augusto Pinochet, e gli affida il comando delle forze armate. Ma, nell'estate del '73 i militari stanno preparando il golpe.


L'11 settembre i carri armati e l'aviazione attaccano il palazzo presidenziale della Moneda, in cui è asserragliato Allende. Il presidente prova inutilmente a collegarsi con Pinochet, senza sapere che il generale è a capo dei golpisti. Gli viene data la possibilità di arrendersi, ma rifiuta. Alla fine, vistosi perduto, si uccide con un colpo di pistola.



Prima di morire Allende pronuncia, tramite i microfoni di Radio Magallanes, il suo ultimo discorso dal Palazzo della Moneda:


"Certamente Radio Magallanes sarà messa a tacere e il timbro tranquillo della mia voce non vi giungerà. Non importa. Continuerete a sentirlo. Sarà sempre accanto a voi. Almeno il mio ricordo sarà quello di un uomo degno, che fu leale alla lealtà dei lavoratori...
Hanno la forza, potranno soggiogarvi, ma non si arrestano i processi sociali né col delitto né con la forza. La storia è nostra e la fanno i popoli...
Lavoratori della mia terra: ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Resistete sapendo che presto si apriranno le grandi strade da cui passerà l'uomo libero per costruire una società migliore.
Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori!"


(Salvador Allende - martedì 11 settembre 1973 - ultimo discorso dal Palazzo della Moneda)
 
Il mondo fa in fretta a dimenticare: undici anni fa a Srebrenica i soldati della cosiddetta forza armata popolare jugoslava hanno massacrato più di 8.000 musulmani inermi.

Oggi il presunto stratega terrorista Osama bin Laden ­ dopo i sanguinosi attentati negli USA ­ viene presentato come il fornitore di armi per i musulmani bosniaci. Questo fatto, alla luce degli avvenimenti odierni, giustifica il massacro di Srebrenica? Bin Laden potrebbe aver avuto a che fare anche con azioni terroristiche nella guerra Cecena. Una buona scusa per i massacri dell'esercito russo nei confronti della popolazione civile cecena? Gli attentati negli USA sono delitti contro l'umanità, come anche la guerra russa in Cecenia ed il massacro di Srebrenica. Non dimentichiamo le vittime di Srebrenica! Cosa è successe allora davanti agli occhi del mondo?

La guerra in Bosnia 1992: a causa dell'offensiva delle truppe serbe dall'inizio dell'aprile 1992 le città bosniache di Sarajevo, Bihac, Gorazde, Zepa e Srebrenica vengono accerchiate. Sotto l'impressione di genocidi commessi in passato dalle truppe serbe le Nazioni Unite mettono queste città sotto la loro custodia. In queste zone protette sono collocati piccoli contingenti di caschi blu e persone disarmate appartenenti all'armata regolare bosniaca.

In Srebrenica, che si trova a ovest della Bosnia, ed i suoi dintorni dal 1993 vivevano ca. 40.000 bosniaci musulmani, tra loro migliaia di profughi e persone espulse da altre città e paesi della regione. Nell'ottobre 1994 l'Associazione per i popoli minacciati ha ricevuto un disperato grido d'aiuto trasmesso via radio dalla città assediata. Da mesi non era più entrato un convoglio d'aiuti, nè viveri, nè medicine. Ma il mondo non voleva più sentire le urla che provenivano da Srebrenica e dalle altre zone protette.

Srebrenica viene devastata e i caschi blu stanno a quardare L'11 giugno 1995 Srebrenica veniva invasa da truppe serbe sotto il comando del generale Ratko Mladic. La cosddetta forza ONU di protezione non opponeva nessuna resistenza. All'occupazione della città seguiva uno dei più gravi massacri della guerra bosniaca: 8.000 bosniaci musulmani venivano uccisi. Questo crimine di guerra veniva documentato accuratamente dall'inviato speciale ONU Tadeusz Mazowiecki, ma in quel momento neanche a lui si dava più ascolto.

Ancora in luglio raccoglieva numerose testimonianze nella regione di Tuzla tra i fuggiaschi di Srebrenica. Da tali testimonianze risulta che unità serbe hanno raccolto il 12 luglio in una zona industriale nel sobborgo di Potocari - nelle vicinanze del quartiere ONU dove erano stazionati i caschi blu olandesi ­ migliaia di musulmani. Hanno selezionato donne e bambini per trasportarli su pullman e carri in direzione di Tuzla.

Gli uomini rimasti indietro ­ fra essi anche vecchi e bambini ­ venivano arrestati. Osservatori internazionali, tra cui il giornalista indipendente serbo Zoran Petrovic, sentivano spari e urla provenienti dalla fabbrica. Vedevano i cadaveri dei giustiziati e una montagna di vestiti ed effetti personali. Alcuni uomini sono stati uccisi sotto gli occhi dei caschi blu con un colpo alla testa.

Nel villaggio di Kravica 2000 uomini si sono arresi alle truppe di Mladic. Venivano caricati su camion e scarrozzati in giro per ore sotto il sole cocente. Nella notte venivano condotti a un posto all'aria aperta vicino a Bratunac, messi in gruppi da cinque o dieci e fucilati. Un testimone di questo massacro è sopravvissuto, fingendosi morto e portandosi in sicurezza solo dopo ore. Fotografie fatte da satelliti americani mostrano le fresche tracce di terreno mosso sopra le fosse comuni a Bratunac.

Fuga avventurosa
Il convoglio delle donne e dei bambini veniva fermato ripetutamente da unità serbe. Per pagarsi il proseguimento del viaggio, la gente era costretta a consegnare denaro e valori; donne e giovani venivano tirati fuori dai carri. All'incirca sei chilometri prima del fronte gli automezzi venivano fermati. Da qui i passeggeri dovevano proseguire la loro fuga a piedi fino al territorio controllato del governo bosniaco.

Parte degli uomini di Srebrenica sono riusciti a salvarsi. Già il 10 luglio 15.000 persone si sono avviate a piedi, in gran parte civili, tra cui 3.000 persone di scorta equipaggiate con armi leggere. Per molte di queste persone la fuga si è trasformata in una marcia verso la morte. Ripetutamente sono stati bombardati da unità serbe, che con megafoni imponevano loro di arrendersi. Spesso uomini arresisi poi sono stati ammazzati. La colonna continuava ad allungarsi ed a frantumarsi. Piccoli gruppi e persone singole arbitrariamente venivano catturati e massacrati, mentre gli altri si trascinavano avanti.

Una museruola per i caschi blu
Nessuno affermi che il massacro a Srebrenica, nella zona di protezione ONU, sia arrivato inaspettatamente. Da molto tempo a tutti i governi nel Consiglio di sicurezza ONU era chiaro, che questo gruppetto di caschi blu olandesi nel migliore dei casi poteva difendere solo se stesso. Lo schieramento crescente di truppe serbe davanti alle zone di protezione non è mai stato nascosto. Prima che il generale Mladic desse l'ordine d'attacco, provocativamente ha messo in postazione un paio di carri armati, verificando che l'aeronautica della Nato non reagisse. Dopo aver conquistato Srebrenica il comandante delle truppe ONU si è congratulato con Mladic per il suo successo. Per settimane il ministero per la difesa olandese ha vietato ai soldati ogni dichiarazione sugli omicidi commessi.

Il massacro di Srebrenica: un gioco concordato
La caduta di Srebrenica non è stato un fallimento della comunità internazionale, ma un gioco concordato. Le grandi potenze hanno accettato coscientemente che migliaia di bosniaci musulmani venissero cacciati e uccisi, per sigillare la divisione etnica del paese. Dopo aver visto le raccapriccianti immagini di Srebrenica, NATO e ONU hanno poi deciso di fermare l'aggressione serba a fine agosto con una serie di attacchi aerei e di ottenere che si negoziasse a Dayton. Il massacro di Srebrenica così ha marcato l'inizio della fine della guerra in Bosnia.

Le vittime comunque non ritorneranno in vita. L'inviato speciale Mazowiecki, terminata la sua relazione conclusiva ha dato le dimissioni dal suo mandato. In una lettera al direttore della Commissione per i Diritti Umani dell'ONU ha dichiarato che lui, che già in Polonia aveva combattuto contro un regime totalitario e per la visione di un Europa migliore, non voleva più partecipare al sinistro gioco di come la protezione dei diritti umani venga soltanto simulata.
 

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