Accanto a questi fattori, che dovrebbero limitare un marcato indebolimento delle borse, ve ne sono però altri, di segno opposto, che tarperanno le ali a qualsiasi rialzo duraturo.
1) Sulle case il peggio deve ancora arrivare. Sarà nel terzo trimestre che si toccherà il livello più alto di pignoramenti. A meno di miracoli non si farà in tempo a evitarli. Greenspan, che fu il primo a parlare di recessione un anno fa, dice ora che verso fine anno i prezzi delle case inizieranno a stabilizzarsi e questo renderà possibile una stabilizzazione generale del ciclo economico. Il problema è che i prezzi delle case, prima di fermarsi, accelererannio forse la loro discesa in corrispondenza con l'ondata di pignoramenti. Quanto a Greenspan, continuiamo a prenderlo molto sul serio come facemmo un anno fa, ma in questo caso è possibile che ci sia un desiderio di accelerare la risoluzione di una crisi che gli viene imputata (in parte a torto e in parte a ragione).
2) Breve durata del pacchetto fiscale. I rimborsi ai privati di maggio e giugno verranno in gran parte spesi entro ottobre. Gli incentivi per le aziende dispiegheranno i loro effetti più lentamente, ma tutti sanno che gli effetti svaniranno entro fine anno, provocando un peggioramento dei dati macro, a parità di altre condizioni, quasi simmetrico al miglioramento estivo. Si è parlato di un secondo pacchetto, ma le sue probabilità sono quasi nulle, dal momento che lo stesso Bernanke ha dichiarato in Congresso di non vederne la necessità.
3) Il resto del mondo. Il ritardo nella trasmissione degli impulsi recessivi dall'America verso l'esterno è di sostegno adesso, ma sarà un fattore negativo più avanti. L'Europa ha fattori negativi propri (la stagnazione italiana, la crisi immobiliare in Spagna, Inghilterra e Irlanda, l'affanno dell'export) che risulteranno più evidenti nel secondo semestre e l'anno prossimo.
4) La riduzione della leva. I cicli di espansione e di riduzione della leva sono lunghi. Possono essere brevi per un hedge fund che aggiusta il tiro velocemente, ma sono lenti per le banche tradizionali, il cui peso è però enormemente maggiore. E' questa, a ben vedere, la grande preoccupazione dei policy maker, dalla Fed al Fondo Monetario, forse più ancora delle sofferenze dell'immobiliare. Solo i policy maker conoscono veramente il livello di erosione del capitale delle banche, probabilmente molto superiore a quello che viene comunicato all'esterno. Qui la sfida è duplice. Da una parte bisogna ricostituire il capitale (in caso estremo con fondi pubblici più o meno mascherati). Dall'altra bisogna tenere conto del fatto che, anche a capitale faticosamente ricostituito, il grado di leva del sistema non risalirà più di tanto. Il credito a disposizione delle aziende sarà scarso e questo frenerà la ripresa.
5) Le valutazioni. Abbiamo detto che non sono alte, ma non sono nemmeno basse. Lo erano molto di più all'inizio degli anni Ottanta, per esempio, anche tenendo conto dell'inflazione oggi di gran lunga più bassa.
6) Eventi di credito. In una situazione fragile gli eventi di credito, i default, sono sempre in agguato. La Fed, con Bear Stearns, ha guadagnato tempo e questo tempo viene usato bene (i monoliner, di cui non si parla più, stanno tutti ricapitalizzando), ma qualcuno che si farà male ci sarà di certo.
7) Il petrolio. Nemmeno T. Boone Pickens (che quando appare in televisione fa calare il silenzio assoluto sul Nymex) pensa più che la recessione farà correggere il prezzo almeno per qualche settimana.