G-7: sì al piano Draghi per vincere la crisi
Prima risposta concreta del G-7 alla crisi dei mercati finanziari internazionali, investiti dall'estate scorsa da violente turbolenze che il Fondo monetario ha definito le peggiori dalla Grande depressione e che a distanza di nove mesi non accennano a scemare. Il tentativo è quello di «ristabilire la fiducia nella solidità dei mercati e degli intermediari», fiducia che resta precaria, come dimostrano la permanenza di gravi tensioni sul mercato interbancario e i ripetuti annunci di difficoltà di banche e altri intermediari.
Ministri e governatori dei sette grandi hanno approvato ieri il rapporto del Financial Stability Forum, il gruppo delle autorità responsabili della stabilità finanziaria, presieduto dal governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, che indica, in 65 punti, cinque aree di interventi da parte delle autorità stesse e del settore privato, da realizzare entro 100 giorni. «Siamo molto soddisfatti del rapporto dell'Fsf - ha detto entrando all'incontro il ministro dell'Economia tedesco, Peer Steinbrück - e vogliamo che venga messo in atto subito». La stessa indicazione è venuta dal cancelliere dello Scacchiere britannico, Alistair Darling.
Le misure proposte dall'Fsf riguardano: il rafforzamento della vigilanza prudenziale sul patrimonio, la liquidità e la gestione dei rischi, che passa dal rafforzamento di Basilea 2, ma anche indicazioni più incisive sulla liquidità, che si è rivelato un punto debole di molte banche nella crisi; miglioramento della trasparenza (con la pubblicazione delle informazioni sui rischi già nelle prossime semestrali del 2008) e delle modalità di valutazione, uno dei punti più controversi in quanto da diverse parti è stato chiesto un allentamento del mark-to-market nei casi in cui il mercato è illiquido; il ruolo e l'utilizzo dei rating, dopo che le agenzie di valutazione del credito sono state messe sotto accusa per i loro giudizi eccessivamente generosi sul merito di prodotti derivati complessi; il rafforzamento della risposta ai rischi da parte delle autorità; meccanismi per gestire le tensioni nel sistema finanziario. Su questi ultimi due punti c'è un'attenzione particolare agli intermediari che operano in molti Paesi e quindi richiedono una supervisione meglio coordinata fra diverse autorità nazionali.
L'indicazione del Forum è di iniziare immediatamente la realizzazione delle proposte, come dimostra il fatto che lo stesso organismo procederà a una prima verifica sui progressi compiuti già nel mese di giugno e un'altra a settembre. Molte delle misure avranno tuttavia un impatto solo nel medio periodo e qualche timore è stato espresso da alcune fonti che le misure proposte serviranno senz'altro al rafforzamento del sistema, ma non necessariamente a favorire l'uscita dalla crisi in corso. Lo stesso Fsf rileva nel comunicato di doversi impegnare perché la realizzazione delle iniziative non inasprisca le tensioni nel breve termine. Alcuni partecipanti alle riunioni dell'Fsf sono convinti tuttavia che la dimostrazione da parte delle autorità di saper individuare e applicare in tempi rapidi delle misure concrete può essere un fattore decisivo per ricreare anche a breve la fiducia degli operatori di mercato e degli investitori. Così come l'azione risoluta della Federal Reserve nel caso Bear Stearns ha fornito un sollievo, almeno temporaneo, ai mercati.
Il settore privato ha fatto sapere alla vigilia dell'incontro di Washington di esser pronto a riconoscere le proprie colpe nell'esplosione della crisi e a correggere le lacune più gravi emerse in questi mesi attraverso l'autoregolamentazione, come è emerso dall'iniziativa delle grandi banche, riunite nell'Institute of International Finance, annunciata a Francoforte mercoledì.
«L'autoregolamentazione può aiutare, ma non basta - ha detto però il ministro Steinbrück - c'è un ruolo per la politica». L'intenzione delle autorità di collaborare strettamente con il settore privato è confermata peraltro dall'invito rivolto dal padrone di casa, il segretario al Tesoro Usa, Henry Paulson, ai capi di alcune grandi istituzioni finanziarie per la cena del G-7 di ieri sera.
Fra i sette peraltro non tutti sono convinti che l'intervento pubblico debba estendersi anche all'impiego di denaro pubblico nella stabilizzazione dei mercati o nel salvataggio di istituzioni in crisi. «Non escludiamo nessuna opzione. Non dovremmo esitare se la riposta di mercato è inadeguata», ha detto il britannico Darling, ma altri sono contrari per esempio all'acquisto diretto di titoli illiquidi da parte delle banche centrali per sostenere i mercati.