A Grillo piace il comunismo (1 Viewer)

alingtonsky

Forumer storico
Antonio Signorini - Mer, 07/05/2014 - 11:47

- Vaglielo a spiegare ai piccoli imprenditori che in questi anni hanno scaricato la loro rabbia e le loro ansie nel voto al Movimento 5 stelle.

A Beppe Grillo piace l'economia pianificata, il divieto di proprietà privata dei mezzi di produzione, la dittatura del proletariato e tutto il resto. In poche parole, a Grillo piace il comunismo.

La battuta ogni tanto gli esce. Fa parte del repertorio dei comizi-show, nei quali - con un abilità unica nel panorama politico italiano - mischia concetti di buon senso a sparate lunari che hanno il pregio di spiazzare e ipnotizzare l'audience.
L'ideale fondato da Karl Marx e Friedrich Engels, ha ripetuto due giorni fa a Cagliari, «era bellissimo» ma poi «è stato applicato male». A differenza del comunismo, il capitalismo «non è applicato male». È un male: «Disintegra gli Stati e non prevede la democrazia».

Non è dato capire se la pensi allo stesso modo Gianroberto Casaleggio, che è un imprenditore. Difficile arrivare a conclusioni politicamente coerenti, sulla base delle poche indicazioni date dal leader del Movimento 5 stelle. Se, ad esempio, il tradimento della cattiva applicazione del comunismo, secondo lui, sia avvenuto già ai tempi di Karl Marx e Friedrich Engels, con il passaggio dal socialismo utopico a quello scientifico. Se il comunismo delle origini sia quello delle piccole comunità primitive. Oppure se il tradimento si sia consumato con la nascita dell'Unione sovietica e con Stalin. Ma è difficile vedere Grillo nelle vesti di un trotzkista.

Le diatribe ideologiche sono state seppellite da tempo, persino dalla arretratissima politica italiana. Non interessano nemmeno a Grillo e se le riesuma è per ottenere attenzione del suo pubblico. Lo aveva fatto non molto tempo fa ripetendo più volte un concetto opposto rispetto alle lodi del collettivismo economico: «Siamo dei conservatori». Anche in quel caso nessuno aveva creduto in una conversione al rigore anglo-protestante di Margaret Thatcher.

Non c'è nessuna contraddizione nemmeno tra l'adesione alle incerte origini del comunismo e il vero ritornello di questa campagna elettorale, contro l'eredità concreta che quella ideologia ha lasciato nel paese: quello della «peste rossa».
Grillo anche ieri ha messo la sinistra italiana sullo stesso piano del fascismo: «In Italia il ceppo iniziale della peste nera ha avuto una sua mutazione, la cosiddetta peste rossa». Un «farmaco miracoloso venduto da imbonitori del “lavoro, lavoro, lavoro”, ricatto che verrebbe eliminato con il reddito di cittadinanza, e del politicamente corretto. I suoi effetti sono stati il deserto della produzione, la morte dell'innovazione, il cemento come idea di futuro e il massacro dell'ambiente».

Nello stesso calderone, «i vecchi compagni che hanno bisogno di una fede, di Credere, Obbedire e Combattere, e più ancora di loro, i nuovi affaristi rossi venduti alle multinazionali, lupi travestiti da agnelli post comunisti, figli di massoni e non di operai».

Ogni riferimento al premier è, con tutta probabilità, cercato e non approfondito, in perfetto stile Grillo. Renzi due giorni fa ha incrociato la spada con Grillo contrapponendo la «rabbia» M5s alla «speranza», che sarebbe invece il suo messaggio. Peccato che il punto di forza e quello di maggiore sintonia tra Grillo e gli italiani, sia proprio la rabbia, che il comico-leader interpreta benissimo. Anche quando mescola, in modo incoerente, ideologie che non interessano più nessuno.

A Grillo piace il comunismo: "Le idee di Marx? Bellissime" - IlGiornale.it
 

alingtonsky

Forumer storico
7-5-2014 18:24

“Il comunismo non è bellissimo, è contro la natura umana e si può attuare solo facendo leva sull’invidia e la disperazione usando violenza e demonizzando il libero pensiero. Le stesse caratteristiche oggi del movimento 5 stelle, comprensibile quindi che a Grillo piacesse il comunismo da giovane. Quello che a Grillo, come a molti altri uomini di spettacolo sfugge, è che il comunismo era bellissimo solo per i miliardari come lui e per i raccomandati del sistema. Per la povera gente era solo sopraffazione e fame. Per fortuna mentre lui faceva il comico, altri ragazzi difendevano l’Italia e l’Europa dalla follia omicida comunista” così Giovanni Donzelli dell’esecutivo nazionale di Fratelli d’Italia e capogruppo regionale in Toscana.

https://www.gonews.it/2014/05/07/do...bellissimo-solo-per-i-miliardari-come-grillo/
 

alingtonsky

Forumer storico
di Matteo Borghi
Questa volta non si può nemmeno dire che Beppe Grillo ne ha detta un’altra delle sue. Già perché quella del «comunismo bellissimo» semmai «applicato male» – come ha detto ieri il comico da un palco di Cagliari – è una vecchia storiella che negli ambienti progressisti, spesso un po’ chic (quelli che per intenderci votavano Civati, e ora stanno con Renzi perché “almeno con gli 80 euro e la tassazione delle rendite finanziarie ha fatto cose di sinistra”) va ancora per la maggiore.

Per molti di loro Josif Vissarionovič Džugašvili, detto Stalin, così come il collega Mao Tse-Tung, responsabili insieme di un centinaio di milioni di morti, non sono stati altro che “compagni che sbagliano”, crudeli certo, ma anche per la situazione che han dovuto affrontare. Quel che non si vuole ammettere è che il comunismo – già nella sua formulazione – contenga un messaggio violento orientato alla rapina e l’omicidio. Caratteristiche che si preferiscono attribuire al capitalismo che – nel vangelo secondo Grillo – «non è stato applicato male: il capitalismo è questo, disgrega gli Stati e non prevede la democrazia». Il comunismo invece fu notoriamente democratico. Talmente democratico che fra il 1929 e il 1933 privò tutti gli ucraini, ma proprio tutti, del grano lasciandoli morire di fame.

Non sappiamo quale sia la cultura bibliografica di Beppe Grillo. Quel che sappiamo è che il comico genovese, fra un comizio e l’altro, dovrebbe perdere un po’ di tempo a leggersi due bei libri: lo storico Arcipelago Gulag di Solženicyn e We The Living di Ayn Rand che, purtroppo, si trova solo in versione originale inglese. Due testi che descrivono bene, da un punto di vista privilegiato (quello di chi l’ha vissuto sulla propria pelle), ciò che è stato il comunismo in Russia: un sistema violento, prevaricatore, predatorio della ricchezza e – nonostante tutto – così profondamente diseguale.

Già perché la “dittatura del proletariato”, teorizzata già da Marx ed Engels per la prima volta nel 1852, nella lettera a Weydemeyer, prevedeva l’oppressione violenta a danno dei borghesi e l’espropriazione dei beni a vantaggio del popolo (leggi dello Stato, quindi del politburo). L’idea di uno Stato onnipotente, custode del “vero” e del “giusto” (termini che guarda caso i grillini amano parecchio) e che quindi ha diritto di vita e morte sul cittadino viene da lì. Lenin&soci non hanno fatto altro che applicare la teoria alla pratica. Fin troppo bene.

Ps. A conti fatti non capiamo l’origine dell’odio di Beppe per quel sistema capitalistico che gli ha dato tutto, rendendolo ricco e famoso. Nel 2006 il “compagno” Grillo ha dichiarato un reddito imponibile di 4.272.591 euro (sì cari disoccupati e cassintegrati che votate M5S, pensate quanto potreste campare con questi soldi). Chissà chi sarebbe diventato il buon Grillo nella Russia sovietica. Forse uno di quei giullari di corte che, raccontano le cronache, allietarono gli ultimi anni della vita di Stalin cantandogli musichette tradizionali sovietiche. Alcuni finirono in gulag, ma per carità ad altri andò meglio e vennero riassorbiti nel partito e uno di loro – tal Nikita Krusciov – prese il posto del dittatore dopo la sua morte. Di certo nessuno, nell’Urss, poteva permettersi una villa in Toscana (oltre a molte altre) con otto camere da letto e sette bagni, da affittare a 14mila euro a settimana

«Il comunismo era bellissimo». Parola di Grillo | L'intraprendente



Grillo "comunismo bellissimo ma applicato male". Sì, ma ti avrebbero ucciso. | Linkiesta.it
 

gipa69

collegio dei patafisici
di Matteo Borghi
Questa volta non si può nemmeno dire che Beppe Grillo ne ha detta un’altra delle sue. Già perché quella del «comunismo bellissimo» semmai «applicato male» – come ha detto ieri il comico da un palco di Cagliari – è una vecchia storiella che negli ambienti progressisti, spesso un po’ chic (quelli che per intenderci votavano Civati, e ora stanno con Renzi perché “almeno con gli 80 euro e la tassazione delle rendite finanziarie ha fatto cose di sinistra”) va ancora per la maggiore.

Per molti di loro Josif Vissarionovič Džugašvili, detto Stalin, così come il collega Mao Tse-Tung, responsabili insieme di un centinaio di milioni di morti, non sono stati altro che “compagni che sbagliano”, crudeli certo, ma anche per la situazione che han dovuto affrontare. Quel che non si vuole ammettere è che il comunismo – già nella sua formulazione – contenga un messaggio violento orientato alla rapina e l’omicidio. Caratteristiche che si preferiscono attribuire al capitalismo che – nel vangelo secondo Grillo – «non è stato applicato male: il capitalismo è questo, disgrega gli Stati e non prevede la democrazia». Il comunismo invece fu notoriamente democratico. Talmente democratico che fra il 1929 e il 1933 privò tutti gli ucraini, ma proprio tutti, del grano lasciandoli morire di fame.

Non sappiamo quale sia la cultura bibliografica di Beppe Grillo. Quel che sappiamo è che il comico genovese, fra un comizio e l’altro, dovrebbe perdere un po’ di tempo a leggersi due bei libri: lo storico Arcipelago Gulag di Solženicyn e We The Living di Ayn Rand che, purtroppo, si trova solo in versione originale inglese. Due testi che descrivono bene, da un punto di vista privilegiato (quello di chi l’ha vissuto sulla propria pelle), ciò che è stato il comunismo in Russia: un sistema violento, prevaricatore, predatorio della ricchezza e – nonostante tutto – così profondamente diseguale.

Già perché la “dittatura del proletariato”, teorizzata già da Marx ed Engels per la prima volta nel 1852, nella lettera a Weydemeyer, prevedeva l’oppressione violenta a danno dei borghesi e l’espropriazione dei beni a vantaggio del popolo (leggi dello Stato, quindi del politburo). L’idea di uno Stato onnipotente, custode del “vero” e del “giusto” (termini che guarda caso i grillini amano parecchio) e che quindi ha diritto di vita e morte sul cittadino viene da lì. Lenin&soci non hanno fatto altro che applicare la teoria alla pratica. Fin troppo bene.

Ps. A conti fatti non capiamo l’origine dell’odio di Beppe per quel sistema capitalistico che gli ha dato tutto, rendendolo ricco e famoso. Nel 2006 il “compagno” Grillo ha dichiarato un reddito imponibile di 4.272.591 euro (sì cari disoccupati e cassintegrati che votate M5S, pensate quanto potreste campare con questi soldi). Chissà chi sarebbe diventato il buon Grillo nella Russia sovietica. Forse uno di quei giullari di corte che, raccontano le cronache, allietarono gli ultimi anni della vita di Stalin cantandogli musichette tradizionali sovietiche. Alcuni finirono in gulag, ma per carità ad altri andò meglio e vennero riassorbiti nel partito e uno di loro – tal Nikita Krusciov – prese il posto del dittatore dopo la sua morte. Di certo nessuno, nell’Urss, poteva permettersi una villa in Toscana (oltre a molte altre) con otto camere da letto e sette bagni, da affittare a 14mila euro a settimana

«Il comunismo era bellissimo». Parola di Grillo | L'intraprendente



Grillo "comunismo bellissimo ma applicato male". Sì, ma ti avrebbero ucciso. | Linkiesta.it

Quanta gente che non ha letto Marx ed Engels in giro per il mondo.

Anche questo continuo rimando alla dittatura del proletariato per mettere paura alle masse piccolo borghesi è strumento di comunicazione unidirezionale.

Marx e Engels prevedevano che i capitalisti (quelli veri) non avrebbero ceduto il potere tanto facilmente ai lavoratori salariati e quindi prevedevano la necessità di uno scontro e quindi di una breve fase in cui il proletariato avrebbe preso il potere solo per poi cederlo ad un popolo liberato e non ha uno stato pianificato (anche quello necessario solo nella fase iniziale per non finire subito nel caos come successo in precedenti esperienze comuniste).

Tra parentesi un recente studio della nasa conferma che le elite economiche dei vari imperi succedutesi nel globo negli ultimi millenni (dai romani ai maya ai gupta al periodo wang cinese) hanno fatto collassare i loro sistemi sotto il segno della progressiva divergenza tra elite dominanti e resto della popolazione; fenomeno che il recente libro di Piketty sembra confermare.
 

alingtonsky

Forumer storico
La teoria di Marx su dittatura del proletariato e stato non è stata applicata male, ma era errata e contraddittoria.
Quindi non a caso storicamente non si è passati da una breve fase di dittatura del proletariato ed economia pianificata ad una condizione di umanità liberata, che è soltanto un sogno utopistico, nonostante le pretese scientifiche ingiustificate di una teoria che di scientifico non ha nulla e più che altro pretendeva di fare profezie.
Storicamente finita la fase dell' economia pianificata e della dittatura del partito unico c' è stato il crollo dei regimi comunisti e il passaggio a stati con economia di mercato dove la legge della domanda e dell' offerta stabilisce la corretta remunerazione per capitali e lavoratori salariati.
Il mercato stabilisce quale è la corretta remunerazione per i lavoratori e non qualche filosofo di secoli passati.
Analogamente il mercato stabilisce i prezzi per le azioni, in base a domanda e offerta.


La critica di Kelsen alla concezione marxista dello Stato
"Con questo cosa si vuol dimostrare? Si vuol dimostrare che se è vero che possono esistere Stati il cui unico scopo è quello di "tenere con la forza la classe sfruttata nelle condizioni di oppressione" (Engels), è altrettanto vero che possono esistere, e di fatto esistono, Stati che si pongono esattamente l'obiettivo contrario, l'eliminazione dello sfruttamento; e comunque se realmente lo sfruttamento attecchisce soprattutto nella sfera "a-statale", è ovvio che solo lo Stato, soltanto un tale ordinamento costrittivo, è in grado di por fine a questa condizione di vessazione. D'altronde, la dittatura del proletariato non è forse etichettata come uno Stato da Marx ed Engels? E qual è il fine che a questo meccanismo coercitivo essi assegnano se non quello dell'abolizione di ogni forma di oppressione? Non è pertanto contraddittorio definire lo Stato come un meccanismo coercitivo per il mantenimento dello sfruttamento e al tempo stesso profetizzare l'avvento di un apparato costrittivo che si varrà della sua forza per sradicare insieme con lo sfruttamento tutte le brutture del mondo capitalistico? Come si vede, la stessa dottrina marxista, per l'uso che fa del concetto di Stato "mostra che l'ordinamento coercitivo chiamato Stato può servire scopi molto diversi ed opposti tra loro. Se è così, vuol dire che lo scopo non deve essere incluso in una definizione scientifica di questo fenomeno" (1); definizione scientifica - è questa la conclusione kelseniana - che, "con l'unica eccezione del momento costrittivo, deve fare astrazione da ogni configurazione contenutistica dell'ordinamento coercitivo" (2). Le norme giuridiche, cioè, possono ispirare il loro contenuto al liberalismo, al socialismo e a qualsiasi altro sistema di idee; quel che in esse non potrà mai mancare è il collegamento della sanzione all'illecito. Insomma: variabile è il contenuto, invariabile è invece la struttura, la "forma" delle regole giuridiche. E' ben per questo che solo quest'ultima può costituire l'oggetto di una indagine scientifica del diritto e dello Stato. Il bello è che per i marxisti la struttura della norma giuridica non è affatto immutabile. L'elemento sanzionatorio, questo tratto qualificante della regola di diritto, non è per essi destinato a durare in eterno: ha ragione di esistere fin quando la società è divisa in classi e si fonda sullo sfruttamento del proletariato. A loro avviso, infatti, "la causa sociale fondamentale degli eccessi, che consistono nel violare le regole della vita, è lo sfruttamento delle masse, il loro bisogno e la loro miseria" (3). Le violazioni dell'ordinamento giuridico, i turbamenti che giustificano la predisposizione di sanzioni per la punizione del reo, sono causati unicamente da un determinato assetto economico. Una volta che la perfetta società comunista avrà abolito con la proprietà privata la matrice di tutte le perversioni, non vi sarà più bisogno di comminare atti coercitivi: tutti obbediranno spontaneamente e con entusiasmo all'ordinamento di questa comunità. L'apparato costrittivo, lo Stato, potrà finalmente essere relegato nel posto che da quel momento gli spetta, "cioè nel museo delle antichità accanto alla rocca per filare e all'ascia di bronzo" (4). La critica di Kelsen su questo punto è quanto di più lucido si possa immaginare. Egli contesta che lo Stato possa un giorno estinguersi" [Gaetano Pecora, La democrazia di Hans Kelsen. Una analisi critica, 2006] [(1) H. Kelsen, La teoria politica del bolscevismo e altri saggi, cit., p. 55; (2) H. Kelsen, Socialismo e Stato, cit., p. 21;

La critica di Kelsen alla concezione marxista dello Stato



The Big, Bad Market: A French Psychosis? :: The Mises Economics Blog: The Circle Bastiat
 
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ConteRosso

mod sanguinario
Tra parentesi un recente studio della nasa conferma che le elite economiche dei vari imperi succedutesi nel globo negli ultimi millenni (dai romani ai maya ai gupta al periodo wang cinese) hanno fatto collassare i loro sistemi sotto il segno della progressiva divergenza tra elite dominanti e resto della popolazione; fenomeno che il recente libro di Piketty sembra confermare.

uno studio della NASA ? :-?
 

Caront€

Succube a prescindere!
e chi non l'ha letto e comunque non ci ha capito un kaiser :-?

PS gli aforismi che citi sono del tuo autore preferito ? :D
:-D:-D:-D
gradirei che lo chiamassi con l'appellaltivo a Lui caro
Padre della Patria :-o:-o:titanic:
visto che lo ami tanto pure tè te ne cito un'altro...
a 18 anni se non sei di sinistra sei senza cuore
a 40 anni se non sei di destra sei senza cervello :-o

adoro quest'uomo :eek::eek::eek::D:wall::wall::wall:
 
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