Alerion (ARN) alerion clean power,una small che è già BIG

f2i ha due fondi, il primo 1,85 miliardi di euro quasi del tutto impegnato,mancano poche decine di migliaia di euro e il secondo da completare fino a 1,2 miliardi di euro, di cui un 30% è stato gia raccolto e impegnato in SEA.

Il fondo ha reso in media un4% annuodi dividendo.

Notiamo come solo in aleiron la aprtecipazione è del 15.7%,mentre di solito si va sempre oltre il 40%, tranne nei trasporti..
evdiamo la relazione di fine d anno in cui molti spunti ci sono.. vedere pag 5/6 per esempio
http://www.f2isgr.it/f2isgr/allegati...TITORI_ITA.pdf
 
BISOGNA SAPERE CHE LA GERMANIA HA KWF CHE NON CONTABILIZZA NEL BILANCIO STATALE IL DEBITO..E NOI NO. ALLORA TRASFROMIAMO LA CASSA DEP E PRESTITI. LA
MIA IDEA

Paese come la Germania, che pretende di darci lezioni di "economia virtuosa", trucca, invece, i conti sul debito pubblico e gode di una banca "nazionale" interna (che opera parallelamente alla Bundesbank) che finanzia la sua economia e si chiama Kreditanstalt fuer Wiederaufbau (KfW), oggi ribattezzata KfW Bankengruppe.
La KfW è nata nell'immediato dopoguerra, definendosi una "banca della ricostruzione", col compito di amministrare i fondi del piano Marshall. Essa è posseduta all'80% della Repubblica federale e al 20% dai Lander (ossia i 16 stati federati della Germania, sempre soggetti pubblici) e svolge molti compiti di finanziamento del settore pubblico e finanziando le piccole-medie imprese, sostenendo dei costi che restano al di fuori del perimetro del bilancio federale e che quindi non figurano nel debito pubblico tedesco. E' una banca solida e non è un caso che il magazine "Global Finance" nella classifica annuale dei 50 istituti più sicuri del mondo abbia messo al primo posto proprio la KfW.
Dal punto di vista legislativo la KfW è disciplinata dalla "Legge sulla KfW" ed è soggetta alla supervisione congiunta del Ministero Federale Tedesco delle Finanze e del Ministero Federale Tedesco dell’Economia e della Tecnologia.
9/3/2013
Per m5s. l’idea della cassa dep e prestiti stile banca nazionale tedesca, e l idea dell’oro della b d italia, senza passare dalla ue.
L’indice di borsa italiano dovrebbe quasi raddoppiare per raggiungere quei valori del 2008 che il D Jones e il Dax hanno praticamente raggiunto e superato.
Cosa sia successo dal 2008 al 2013 in Italia è cosa nota ed anche il fatto che Berlusconi ha pratica...mente bloccato il paese in questi anni indietro alle sue beghe processuali, e le banche hanno giocato con i derivati e le calssi politiche non hanno attuato le riforme,siano fattori di non crescita.
L’Italia ha due strade per crescere:
a)abbattere il debito pubblico e portarlo giu di almeno 300 miliardi di euro,in un colpo solo
b)uscire dall ‘euro e tenervi un cambio ancorato ma fluttuante per poter giocare sulla svalutazione competitiva e sulle esportazioni.
L’esempio di Danimarca e Svezia.Ma l’Italia dovrebbe avere il coraggio di rendersi propositiva nei confronti di Spagna Portogallo Grecia.
E’ piu facile abbattere il debito,attraverso un acquisto forzoso dalle mani dei sottoscrittori dei btp e cct ctz in circolazione e scadenti nei prossimi anni, che d’imperio dovrebbero essere acquistati dalla cassa dep e prestiti,rimborsati alla pari in via anticipata.
PREMESSA: Le riserve della Banca d Italia sono proprietà della collettività italiana ed ammontano a oltre 200 miliardi di euro, per cui se messe a garanzia di emissioni obbligazionarie queste possono essere anche per un valore multiplo, diciamo 600 miliardi di euo( un multiplo pari a 3 volte)
PRIMO: La cassa Dep e Prestiti andrebbe nazionalizzata e ,in cambio di garanzie aurre della Banca d italia (Banca d’Italia, che detiene riserve di oro per 2.541 tonnellate, a cui vanno aggiunte riserve valutarie per 50,6 miliardi e le altre riserve in oro presumibilmente depositate all’estero.) emetterebbe obbligazioni con collaterale aureo il cui tasso sarebbe molto piu basso.diciamo che anziche pagare il 4%, si potrebbe pagare 1% ed avere un risparmio di 90 miliardi annui di interessi,in 10 anni sarebbero 900 miliardi di euro risparmiati.
SECONDO: Con 600 miliardi di euro collocati sul mercato raccoglierebbe soldi per azzerare 300 miliardi di titoli a 10 anni vita resudua- con altri 300 miliardi pagherebbe tutti i debiti della P.A. verso imprese e finanzierebbe infrastrutture.
 
Solo Laura Puppato è vista bene dal M5S ed ha da tempo sposato la causa della green economy mentre il pd ha di fattoe stromesso ferrante realacci della seta e non ha ascoltato la base.ELIMINARE ASTE AL RIBASSO SU EOLICO E ROBIN TAX,INSERIRE... UNA CARBON TAX, ELIMINARE I CIP6,CREARE UN MECCANISMO FEED IN TARIFF SU TUTTE LE FONTI,POUNTARE DA SUBITO SU POTENZIAMENTO RETI ELETTRICHE E SMART CITIES,DETASSARE ASSUNZIONI NEL SETTORE GREEN E DEL RISPARMIO ENERGETICO.,CREARE DEI GREEN BOND DELLA C D E PRESTITI PER FINANZIARE INIZTIAVIE.http://www.laurapuppato.it/comunicati/greenpeace-ha-ragione-puntiamo-su-green-e-blue-economy/
 
F2i nella sua lettera agli investitori sul sito ( Home - F2I SGR ) dettaglia le sue operazioni,spende parole su SEA e su come di fatto lotto' con l IPO di SEA e a pag 5 di tale lettera riepiloga le sue partecipazioni,e conferma la nascita di un secondo fondo ( 1,2 miliardi di euro totali di cui gia raccolti oltre 500 milioni) per investimenti nei settori e per fare delle Sue partecipate dei CAMPIONI NAZIONALI.A tale pagina emerge come solo in ALERION la partecipazione di F2i è del 15.7% mentre in tutte le altre partecipate si va da un massimo del 100% a un minimo di oltre il 20%.

Tale lettera si incrocia con le ripetute interviste e numerosi interventi pubblici di Vito Gamberale diciamo CEO del fondo va, che conferma la volontà di valorizzare le partecipazioni che,si dic ein media, rendono in dividendi oltre il 4%.

Alerion venne comprata da F2i nell ottobre 2008 a 9,2 euro( non inganni 0.92 euro dell epoca perchè poi vi fu un raggruppamento azionario 1 ogni 10 e dunque 0.92= 9.2 eur post ragrr) e NON SOLO ALERION NON HA MAI TOCCATO TALE VALORE PAGATO ALL EPOCA SOLO AGLI AZIONISTI DEL PATTO, ma anche F2I con i suoi 3 amministratori nominati nle CDA di ALERION non ha di fatto reso garanzie, fatto placement di bonds, girato autorizzazioni di MW tramite f2i rinnoivabili(sua controllata al 100%),insomma NULLA HA FATTO PER INSISTERE NELLA VALORIZZAZIONE DI ALERION.

Il piatto è succoso perchè è di 2 mesi fa l acquisizione da parte di ERG E LUKOIL(russi) DI NUMEROSI MW EOLICI IN FUNZIONE IN ITALIA DA I.POWER 8EX MAESTRALE DI VIGORITO) a 1,7 milioni di euro a MW installato.

Sia ALPIQ che GDF cedono assets eolici in Italia,anche la stess EDISON ormai in mani francesi lo fa.
iNSOMMA UN 100 MW in FUNZIONE SI ACQUISTEREBEBRO CON 170 milioni euro e Alerion ne ha in cassa circa 50 e il resto potrebbe esser preso attraverso un presito di f2i, un placement azionario o obbligazionario.
QUESTO SIA PER CONTRASTARE IL PREDOMINIO IN ITALIA DI ERG E LUKOIL, SIA PER DARE SEGUITO AI PRINCIPI DI VALORIZZAZIONE DELLE PARTECIPATE.
INFATTI SE F2I SI LAMENTO DI 100 MILIONI DI EURO DI PERDITA SULLA VALORIZZAZIONE DELL IPO DI SEA, NON SI COMPRENDE COME NON SI LAMENTI DI OLTRE 35 M IL DI EURO DI EPRDITA SULLA VALORIZZAZIONE DI ALEIRON( IN CARICO A 9.2 EURO RISPETTO AI 3.9 EURO ATTUALI).

Che poi in ALERION vi troviamo marpioni dle calibro di MPS(CON 6%),FONDIARIA SAI MILANO PREMAFIN( CON 5%), NELKE DI GAROFANO ( CON 6% ) LUJAN E KERYX( DI ALFIO MARCHINI CHE IERI ERA A OTTO E MEZZO,AMICO DI D ALEMA E CALTAGIRONE, ANCHE LUI DELL OPUS DEI COME GAROFANO E COME GOTTI TEDESCHI EX N 1 DI ALERION E DELLO IOR E ORA CONSIGLIERE DI CASSA DEP E PRESTITI E MEMBRO DI F2I),IL CONTE GASTONE COLLEONI(SOCIO DI ALFIO MARCHINI CON SUA SOCIETA' NELLA STRIM DI MARCHINI DA POCO CEDUTA A BOSH, RICCHISSIMO CONTE VERONESE CHE AVEVA ANCHE MOLTISSIME AZIONI ALERION E CHE CEDETTE FUORI MERCATO A 6.8 EURO A MARCHINI CON OPERAZIONE AI BLOCCHI, RICCHISSIMO CONTE AMICO DI GAROFANO CON COINTERESSENZE IN TOPPETTI, NELLA CARTA E RENO DE MEDICI,E CHE CON GAROFANO ENTRO' ANCHE COME LOVATI ED ALTRI NELL AFFAIRE BANCA MB CHE POI DOVETTE CHIUDERE BATTENTI E FU SALVATA DA UNICREDIT).

INSOMMA

CARNE AL FUOCO ...MA QUOTAZIONI STAGNANTI DI ALERION.... CHE HA DA AGOSTO 2010 UN PAROC EOLICO AUTORIZZATO NELLA CONTRATA DI BIHOR PER OLTRE 65 MW E DOVE COSTANTIN JURCA EX VICE SINDACO DI ORADEA E' TRA GLIS VILUPPATORI DI ALERION ROMANIA DI CUI N 1 E' LUCIANO GAROFANO FIGLIO DI PIPPO. ED HA OLTRE 50 MW AUTORIZZATI SEMPRE EOLICO A JIMBOLIA OK DA DICEMBRE 2011.

INSOMMA 110 MW DA COSTRUIRE E NON LO FA.. OLTRE A SOLONTA DOVE CI SONO 9.6 MW EOLICI IN VIA DI AUTORIZZAZIONE E FRECATEI ANCHE E VRANI ALTRI MW EOLICI IN ROMANIA.

SE SOLO F2I VOLESSE POTREEBE OPARE A 9.2 EURO ALERION.
O POTREBBE CHIEDERE A ALERION DI LANCIARE UNA OPA DI BUY BACK E GIRARLE AZIONI, O POTREBBE PRENDERE DAL MPS CHE CON LA BANDA DEL 55 DEI SUOI DIRIGENTI POTREBBE DECIDERE DI CEDERE PARTECIPAZIONI NO CORE, O PRENDERLE DA FONDIARIA SAI STESSO MOTIVO, O DA DOMINIC BUNFORD CHE E' USCITO DAL PATTO DI SINDACATO..
O POTREBBE PRENDERLE DA MARCHINI CHE BUONA NORMA, ESSENDO CABDIDADO A SINDACO DI ROMA DOVREBBE SPOGLIARSI NON SOLO DI ASTRIM MA ANCHE DI LUJAN E KERYX E DUNQUE DI ALERION.

COSTORO..MPS FONDIARIA SAI ALFIO MARCHINI DOMINIC BUNFORD PERCHE NON CEDONO ALERION? PERCHE LE AZIONI DI PESANO E NON SI CONTANO? O PERCHE ASPETTANO SOLDI DA F2I? OPA?
O PERCHE SANNO CHE ALERION VALE DI PIU?

IN UN MONDO COSI DIFFICILE L UNICA SOCIET'A IN SILENZIO E' ALERION? WHY?

C'E UN CDA IL 18/3/2013..COSA DIRANNO..SOLITO BLA BLA SU ROMANIA, SOLITI RUMOSRS?
 
il tempo dirà se in alerion stanno facendo affermazioni su j venture e polo aggregante e invece si vendono pezzi della società e bruciano cassa in cambio di stipendi e benefits.

il tempo dirà se f2i vuole valorizzare questo investimento o se pensa che se va bene alerion si prende i dividendio e se scende invece il valore dell investimento in alerion sulla massa totale è cosi bassa che vale la pena di stare zitti e far fare al cda di aleiron e non dare seguito all impegno di creare cmapioni nazionali

il tempo dirà se il pd e il m5s faranno accordo e finalmente la morte politica di berlusconi fara avviare la green economy ed anche alerion.

intanto..
"Caro Celentano
con M5s punti comuni
per il cambiamento"





LA LETTERA Il segretario del Pd risponde all'articolo del cantante su "Repubblica": "Con il "5 Stelle" condividiamo molti punti (economia verde, agenda digitale, innovazione tecnologica, sobrietà della politica). Lavoriamo su questo"



con scientifica mano i manovratori di alerion,simmuccie amiche, che si brucieranno stile mps e banda del 5%, lasciano le quotazioni in range tale da non far avvicinare mai nessuno e di far sfiancare e schifare...
 
chrtsrv.dll
Per noi berlu si semp na me.....
 
Che cosa c’entra il Monte dei Paschi con il Fondo Italiano per le Infrastrutture? A guardare i progetti infrastrutturali portati avanti in Toscana, tanto. E, probabilmente, troppo. La rete di interessi, conflitti d’interessi e guadagni è spaventosa: dall’Opus Dei all’alta dirigenza Pd, da Ettore Gotti Tedeschi a Caltagirone, dal Monte dei Paschi a Vito Gamberale. I nomi sono sempre gli stessi. Un intreccio incredibile. Un guadagno per tutti.


di Carmine Gazzanni



I “CONTI” NON TORNANO: L’AMICO DI D’ALEMA IN CONFLITTO D’INTERESSI -Il Pd non si occupa di banche”. Chiare le parole di Pier Luigi Bersani. Il Partito Democratico non ha nulla da rimproverarsi. Nessun conflitto d’interessi. Nessuna ingerenza. D’altronde il codice etico del partito parla chiaro. Terzo capitolo, punto b: si obbliga il tesserato a “rinunciare o astenersi dall’assumere incarichi esecutivi nel Partito (incarichi monocratici nelle città capoluogo di provincia, a livello provinciale, regionale e nazionale; incarichi negli organi collegiali esecutivi di Partito a livello regionale e nazionale) qualora, a causa del ruolo ricoperto in imprese, associazioni, enti o fondazioni, aventi scopo di lucro o titolarità prevalente di interessi economico­finanziari, possa configurarsi un conflitto di interessi tale da condizionare i propri comportamenti“. Più chiaro di così si muore. Peccato però che, come si suol dire, tra il dire e il fare ci sia di mezzo il mare. E allora ecco che i conflitti tra società, banche e partito (democratico) sono sorprendenti.
Riccardo Conti, grande amico di Massimo D’Alema, è stato assessore alle infrastrutture e ai trasporti della Regione Toscana dal 2000 al 2010, ma soprattutto è l’attuale coordinatore nazionale per le infrastrutture del Partito Democratico. Ruolo di prestigio, insomma. A cui, però, se ne affianca un altro: membro del consiglio direttivo del Fondo Italiano per le Infrastrutture, società di gestione del risparmio (sgr) che investe i risparmi raccolti da banche e fondazioni (le quali detengono azioni del Fondo) in società, come si legge direttamente dal sito, attive nei settori “delle infrastrutture di trasporto, persone e merci come porti, aeroporti, autostrade, interporti, ferrovie, ecc; reti di trasporto e distribuzione di elettricità, gas e acqua, ecc.; impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e tradizionali; sanità, servizi pubblici locali e infrastrutture sociali”. In altre parole F2i (questa è la sigla del Fondo) è un flusso: la società raccoglie “risparmi” dai soci (sponsor) e da altri soggetti (Limited Partners) e lo investe in società quotate e non, ridistribuendo poi il guadagno.
Piccolo conflitto d’interessi, insomma? Sembrerebbe proprio di sì. E non parliamo affatto di bruscolini. Stando agli ultimi dati, infatti, il fondo raccolto dalla società di gestione si aggirerebbe intorno ai 2 miliardi di euro l’anno. Il dubbio nasce spontaneo: c’è il rischio che una persona che nei fatti decide come impiegare questi soldi influenzi la politica infrastrutturale del partito a cui appartiene? Prima di rispondere bisogna tenere a mente un altro “piccolo” particolare.

CONTI “RAPPRESENTANTE” DEL MONTE DEI PASCHI – Il Fondo, come detto, è partecipato da diverse banche, fondazioni e casse previdenziali. Tra queste, fino ad un anno fa, spiccava anche il Monte dei Paschi di Siena (ha venduto poi le sue azioni – pari al 6,40 per cento del capitale azionario con un valore di bilancio di 857.142 euro - per far fronte al buco nei bilanci). Come accade spesso nelle società, i membri del cda sono nominati in rappresentanza proprio degli azionisti. Domanda: indovinate Conti di chi era “rappresentante” nel 2011, anno in cui è stato nominato? Proprio del Monte dei Paschi di Siena. È lo stesso Conti, d’altronde, ad ammetterlo nel tentativo (maldestro) di scrollarsi di dosso l’ombra della nomina politica: “io sono entrato su indicazione della Fondazione Monte de Paschi di Siena, non per nomina politica, anche se, certo, il Pd era d’accordo”.
Il primo cerchio, dunque, si chiude: c’è un Fondo che si occupa di Infrastrutture, partecipato da Mps, il quale, a sua volta, deve nominare una persona nel cda in sua rappresentanza. Quale migliore scelta se non quella del coordinatore nazionale delle Infrastrutture del Pd? Ma, ovvio, il Partito Democratico non c’entra nulla. Ci mancherebbe.

PD, MPS, FONDO, CALTAGIRONE: CI GUADAGNANO TUTTI – Sarà un caso, ma da quando Riccardo Conti, ex assessore toscano alle infrastrutture e uomo designato da Mps, è entrato nel Fondo, la Toscana è diventata terra di conquista. È stato proprio il Fondo, d’altronde, a cercare di acquistare una quota del capitale sociale dell’aeroporto fiorentino di Peretola. Il Monte dei Paschi, dal canto suo, detiene invece il 21 per cento della società che gestisce l’aeroporto senese di Ampugnano ed è anche tra gli azionisti della Società Autostrada Tirrenica con il 15 per cento, insieme, peraltro, alla Vianco spa (che detiene quasi il 25 per cento delle azioni), controllata della Vianini spa, società del gruppo Caltagirone spa, il cui presidente, Francesco Gaetano, è stato fino all’anno scorso vicepresidente e azionista della banca senese. A riprova del fatto, insomma, che gli affari tra Caltagirone e Mps, come Infiltrato.it ha già documentato, non sono mai scemati.
monte_paschi_spaventosa_rete.jpg
Ma, d’altronde, da buon palazzinaro, Caltagirone non poteva non interessarsi al Fondo per le Infrastrutture. E allora, pur essendo uscito da Mps, ha mantenuto voce in capitolo in qualità di vicepresidente di Generali: la società di assicurazioni, infatti, già nel 2007 - anno di nascita di F2i - aveva sottoscritto una quota di quasi 100 milioni di euro.

Insomma, uno spettacolare intreccio di interessi e di guadagni per il quale né il Pd, né Caltagirone, né tantomeno il Monte dei Paschi possono lavarsi le mani. Anche perché, come detto, stiamo parlando di un fondo esorbitante che nel 2009 ha assicurato ai suoi investitori ben il 15 per cento di rendimento.

ETTORE GOTTI TEDESCHI E LA SCIA DELL’OPUS DEI – Gli interessi che ruotano attorno al Fondo Italiano per le Infrastrutture, però, sono ben più ampi di quanto si possano pensare. Toccano praticamente tutti: non solo Monte dei Paschi di Siena e Caltagirone. Ma anche nomi importanti della finanza vaticana. A cominciare da quello di Ettore Gotti Tedeschi. Proprio lui, l’ex numero uno del Banco di Santander in Italia, oggi al centro (anche lui) delle indagini per l’acquisizione di Antonveneta da parte di Mps, dei cui legami con Mussari già ci siamo occupati. Ebbene, Gotti Tedeschi è presidente del Fondo italiano per le Infrastrutture. Incarico di rilievo, dunque. Così come lo è quello di membro del cda della Cassa Depositi e Prestiti, altra azionista del Fondo. Insomma, Gotti Tedeschi conta eccome.
La cosa, però, non sorprende affatto. Non sono pochi, infatti, i membri del consiglio direttivo del Fondo che sembrerebbero legati a doppio filo ora all’Opus Dei ora alla Compagnia delle Opere. Basti pensare, oltre a Ettore il Cattolicissimo (come viene chiamato), anche all’ideatore, deus ex machina e amministratore delegato della società, il molisano Vito Gamberale. L’ex numero uno di Atlantia spa (holding attiva nella gestione delle tratte autostradali) è infatti molto vicino e a Comunione e Liberazione (si ricorda una sua partecipazione al meeting di Rimini anni fa. Titolo dell’incontro, ovviamente: “infrastrutture e reti: le vie dello sviluppo per l’Italia”), e all’Opus Dei. In occasione della canonizzazione del fondatore dell’Opera, Escrivá de Balaguer, fu lo stesso Gamberale a dichiarare che “frequentando le persone di questo ambiente (dell’Opus, ndr), e studiando la vita di questo grande personaggio che è sant’Escrivá, ho decodificato il progetto che egli con impegno, serenità, sicurezza ha voluto perseguire. Un progetto che oggi è stato realizzato, e che, nella sua globalità, indica un metodo di vita: lavorare pensando a concreti valori cristiani da diffondere nella società”. Precisando, peraltro, che la collaborazione con l’opera sarebbe stata ampia: “lo scambio consiste in un contributo di docenza, un contributo economico”. Economico, appunto.
Come se non bastasse, tra le assicurazione azioniste del Fondo, oltre a Generali, spunta anche la Cattolica, società da sempre sponsorizzata dalla finanza vaticana: una quota che si aggira sui 40 milioni di euro, impegnata sin dal 2007, anno della fondazione della società di gestione.

L’INCREDIBILE INTRECCIO MPS, FONDO, OPUS DEI: IL CASO ALERION - Ricapitolando: finanza vaticana, Fondo per le Infrastrutture, palazzinari, Monte dei Paschi. Un intreccio di legami (e di interessi) che fa impallidire. A dimostrazione di quanto detto prendiamo la maggiore partecipata del Fondo Italiano per le Infrastrutture, la Alerion Clean Power spa, impegnata soprattutto nella produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Ebbene, i due maggiori azionisti della società sono, appunto, F2i (15 per cento delle azioni) e proprio il Monte dei Paschi di Siena (6 per cento). Chissà cosa ne pensa Riccardo Conti in qualità di membro del cda di uno dei soci azionisti (F2i) messo lì da un altro dei soci azionisti (Mps).
Finita qui? Certo che no. Dei possibili conflitti d’interessi, già abbondanti sin qui, si perde il conto andando avanti. Passiamo al consiglio di amministrazione. Vicepresidente è lo stesso presidente del Fondo, Ettore Gotti Tedeschi. Ingerenza dell’Opus Dei anche qui? Sembrerebbe proprio di sì, dato che nel cda spicca anche il nome di Giuseppe Garofano, legatissimo all’Opera e a uno dei suoi personaggi più noti, Gianmario Roveraro (morto in circostanze misteriose: nel 2006 viene sequestrato, ucciso e tagliato a pezzi).
Non solo. Tra i membri del cda compare anche un altro nome di rilievo, Franco Bonferroni. La questione, qui, si complica: Bonferroni è anche consigliere Finmeccanica, quella stessa Finmeccanica al centro di numerose indagini. Una che vede protagonisti (ma non indagato) Gotti Tedeschi e l’ex ad del colosso pubblico Giuseppe Orsi per presunti casi di corruzione internazionale, ovvero il pagamento di tangenti per vendite da parte aziende del gruppo Finmeccanica. L’altra inchiesta, parallela alla precedente, vede protagonista lo stesso Bonferroni il quale, secondo il superconsulente Lorenzo Cola, sarebbe stato “espressione dell’Udc” (il partito di Casini, genero di Caltagirone) per il pagamento di una tangente da 300 mila euro.

IL PRESIDENTE DEL COLLEGIO IERI IN CONFLITTO, OGGI INDAGATO – Avrebbero esposto “fatti materiali non rispondenti al vero”, rispondendo alla Banca d’Italia che chiedeva delucidazioni sulla compatibilità della complessiva operazione di rafforzamento patrimoniale da 1 miliardo di euro nel core capital. Obiettivo: “ostacolare l’esercizio delle funzioni di vigilanza”. Questa è l’accusa formulata, tra gli altri, per l’ex presidente del collegio sindacale del Monte dei Paschi, Tommaso Di Tanno. Doveva vigilare, ma, secondo gli inquirenti, non l’avrebbe fatto. Distratto o connivente non importa. Eppure Di Tanno dovrebbe essere abituato, non è la prima volta che ricopre quest’incarico. E – ancora una volta – i nomi sono sempre gli stessi.

Prendiamo l’anno 2007, lo stesso anno in cui avviene l’operazione Antonveneta: Di Tanno compariva nel collegio di Mps (che a quel tempo vedeva seduto sulla poltrona di vicepresidente Caltagirone), compariva in quello proprio di Caltagirone spa e, come se non bastasse, anche in quello di Atlantia spa, all’epoca in mano a Vito Gamberale.
Troppi incarichi, forse. Troppi conti da controllare. Al povero di Tanno sarà sfuggito qualcosa. Poca roba:solo qualche miliardo SCANDALO MPS/ F2I e Alerion, spaventosa rete di interessi: l?amico di D?Alema, l?Opus Dei e lo Ior.
 
habemus papam .gesuita.

tutto a posto.
OPUS DEI. Costruttori, banche, imprenditori: così il Vaticano è colpevole del disastro italiano

By admin
– 12 marzo 2013Posted in: CHIESA OCCULTA, SOCIETA'


Oggi si comincia con il Conclave. Tutti gli occhi saranno puntati sui cardinali che, riuniti, decideranno chi sarà il prossimo pontefice. Sulla scelta, però, non incideranno solo ragioni spirituali e religiose, ma anche – e soprattutto – politiche. Tanti, infatti, sono i gruppi di potere. A cominciare dall’Opus Dei. Incredibile la rete di potere finanziaria della prelatura vaticana. Tutti i grandi nomi dell’economia italiana sono legati all’Opera. Da Caltagirone a Elfio Marchini, da Luigi Zunino a Salvatore Ligresti. E poi le banche (su tutte proprio il Monte dei Paschi). Senza dimenticare il ruolo dei cattolicissimi Garofano e Colleoni. Sconosciuti ai più, ma – come vedremo – protagonisti di spicco della finanza italiana.


di Carmine Gazzanni


Nessuno ne parla più. Eppure la vicenda del Monte dei Paschi continua ad andare avanti. Ormai da circa un mese la Procura di Roma indaga anche sui legami tra la banca senese e lo Ior. Secondo il pm titolare Nello Rossi su quei conti sarebbero passati i fondi necessari a pagare le persone utilizzate nel 2007 per organizzare la seconda vendita di Antonveneta, passata dal Banco Santander a Mps con un plusvalore per gli spagnoli di oltre tre miliardi di euro. Infiltrato.it è stato uno dei primi a gettare luci sui legami tra Mps e finanza vaticana. L’inchiesta del nostro giornale, intanto, è andata avanti: sono incredibili gli intrecci tra mondo finanziario-imprenditoriale e l’Opus Dei. Tra affiliati e simpatizzanti, l’alta prelatura del Vaticano è riuscita a mettere le mani su una fetta importante dell’economia italiana. E la rete di interessi tocca sempre gli stessi: da grosse banche (a cominciare proprio dal Monte dei Paschi) fino a nomi importanti dell’imprenditoria come Caltagirone, Salvatore Ligresti, Matteo Arpe, Giuseppe Maria Garofano, Elfio Marchini, Gastone Colleoni. A spulciare azionariati, partecipazioni e finanziamenti garantiti dagli istituti bancari, sembra che l’unico comandamento dell’Opus sia: nessuno tocchi gli affiliati!

IL CASO ALERION. TUTTI DENTRO: MPS E OPUS DEI – Per comprendere gli intrecci economici che ruotano attorno all’Opus Dei partiamo dal caso Alerion, società impegnata soprattutto nella produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Nonostante pochi conoscano questa spa (di cui, peraltro, Infiltrato.it si è già occupato) è l’esempio lampante di come banche, imprenditoria e poteri finanziari facciano affari sotto l’egida della prelatura cattolica. Alerion è una partecipata del Fondo per le Infrastrutture, società di gestione del risparmio (sgr) che investe i risparmi raccolti da banche e fondazioni (le quali detengono azioni del Fondo) in società attive in diversi settori. Ebbene, intorno all’Alerion ruotano tanti e tanti nomi legati all’Opera. A cominciare da Ettore Gotti Tedeschi, ex numero uno dello Ior (prima della defenestrazione ad opera di Tarcisio Bertone) e vicepresidente della partecipata.
Il ruolo di Gotti Tedeschi, d’altronde, è di prim’ordine essendo anche presidente del Fondo per le Infrastrutture che ne detiene il 15% delle azioni. Finita qui? Certo che no, dato che il nome di Gotti Tedeschi è, come detto, strettamente legato anche al Monte dei Paschi di Siena, essendo stato il numero uno del Banco Santander ai tempi del passaggio di Antonveneta. La cosa non è affatto secondaria dato che anche il numero uno della banca spagnola, Emilio Botin, è uno dei banchieri più vicini in assoluto all’Opera. Come lo è anche Andrea Orcel che, nel 2007, al quartier generale londinese di Merrill Lynch, ricopriva il ruolo di presidente della divisione global markets & investment banking. In altre parole, Orcel ha seguito in quanto consulente di Mps a nome della Merrill Lynch, il passaggio di Antonveneta.
Insomma, che Mps sia legata all’Opera è un dato di fatto. Ed ecco allora altre particolari coincidenze. Sarà un caso, ma in Alerion gioca un ruolo tutt’altro che secondario anche proprio Mps che detiene il 6% delle azioni. Un pacchetto azionario che ha consentito alla banca di inserire nel cda di Alerion un suo uomo. Stiamo parlando di Antonio Marino, il quale è nientepopodimenoche vicedirettore generale a Siena. Insomma, un grosso intreccio economico-bancario. Tutto, come detto, sotto l’egida dell’Opus Dei. Bisogna infatti ricordare che, nel cda, non spicca soltanto il nome di Gotti Tedeschi, ma anche quello di Giuseppe Maria Garofano, legatissimo all’Opera e a uno dei suoi personaggi più noti, Gianmario Roveraro (morto in circostanze misteriose: nel 2006 viene sequestrato, ucciso e tagliato a pezzi); e quello dello stesso presidente di Alerion, il conte Gastone Colleoni, anche lui uomo dell’Opus Dei e anche lui – sebbene sia poco conosciuto – volto di primo piano della finanza italiana.

IL CONTE DELL’OPUS - Basti, d’altronde, fare un piccolo ex-cursus proprio sulla nascita della partecipata per comprendere il ruolo di Colleoni. Alerion nasce nel 2003 dalle ceneri di Fincasa 44 su cui fece un’opa la finanziaria olandese Ibi Holding. Ibi, allora, era il marchio di fabbrica proprio di Garofano. E fu proprio per suo volere che si formò una cordata alla cui testa si pose Colleoni. Il perché? L’uomo dell’Opus deteneva l’8% della società olandese.
Non solo. Se infatti è proprio nel 2003 che Colleoni fece il suo ingresso a Piazza Affari, già qualche anno prima si era preso le sue soddisfazioni. E sempre contando sulla rete intessuta grazie all’Opus. Nel 1998, insieme a Carla Colleoni, era entrato nella quotata Bonaparte spa di un Luigi Zunino in grande ascesa e anche lui vicino all’Opus. La longa manus cattolica, però, è stata evidente soprattutto nell’avventura della piccola Banca Mb, poi finita sotto commissariamento di Bankitalia. Anche lì Colleoni era presidente. E anche lì i membri del cda erano strettamente legati all’Opera. Ritroviamo, ad esempio, ancora Giuseppe Garofano. Ma tra gli altri spiccava anche Giuseppe De Lucia Lumeno, il potente segretario di Assopopolari che la fondò e diresse insieme al suo mentore Fratta Pasini, presidente del Banco Popolare e della stessa Assopopolari.

GLI INTRECCI SENZA FINE. IL CASO DI “INDUSTRIA E INNOVAZIONE” – Il quadro che emerge, dunque, ha dell’incredibile. Pur rimanendo su una sola società – Alerion – si tocca con mano lo strapotere dell’Opus Dei. Una rete spaventosa di interessi e di affari. Scrive Ferruccio Pinotti in Opus Dei segreta: ”l’Opus Dei è, in Italia un potere reale; un potere forte. Ma anche un potere che opera in segreto, perché i nomi dei numerari, soprannumerari, aggregati e cooperatori restano ignoti. Eppure in qualsiasi Azienda, in qualsiasi carica pubblica,in ogni ministero, in ogni tribunale, in ogni università, in ogni ospedale, in ogni giornale ci sono una o più persone che – a vario titolo ed in forme diverse - risultano essere vicine all’Opus Dei”.
Nulla di più vero. Basti pensare che gli stessi protagonisti della stagione della Banca Mb sono gli stessi oggi presenti in Alerion. Stiamo parlando di uomini di punta della finanza italiana come Matteo Arpe, Salvatore Ligresti o Alfio Marchini, imprenditore romano molto vicino ad un altro simpatizzante dell’Opera come Francesco Gaetano Caltagirone (che peraltro è stato vicepresidente di Mps e, per via di sue partecipazioni in Generali, ha fatto affari proprio tramite il Fondo per le Infrastrutture). Tutti con piccole partecipazioni in Alerion. I ruoli rimangono gli stessi in un’altra società con cui la stessa spa collabora. Stiamo parlando di Industria e Innovazione: qui l’azionariato si compone, pressappoco, degli stessi nomi. In entrambi, ad esempio, spicca la Fondiaria che fu di Ligresti, la Nelke srl di Luciano Garofano (parente di Giuseppe). E, ancora una volta, il Monte dei Paschi con un pacchetto azionario dei più alti (oltre il 9%). Presidente è Giuseppe Garofano. Ancora lui. E Colleoni? Non c’è. Ma niente problema. Altro nome che spicca nell’azionariato è quello della figlia del conte, Beatrice: un piccolo pacchetto azionario – poco più del 2% – che comunque le garantisce diritto di parola nel consiglio di amministrazione.

LA RETE FINANZIARIA DELL’OPUS E IL SUPPORTO DELLE BANCHE. I CASI DI LIGRESTI E CALTAGIRONE – Il quadro fin qui prospettato è chiaro. Siamo partiti da una piccola spa ed è evidente come i nomi che ricorrono siano sempre gli stessi. Tutti legati all’Opus. Chi perchè semplice simpatizzante, chi perchè vero e proprio affiliato. Si potrebbe partire proprio da qui per comprendere come sia vasta questa rete di affari. Anche perché personaggi come Zunino, Ligresti e Caltagirone sanno bene come salvaguardare i propri interessi legandosi a questa o quella banca. Il caso più clamoroso è quello di Ligresti: esposto in passato complessivamente per oltre un miliardo verso Mediobanca e per più di 350 milioni di euro verso Unicredit, prima l’una poi l’altra banca hanno salvato negli anni i suoi interessi. Nel 2011 Unicredit ha garantito infatti un finanziamento di circa 200 milioni di euro. Ma ecco il conflitto di interessi: Ligresti era socio allo 0,3 per cento della banca che l’ha salvato.
Passa un anno e arriva il secondo intervento. Nell’estate 2012, visti i conti in rosso della Fondiaria, si fa avanti l’Unipol per prelevare la società. Anche questa grande compagnia però aveva in conto in rosso e, dunque, non avrebbe avuto i soldi per condurre l’operazione se non fosse stato per una banca in particolare. Quale? Mediobanca che, addirittura, ritiene che l’operazione serva a salvaguardare il suo credito di oltre un miliardo nei confronti proprio della Fondiaria. Deciso, allora: finanziamo l’operazione Unipol. Domanda: ma chi c’è nel cda di Mediobanca? Jonella, figlia di Salvatore Ligresti il quale, peraltro, è tra i soci più influenti dello stesso istituto finanziario. Il 19 luglio 2012 l’operazione va in porto: Premafin, Fondiaria-Sai e Unipol vengono ricapitalizzate per oltre 400 milioni di euro. Il tutto grazie all’intervento di Mediobanca e, ancora, di Unicredit che versa, oltre il finanziamento dell’anno precedente, altri 61 milioni di euro per mantenere la sua quota di azioni.
Stesso dicasi anche per Caltagirone. Nel periodo in cui è stato vicepresidente di Mps, come Infiltrato.it peraltro ha già documentato, i suoi affari sono cresciuti esponenzialmente. Nel 2009 il Monte dei Paschi, attraverso Antonveneta (successivamente incorporata in Mps Immobiliare) ha venduto alcuni immobili. Indovinate a chi? Alla Immo 2006 srl, società controllata indirettamente da Francesco Gaetano Caltagirone. Costo dell’operazione: 37,58 milioni di euro. Finita qui? Certo che no. Per il socio-vicepresidente-imprenditore-cliente gli affari sono stati d’oro durante questo periodo. E allora ecco un altro finanziamento notevole: sempre nel 2009 alla Cementir Holding (direttamente controllata dalla Caltagirone spa) sono stati erogati dalla banca di Rocca Salimbeni 49,5 milioni. Ma, probabilmente, non sono bastati. E allora, dopo solo un anno, da Siena sono arrivati altri finanziamenti per Caltagirone per oltre 200 milioni di euro, concessi ovviamente in varia forma tecnica, più mutui fondiari per 30 milioni alla Immobiliare Caltagirone, altra società di punta dell’imprenditore romano.
La Immobiliare, però, nel corso degli anni, ha goduto anche di altri corposi finanziamenti provenienti proprio dalla banca diretta da Mussari. Come quello del 2008: 120 milioni di euro. Arriviamo così a maggio 2010. Il cda di Mps delibera un “incremento delle linee di credito ordinarie con utilizzo secondo varie forme tecniche per 175 milioni di euro a favore di Acea S.p.A”, poi seguite da altri 15 milioni. Anche la multiutility romana, leader – come si legge sul sito – “nel settore idrico e dell’energia”, è ovviamente una partecipata da Caltagirone (allora al 13 per cento, oggi al 15). Il suocero d’oro di Casini, poi, esce sua sponte dalla banca senese. Probabilmente perché sente puzza di bruciato (come nei fatti sarà). Gli affari però continuano. Non solo sempre con Mps. Ma anche tramite la rete di agganci nel Fondo per le Infrastrutture, alla cui creazione partecipa in quanto vicepresidente di Generali: la società di assicurazioni, infatti, già nel 2007 – anno di nascita di F2i (questa la sigla del Fondo) – aveva sottoscritto una quota di quasi 100 milioni di euro. E lo ricordiamo: presidente del Fondo è Ettore Gotti Tedeschi, il nome della finanza vaticana.

IL SIMBOLO DEL POTERE: IL CAMPUS BIO MEDICO. E I NOMI SONO SEMPRE GLI STESSI - Un altro spunto per poter comprendere come l’Opus Dei sia una sorta di orizzonte entro cui tutti – imprenditori, banchieri, costruttori – si muovono ci viene offerto dal campus biomedico di Trigoria. A detta di molti sarebbe proprio questo il simbolo del potere della prelatura vaticana. E non a torto: stiamo parlando di una struttura costata quasi 180 milioni, con cinque reparti ospedalieri già attivati e una capacità di accoglienza che a regime sfiora i 400 posti letto, con 18 sale operatorie e un eliporto. Più un ateneo, con annesso polo di ricerca nel campo della bioingegneria. E complessivamente un migliaio di dipendenti, con circa 80 milioni di ricavi annuali. Insomma, un grosso investimento, nato qualche anno fa. Nel 1991 per la precisione. A promuovere l’iniziativa è stata la Cbm di Milano, società costituita da tre personaggi legati appunto all’Opus Dei. Di chi stiamo parlando? Ma ancora di Giuseppe Garofano, è chiaro. E poi, ancora, dell’immobiliarista genovese Giuseppe Luce e del commercialista Pierino Lucchini, della Fondazione Rui, a cui fanno capo tutte le attività scolastiche della prelatura.
A questo punto cosa succede? Cominciano i lavori e nel ’93 viene inaugurato il primo corso di laurea. E rettore diventa un altro iscritto all’Opus Dei. Stiamo parlando di un fedelissimo di Luce, anche lui genovese: il presidente della Fondazione Carige Vincenzo Lorenzelli, a capo anche della Fondazione Rui. Gli anni passano, il campus cresce, l’Opus fa affari. Fino appunto all’exploit avvenuta con l’inaugurazione della mega-struttura a Trigoria. Domanda: chi finanzia il progetto?


Gli stessi citati sino ad ora: “per finanziarlo – scriveva nel 2008 il CorSerasi raccolgono nuovi azionisti tra fondi pensione (Enpam, Inarcasa), sgr (la Fabrica immobiliare di Francesco Gaetano Caltagirone, la Sorgente dei Nattino) e banche di matrice cattolica (Ubi, Popolare di Verona, Popolare di Sondrio, Antonveneta). Qualche banchiere entra in Cbm a titolo individuale, da Carlo Salvatori a Corrado Passera, allo scomparso Gianmario Roveraro. Altre quote vengono sottoscritte dai soci della Alerion di Garofano. Oppure da costruttori come i fratelli Toti e Alfio Marchini, da Luigi Zunino, il bresciano Defendente Marniga e il bolognese Renzo Menarini”.
Insomma, l’Opus regala affari e contatti. E quando chiama sono tutti pronti a intervenire. Un’originale interpretazione del “date a Dio quel che è di Dio, e a Cesare quel che è di Cesare”.
Fonte: http://www.infiltrato.it/inchieste/italia/opus-dei-costruttori-banche-imprenditori-cosi-il-vaticano-e-colpevole-del-disastro-italiano




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Zemanta
 

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