Alla cortese attenzione di Tashtego

Nicklasson il 23 Agosto 1994, se ne andava in giro in macchina con i suoi amici Dennis Skillicorn e Tim DeGraffereid cercando droga, quando l'auto si ruppe. Invece di chiamare il soccorso stradale, andarono a svaligiare la casa di Merlin Smith rubando armi e denaro. Con i soldi chiamarono un carro attrezzi, ma l'officina non fu in grado di riparare l'auto. Cercarono di rimettersi in strada, ma rimasero ancora in panne.
Il tale Richard Drummond, 47 anni li vide e si offrì di accompagnarli ad un telefono, ma quelli in tutta risposta lo rapinarono, lo portarono in un bosco sulla I-70 e Nicklasson lo assassinò con due colpi di pistola calibro 22. I resti Drummond furono trovati otto giorni dopo. Nicklasson e Skillicorn fuggirono in Arizona.
Successivamente l'auto si bloccò di nuovo nella sabbia. Un altro buon samaritano , Joseph Babcock , 47 anni, cercò di aiutarli, ma i due assassinarono lui e sua moglie, Charlene, 38 anni. Nicklasson e Skillicorn sono stati condannati per omicidio di primo grado . Skillicorn è stato giustiziato con un'iniezione letale nel Missouri il 20 maggio 2009. DeGraffenreid , che aveva 17 anni quando il reato ebbe luogo ,è all'ergastolo per omicidio di secondo grado.
Si è cercato di usare il disturbo bipolare del quale soffriva come attenuante, ma questo non è stato sufficiente per la grazia. Ha dichiarato, inoltre, che da bambino sua madre tossicodipendente lo nutriva con cibo per cani Alpo e una volta lo fece combattere con un Doberman per soldi.
Egli non ha proferito parole finali e nessuno dei famigliari delle vittime era presente all'esecuzione.
COTTO E MANGIATO
Per l'ultimo suo pasto ha chiesto pizza e gummy bears, ossia caramelle gommose a forma di orsetto.



Uno che sceglie come ultimo pasto della sua vita pizza americana e caramelle gommose avrebbe diritto alla grazia per infermita' mentale, secondo me
 
Molto spesso gli scopini per i gabinetti risultano sporchi o parzialmente sporchi. Piccole macchie minano il colore dell'attrezzo. Con questo metodo, in pochi istanti, otterrai uno scopino perfattamente pulito. In più l'operazione consente di mantenere pulito e profumato anche la tazza del W.C. per via della schiuma del sapone utilizzato.

Devi gettare nell'acqua del gabinetto (pulito naturalmente) un po' di sapone liquido, quello che usiamo ogni giorno per lavarci le mani, e che si trova negli appositi contenitori di plastica. Ad ogni pressione sul coperchio di queste bottigliette corisponde una fuoriuscita di sapone liquido, che corrisponde grosso modo ad un cucchiaio di sapone. Due o tre pressioni possono andar senz'altro bene. Attendi adesso 15-20 secondi, in modo che il sapone cominci a sciogliersi nell'acqua.

Adesso prendi lo scopino, immergilo nell'acqua saponata del gabinetto e, prendendolo dal manico, inizia a farlo ruotare vorticosamente in un senso e nell'altro, su se stesso. Il movimento che devi fare è come quello dello sfregamento delle mani tra di loro, solo che in questo caso hai il manico dello scopino in mezzo. Continua l'operazione per circa 30-40 secondi. Vedrai una grande quantità di schiuma prodursi.

Piiù velocemente effettuerai i movimenti più quantità di schiuma sarà prodotta. Il movimento legato alla vorticosa rotazione, nonchè l'attrito con il sapone garantirà una perfetta pulizia dello scopino che, oltre ad essere pulito, risulterà anche profumato. L'operazione può essere ripetuta anche ad ogni utilizzo dello scopino.
 
«Quello vegan è il vero pasto di Natale, giusto e compassionevole ». Parola di Paola Maugeri, vj, critica musicale, giornalista e «guru» (anche se non le piace il termine) dell’alimentazione etica e del vivere eco. Impegnata proprio in questi giorni a sistemare gli ultimi dettagli del nuovo libro, in uscita il 18 marzo, Paola, colleziona ogni giorno nuovi fan e follower sui social network, anche grazie al suo impegno per gli animali e l’ambiente.

Attraverso l’hastag #rockmevegan Paola regala consigli
per cucinare
il perfetto menu etico
E dopo «La mia vita a impatto zero», promette un nuovo testo che ci porterà oltre i confini delle nostre cucine: «ricette e canzoni per nutrire, condividere e amare», assicura. Incerto il titolo («Non abbiamo ancora deciso»). Anche se su Twitter e Instagram Paola posta foto, battute e consigli con un hastag promettente: #rockmevegan. L’abbiamo raggiunta al telefono tra uno shooting fotografico e l’altro per farci consigliare un menù etico, ma senza rinunce, per le feste di fine anno. In fondo per bandire ogni crudeltà in cucina basta poco: inventiva e curiosità. In un mix tra tradizione e sperimentazione, Paola propone di iniziare con un antipasto «rosè»: crema di rape rosse e tofu. A seguire, lasagne agli asparagi con besciamella di soia e poi seitan in crosta. Un tocco di dolcezza finale con le pere glassate.

Il cenone di capodanno di Paola - «che deve essere leggero ed elegante» - è «verde» in tutti i sensi. «Perché i colori sono fondamentali – sottolinea – Si mangia prima con gli occhi e poi con la bocca, l’ispirazione è importante». E allora si parte con alghe kombu fritte, seguite da un secondo di cannelloni funghi e pistacchio. Niente secondo, («per non esagerare con le proteine») e finale il bellezza con un «classico» in versione vegetale: il tiramisu con crema di soia
 
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Il lamento non era di un soldato ferito. Era di Agata, la gatta della base italiana in Kosovo, fra le alture di Pec. Da giorni aveva smesso di salire sul cornicione della caserma e si era ritirata nella capanna dell’area 40 a miagolare senza tregua. Doveva dare alla luce i piccoli ma era un parto molto difficile e lei, con quel verso straziante, lo stava dicendo a tutti i militari della base. La notizia giunse all’orecchio dell’ufficiale medico in servizio, il tenente Barbara Balanzoni, che accorse alla capanna e la salvò. Ebbene, per quel gesto del 10 maggio 2012 il medico riservista, una trentanovenne bolognese con la passione dei gatti, dei cani e dell’esercito, è finita indagata per oltre un anno e il 7 febbraio 2014 sarà processata davanti al Tribunale militare di Roma, al quale è stata rinviata dal gup la scorsa settimana.
L’accusa parla di disobbedienza aggravata perché «in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, disobbediva all’ordine scritto, datato 6 maggio 2012, a firma del comandante della Base, riguardante il divieto di avvicinare o farsi avvicinare da animali selvatici, randagi o incustoditi, venendo così morsa... ». Correndo in soccorso dell’agitatissima Agata, il tenente Balanzoni aveva infatti rimediato un morso. «Ma quale morso! - insorge scattante l’ufficiale -. Era una graffio, nulla di grave. Agata era spaventata, poverina, con un micino già morto nella pancia che non voleva uscire». La procura militare è però andata a fondo del fattaccio, concludendo che «il tenente si è fatto anche accompagnare presso l’infermeria dell’ospedale tedesco di Prizren per il vaccino antirabbico».
Una vicenda surreale e un po’ kafkiana. Nella base militare nata per una guerra che ha fatto migliaia di vittime, è successo infatti che soldati e ufficiali abbiano finito per scontrarsi su una micia. Con un lungo e tormentato strascico: la raccolta meticolosa delle testimonianze oculari, le indagini prorogate dopo sei mesi, il lavoro di avvocati, di magistrati, di ufficiali, di marescialli. Il tutto per Agata e per quell’iniziativa del tenente Balanzoni, la quale dopo l’esperienza in Kosovo è tornata al camice bianco, civile, di anestesista rianimatore all’ospedale di Massa Carrara: «Sto vivendo un incubo. Spero che la giustizia faccia presto il suo corso e che vengano presi gli opportuni provvedimenti contro chi mi ha reso impossibile la vita alla Base portandomi alla sbarra».
Dopo il salvataggio della micia, il clima alla Base era diventato conflittuale. Altri due rapporti sul conto della dottoressa si sono trasformati in altrettanti capi d’accusa per diffamazione e ingiurie. «Ha offeso il prestigio, l’onore e la dignità di un maresciallo - scrive il magistrato - proferendo le seguenti parole: “Com’è possibile che l’esercito mandi all’estero un mentecatto e truffatore come lui?”». E su questo episodio sono partite altre indagini. Domanda: perché succede tutto a lei? «Semplice - risponde Balanzoni - perché non erano abituati a prendere ordini da un ufficiale donna che non andava alle loro cene, dove peraltro scorrevano fiumi di alcol. Non partecipavo per il fatto che non avevo molto da dire e preferivo starmene nella mia cameretta a studiare (vuole la seconda laurea in giurisprudenza, ndr ). Ho fatto il Kosovo con il codice penale sulla sedia». E dunque si è studiata bene anche la sua causa, finendo per cavillare pure lei sul caso Agata: «Il provvedimento disciplinare, oltre a invocare un articolo del codice sbagliato, non riporta alcuna indicazione sulla mancata esecuzione di un ordine. Non si comprende in cosa consista la mancanza: non è forse dovere di un ufficiale, per di più medico, rispondere a una chiamata senza lavarsene le mani via telefono? La chiamata per una gatta a rischio di vita perché in difficoltà nel partorire a buon diritto poteva ingenerare nell’area 40 un problema di sanità pubblica... la gatta era in evidente difficoltà, non me la sentii di abbandonarla in quelle condizioni, la situazione non credo meritasse un’autorizzazione gerarchica». E giù pagine di argomentazioni raccolte in una memoria difensiva e sostenute ora a gran voce anche dall’Ente nazionale protezione animali che ha già presentato un’interrogazione parlamentare. Il tenente Balanzoni vive con un cane e una gatta e ha un sogno: «Poter continuare a lavorare per l’esercito, un’istituzione che io amo... come i gatti». Mentre in Italia tutti litigano, a Pec Agata è tornata sorniona sul tetto.
 
Il cruciverba compie 100 anni


di Dario De Toffoli | 21 dicembre 2013Commenti (34)

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Oggi, 21 dicembre 2013, il cruciverba compie 100 anni. È un gioco relativamente giovane, se lo compariamo alle carte, agli scacchi e ancor di più al backgammon e ai suoi antenati. Ma mi azzarderei a dire che si tratti del gioco più diffuso del mondo. Conoscete un italiano che non sappia come funziona? Che non si sia cimentato almeno una volta con uno schema?
Ma veniamo alla nascita ufficiale: il primo cruciverba fu pubblicato domenica 21 dicembre 1913, sulle pagine del quotidiano New York World, opera di Arthur Wynne, un giornalista di Liverpool emigrato a New York. Wynne chiamò il suo gioco Word-cross e solo l’anno successivo trasformò definitivamente il nome in Cross-word.
Il primo schema portava in alto la scritta Fun, e non si trattava di un caso: il gioco apparì proprio nella pagina domenicale del giornale intitolata Fun (divertimento). Il word-cross di Wynne introdusse anche la differenziazione fra le parole orizzontali e verticali. I lettori comunque reagirono subito positivamente alla pubblicazione del nuovo indovinello, la rubrica continuò e molti vi contribuirono con proprie creazioni. I primi anni non furono però solo rose e fiori; per i troppi errori tipografici e le definizioni non sempre pertinenti, pochi si appassionarono veramente al gioco, e quei pochi bombardarono il giornale con le loro lamentele. Le cose iniziarono a migliorare nel 1921 quando la rubrica venne affidata a Margaret Petherbridge (che poi divenne famosa col cognome del marito, Farrar). Margaret iniziò il graduale processo di trasformazione del word-cross, che poi è diventato il sofisticato gioco di parole che ancor oggi è forse il passatempo più diffuso. Ridusse al minimo gli errori, rese affidabili le definizioni, variò le forme e cambiò (nel 1923) il goffo sistema di numerazione a due numeri in quello usato attualmente. Fu comunque nel 1924, dopo un decennio di modesto vivacchiare, che il crossword conobbe il suo boom.
«Dopo aver trionfato in America – dove pare sia nato – e dopo aver conquistato anche l’Inghilterra, ecco che giunge in Italia – e prende dimora in questo giornale – il cross word puzzle, ossia “l’indovinello delle parole incrociate”». Questa frase è tratta dalla Domenica del Corriere dell’8 febbraio 1925 e fa da preambolo a quello che è da tutti considerato il primo vero cruciverba italiano; e che fosse proprio il primo è un dato certo. Il successo fu immediato. E questo effettivamente è un fatto storico, basti pensare che nella prima settimana arrivarono in redazione ben 80.000 soluzioni (complice un monte premi annuale di 32.000 lire: una copia della rivista costava 20 centesimi) e che la Domenica del Corriere consacrò l’evento con la copertina della settimana successiva: un disegno del celebre Beltrame che rappresenta una sala da ballo in cui ci si diverte a risolvere, senza smettere di ballare, un enorme cruciverba appeso alla parete.
“Per secoli e secoli l’invenzione del cruciverba è stata nell’aria”. Scrive così Stefano Bartezzaghi nel suo monumentale L’orizzonte verticale – Invenzione e storia del cruciverba (Einaudi, 2007).
E infatti l’uso di incrociare parole entro quadrati con maggior regolarità possibile continuò nei secoli. E qualcosa di simile ritroviamo anche sul finire del secolo scorso, precisamente il 14 settembre 1890, quando l’italiano Giuseppe Airoldi pubblica nel Secolo Illustrato della domenica uno schema di 4×4 caselle; alcuni, con forzato patriottismo, pretendono con questo di sottrarre la paternità del cruciverba agli anglosassoni, ma il gioco dell’Airoldi, pur se chiamato Parole Incrociate, manca totalmente delle caselle nere.
Voi potete farvi la vostra opinione, ecco quello schema, con tanto di definizioni (notare la rima abbc-addc)
Orizzontali: 1. Guai se l’onda mi varca o mi spezza. 2. In Germania sono acqua corrente. 3. Ogni dì quando il sole è morente. 4. Così soglion le preci finir.
Verticali: 1. Sono un fiore di rara bellezza. 2. Il “medesimo” in lingua latina. 3. Quali frutti noi siamo indovina. 4. Per la messe di là da venir.
 

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