Nel
1936, di ritorno dall'
Irlanda, Artaud venne arrestato, bloccato con una camicia di forza e, tornato in Francia, internato in diverse cliniche, dove sperimentò angoscia e fame, quindi cinquantuno cadute in
coma da
elettroshock nei successivi nove anni, fino al
1945. Nel
settembre del 1945 Artaud di riferisce al suo internamento spiegando a Henri Parisot:
« Se otto anni fa sono stato internato e da otto anni mantenuto internato, questo dipende da una palese azione della cattiva volontà generale che a nessun costo vuole che Antonin Artaud, scrittore e poeta, possa realizzare nella vita le idee che manifesta nei libri, perché si sa che Antonin Artaud ha in sé mezzi d'azione di cui non si vuole che si serva, quando invece lui vuole, insieme a qualche anima che gli vuole bene, uscir fuori da questo mondo servile, di un'idiozia asfissiante e per gli altri e per sé, e che si compiace di questa asfissia.
»
( Antonin Artaud
[15])
Nel gennaio del
1943 fu trasferito alla clinica
Rodez del dr. Ferdière, sperimentatore dell'"arte terapia" ma anche sostenitore dell'utilità della terapia elettroconvulsivante. In questo periodo Artaud iniziò a scrivere e disegnare su piccoli quaderni tascabili, convinto dell'esistenza imprescindibile di un nesso tra scrittura e disegno, rafforzato dal potere evocativo del suono delle parole. Ne è un esempio lampante la produzione di
glossolalie e quella degli ultimi schizzi, sempre accompagnati da testo, ma soprattutto la creazione di
gris-gris pour en revenr à l'homme, delle
sorts datate che dovevano provocare effetti magici, parapsichiatrici, come fossero esorcismi o controfatture destinate ognuna a una persona specifica
[16].
Nella primavera del
1946 Artaud lasciò Rodez e fu accolto a
Ivry nella clinica del dr. Delmas che gli permise libertà di movimenti, così che poteva recarsi quasi quotidianamente a
Parigi e mantenere i contatti con le persone a cui era legato: scrittori, artisti, uomini di teatro, tra cui
Pierre Loeb, il quale suggerì ad Artaud di scrivere qualcosa su
Van Gogh. Fu in questa occasione che Artaud ne commentò la mostra parigina, in un libro dai toni accesi, di denuncia contro la società e il sistema psichiatrico in particolare, responsabile, secondo lui, dell'alienazione dei
folli, invidioso della genialità. Il libro "
Van Gogh il suicidato della società" rispondeva aspramente all'articolo del Dr Beer
Sa follie?, da poco pubblicato sull'ultima pagina del settimanale
Arts del
venerdì 31 gennaio 1947, interamente dedicata a Van Gogh e alla mostra tenuta all'
Orangerie [17]:
« Van Gogh era uno squilibrato con eccitazioni violente di tipo maniacale, con scatenamenti brutali come manie rabbiose (forme miste di Kraepelin). Aveva una pesante eredità dovuta a una probabile specificità del padre, morto di un ictus apoplettico (il fratello maggiore era nato morto, quello minore morto demente); dal lato materno, dichiarò lui stesso di avere tare epilettiche. Sin dall'infanzia, attirava l'attenzione dei parenti per i suoi capricci, la sua caparbietà, ed accessi di collera violenti e convulsivi.
»
« La sua mancanza di ponderazione mentale si rivelava nelle eccentricità: ingoia i colori, minaccia Gauguin e il dottor Gachet, esce di notte per dipingere alla luce di una corona di candele fissate sul cappello; ossessionato da idee di autocastrazione, si mozza il lobo di un orecchio.
»
( Dr Beer
[18])
Artaud scrisse il saggio con l'intento di denunciare una società dalla "coscienza malata", per riscattare il grande artista, Van Gogh, la sua pittura "forsennata", ma anche se stesso. Una leggenda, alimentata dallo stesso Pierre Loeb, vuole che quest'opera sia stata scritta nell'arco di due pomeriggi. Le date dei primi appunti, fine
gennaio 1947, e quelle degli ultimi, inizio
marzo 1947, smentiscono questa diceria
[19].
Nel gennaio 1948 Artaud morì da solo nel suo
pavillon, seduto di fronte al letto, con la sua scarpa in mano, forse per una dose letale del
farmaco chloral.