Alla cortese attenzione di Tashtego

Masiello sembra attribuire un ruolo di primo piano a Stellini, che avrebbe radunato i giocatori più rappresentativi nella palestra per discutere se accettare la combine. Però Stellini per quella partita non verrà nemmeno convocato. Comunque la trattativa prosegue, viene concordata la cifra di 160 mila euro. Ma sono giorni di grande tensione: si manifestano anche al cinema, dove Conte ha portato la squadra alla vigilia del match per distrarla. In ritiro, però, le telefonate con il contatto alla Salernitana, Massimo Ganci, continuano. E così— secondo il racconto di Masiello —Stefano Guberti, altro giocatore del Bari, nel tentativo, maldestro, di cancellare le prove avrebbe distrutto il telefonino lanciandolo in piscina. Ovviamente i tabulati telefonici hanno conservato tutto e potranno confermare o smentire.
 
Era il re del pop in tv. L'ex disc jockey pirata che aveva portato il rock fin dentro la televisione di Sua Maestà. Una vera icona per tre generazioni di inglesi. Negli ultimi anni della sua straordinaria carriera era stato nominato baronetto dalla regina Elisabetta e cavaliere dell'ordine di San Gregorio magno dal papa. Faceva beneficenza. Tantissima. Forse aveva bisogno di ripulirsi la coscienza. Perché Jimmy Savile, morto il 29 ottobre scorso, era in realtà uno spietato stupratore e pedofilo che avrebbe violentato oltre un centinaio di ragazzine dai tredici ai sedici anni.
JIMMY SAVILELo scandalo di Sir Jimmy rischia ora di devastare la credibilità della tv britannica. Da quanto emerge infatti dalle indagini della polizia, la Bbc sarebbe stata complice - più o meno silente - degli abusi. Scotland Yard ha già individuato trenta presunte vittime, «ma le linee d'indagine sono molte di più, al momento centoventi», come dichiarato da Peter Splinder, l'investigatore che sta guidando il caso.

La tecnica usata e collaudata da Savile durante quarant'anni consisteva nell'avvicinare le vittime offrendo dolciumi, sigarette o biglietti per assistere alle trasmissioni. Il suo terreno di caccia preferito erano proprio gli studi della Bbc, soprattutto quelli dove si registrava il suo programma più celebre: "Top of the pops". Le violenze si consumavano nella sua Rolls Royce o nella roulotte-camerino che stazionava nel parcheggio aziendale dell'emittente.
JIMMY SAVILE Una delle accusatrici afferma perfino di essere stata stuprata dentro il proprio camerino - nella sede della Bbc - appena prima dell'inizio della trasmissione. Si vocifera anche di altri abusi, compiuti da Savile su ragazzini trovati nelle corsie di ospedale e nell'orfanotrofio di Haut de la Garenne, nell'isola di Jersey. A confermare le accuse è spuntata una registrazione audio che testimonierebbe un tentativo di adescamento compiuto dal presentatore ai danni di una ragazzina.

Il caso è esploso grazie al documentario "Rivelazioni: l'altra faccia di Jimmy Savile", trasmesso dal canale inglese Itv. Le responsabilità e le complicità della Bbc avrebbero permesso a Sir Jimmy di farla franca per molti anni, nonostante la polizia avesse ripetutamente tentato di indagare sul suo conto. Vari produttori e collaboratori dell'emittente pubblica inglese hanno ammesso di essere stati a conoscenza dei suoi "vizietti". «Jimmy conosceva tutti, per questo era intoccabile», ha ammesso l'ex giornalista Esther Ramtzen.
JIMMY SAVILE È inoltre emerso che, dopo la morte del presentatore, la direzione avrebbe bloccato un'inchiesta del programma Newsnight - trasmesso dalla stessa Bbc - in cui sarebbero emersi particolari scottanti sulle abitudini di Sir Jimmy. Il neo direttore del network britannico, George Entwistle, si è scusato con le vittime «per quello che hanno dovuto subire».

La scorsa notte, la lapide da 4mila sterline di Savile è stata rimossa dal cimitero di Scarborough. Verrà distrutta e gettata in una discarica. La decisione è stata presa dalla famiglia per il timore che potesse essere profanata. La tomba era stata costruita in modo obliquo, come da testamento del presentatore. Perché Sir Jimmy, anche da morto, voleva «vedere il mare e il castello di Scarbourough». Ora la sua tomba giace in uno spiazzo totalmente anonimo, quasi la si volesse nascondere. La pregiata lastra di marmo che è stata rimossa recava la scritta «è stato buono finché è durato». O, almeno, finché non è stato scoperto.

Ecco la registrazione audio che testimonierebbe un tentativo di adescamento compiuto dal presentatore ai danni di una ragazzina
JIMMY SAVILE Jimmy Savile audio recording 1975 molesting young girl - YouTube

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“Vieni che c’è Nicole Minetti”. L’invito del sindaco al boss della ‘ndrangheta

Alfredo Celeste, primo cittadino di Sedriano in provincia di Milano e insegnante di religione è finito ai domiciliari. Aveva chiamato Eugenio Costantino, arrestato, affinché partecipasse alla manifestazione da lui voluta sulla 'creatività femminile'. Madrina: la consigliera del caso Ruby


di Redazione Il Fatto Quotidiano | 10 ottobre 2012Commenti (93)

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Più informazioni su: Domenico Zambetti, Regione Lombardia.




Aveva invitato il presunto boss della ‘ndrangheta Eugenio Costantino, arrestato nell’operazione di oggi della Procura di Milano, a una “manifestazione da lui organizzata la sera successiva a Sedriano, alla quale avrebbe partecipato la consigliera regionale Nicole Minetti”. Una serata voluta dal primo cittadino del comune in provincia di Milano, Alfredo Celeste, e dedicata la ‘creatività femminile’. Madrina d’eccezione: la consigliera ed ex igienista dentale di Berlusconi coinvolta nell’inchiesta Ruby. E’ uno dei particolari che emerge dall’ordinanza di custodia cautelare che ha portato in carcere, tra gli altri, lo stesso Costantino e l’assessore regionale Domenico Zambetti. Celeste, ricostruiscono i pm nella richiesta di arresto, pregava Costantino “di portare con sé un certo numero di persone per poter far fronte a eventuali contestatori, tenuto conto della ben nota vicenda che poco tempo prima aveva visto coinvolta la medesima Minetti”. La ricostruzione della telefonata è raccolta nell’ordinanza stessa.
“Quella sera a maggio 2011 – spiega Ester Castano, cronista del settimanale Altomilanese - un centinaio di cittadini ha protestato contro la presenza della Minetti. Tra loro anche una suora e una maestra, strattonate da Marco Scalambra“, marito di Maria Stella Fagnani, consigliere comunale di Sedriano, “che ha obbligato la religiosa a salire sul palco per dare una parvenza cristiana all’evento. Chiaramente su richiesta del sindaco”. Ma la suora e l’insegnante hanno scritto una lettera ai carabinieri in cui spiegavano di essere state “molestate”. Castano ne è entrata in possesso e da lì, a seguito anche di altri articoli pubblicati sulla stampa locale, “ogni volta che viene pubblicato un mio articolo vengo richiamata in caserma dei carabinieri”. All’epoca della manifestazione, per la sola pubblicazione del pezzo a cui si aggiungeva il dato dei 7.020 euro che Celeste avrebbe dato al suo avvocato Giorgio Bonamassa per occuparsi della vicenda, i due avevano inviato una lettera agli edicolanti del magentino e del castanese dicendo, aggiunge la giornalista, “che avrebbero risposto in sede legale per aver venduto l’articolo e appeso la locandina”. Il sindaco poi ha diffidato la cronista dall’avvicinarlo nuovamente, “pena una denuncia per molestie”.
Celeste è stato eletto nel 2009. Ex socialista poi passato nel Pdl, si è laureato in teologia a Lugano. Devoto alla madonna di Medjugorie, della quale conserva nel suo ufficio di primo cittadino una statua a ‘grandezza naturale’, è noto per avere fatto obiezione di coscienza sulla celebrazione dei matrimoni civili. Infatti come insegnante di religione ha deciso di non sposare le coppie in Comune. “Io insegno religione — aveva spiegato al Corriere della Sera —. Non posso dare certi insegnamenti in classe e poi non applicarli nel­la vita. Per me il matrimonio è quello davanti a Dio, punto. Inoltre, per i cittadini non cambia niente, le nozze sono celebrate da un altro membro dell’amministrazione”. Oltre al niet sui matrimoni civili, Celeste lo scorso febbraio aveva introdotto il menù quaresimale per i bambini delle scuole pubbliche elementari e medie del comune: prevedeva l’eliminazione della carne al venerdì, da sostituire col pesce, fino al giorno di Pasqua.
 
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1- L'ITALIA DEI MALORI
Mattia Feltri per "la Stampa"

VINCENZO MARUCCIO Ah, quando si dice la sfortuna. Litigò con Elio Veltri. Con la Freccia del Sud, Pietruzzo Mennea. Con Giulietto Chiesa. Gira e rigira erano questioni di soldi a dividere Antonio Di Pietro dai prestigiosi seguaci. Valerio Carrara, unico senatore eletto dall'Italia dei Valori nel 2001, dopo venti minuti di legislatura passò con Silvio Berlusconi. Domenico Scilipoti (ex docente del Departamento de Anatomía Humana all'Università Federale del Paraná, ex vicesindaco socialdemocratico di Terme Vigliatore e acclamato frontman della legislatura in corso, di cui è deputato con qualche guaietto giudiziario per debiti e calunnie), il celeberrimo 14 dicembre 2010 si iscrisse al Gruppo Misto e salvò il governo del Pdl.
VINCENZO MARUCCIO jpeg Lo aiutò Antonio Razzi (ex presidente degli immigrati abruzzesi in Svizzera, associazione che gli ha intentato causa per sottrazione di fondi) che il medesimo giorno abbandonò Idv per tuffarsi in NoiSud; nessun denaro mi è stato promesso, disse Razzi, al massimo la rielezione.
Ah che sfortuna. Anche Cristo - disse Tonino - sbagliò uno dei tredici apostoli. E' che qui di apostolo non se ne salva uno. Sergio de Gregorio, già intervistatore scuppettaro di Tommaso Buscetta, già compagno di merende e coindagato di Valter Lavitola (scampò gli arresti per voto del Senato), già direttore editoriale di Italia dei Valori , il dipetresco giornale, nel 2006 entrò giulivo al Senato con Idv che abbandonò quando il centrodestra gli offrì la presidenza della commissione Difesa. Aiutateci a fare le candidature on line - implora oggi uno sbigottito Di Pietro a veder tanti mariuoli nel suo palingenetico movimento - ché quattro occhi vedono meglio di due.
MARUCCIO DI PIETRO Altro che quattro: quattromila ne servono. Ad Americo Porfidia pochi hanno fatto caso, ma si iscrisse a Noi Sud due mesi prima di Razzi, e anche lui il 14 dicembre baciò in fronte il Cavaliere. A Manfredonia è assessore Annalisa Prencipe, a cui trovarono in casa reperti archeologici fatto per cui è ancora sotto inchiesta, e ora è pure coinvolta, ma con l'intera amministrazione, in un'indagine su piani di recupero delle periferie.
VINCENZO MARUCCIO SERGIO DE GREGORIO Ecco, valli a prendere tutti i ceffi. Come Paolo Nanni, consigliere provinciale a Bologna, che si inventava (dice la procura) cene e convegni per mettersi in tasca i denari. Vai a prendere tutti quei politici di periferia che sotto lo stemma alato dell'Idv falsificavano firme, favorivano amici, si imbattevano in mafiosi di vario lignaggio.
Però, ecco, la sfortuna s'accanisce. Fa centro con regolarità malandrina e centra il cuore del partito. Perché questo Vincenzo Maruccio non si direbbe propriamente caduto dal cielo. Ha fatto pratica ed è avvocato nello studio Scicchitano a Roma, lo stesso dove Di Pietro ha il domicilio professionale (per restare iscritto all'Albo).
Antonio Di Pietro ed Elio Veltri IL BACIO Questo Maruccio ha difeso in un paio di cause il nostro ex pm. Lo ha scorrazzato, da ragazzo di bottega, mettendosi al volante dell'auto, quasi come un Belsito in erba. È stato imposto dal capo - a 31 anni, nel 2009, senza aver sostenuto probanti sfide politiche - all'assessorato regionale nella giunta Marrazzo. Un enfant prodige. Un ometto di fiducia. Ah, che sfortuna.
2- SPARITI 700MILA EURO, NEI GUAI IL BATMAN IDV
Paolo Bracalini per Il Giornale

u giulietto chiesa1 Un'altra mela marcia nel cesto di Antonio Di Pietro? Un Batman dipietrista? Ancora un altro indagato nell'Idv. Stavolta è Vincenzo Maruccio, (ex) capogruppo Idv in Regione Lazio, sotto inchiesta per l'appropriazione di 700mila euro pubblici (l'ipotesi è peculato) del rimborso ai gruppi regionali, quelli a cui attingevano Fiorito e soci.
Fino a qualche giorno fa, prima che la Procura di Roma lo pizzicasse, Maruccio tuonava in pieno stile Idv: «Il Lazio non può permettersi i giochetti del centrodestra! Si vada al voto al più presto! Intervenga il governo e il capo dello Stato!».Un Savonarola, che ora si scopre essere un Fiorito dipietrista.
SCILIPOTI E I SUOI BRAVI Uno che Di Pietro non può dire di non conoscere bene, anzi benissimo. Maruccio è avvocato, socio dello studio legale di Sergio Scicchitano (già indagato per false fatturazioni), di cui è consulente lo stesso Antonio Di Pietro, dal 26 giugno 2010 (data di iscrizione del leader all'Ordine degli avvocati di Roma).
ANTONIO RAZZI Non solo, fu Maruccio in persona a portare le firme per la candidatura di Di Pietro alle primarie del Pd nel 2005. Colleghi di studio, di partito, amici. Talmente fidato che Di Pietro lo ha nominato coordinatore regionale del Lazio (commissariato), poi capogruppo regionale, prima ancora assessore regionale (giunta Marrazzo).
In quelle vesti Maruccio era già finito nei guai: un esposto alla Corte dei Conti per avere assegnato, da assessore ai Lavori pubblici, proprio all'avvocato-amico Scicchitano un incarico sull'arbitrato che riguardava i lavori della nuova Pontina. Ma quel pasticcio non aveva incrinato la fiducia riposta da Di Pietro in lui.
Stavolta però, davanti a un'accusa così grave, Di Pietro è stato costretto a chiedere subito le dimissioni del suo capogruppo, che ha rimesso il mandato nel giro di poco. Un gesto che è costato molto a Di Pietro: «Caro Vincenzo mi viene da piangere a dirlo - dice il leader in un videomessaggio -, sai bene, sei avvocato anche tu, che l'innocenza deve valere fino a sentenza passata in giudicato, ma (...) devi correre dal tuo giudice e farti giudicare come ho fatto io nel lontano '96».
SERGIO DE GREGORIO Di Pietro sembra convinto che il suo Maruccio non sia come Fiorito, sia innocente. Però le carte della Procura compongono un puzzle davvero inquietante. Nel decreto di perquisizione firmato dal procuratore aggiunto Alberto Caperna e dal sostituto Stefano Pesci si parla di numerosi prelievi compiuti da Maruccio dall'aprile del 2011 al maggio del 2012 su due conti correnti intestati al gruppo Idv della Regione Lazio, da lui gestiti come «unica persona fisica abilitata a operare sui conti del gruppo».
Il fidatissimo di Di Pietro «a più riprese - si legge - si appropriava di somme depositate all'attivo di tali rapporti bancari trasferendoli mediante numerosi (si parla di venti, ndr) bonifici a favore di conti personali per circa 500mila euro nel periodo aprile 2011-giugno 2012 ed effettuando inoltre il prelievo di somme in contanti per un importo di circa 200mila euro nel periodo aprile 2011-giugno 2012».
Settecentomila euro trasferiti dai conti del gruppo Idv a quelli personali di Batman-Maruccio. Per la Procura di Roma le anomalie dei movimenti sui conti correnti del gruppo dell'Idv emergono anche dalle «dimensioni e le causali dei bonifici, sempre generiche e talora assenti». Perciò la Finanza sta rovistando non solo negli uffici Idv in Regione ma anche nelle tre abitazioni di Maruccio a Roma e in quella a Maierato, in Calabria. A caccia del Batman dei valori.
 
Nel 2004, alle comunali di Foggia, Di Pietro appoggiava Riccardo Leone (Sdi) che vantava condanne definitive per ricettazione, rapina continuata, resistenza a pubblico ufficiale, violenza privata, furto continuato e furto in concorso, evasione, danneggiamento continuato e violenza privata continuata, oltre ad aver passato due anni in un manicomio giudiziario. Un altro candidato appoggiato da Di Pietro, Domenico Padalino, vantava invece due condanne definitive per furto, oltraggio a pubblico ufficiale, inosservanza dei provvedimenti dell’autorità e resistenza a pubblico ufficiale, oltre a essere indagato per porto abusivo d’armi. Di Pietro non era informato, sono cose che capitano. Nel 2008 Di Pietro si ritrova a fare due comizi ad Amantea, in Calabria, con Franco La Rupa, già allora indagato per brogli elettorali e condannato per abuso, poi riarrestato con l’accusa di aver ricevuto aiuti elettorali alle regionali del 2005 da parte della ‘ndrangheta capeggiata da Tommaso Gentile, infine in attesa di giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa.
A Genova è finito ai domiciliari il capogruppo del suo partito, Gustavo Garifo, già consigliere alla Provincia, con l’accusa di essersi intascato i soldi delle contravvenzioni: dovrà restituire 74mila euro. Sempre a Genova un consigliere comunale del suo partito, Andrea Proto, è stato condannato a 1 anno e 9 mesi dopo aver ammesso che aveva presentato la lista raccogliendo la firma di un morto. A Pescara un ex ex assessore dell’Idv è stato accusato di associazione a delinquere, abuso d’ufficio, tentata turbativa d’asta e tentata corruzione.
L’ex sindaco di Lungro (Cosenza) Vincenzo Iannuzzi, nel 1992, fu condannato per «falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale» e riabilitato dal tribunale di sorveglianza di Catanzaro qualche anno dopo: Di Pietro l’ha candidato al Senato. Anche D.D. (che ci risulta deceduto) nel 2008 è stato candidato al Senato: era stato rimosso da sindaco di un paese campano per «contiguità con la camorra» e con precedenti penali per assegni a vuoto, concussione, blocco stradale e il solito 416 bis. Di Pietro in Sardegna ha candidato persino un piduista, Pino Alessi, tessera 762 della loggia di Licio Gelli. Ma ci aveva già provato nel 2001, quando Filippo De Jorio (tessera P2 n. 511) risultò il primo dei non eletti sempre in Sardegna. Invece l’onorevole Americo Porfidia, indagato dalla Dda di Napoli per associazione a delinquere di stampo mafioso, è stato rinviato a giudizio solo per tentata estorsione e favoreggiamento. Non come l’onorevole Anita Di Giuseppe, indagata per abuso di ufficio, turbativa d’asta e associazione per delinquere. Di alcuni non sappiamo come sia andata a finire: Gaetano Vatiero fu incarcerato per corruzione aggravata perché secondo i magistrati favoriva alcune Spa in cambio di quote societarie. Maurizio Feraudo, consigliere regionale calabrese, fu indagato per concussione perché avrebbe preteso, per anni, la corresponsione di un tot sullo stipendio da un suo autista.
Di qui in poi omettiamo i nomi, che tanto non direbbero nulla: ma, come tutti gli altri, è tutta gente dell’Italia dei Valori. A Lungro, sempre in Calabria, un candidato alla Camera dell’Idv finiva indagato per abuso d’ufficio e reati edilizi. Nel Gargano l’assessore alla cultura dell’Idv veniva indagato per concussione. Nel casertano un esponente locale del partito veniva arrestato con l’accusa di aver truccato una gara d’appalto. A Santa Maria Capua Vetere l’assessore ai Lavori pubblici dell’Italia dei Valori finiva arrestato per concorso in corruzione e falso in atto pubblico. A Pescara un candidato dell’Italia dei Valori alle comunali finiva in manette con l’accusa di aver praticato aborti illegali. A Latina un altro esponente del partito finiva ai domiciliari per un sospetto giro di appalti. A San Benedetto del Tronto lo stesso Di Pietro si prese una bottigliata in testa dopo che una manifestazione elettorale aveva scatenato una guerriglia urbana fomentata dagli ultras della Sanbenedettese Calcio: non gli perdonavano d’aver candidato alla Camera – l’ex pm non lo sapeva – l’uomo che stava mandando in malora la squadra, che infatti fallirà ufficialmente meno di due mesi dopo. Occhio che adesso Di Pietro, a proposito di Maruccio, parlerà di caso isolato.
 
L’ARTIGLIO DELLA PALOMBA - ‘’IN MINORANZA ASSOLUTA, CHIEDO: PERCHÉ FAR PAGARE L’IMU SUI BENI DELLA CHIESA? PER LEVARE QUEI SOLDI ALLE PARROCCHIE, CHE INVESTONO I POCHI SOLDI CHE HANNO IN VOLONTARIATO, E DARLI IN MANO A GENTACCIA CHE POI CI COMPRA BARCHE E APPARTAMENTI? - MEGLIO LE RUBERIE DEL TRIVULZIO, DELL’ISTITUTO CIECHI, DELLE ASL ROMANE, O LASCIARE QUALCHE CENTINAIO DI EURO A CHI GESTISCE GLI UNICI SPAZI DI CARITÀ APERTI A TUTTI E A TUTTE LE ORE?’’...


Barbara Palombelli per "il Foglio"
vaticano GetContent asp jpegBARBARA PALOMBELLI Sono in minoranza assoluta: penso che sacerdoti, suore, parrocchie e comunità sparse per tutto il paese non debbano pagare l'Imu. Esattamente come i rabbini, gli imam, i monaci di tutte le religioni del mondo. Tassare la carità e la spiritualità per investire in ostriche e cozze pelose mi sembra un'idea orrenda e piuttosto rozza. Credo che il Consiglio di stato abbia fatto benissimo a respingere la proposta.
VATICANO Aggiungo che, in molti casi, si tratterebbe di una solenne perdita di tempo (gli economisti la definiscono partita di giro), dal momento che gli enti locali finanziano le istituzioni religiose quando si occupano - molto spesso - di scuola e assistenza. Quindi la tassazione, prima o poi, tornerebbe da dove è arrivata, travestita da sussidio. Ma in Italia, quando partono dei treni comunicativi, non c'è niente da fare. Perfino alcuni cardinali si sono rassegnati all'ondata emotivo-anticlericale che li sovrasta.
VATICANO Favoleggiare sulle ricchezze del Vaticano suona benissimo, musica per le orecchie del passante o della passante. In astratto, chi non sa e non conosce la storia italiana, li chiama "privilegi" da abolire. La narrazione popolare immagina che ci siano tesori nascosti, rubati a chissà chi nei secoli, in grado di risolvere i problemi della nazione. Insomma, con i soldi dei preti che, come si dice a Roma, "c'hanno li meglio posti" si salverebbero d'un colpo il pil, lo spread, il deficit.
vaticano Come se fossimo ancora nello stato Pontificio. La realtà, vista da vicino, è diversa. Gli enti cattolici - spogliati interamente dall'Unità d'Italia, dal demanio statale e infine dal Concordato del 1929 - hanno acquisito di recente immobili, sale, garage, magazzini il cui frutto economico è spesso vicino allo zero assoluto, a fronte di costi piuttosto alti. In molti casi, quello che avanza viene reinvestito per scaldare le chiese gelide, per dare la mensa ai poveri del quartiere - nella mia parrocchia, per dirne una - per quelle che chiamiamo le opere di bene.
PAPA BENEDETTO XVI E TARCISIO BERTONE Ci vuole una bella faccia tosta per tentare di togliere qualche centinaio di euro da ciascun convento, scuola, ricovero o parrocchia, per affidarlo a quei gangster che ogni giorno riempiono le cronache giudiziarie. Accidenti. Siamo davvero convinti che il passaggio al pubblico-politico sia una garanzia? E quelle migliaia di persone in buona fede che hanno lasciato le loro eredità a suore o preti siamo sicuri che vorrebbero passarne gli utili derivanti a gentaccia che poi va a comprare barche o appartamenti alla faccia della povera gente? Già è successo, a Roma e Milano.
OLIVIA SALVIATI Quando leggete le ruberie del Trivulzio, dell'istituto Ciechi, delle case delle Asl romane, quando vedete gli affitti e le vendite di favore alle segretarie, amiche e amanti dei boss regionali (sono in corso nella capitale molte inchieste giudiziarie sulla cessione del patrimonio dell'ex pio Istituto e mi auguro che i magistrati abbiano il coraggio di concluderle e di risarcire la Sanità laziale delle rapine degli anni passati) dovete pensare che quei beni sono stati "donati" da famiglie che non volevano lasciarli allo stato, ma alla chiesa.
VITTORIO GRILLI jpeg La mia amica Olivia Salviati - per fare solo un esempio fra migliaia - si batte perché torni pubblico il San Giacomo, ospedale donato da un suo antenato alla città con una destinazione umanitaria. Oggi è una cittadella abbandonata, con spazi che fanno gola a quegli amministratori pubblici di cui abbiamo già detto. Di questi tempi, mi fido molto più della chiesa, delle suore e dei parroci che dei vari Batman. Lasciamo qualche spicciolo nelle tasche di chi gestisce gli unici spazi di aiuto e di carità aperti a tutti e a tutte le ore
 
Qualche parlamentare la butta sul ridere. «Pazzi di gioia i concessionari Volkswagen, Opel e Toyota di Firenze dopo l'uscita di Marchionne», twitta Roberto Della Seta, senatore ambientalista del Pd. Ed Enrico Letta, pisano di origine, gioca sui conflitti tra campanili: «Mi sa che adesso Marchionne può aspirare alla cittadinanza onoraria di Pisa...».
 
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Qualche storia macabra e di sesso
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[/FONT] [FONT=Verdana,Arial,Helvetica] Senza eccezioni a tutti è ben nota la storia del Borgia, sia pure a grandi linee, che viene considerato come l'unica mela bacata del gruppo. Ma così non sembra essere.
I "Conti" (di Tuscolo), famiglia dei colli albani, discendenti di Alberico di Tuscolo, che diedero al papato ben sette papi (tra papi ed antipapi), contribuirono piacevolmente a trasformare la città eterna nella "Roma Deplorabilis" , contro la quale si scagliò Lutero.
Se si esamina la lista dei papi dopo l'880 si scopre quanto segue: nei seguenti centocinquant'anni si succedettero 35 papi, regnanti circa quattro anni ciascuno. Anche nelle epoche precedenti esiste, più o meno, lo stesso ritmo e viene spiegato con il fatto che i papi erano normalmente scelti perché vecchi e/o infermi. Ma nel nono e decimo secolo molti dei papi eletti erano sulla trentina, molti erano ventenni. Qualcuno di essi durò due settimane, qualcuno un mese o tre mesi. Sei di essi vennero detronizzati ed un buon numero assassinati. Risulta quasi impossibile stabilire con precisione il reale numero dei papi o degli antipapi, anche perché non erano ben chiari i meccanismi "legali" di nomina o di scelta.
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Quando un papa spariva nessuno poteva essere certo di cosa gli era successo. Poteva essere dappertutto e poteva essergli capitata qualsiasi cosa: assassinato, in un bordello, percosso e menomato come Stefano VIII, cui nel 930 tagliarono orecchie e naso, e che non mostrò più in pubblico la sua faccia. Poteva essere scappato con l'intero tesoro di S.Pietro, come Benedetto V nel 964, fuggito a Costantinopoli dopo aver disonorato una ragazzina e riapparso, dopo aver sperperato tutto, alcuni anni dopo provocando ulteriori tumulti.
Lo storico Gerberto definì allora Benedetto "il più iniquo di tutti i mostri di empietà", ma il suo giudizio era quantomeno prematuro perché,subito dopo, il Pontefice venne sgozzato, probabilmente da un marito geloso. Il suo cadavere, accoltellato decine di volte, venne trascinato a lungo per le strade prima di essere sbattuto in una fogna.
Un papa, Stefano VI, era completamente matto. Esumò un suo predecessore corso, Papa Formoso (891-6) ben oltre nove mesi dopo la morte ed in quello che venne chiamato Il "Sinodo Cadaverico" vestì il putrefatto e puzzolente cadavere di Formoso in abiti papali, lo sistemò sul trono e lo interrogò personalmente. L'accusa era di essere diventato papa senza averne il diritto; per la precisione, dato che era vescovo di un altra località non avrebbe potuto essere eletto in Roma. Secondo Stefano la cosa aveva invalidato tutti i suoi atti da pontefice e quindi anche le ordinazioni canoniche.
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Giudicato colpevole il cadavere venne condannato come "antipapa", venne spogliato, subì l'amputazione di due dita (quelle con le quali impartiva la sua falsa benedizione) e buttato nel Tevere. La carcassa venne in seguito recuperata da alcuni ammiratori e/o seguaci che gli diedero una quieta sepoltura. Molto dopo il cadavere fu riportato nella sua tomba in San Pietro. Il pazzo Stefano morì strangolato, ma non si bene da chi.
I Papi uccisero e vennero uccisi, storpiarono e furono storpiati. Condussero vite che non avevano nulla in comune, almeno per quello che ci viene insegnato adesso, con il vecchio ed il nuovo testamento. Sembrano essere stati più che altro una specie particolare di hooligans.
Proprio in quest'epoca vive ed opera Marozia dei Teofilatti, figlia di Teodora, l'amante di Papa Giovanni X (914-29), con il quale ebbe anche un'altra figlia. Queste due donne (Marozia e Teodora) in meno di dieci anni crearono e disttrussero a piacere almeno otto papi.
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Gibbons suggerisce che da loro sia nata la leggenda della Papessa Giovanna, nella quale si credette per secoli, fino alla Riforma, e che racconta come essa sia morta in completo abito pontificale, dando alla luce un figlio, sulla strada che va dal Colosseo alla chiesa di San Clemente.
Voci popolari sostenevano che la sedia papale con un buco sul sedile servisse per permettere un esame ginecologico al fine di impedire che un'altra papessa salisse sul trono papale. I controlli erano accompagnati da preghiere latine. Di fatto questi rituali risultano integralmente descritti i diversi documenti medioevali.
D'altronde non era necessario essere cardinale o prete per diventare papa. Adriano V, un buon papa, non era mai stato ordinato vescovo o prete.
Ma torniamo a Marozia, origine probabile della leggenda della Papessa Giovanna. La sua entrata nella storia la fa unendosi con Sergio III (904-11), che aveva fatto fuori sia Leone V (papa per un mesetto) sia il suo usurpatore, il Cardinal Cristoforo.
Sergio III aveva cominciato la sua carriera pontificale riesumando anche lui papa Formoso, allora morto da appena dieci anni, e condannandolo per eresia , come il già citato Stefano VI.
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La differenza era che Sergio era stato direttamente "ordinato" da papa Formoso ed , a sensi di logica, avrebbe dovuto considerare anche se stesso altamente irregolare. Anche lui asportò delle dita a Formoso ed anche lui lo gettò nel Tevere, dopo averlo per buona misura decapitato. Ma Formoso doveva avere delle particolari qualità anche da morto, perché il suo cadavere senza testa venne trovato nella rete da un pescatore ed una volta ancora (la prima di due) riportato in S.Pietro.
Quando Marozia divenne la donna di Sergio aveva 15 anni e lui ne aveva 45. Da lui ebbe un figlio alla cui carriera si dedicò con passione. Bellissima figlia di un senatore di Roma, venne sedotta dal Papa nel palazzo Laterano. Sua madre Teodora, aveva già messo mano ad alcune nomine papali, portando il suo amante, orginariamente vescovo di Bologna, all'Arcivescovado di Ravenna e poi al Papato con il nome di Giovanni X. Marozia aveva allora 22 anni e suo figlio , il figlio di Sergio, era troppo giovane per avere aspirazioni. Papa Giovanni convinse, prudentemente, Marozia a sposare il conte Alberico, che in seguito rimase ucciso nel tentativo di impadronirsi del potere. Il Papa costrinse allora Marozia a prendersi cura del cadavere mutilato del marito, ma Marozia (che sulla vendetta doveva sapere quasi tutto), al momento della morte della madre Teodora (928), fece strangolare o soffocare il pontefice, levandoselo dai piedi.
Dopo due papi pupazzi, che durarono giusto il tempo voluto da Marozia, essa elevò al pontificato suo figlio con il nome di Giovanni XI.
Disporre di un figlio papa costituì una vera fortuna per Marozia, perchè da lui ricevette la dispensa necessaria per sposare il suo fratellastro, Ugo di Provenza, dopo averne fatto uccidere la moglie legale. ll matrimonio fu celebrato personalmente e con grande sfarzo dal Papa (e figlio) nella primavera del 932.
Poi tutto andò a puttane. Il secondogenito di Marozia, Alberico II° il giovane, con un colpo di mano si impadronì del potere in Roma, depose ed imprigionò il fratellastro, papa Giovanni XI, fino alla sua morte, e , cosa ancora più spiacevole, imprigionò per sicurezza anche la sua pericolosa madre nel terribile Mausoleo di Adriano (che sarebbe poi diventato il famoso Castel Sant'Angelo) .
Sessantenne e prigioniera, nel 955, Marozia venne a sapere che il suo pronipote Ottaviano, figlio di suo figlio Alberico (morto nel 954/5), era diventato papa con il nome di Giovanni XII nell'inverno del 955, inaugurando anche la moda di cambiare nome al momento dell'elezione a papa.
Giovanni XII , diventato papa a circa sedici anni, fu un papa così terrificante che si raccontava in giro lui avesse inventato peccati sino ad allora sconosciuti, compreso l'andare a letto con la propria madre e le proprie sorelle.
Nel palazzo Laterano manteneva un harem perenne. Si giocava le offerte dei pellegrini ed aveva una scuderia di duemila cavalli che nutriva a mandorle e fichi conditi nel vino.
Il turismo (allora fonte di grandi guadagni e formato essenzialmente da pellegrini) subì un crollo verticale e persino le donne venivano prudentemente avvisate di non avvicinarsi al papa, che era sempre in tiro ed in cerca di carne fresca. Insomma fece scoppiare un tale casino che , temendo per la sua vita fu costretto a rifugiarsi a Tivoli.
Avvisato della faccenda Otto di Sassonia (incoronato imperatore nel 961), preoccupato per gli affari dell'impero, impose al giovanotto di ritornare subito a Roma a fare il suo dovere.
Il vescovo di Cremona, in un sinodo appositamente convocato, ci lasciò un preciso elenco delle accuse portate al papa: il papa diceva messa senza comunione; ordinava i diaconi nelle stalle; faceva pagare le nomine religiose (simonia); faceva sesso con un lungo elenco di signore, compresa l'amante di suo padre e sua nipote; aveva accecato il suo consigliere spirituale e castrato un cardinale , provocandone la morte.
Otto scrisse al papa una lettera che rappresenta, per l'epoca, una vera curiosità: Tutti quanti, religiosi e laici, accusano Voi, Santità, di omicidio, spergiuro, sacrilegio, incesto con le vostre parenti, comprese due vostre sorelle, e di aver invocato, come un pagano, Giove, Venere ed altri demoni.
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Giovanni rispose dettando una lettera (non aveva grande familiarità con le lettere) nella quale avvisava i vescovi che, se loro lo spodestavano, li avrebbe scomunicati tutti, impedendo Loro di impartire sacramenti, etc.etc., poi saltò a cavallo e se ne andò a caccia.
Ritornato Otto in Sassonia (si era stufato di attendere i comodi del pontefice, peraltro sino ad allora stabilmente richiuso a Tivoli), Papa Giovanni rientrò, con un armata fornitagli dai parenti, in Roma e si riprese il pontificato. A Roma procedette subito a far storpiare o uccidere tutti coloro che avevano contribuito al suo breve esilio.
Morì ad appena 24 anni, ucciso da un marito geloso che lo aveva colto sul fatto con sua moglie ("in flagrante delicto"). I Romani, sempre spiritosi, dissero che almeno era stato fortunato a morire in un letto, anche se si trattava del letto di qualcun altro.
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