"Clinton ha vinto a New York grazie al massiccio consenso delle minoranze e dei ricchi".
Ecco ricostituita la vecchissima alleanza che ha consentito per secoli a pochissimi stronzi di prendersi quasi tutte le risorse e opprimere i popoli: quella fra i ricchi e i miserabili, che Marx chiamava sottoproletari e disprezzava perché perenne ostacolo a qualunque tentativo di riscatto e emancipazione, inclusa la loro. Oggi i miserabili americani, neri e ispanici, non muoiono di fame e hanno tutti lo smartphone: la loro povertà consiste nel non potersi permettere un'educazione decente, un'assistenza medica, una pensione, delle vacanze, cibo sano, un ambiente pulito. Ma non sono cose che i miserabili davvero desiderino, altrimenti lotterebbero per esse. Come il sottoproletariato di un tempo, i miserabili di oggi sono individualisti tanto quanto i ricchi, e invece di voler eliminare l'ineguaglianza vogliono diventare ricchi anche loro, che poi per loro significa accedere a un consumismo illimitato: sono dei ricchi perdenti che oggettivamente si alleano con i ricchi vincenti contro la classe media.
E la sinistra? La sinistra si è in parte venduta alle multinazionali (Bill Clinton, Blair, Renzi, Hillary Clinton e i loro seguaci) e in parte si è dedicata a battaglie di nicchia quasi sempre encomiabili ma che favoriscono la frammentazione della società facendo esattamente il gioco del liberismo; per non parlare del decisivo sostegno alla globalizzazione dato dai movimenti a favore delle migrazioni. In entrambi i casi la sinistra ha tradito il popolo; e buona parte dei suoi intellettuali infatti si vergognano di usarla, la parola popolo. O si sveglia in fretta o le uniche alternative saranno l'incontrastato dominio del neocapitalismo più idiota (e la distruzione del pianeta) o l'affermazione della destra sociale.