Mangiare per stress, per compensare un vuoto dentro. Si chiama emotional eating, cioè fame emotiva, che può farci facilmente ingrassare perché porta a ingurgitare cibo senza controllo non per colmare un buco allo stomaco, ma per neutralizzare un sentimento negativo. Difficile da combattere, la fame nervosa può diventare un comportamento abituale fin da piccoli se mamma e papà usano il cibo come ricompensa o come punizione: lo ha scoperto Claire Farrow, una psicologa della Aston University, in Inghilterra, seguendo alcuni bambini per capire come le abitudini a tavola apprese attorno ai tre anni si ripercuotessero sul possibile sviluppo di fame emotiva qualche anno dopo, verso i sette anni.
Circolo vizioso contro lo stress
I dati raccolti indicano che atteggiamenti tipici di molti genitori, dal “mangia le zucchine, se no non puoi avere il gelato” al “prenditi una bella fetta di dolce, te lo sei meritato”, fino al “mangiati un cioccolatino, così ti tiri su” portano i piccoli a considerare il cibo un mezzo per gestire le emozioni. «Mamme e papà vogliono tener lontani i figli da cibi troppo ricchi di grassi, zuccheri o sale ma se li usano come premio è probabile che i bambini siano poi più soggetti a sviluppare la fame nervosa — spiega Farrow —. La nostra relazione con il cibo e si forma durante i primi anni e dipende almeno in parte da come i bambini vengono nutriti e dall’atteggiamento dei genitori a tavola». I cibi consolatori, poi, sono quasi sempre ipercalorici: iniziare da bambini ad associarli a momenti di stress o difficoltà li “marchia” nella nostra mente rendendoli irresistibili. Se la tristezza porta a mangiare troppo, poi il senso di colpa manda ancora più a fondo l’umore, ed ecco che di nuovo il malessere fa riemergere la fame emotiva.