Più si hanno dettagli, più si rimane sconcertati.
Fa chiarezza uno dei ragazzi accompagnatori della gita, che da diversi anni accompagna il parroco nella sua spedizione sul monte Calvana. «Noi eravamo molto avanti - spiega il ragazzo in maniera concitata - quando all’improvviso ci hanno avvertito che qualcuno si era sentito male. Abbiamo aspettato un po’, poi siamo ripartiti e siamo andati oltre»
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Ecco, in questo mi pare sia la chiave del problema. Gli accompagnatori debbono stare vicino ai più deboli, ai più piccoli, debbono conoscerli questi bambini, per sapere se il malessere di uno sia reale o dovuto alla "pigrizia".
Quando leggo che degli accompagnatori, quando hanno sentito che uno si era sentito male hanno aspettato un po', poi sono "andato oltre"; ecco: in questo non c'è educazione! E se non c'è educazione manca semplicemente il motivo per fare queste passeggiate, che non si fanno per arrivare in cima il prima possibile, che non si dovrebbero fare se le condizioni atmosferiche suggeriscono di no (e il caldo è il peggior nemico, peggio della pioggia).
Non riesco a trovare ragioni a questa "gita". Lo dico da vecchio capo scout con brevetto per la branca Rover-Scolte, che ha perciò anche sostenuto un esame, di cammino, orientamento, guida, ecc...
Si poteva fare una passeggiata ben più corta, ben meno impegnativa in quanto salita, e sarebbero stati, anche i più piccoli, tutti più felici.
Non basta dire: sono anni che il reverendo lo faceva, semplicemente sono anni che non lo doveva fare!