Alla cortese attenzione di Tashtego

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Anche Roberto Benigni diffida Report. Lo scrive il Fatto Quotidiano, spiegando che il regista Premo Oscar per "La vita è bella" ha contattato l'ufficio legale del programma del lunedì sera di Raitre per disinnescare un'inchiesta che li riguarda prima che vada in onda. Nella lettera firmata Michele Gentiloni Silveri (stesso cognome del premier, è il cugino), inoltrata anche ai vertici dell'azienda e della rete, si annuncia una prima, probabile, richiesta danni per l'anticipazione mostrata al termine della scorsa puntata.


Report racconta la vicenda degli studi di Papigno, in Umbria, dove il regista toscano ha girato "La Vita è Bella" e "Pinocchio". Aveva il progetto di farne gli Umbria Studios, un polo cinematografico in grado di fare concorrenza anche a Cinecittà. Ma la scelta imprenditoriale non è fortunata, malgrado investimenti pubblici, tra fondi europei, statali e locali che Report stima in 16 milioni di euro (cifra che viene contestata dal legale di Benigni). Dinanzi a un passivo di ben 5 milioni di euro, Cinecittà Studios, società di Luigi Abete, Aurelio De Laurentiis e Andrea Della Valle, rileva gli studi e si fa carico dei debiti di Benigni, senza però rilanciare Papigno. Benigni non ha voluto rispondere alle domande del cronista di Report, limitandosi a riconoscere l'errore nell'investimento: "Non sa quanti soldi ci ho perso".
 
È a partire dagli anni Cinquanta che molti personaggi iniziano a confessare pubblicamente la loro devozione verso Padre Pio.Tra i politici illustri Aldo Moro con Giulio Andreotti sono stati grandi devoti del frate. Rosa Russo Jervolino professò pubblicamente la sua ammirazione. Sono ammiratori anche Antonio Di Pietro e Irene Pivetti. Padre Pio avrebbe fatto breccia anche nel cuore del leader comunista Palmiro Togliatti. Tra gli sportivi, spiccano Gino Bartali e Fausto Coppi. Ma Padre Pio ha trovato grande seguito soprattutto nella gente di spettacolo. In tempi passati, si annoverano gli attori Walter Chiari, Alberto Sordi e Carlo Delle Piane. Riservato seguace è stato anche Totò, come lo è da anni Sophia Loren. Tra i giornalisti hanno avuto parole di ammirazione tre firme del calibro di Enzo Biagi, Sergio Zavoli e Indro Montanelli.
Fedeli si dichiarano anche e Lino Banfi, Valeria Marini, Luciano Moggi e Andrea Bocelli.
 
Di piccola statura e corporatura goffa, dalla voce sgradevolmente acuta, dall'atteggiamento dimesso, Swinburne era apparentemente quanto di più lontano dall'ardimento espresso dai suoi rivoluzionari versi; per contro, aveva un'insospettabile forza fisica (fu tra l'altro il primo a scalare Culver Cliff nell'Isola di Wight). Possedeva, per giunta, un carattere altamente eccitabile, al quale si dovevano occasionali eccessi enfatici, durante i quali declamava versi a gran voce, abbandonandosi a gesti spropositati. Alcuni eccessi morbosi avuti in pubblico, per quanto molto rari, diedero a pensare che fosse epilettico. Peggiorava il tutto il suo alcolismo, a causa del quale molto spesso doveva essere ricondotto a casa, alle ore piccole, a forza di braccia.

Aveva pubblicato solo pochi componimenti su rivista quando diede alle stampe il poema drammatico (destinato però alla sola lettura) Atalanta in Calydon (1865), a cui arrise un successo eccezionale. Solo un anno dopo gli scandalosi versi di Laus Veneris e Poems and Ballads gli diedero fama di poeta immorale, scatenando una campagna diffamatoria secondo molti perfettamente inutile: molte delle perversioni descritte da Swinburne erano un fatto puramente letterario. Secondo altri, aveva imparato a Eton tecniche erotiche sadomasochiste come, in particolare, la flagellazione; e gli sono attribuite almeno due relazioni omosessuali, con Richard Monckton Milnes, che gli fece scoprire il De Sade, e con il viaggiatore Richard Francis Burton. Sarebbe stato proprio Dante Gabriel Rossetti a tentare di convertirlo all'eterosessualità facendolo incontrare con l'artista circense (poi nota come attrice, pittrice e poetessa) Adah Menken; costei, rinunciando, avrebbe detto: "Non riesco a fargli capire che mordere non serve a niente". Le chiacchiere sul suo conto, ben lungi dall'avvilirlo, lo spronarono ad assumere atteggiamenti sempre più provocatori, fino a lasciar correre su di sé voci che lo volevano pederasta, e persino amante di una scimmia. Secondo Oscar Wilde, come si è detto, nulla di tutto ciò era vero; per lui, Swinburne era solo "un fanfarone, riguardo ai propri vizi, che ha fatto tutto il possibile per convincere il mondo della sua omosessualità e della sua bestialità quando non era né omosessuale né bestiale"
 

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