se l’evidenza scientifica è una verità apodittica, nessuna opinione ha diritto di esistere e soprattutto di contrastarla, perché l’opinione non è una verità scientificamente verificata con un metodo affidabile. Cioè non è decidibile.
Ma nel momento in cui l’evidenza è considerata, come suggerisce la logica una verità para-completa o para-consistente, il ruolo dell’opinione diventa centrale nel senso che senza opinione la verità scientifica è incompleta.
Vorrei precisare che le opinioni, per l’epistemologo, non sono solo parole al vento, ma sono delle verità personali che anziché essere verificate con un metodo scientifico sono verificate dalle esperienze della gente.
Disprezzare le opinioni degli altri significa disprezzare la gente e le loro esperienze cioè accettare una concezione in-umana della scienza. Che è esattamente quello che questa società non vuole.
Piaccia o non piaccia noi viviamo in una società che, grazie al consenso informato, (ben 11 articoli di legge), ha di fatto chiesto, che, le evidenze scientifiche, proprio perché verità imperfette, siano considerate verità con-validabili attraverso le opinioni del malato. Convalidare in questo caso vale, sul piano epistemico, come rendere più vera una verità.
L’evidenza scientifica come verità para-completa o para-consistente oggi non è più una verità autosufficiente, essa per essere una verità clinica “davvero vera”, cioè spendibile sul piano epistemico, deve essere, come dice la legge, corroborata dalle opinioni dei malati.
Se il consenso informato è con-validazione della scienza, da parte della società, allora, è giusto e ragionevole che questa società chieda alla scienza di smetterla di essere paternalista e autoritaria.