ciao a tutti allora seconda lezione per la gioia di pio
![Big Grin :D :D](data:image/gif;base64,R0lGODlhAQABAIAAAAAAAP///yH5BAEAAAAALAAAAAABAAEAAAIBRAA7)
scherzo pio lo so che tu non ne hai bosogno
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anzi grazie per incitarmi a studiare e nel fare ricerche su questi argomenti
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buon wekk-end a te a francesco e a tutti speriamo che il riassuntino della seconda lezione vada bene ciao ciao
LE VARIABILI
Le caratteristiche o gli attributi degli oggetti sottoposti alla misurazione hanno forme e aspetti diversi per ciascun oggetto. Gli indicatori di queste caratteristiche vengono quindi designati come variabili: variano da un oggetto all'altro, da un individuo all'altro.
I dati
I valori delle variabili possono assumere il nome di dati. I dati sono il risultato di una misura effettuata su di un elemento della popolazione osservata: un oggetto o un individuo. Gli individui sono le unità statistiche della rilevazione. Nel loro insieme le unità statistiche prendono il nome di "popolazione", mentre il sottoinsieme delle unità statistiche di una popolazione viene denominato "campione".
Variabili qualitative e quantitative
La distinzione è più complessa di quanto i termini, apparentemente banali, lascino supporre. Qualità e quantità non sono una proprietà dei fenomeni bensì una proprietà dell'osservatore che compie una determinata scelta teorica e metodologica.
Variabili qualitative
Una variabile è qualitativa quando la caratteristica dell'oggetto non viene misurata per mezzo di numeri ma per mezzo di categorie. Più propriamente vengono definite mutabili.
Prendiamo, per esempio, il sesso. Il sesso viene classificato in due modalità: maschile e femminile. Inoltre le due modalità sono sconnesse; tra l'una e l'altra non ci sono graduazioni di sorta.
Prendiamo, invece, il colore degli occhi. Anche il colore degli occhi viene classificato in modalità, ma il colore varia insensibilmente da un colore chiaro a un colore scuro. Quindi le due variabili non possono essere considerate alla stessa stregua.
Il sesso è una variabile qualitativa discontinua e può essere espressa solo con attributi non ordinabili.
Il colore degli occhi è una variabile qualitativa continua e può essere espressa con attributi ordinabili. Fra una variabile e l'altra siamo sempre in grado di individuarne una terza, intermedia.
Variabili quantitative
Una variabile è quantitativa quando la caratteristica dell'oggetto viene misurata tramite un valore numerico.
Sono variabili quantitative: l'età, il peso, l'altezza, il numero dei componenti della famiglia.
Anche le variabili quantitative si distinguono in continue e discontinue.
Sono variabili quantitative discontinue o discrete quando non si può passare insensibilmente da una modalità all'altra. In pratica esse non possono assumere tutti i valori di un intervallo;
Per esempio, il numero dei figli: tra due figli e tre figli non c'è un figlio e mezzo.
Sono variabili quantitative continue quando esse possono assumere tutti i valori di un intervallo.
Per esempio, l'età: tra venticinque anni e ventisei anni ci sono 365 diversi valori che rappresentano un punto dell'intervallo tra 25 e 26 suddiviso in giorni (la trecentosessantacinquesima parte dell'anno).
La distinzione tra variabili continue e discrete è molto più complessa di quanto non sembri a prima vista. Vi sono variabili discrete che possono assumere un infinito numero di valori (almeno teoricamente) e pertanto vengono trattate comunemente come delle variabili continue: per esempio, la valuta.
Da un punto di vista metodologico, la distinzione ha un senso solo in riferimento alla continuità teorica della variabile sottostante la misurazione.
La variabile "età" è certamente continua, mentre la variabile "numero dei figli" è certamente discreta. Eppure, agli effetti della misura, tutte le variabili, anche quelle continue, vengono trattate come variabili discrete. Prendiamo la statura: se essa viene misurata con il centimetro fra un valore e l'altro c'è sempre il salto di un centimetro; se viene misurata in millimetri vi è sempre il salto di un millimetro
VARIABILI STATISTICHE
Se il carattere indagato nell ambito del collettivo è di tipo quantitativo, enumerabile o misurabile, il procedimento di rilevazione e classificazione conduce ad una variabile statistica.
Essa puo assumere una delle forme seguenti:
1 SUCCESSIONE DI INTENSITA x1,x2,x3,xi,xn
2 VARIBILE STATISTICA DI FREQUENZA (xi;ni) dove ni è lafrequenzacorrispondente a ogni modalita xi
3 variabile statistica semplice di numerosità
La variabilità è l attitudine di un carattere quantitativo ad assumere diverse modalità nell ambito di un fenomeno collettivo.
Se si tratta di caratteri qualitativi si parla invece di "MUTABILITA".
INDICI DI VARIABILITA
Sono disponibili diverse famiglie di indici di variabilità che nascono principalmente da concetti diversi del termine "VARIABILITA".
Un indice di variabilità dovrebbe possedere alcune propietà alle quali non si puo rinunciare:
1 un indice di variabilita deve essere nullo in presenza di intensita del carattere uguali
2 deve crescere al crescere della variabilità
3 deve attribuire la stessa rilevanza a differenze uguali in valore assoluto ma di segno opposto.
4 deve avere se possibile un massimo noto in corrispondenza della massima variabilita
Ci sono tre principali categorie di indici di variabilita:
1 indici che si basano sulla differenza tra valori caratteristici della distribuzione un di questi è il campo di variazione, misurato dalla differenza tra
intensita massima e intensita minima del carattere (xn-x1) o la differenza fra il terzo ed il primo quartile (Q3-Q1) [ i quartili fanno parte della famiglia dei "QUANTILI"i qantili sono delle medie lasche come moda e mediana.
I "QUARTILI" definiti con Q1 e Q3 rappresentano l intensità in una successione ordinaria crescente es: se prendiamo in considerazione un campione statistico come la popolazione Q1 rappresenta l intensita al di sotto della quale si trova un quarto dell intera popolazione e al di sopra i restanti tre quarti simmetricamente per il terzo quartile Q3 mentre il secondo coincide con la MEDIANA.
Con la stessa logica vengono definiti i decili e i centili].
2 Indici che si basano sugli scostamenti delle intensita del carattere da una loro media.
3 Indici che si basano sulle differenze tra tutte le intensita del carattere.
LE SCALE DI MISURA
SCALA NOMINALE
L'operazione di classificazione (tassonomia), che consiste nel raggruppare gli oggetti secondo i principi di identità e di differenza, costituisce il procedimento fondamentale di ogni scienza. Il fine che ci si propone con questa operazione è di formare delle classi ad alta omogeneità interna in rapporto alla eterogeneità tra le varie classi.
Quanto più ristretta è una classe, e quindi quanto più numerosi sono gli attributi degli oggetti ai quali viene applicato il principio di identità, tanto più elevata è la quantità di informazione della classificazione stessa.
Per esempio, classificare un individuo in base alla religione professata come "cattolico" offre un contenuto informativo maggiore della classificazione "cristiano" o "monoteista".
L'operazione di classificazione permette di "categorizzare" gli oggetti attraverso delle variabili qualitative che più propriamente sono dette anche mutabili sconnesse.
Assegnando il valore 1 alla modalità "Maschi" e il valore 2 alla modalità "Femmine" della variabile (mutabile) "Sesso", effettuo un'operazione di codifica di una classificazione.
Classificare, ed eventualmente assegnare alle classi simboli numerici o alfabetici come etichette di esse, non significa propriamente effettuare una misura, anche se su alcuni manuali di metodologia il risultato di questa operazione viene definita come una misura su “scala nominale”. Con l’operazione di classificazione non si perviene ad una vera e propria scala, in quanto non viene definito nessun elemento di scalarità tra una categoria e l'altra della classificazione.
PROPIETA DELLA SCALA NOMINALE
Quali sono le proprietà formali del sistema numerico che possiamo applicare alla classificazione?
Sotto questo profilo formale la proprietà di equivalenza tra gli oggetti appartenenti alla stessa classe è simmetrica (se A è uguale a B per l'attributo in esame, allora B è uguale ad A) e transitiva (se A è uguale a B e B è uguale a C, allora A è uguale a C); mentre la proprietà di non equivalenza tra gli oggetti appartenenti a classi diverse è simmetrica (se A è diverso da B, allora B è diverso da A), ma non transitiva (se A è diverso da B e B è diverso da C, non necessariamente A è diverso da C).
In seguito ad una classificazione è possibile effettuare qualsiasi operazione di conteggio delle frequenze dei soggetti (unità di conto) in ciascuna classe, utilizzare la moda, come misura della tendenza centrale, e per l'analisi dei dati applicare i metodi statistici che trattano i dati categoriali (ad esempio l’analisi delle corrispondenze).
SCALE DI MISURA ORDINATE
In molti casi è possibile determinare se un oggetto presenta una maggiore o minore intensità di un attributo rispetto ad un altro oggetto, senza che si sia in grado di accertare esattamente tale intensità.
Per esempio, si può stabilire per confronto che un oggetto è più caldo, più grande e più pesante di un altro senza per questo misurarne esattamente il calore, la grandezza e il peso.
Anche in questo caso si compie un'operazione di classificazione ma il risultato è ordinabile in una graduatoria. Il risultato è una scala ordinale.
Scala ordinale
Anche qui si compie un'operazione di classificazione ma il risultato è ordinabile in una graduatoria. Il risultato è una variabile ordinale.
In questo caso vi è effettivamente una misurazione e il riferimento alla scala ordinale è appropriato. La procedura di comparazione permette di conseguire una misura che ha un contenuto di informazione maggiore rispetto alla classificazione, introducendo una nozione di continuum lungo il quale gli oggetti possono essere disposti secondo il grado di intensità di una determinata caratteristica.
Proprietà della scala ordinale
La scala ordinale gode ancora della proprietà di equivalenza tra gli oggetti di una stessa classe, ma la relazione d'ordine è asimmetrica (se A è maggiore di B, allora B è necessariamente minore di A), e transitiva (se A è maggiore di B e B è maggiore di A, allora necessariamente A è maggiore di C).
A livello di misura ordinale la presenza di un continuum è essenziale, anche se in molti casi esso può soltanto essere ipotizzato in riferimento ad un attributo le cui variazioni possono assumere una serie infinita di stati (per esempio: la religiosità o l'autoritarismo). Tuttavia nella ricerca sociale sono frequenti i casi in cui l'attributo può assumere soltanto una serie finita di stati, come per esempio il titolo di studio. In occasioni come questa si dovrebbe parlare più propriamente di "assegnazione a categorie ordinate".
A livello di misura ordinale la presenza di un continuum è essenziale, anche se in molti casi esso può soltanto essere ipotizzato in riferimento ad un attributo le cui variazioni possono assumere una serie infinita di stati (per esempio: la religiosità o l'autoritarismo). Tuttavia nella ricerca sociale sono frequenti i casi in cui l'attributo può assumere soltanto una serie finita di stati, come per esempio il titolo di studio. In occasioni come questa si dovrebbe parlare più propriamente di "assegnazione a categorie ordinate".
Come nella classificazione nominale, il numero assegnato a ciascuna modalità della variabile non corrisponde ad una misura dell'intensità della caratteristica rilevata, ma indica soltanto l'esistenza di una relazione di ordine tra le quantità (maggiore o minore). Il codice utilizzato permette non soltanto di distinguere le modalità ma anche di ordinarle secondo la grandezza del codice assegnato.
Con una scala ordinale è possibile, mediante conteggio delle frequenze, effettuare tutte le operazioni consentite per la classificazione. Oltre alla moda è possibile calcolare la mediana e analizzare i dati con tutti i metodi statistici che tengono conto del rango di una classificazione.
SCALA AD INTERVALLI
La comparazione contiene già in sé il principio di misura in senso stretto, anche se in una forma ancora troppo semplificata. Il passo successivo consiste in un ordinamento degli oggetti lungo l'immaginario continuum di intensità dell'attributo che consenta di indicare anche l'esatta distanza tra un oggetto e l'altro. A questo scopo occorre determinare:
un punto zero, che stabilisce il grado zero di intensità dell'attributo;
una unità di misura, che costituisce una grandezza numerica rispetto alla quale determinare le variazioni di intensità.
SCALA AD INTERVALLI EQUIVALENTI
La "scala ad intervalli" permette di quantificare gli scarti tra un valore e l'altro della scala assumendo arbitrariamente un punto zero convenzionale che identifica l'assenza (il grado zero) della caratteristica da misurare.
La misura della temperatura in gradi Celsius, utilizzando un termometro, è un esempio di applicazione della scala a intervalli. Il punto 0° C. non identifica una temperatura "assente" ma il punto di congelamento dell'acqua, rispetto la quale è possibile calcolare delle differenze di temperatura (scarti).
Il livello di misurazione così raggiunto, che chiamiamo di scala a intervalli equivalenti, consente di effettuare le operazioni algebriche di addizione e sottrazione tra i numeri associati ai diversi punti della scala. Per questo motivo Ricolfi [1985] ha proposto di denominare queste misure come “misure di posizione”.
Proprietà della scala ad intervalli equivalenti
La scala a intervalli gode delle stesse proprietà della scala ordinale (equivalenza e relazione d'ordine); inoltre ha la proprietà di mantenere costante il rapporto tra un intervallo e l'altro della scala. Pertanto è possibile affermare l'equivalenza della distanza tra due coppie di misure sulla stessa scala.
La differenza (scarto) tra una temperatura di 4° C. e una temperatura di 6° C. è identica alla differenza tra 16° C. e 18° C. Inoltre è lecito affermare che la differenza tra 4° e 16° è sei volte tanto la differenza tra 4° e 6° C.
Le operazioni di somma e sottrazione sono applicabili ai valori associati alle modalità della scala, mentre le operazioni di moltiplicazione e divisione sono applicabili solo alle differenze calcolate tra i valori.
9.4.2 Il problema delle scale nella misura degli atteggiamenti
La scala ad intervalli equivalenti è molto utilizzata in sociologia e psicologia sociale ed ha sempre suscitato critiche e perplessità.
Nessuno può affermare con certezza che tra un punteggio di 90 e uno di 100 in un test di Q.I. (quoziente di intelligenza) ci sia la stessa distanza che tra un punteggio di 140 e 150, anche perché è piuttosto complesso definire cosa si intende per punteggio zero in Q.I.
Tanto meno quando la scalarità di giudizio è affidata alla valutazione sul grado di accordo o meno rispetto ad una certa affermazione: "accordo completo", "accordo parziale", "indifferenza", "disaccordo parziale", disaccordo completo".
In effetti per queste scale di atteggiamento si può parlare soltanto di "approssimazione" alla scala a intervalli. Tuttavia, se sono rispettate determinate condizioni sulle caratteristiche della distribuzione, il risultato cui si perviene può essere considerato come se fosse una misura su una scala ad intervalli equivalenti.
In ogni caso a queste misure sono applicabili la maggior parte delle procedure statistiche che si basano sullo scarto dalla media (ad esempio analisi della varianza e analisi delle componenti principali).
SCALA DI RAPPORTI O DI DISTANZA
La scala di rapporti si distingue dalla scala ad intervalli equivalenti per il fatto di possedere un punto "zero assoluto" che costituisce l'origine del fenomeno soggetto a misurazione. In questo caso lo zero assoluto corrisponde ad una vera e propria assenza della caratteristica misurata.
Per esempio, l'età di un individuo o la statura.
Questo è il livello più alto di misura conseguibile, che consente confronti proporzionali delle misure, con una piena utilizzazione di tutte le operazioni algebriche di calcolo e trasformazione.
PROPIETA DELLA SCALA DI RAPPORTI
Le proprietà formali della scala di rapporti equivalenti sono le stesse della scala di intervalli equivalenti, con in più la costanza del rapporto tra i valori utilizzati. In altre parole, assumendo l'esistenza di uno zero assoluto della distribuzione è possibile effettuare operazioni aritmetiche, oltre che sulla distanza tra i valori, anche sui valori stessi, per esempio con le frazioni.
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